INCISA, o ANCISA, e talvolta LANCISA
(Ancisa) nel Val d’Arno superiore.
– Borgo con sovrastante castello, e chiesa parrocchiale (S. Alessandro, una volta S. Biagio) stato capoluogo di Comunità e Giurisdizione prima unitamente alla Comuità di Cascia, poi solo, finchè nel 1828 fu riunito alla Comuntà e Giurisdizione di Figline, nella Diocesi di Fiesole, Compartimento di Firenze.
Trovasi l’Incisa sulla sinistra dell’Arno dirimpetto ad una torre e ponte di pietra sull’ingresso della così detta Gola dell’Incisa, dalla quale fu creduto che potesse derivare il suo nome (ad saxa incisa ): comecchè il lungo e tortuoso tratto, per il quale passa l’Arno dall’Incisa fino al Pontassieve, altro non sia che una rosura operata dalle acque correnti fra la serra dei poggi, che scendono dalla Vallombrosa, dal Monte alle Croci e da Monte Scalari. La stessa chiusa separa il Valdarno superiore dal Valdarno di Firenze, e mostra visibilmente la corrispondenza che una volta esisteva fra gli strati dell’una e dell’altra ripa.
All’Incisa si riuniscono le due strade regie di Arezzo, l’antica che da Firenze per il Bagno a Ripoli sale all’Apparita, attraversa il poggio di S. Donato in Collina e di Torre a Quona per scendere al Pian della Fonte, vecchia mansione ed ospedale presso l’Incis a, a 15 miglia da Firenze.
L’altra è la via postale che dalla Porta alla Croce percorre lungo la ripa destra dell’Arno passando per Pontassieve, S. Ellero, davanti a Rignano, e quindi varcato l’Arno sul ponte di pietra di fronte al borgo dell’Incisa, va a riunirsi costà, dopo 21 miglia di cammino, alla vecchia strada aretina.
Una delle rimembranze superstiti del castello di Ancisa trovasi in un istrumento del 18 febbrajo 1135 appartenuto all’abbadia di Montescalari, rogato nel castello dell’Ancisa , che fino d’allora esisteva, e forse corrispondente a quello che porta tuttora il nome di Castelvecchio, ch’è poco distante dalle mura castellane sopra il borgo attuale dell’Incisa.
Anche in una bolla del Pontefice Anastasio IV, spedita li 30 dicembre 1153 a Rodolfo vescovo di Fiesole (colla quale confermava alla sua mensa le chiese plebane, i monasteri della diocesi fiesolana allora esistenti e molte altre possessioni) furono specificate anche le sostanze che i prelati di Fiesole avevano nella corte, o distretto dell’Ancisa . (UGHELLI in Episc. Fesul.) La rocca dell’Incisa fu edificata sopra il borgo a guisa di battifolle, nell’anno 1223, dalla Repubblica fiorentina, in difesa di quell’angusta foce, non solamente per tenere a freno i Pazzi, gli Ubertini di Gaville, i Ricasoli ed altri nobili di contado nel Val d’Arno superiore, ma affinchè rimanesse sempre aperta la strada di poter far guerra ai nemici domestici che signoreggiavano troppo dappresso alla stessa città.
Nel 1312 di settembre al castello dell’Incisa accorsero da Firenze popolo e cavalieri per chiudere il passo del ponte e castello dell’Incisa all’Imperatore Arrigo VII, mentre da Arezzo marciava con numeroso esercito contro i Fiorentini. Le genti imperiali di prima giunta si accamparono nel piano dell’Incis a sull’Isola, che allora esisteva in mezzo all’Arno, la quale appellavasi, come tuttora quel luogo si appella, il Mezzule. – Vedere FIGLINE, e ISOLA DEL MEZZULE .
Quindi veggendo, che l’oste fiorentina non voleva avventurarsi alla battaglia, l’esercito ghibellino si mosse di là, e per angusti passi valicando i poggi di sopra all’Incisa, di costà assalì e mise in fuga quei soldati della repubblica che gli si fecero innanzi, seguitandoli con la spada alle reni infino nel borgo dell’Incisa. La notte veniente l’imperatore s’attendò coi suoi due migl. sotto in un luogo, chiamato da Leonardo Bruni, Borgo del Padule, donde la mattina si mosse verso Firenze, nella fiducia d’impadronirsi della città senza contrasto, mentre aveva lasciato il nemico come assediato e imp aurito dentro il castel dell’Incisa. – (G. VILLANI, Cronic. Lib. IX C.
46).
