ACQUEDOTTI DI AREZZO
Fra le tre più grandiose opere di pubblica economia e decoro, nelle quali sopra ogni altra nazione i Romani primeggiarono, per testimonianza di Dionisio e di Strabone, si contavano gli Acquedotti. Trascurati, dopo la caduta del loro impero, pochi edifizi di simil genere si videro sorgere in Toscana nelle posteriori età.
Arezzo al pari di molte città mancava di pubbliche fonti, contuttociò che una ne esistesse (Fonte Tenta) presso le sue mura.
Per gran tempo si tenne essa dagli aretini in una tal quale venerazione superstiziosa, finché, nel 1428, predicando S.
Bernardino contro simile idolatria, fu quest'Oracolo ninfale a furia di popolo devastato e distrutto.
(GUAZZESI Dissert. sulla via Cassia).
Copiose sorgenti fluivano intanto a poca distanza nel poggio che risiede a levante di Arezzo, ma era d'uopo vincere le difficoltà che presentava il suolo nell'attraversare la sua convalle.
Fu tentato di farlo, e dato mano a un Acquedotto nell'anno 1354; se non che l'opera riuscì inefficace, ad onta dei molti tentativi adoprati, sino all'anno 1600, quando l'ingegnere fiorentino Santi di Pagni potè condurre le fonti in città per mezzo di un Acquedotto tracciato sopra una serie di archi nella parte inferiore del valloncello, mentre il maggiore cammino lo nascose nelle viscere della collina sotto la rocca di Arezzo. Nel qual tronco di canale sotterraneo, in luogo di sfiatatoj, l'avveduto architetto supplì coll'aumentare vistosamente l'altezza del condotto delle acque. Queste limpide e copiose scaturiscono da più bocche intorno alla vasca della piazza maggiore di Arezzo, mentre il suo rifiuto somministra alimento ad altra fonte sulla piazza di S. Agostino, a un vasto lavatojo, e quindi a dei mulini con gualchiere li d'appresso situati.
Arezzo al pari di molte città mancava di pubbliche fonti, contuttociò che una ne esistesse (Fonte Tenta) presso le sue mura.
Per gran tempo si tenne essa dagli aretini in una tal quale venerazione superstiziosa, finché, nel 1428, predicando S.
Bernardino contro simile idolatria, fu quest'Oracolo ninfale a furia di popolo devastato e distrutto.
(GUAZZESI Dissert. sulla via Cassia).
Copiose sorgenti fluivano intanto a poca distanza nel poggio che risiede a levante di Arezzo, ma era d'uopo vincere le difficoltà che presentava il suolo nell'attraversare la sua convalle.
Fu tentato di farlo, e dato mano a un Acquedotto nell'anno 1354; se non che l'opera riuscì inefficace, ad onta dei molti tentativi adoprati, sino all'anno 1600, quando l'ingegnere fiorentino Santi di Pagni potè condurre le fonti in città per mezzo di un Acquedotto tracciato sopra una serie di archi nella parte inferiore del valloncello, mentre il maggiore cammino lo nascose nelle viscere della collina sotto la rocca di Arezzo. Nel qual tronco di canale sotterraneo, in luogo di sfiatatoj, l'avveduto architetto supplì coll'aumentare vistosamente l'altezza del condotto delle acque. Queste limpide e copiose scaturiscono da più bocche intorno alla vasca della piazza maggiore di Arezzo, mentre il suo rifiuto somministra alimento ad altra fonte sulla piazza di S. Agostino, a un vasto lavatojo, e quindi a dei mulini con gualchiere li d'appresso situati.
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1833, Volume I, p. 41.
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