BADIA DI MONTE ULIVETO
presso Firenze (S. Bartolommeo)
nel sobborgo occidentale, e appena mezzo miglio distante dalla metropoli, nella parrocchia di S.
Maria al Pignone, già di Verzaja, Comunità di Legnaja, Giurisdizione del Galluzzo, Diocesi e Compartimento di Firenze.
Risiede sopra una deliziosa collinetta alla destra della strada Regia pisana, coltivata a vigne e oliveti con un vicino boschetto di delizie spettante alla illustre prosapia dei Duchi Strozzi. – Questa insigne abazia ebbe umile principio da un oratorio che portava il titolo di S. Maria al Castagno, posseduto da una confraternita di mercanti e artefici fiorentini che costà in ogni ultima domenica del mese facevano la loro tornata, e forse vi si ricreavano: siccome lo dà a congetturare il nome che gli fu dato di Ciccialardoni. Nel 1334 questi confratri donarono il luogo all’abate Bernardo Tolomei, perché v’introducesse la sua Regola Olivetana, e poco dopo ne accrebbe i mezzi la pietà di un Bartolo Capponi con un legato testamentario (3 maggio 1340), a condizione che si erigesse una nuova chiesa sotto l’invocazione di S. Bartolommeo, siccome infatti vi fu innalzata verso la metà del secolo XIV. – Essa è quella ridotta a oratorio sotterraneo di giuspadronato dei conti Capponi di Firenze discendenti del benefattore sunnominato.
La chiesa e claustro di Monte Uliveto furono riedificati con più ampio e regolare disegno, prima nel 1472, e quindi restaurati, come ora si vede, nel 1725. – La chiesa è grande a una sola navata con una bella sacrestia; ed erano tanto questa che quelle ornate di eccellenti pitture (ERRATA: del Pozzetti) del Poccetti, del Passignano, del Cigoli, del Curradi, di Santi di Tito e di altri maestri: molte delle quali, all’epoca della soppressione dei conventi, furono trasportate nell’Accademia delle Belle Arti a Firenze.
È questa una delle poche badie dove siano ritornati i monaci Olivetani.
Maria al Pignone, già di Verzaja, Comunità di Legnaja, Giurisdizione del Galluzzo, Diocesi e Compartimento di Firenze.
Risiede sopra una deliziosa collinetta alla destra della strada Regia pisana, coltivata a vigne e oliveti con un vicino boschetto di delizie spettante alla illustre prosapia dei Duchi Strozzi. – Questa insigne abazia ebbe umile principio da un oratorio che portava il titolo di S. Maria al Castagno, posseduto da una confraternita di mercanti e artefici fiorentini che costà in ogni ultima domenica del mese facevano la loro tornata, e forse vi si ricreavano: siccome lo dà a congetturare il nome che gli fu dato di Ciccialardoni. Nel 1334 questi confratri donarono il luogo all’abate Bernardo Tolomei, perché v’introducesse la sua Regola Olivetana, e poco dopo ne accrebbe i mezzi la pietà di un Bartolo Capponi con un legato testamentario (3 maggio 1340), a condizione che si erigesse una nuova chiesa sotto l’invocazione di S. Bartolommeo, siccome infatti vi fu innalzata verso la metà del secolo XIV. – Essa è quella ridotta a oratorio sotterraneo di giuspadronato dei conti Capponi di Firenze discendenti del benefattore sunnominato.
La chiesa e claustro di Monte Uliveto furono riedificati con più ampio e regolare disegno, prima nel 1472, e quindi restaurati, come ora si vede, nel 1725. – La chiesa è grande a una sola navata con una bella sacrestia; ed erano tanto questa che quelle ornate di eccellenti pitture (ERRATA: del Pozzetti) del Poccetti, del Passignano, del Cigoli, del Curradi, di Santi di Tito e di altri maestri: molte delle quali, all’epoca della soppressione dei conventi, furono trasportate nell’Accademia delle Belle Arti a Firenze.
È questa una delle poche badie dove siano ritornati i monaci Olivetani.
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1833, Volume I, p. 185.
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