Assai maggiore fu il danno e lo spavento de’Fiorentini nel 1356, allorchè i Pisani con le compagnie degli avventurieri Inglesi, essendo penetrati sino nel Val d’Arno superiore, assalirono, presero il passo dell’Incisa, e cacciaron di là i Fiorentini. I quali trovandosi senza capitano, morto a Figline, non seppero difendersi meglio, nè cautamente patteggiare la propria salvezza, ne quella degli abitanti dell’Incisa, il cui borgo in conseguenza fu posto a ruba e in fiamme dai vincitori.
Il castello, o borgo dell’Incisa sino dal secolo XIII formava corpo di comunità, e già nel 1337 aveva i suoi particolari statuti. Ciò apparisce da una deliberazione dei 17 marzo di detto anno, per cui il magistrato comunitativo dell’Incisa composto di sei consiglieri e di sette altri ufiziali, tutti della parrocchia di S. Biagio dell’Ancisa , (la cui chiesa esisteva nel castello), adunatosi a suono di campana nella casa comunitativa tenuta a pigione, a forma dello statuto speciale, elesse in sindaco Michele del fu Buti di detto popolo e comune, ivi presente e accettante, affinchè prendesse in affitto dai monaci della Badia di Montescalari, siccome egli nello stesso giorno eseguì per conto della comunità dell’Incisa, un mulino a due palmenti posto nel fiume Arno presso il ponte dell’Incisa (oggi detto il mulino delle Coste) a condizione di dover pagare a quei monaci un annuo canone di 10 moggia di grano. Actum in castro Ancisae prope castellum et ecclesiam S. Blasii.
Che il titolare della chiesa parrocchiale dell’Incisa fosse allora, e per molto tempo dopo, S. Biagio, lo attestano varii docunenti, uno dei quali del 16 marzo 1323 appartenuto al Mon. di S. Pier maggiore di Firenze; mentre nei secoli posteriori fino al XVIII, più spesse volte si rammenta la parrocchia di S. Biagio all’Incisa nelle carte dei Capitani di Parte, e Ufiziali de’fiumi del Dominio fiorentino.
Alla comunità dell’Incisa erano uniti altri sei popoli; cioè Borri, Cappiano , Castagneto, Montelfi, Morniano e Loppiano.
Da Loppiano attualmente prenda il nome l’antica matrice dell’Incisa sotto il titolo de’Ss. Vito e Modesto, in luogo già detto a Scernano. La qual pieve nel secloo XIII contava 12 chiese suffraganee; 1. S. Biagio, ora S.
Alessandro all’Incisa; 2. S. Quirico a Montelfi , esistente; 3. S. Lorenzo a Cappiano, esistente; 4. S. Stefano di Alfiano, ignota; 5. Canonica di S. Pietro al Terreno, esistente; 6. S. Biagio a Gaglianella, data nel 1179 alla pieve di Figline; 7. S. Giusto di Strovillio, ignota; 8. S.
Michele a Morniano, esistente; 9. S. Cerbone a Castagneto, esistente; 10. S. Stefano a Borri, esistente (forse la stessa della soprannominata di Alfiano); 11. S.
Maria a Morniano, distrutta; 12. S. Bartolommeo a Foramala, ignota.
Nell’anno 1786 fu eretta in parrochia e in pieve la chiesa di S. Alessandro nel borgo dell’Incisa, già succursale di S.
Quirico a Montelfi, poichè si trova sulla riva sinistra del borro di Chiesa nuova, il qual borro divideva la cura suddetta dalla parrocchia di S. Biagio all’Incisa.
Al piviere dell’Incisa fu aggiunta nel 1807 una nuova parrocchia eretta nella chiesa dei SS. Cosimo e Damiano al Vivajo dei Frati Francescani.
Il castello dell’Incisa è celebre per essere stata patria dei progenitori di Francesco Petrarca, la di cui casetta paterna esiste tuttora dentro il castello sovrastante al borgo, posseduta una volta dalla nobil famiglia Castellani, attualmente dai Brucalassi dell’Incisa.
Dall’Incisa trasse pure l’origine e il casato un letterato del secolo XVII, Pier Antonio di Filippo Dell’Ancisa , la cui famiglia fu consorte di quella dell’immortale Petrarca.
Nacque nel borgo dell’Incisa nel l715 Angelo Nannoni, che può dirsi il restauratore della scuola chirurgica toscana.
Finalmente lo storico Varchi ricorda un fatto memorabile accaduto nel 1528 a una tal Lucrezia Mazzanti presa dai soldati dell’Oranges, per esporla alle libidini di un loro capitano, la qual donna con stratagemma potè allontanarsi dalle guardie che la tenevano in custodia, e incontaminata si annegò nel vicino fiume.
La parrocchia di S. Alessandro all’Incisa nel 1833 contava 1351 abitanti.
