ABAZIA DEL MONTAMIATA ossia di S. SALVADORE
presso alle mura della Terra che porta lo stesso nome
nella parte orientale e quasi alla metà della salita della montagna, fra le fonti dell'Albineta, della Pagliuola e del Vivo, dalle quali ha origine il fiume Paglia; nella parrocchia Comunità Giurisdizione dell'Abbadia S. Salvadore, Diocesi di Chiusi, Compartimento di Siena, dalla quale città per la via rotabile è circa 40 miglia toscane distante, uscendo dalla via Romana alla posta di Ricorsi.
Fu la più ricca, se non la più antica Abadia di regolari fondata nella Toscana Granducale; giacché senza bisogno di attenersi all'apocrifo Diploma di Rachi re del Longobardi, essa già esisteva alla metà del secolo VIII, siccome lo dimostra un Documento sincrono dell'anno 745, mentre il monastero amiatense era presieduto dal suo primo abate e proposto Erfone. I privilegi Imperiali, dei quali molti originali si conservano nel Regio Archivio Diplomatico di Firenze, cominciano all'anno 816 da Lodovico Pio, confermati ed accresciuti da Lotario I nell'896; da Ottone I nel 964; da Arrigo II nel 1006; da Corrado II nel 1027, e nel 1036. Fu in grazia di simili benefizi che la Badia Amiatina, e le numerose chiese di suo giuspadronato vennero esentate dalle decime e tributi soliti percipersi dal vescovo di Chiusi. Lo che diede cagione a lunghe controversie ed a solenni giudicati, uno dei quali fu pronunziato nel 1058 da Gottifredo marchese e vicario regio in Toscana, con tutto che da Cristiano, e da Lanfranco vescovi di Chiusi fosse stato accordato agli abati di S. Salvadore un eguale privilegio negli anni 911, 1091 e 1098, e ripetute volte glielo confermassero diversi pontefici.
Non dirò di Lotario II, che instituì una commenda di nuovo genere sul patrimonio del monastero Amiatense, allorché destinò 400 mansi o piccoli poderi in benefizio alla regina Adelaide. Il suo patrimonio non si limitava soltanto ai beni allodiali, ma estendevasi ancora alla giurisdizione feudale sopra moltissimi villaggi, casali, e castelli situati nei contadi di Chiusi, di Sovana, di Toscanella, di Castro, di Orvieto, di Siena, Grosseto, Populonia, ec., siccome risulta da più documenti del suo archivio; alcuni dei quali saranno rammentati alle rispettive località comprese nella Toscana attuale. – Toccherò bensì di passaggio il vico Colonnata nei confini di Toscanella, di cui parlano vari istrumenti del secolo IX, come villaggio che potrebbe giovare alla geografia antica, per chi volesse riferirlo all'Oppidum Colonia rammentato da Frontino, e nella cui vicina selva tentarono contro l'esercito del console L. Emilio Papo una imboscata i Galli, mentre si ritiravano dalle campagne di Chiusi, l'anno di Roma 528. – Vedere COLONNA presso GROSSETO, e TELAMONE.
La Badia di S. Salvadore fu abitata lungamente dai Benedettini. Per breve tempo fu ceduta da Arrigo II a S.
Romualdo, come pensano con il Baronio vari dotti Camaldolensi, comecchè vi facesse ben presto ritorno l'antico abate Winizzone noto per le vertenze avute con Adolfo vescovo di Chiusi, e per la lettera famosa che scrisse al potentissimo conte Ildebrando di S. Fiora, come discendente dai Dinasti patroni della Badia Amiatina.
Finalmente questo monastero conforme ad un breve del pontefice Gregorio IX, approvato da Federigo II, nel 1230, passò dai Benedettini neri ai Cistercensi, i quali vi si mantennero sino al 1782, epoca della loro soppressione nella Toscana Granducale.
Pio II, che vi dimorò insieme con la sua Corte nell'estate del 1462, lasciò nei suoi Commentari un'esatta descrizione della località e dl monastero. È desso attualmente ridotto a un cadente abituro di povere famiglie, e la sua chiesa, a forma di croce latina, è ufiziata da un cappellano curato addetto all'arcipretura di S. Croce dentro la popolosa vicina Terra dell'Abbadia. – Vedere ABBADIA S. SALVADORE.
Fuvvi lungo tempo di famiglia, il chiarissimo abate Ferdinando Ughelli. Ei molti giovossi di quella ricca collezione di pergamene, parte delle quali rese di pubblico dritto, nell'insigne sua opera dell'Italia Sacra, e segnatamente nella serie dei vescovi di Chiusi. – Faceva parte del suo archivio la celebre Bibbia membranacea scritta dal monaco D. Servando, nel secolo VI, ed un Passionario del secolo XI, Mss. che ora adornano la Biblioteca Laurenziana in Firenze.
Fu la più ricca, se non la più antica Abadia di regolari fondata nella Toscana Granducale; giacché senza bisogno di attenersi all'apocrifo Diploma di Rachi re del Longobardi, essa già esisteva alla metà del secolo VIII, siccome lo dimostra un Documento sincrono dell'anno 745, mentre il monastero amiatense era presieduto dal suo primo abate e proposto Erfone. I privilegi Imperiali, dei quali molti originali si conservano nel Regio Archivio Diplomatico di Firenze, cominciano all'anno 816 da Lodovico Pio, confermati ed accresciuti da Lotario I nell'896; da Ottone I nel 964; da Arrigo II nel 1006; da Corrado II nel 1027, e nel 1036. Fu in grazia di simili benefizi che la Badia Amiatina, e le numerose chiese di suo giuspadronato vennero esentate dalle decime e tributi soliti percipersi dal vescovo di Chiusi. Lo che diede cagione a lunghe controversie ed a solenni giudicati, uno dei quali fu pronunziato nel 1058 da Gottifredo marchese e vicario regio in Toscana, con tutto che da Cristiano, e da Lanfranco vescovi di Chiusi fosse stato accordato agli abati di S. Salvadore un eguale privilegio negli anni 911, 1091 e 1098, e ripetute volte glielo confermassero diversi pontefici.
Non dirò di Lotario II, che instituì una commenda di nuovo genere sul patrimonio del monastero Amiatense, allorché destinò 400 mansi o piccoli poderi in benefizio alla regina Adelaide. Il suo patrimonio non si limitava soltanto ai beni allodiali, ma estendevasi ancora alla giurisdizione feudale sopra moltissimi villaggi, casali, e castelli situati nei contadi di Chiusi, di Sovana, di Toscanella, di Castro, di Orvieto, di Siena, Grosseto, Populonia, ec., siccome risulta da più documenti del suo archivio; alcuni dei quali saranno rammentati alle rispettive località comprese nella Toscana attuale. – Toccherò bensì di passaggio il vico Colonnata nei confini di Toscanella, di cui parlano vari istrumenti del secolo IX, come villaggio che potrebbe giovare alla geografia antica, per chi volesse riferirlo all'Oppidum Colonia rammentato da Frontino, e nella cui vicina selva tentarono contro l'esercito del console L. Emilio Papo una imboscata i Galli, mentre si ritiravano dalle campagne di Chiusi, l'anno di Roma 528. – Vedere COLONNA presso GROSSETO, e TELAMONE.
La Badia di S. Salvadore fu abitata lungamente dai Benedettini. Per breve tempo fu ceduta da Arrigo II a S.
Romualdo, come pensano con il Baronio vari dotti Camaldolensi, comecchè vi facesse ben presto ritorno l'antico abate Winizzone noto per le vertenze avute con Adolfo vescovo di Chiusi, e per la lettera famosa che scrisse al potentissimo conte Ildebrando di S. Fiora, come discendente dai Dinasti patroni della Badia Amiatina.
Finalmente questo monastero conforme ad un breve del pontefice Gregorio IX, approvato da Federigo II, nel 1230, passò dai Benedettini neri ai Cistercensi, i quali vi si mantennero sino al 1782, epoca della loro soppressione nella Toscana Granducale.
Pio II, che vi dimorò insieme con la sua Corte nell'estate del 1462, lasciò nei suoi Commentari un'esatta descrizione della località e dl monastero. È desso attualmente ridotto a un cadente abituro di povere famiglie, e la sua chiesa, a forma di croce latina, è ufiziata da un cappellano curato addetto all'arcipretura di S. Croce dentro la popolosa vicina Terra dell'Abbadia. – Vedere ABBADIA S. SALVADORE.
Fuvvi lungo tempo di famiglia, il chiarissimo abate Ferdinando Ughelli. Ei molti giovossi di quella ricca collezione di pergamene, parte delle quali rese di pubblico dritto, nell'insigne sua opera dell'Italia Sacra, e segnatamente nella serie dei vescovi di Chiusi. – Faceva parte del suo archivio la celebre Bibbia membranacea scritta dal monaco D. Servando, nel secolo VI, ed un Passionario del secolo XI, Mss. che ora adornano la Biblioteca Laurenziana in Firenze.
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1833, Volume I, p. 16.
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