Trovasi l’Incisa sulla sinistra dell’Arno dirimpetto ad una torre e ponte di pietra sull’ingresso della così detta Gola dell’Incisa, dalla quale fu creduto che potesse derivare il suo nome (ad saxa incisa ): comecchè il lungo e tortuoso tratto, per il quale passa l’Arno dall’Incisa fino al Pontassieve, altro non sia che una rosura operata dalle acque correnti fra la serra dei poggi, che scendono dalla Vallombrosa, dal Monte alle Croci e da Monte Scalari. La stessa chiusa separa il Valdarno superiore dal Valdarno di Firenze, e mostra visibilmente la corrispondenza che una volta esisteva fra gli strati dell’una e dell’altra ripa.
All’Incisa si riuniscono le due strade regie di Arezzo, l’antica che da Firenze per il Bagno a Ripoli sale all’Apparita, attraversa il poggio di S. Donato in Collina e di Torre a Quona per scendere al Pian della Fonte, vecchia mansione ed ospedale presso l’Incis a, a 15 miglia da Firenze.
L’altra è la via postale che dalla Porta alla Croce percorre lungo la ripa destra dell’Arno passando per Pontassieve, S. Ellero, davanti a Rignano, e quindi varcato l’Arno sul ponte di pietra di fronte al borgo dell’Incisa, va a riunirsi costà, dopo 21 miglia di cammino, alla vecchia strada aretina.
Una delle rimembranze superstiti del castello di Ancisa trovasi in un istrumento del 18 febbrajo 1135 appartenuto all’abbadia di Montescalari, rogato nel castello dell’Ancisa , che fino d’allora esisteva, e forse corrispondente a quello che porta tuttora il nome di Castelvecchio, ch’è poco distante dalle mura castellane sopra il borgo attuale dell’Incisa.
Anche in una bolla del Pontefice Anastasio IV, spedita li 30 dicembre 1153 a Rodolfo vescovo di Fiesole (colla quale confermava alla sua mensa le chiese plebane, i monasteri della diocesi fiesolana allora esistenti e molte altre possessioni) furono specificate anche le sostanze che i prelati di Fiesole avevano nella corte, o distretto dell’Ancisa . (UGHELLI in Episc. Fesul.) La rocca dell’Incisa fu edificata sopra il borgo a guisa di battifolle, nell’anno 1223, dalla Repubblica fiorentina, in difesa di quell’angusta foce, non solamente per tenere a freno i Pazzi, gli Ubertini di Gaville, i Ricasoli ed altri nobili di contado nel Val d’Arno superiore, ma affinchè rimanesse sempre aperta la strada di poter far guerra ai nemici domestici che signoreggiavano troppo dappresso alla stessa città.
Nel 1312 di settembre al castello dell’Incisa accorsero da Firenze popolo e cavalieri per chiudere il passo del ponte e castello dell’Incisa all’Imperatore Arrigo VII, mentre da Arezzo marciava con numeroso esercito contro i Fiorentini. Le genti imperiali di prima giunta si accamparono nel piano dell’Incis a sull’Isola, che allora esisteva in mezzo all’Arno, la quale appellavasi, come tuttora quel luogo si appella, il Mezzule. – Vedere FIGLINE, e ISOLA DEL MEZZULE .
Quindi veggendo, che l’oste fiorentina non voleva avventurarsi alla battaglia, l’esercito ghibellino si mosse di là, e per angusti passi valicando i poggi di sopra all’Incisa, di costà assalì e mise in fuga quei soldati della repubblica che gli si fecero innanzi, seguitandoli con la spada alle reni infino nel borgo dell’Incisa. La notte veniente l’imperatore s’attendò coi suoi due migl. sotto in un luogo, chiamato da Leonardo Bruni, Borgo del Padule, donde la mattina si mosse verso Firenze, nella fiducia d’impadronirsi della città senza contrasto, mentre aveva lasciato il nemico come assediato e imp aurito dentro il castel dell’Incisa. – (G. VILLANI, Cronic. Lib. IX C.
46).
Assai maggiore fu il danno e lo spavento de’Fiorentini nel 1356, allorchè i Pisani con le compagnie degli avventurieri Inglesi, essendo penetrati sino nel Val d’Arno superiore, assalirono, presero il passo dell’Incisa, e cacciaron di là i Fiorentini. I quali trovandosi senza capitano, morto a Figline, non seppero difendersi meglio, nè cautamente patteggiare la propria salvezza, ne quella degli abitanti dell’Incisa, il cui borgo in conseguenza fu posto a ruba e in fiamme dai vincitori.
Il castello, o borgo dell’Incisa sino dal secolo XIII formava corpo di comunità, e già nel 1337 aveva i suoi particolari statuti. Ciò apparisce da una deliberazione dei 17 marzo di detto anno, per cui il magistrato comunitativo dell’Incisa composto di sei consiglieri e di sette altri ufiziali, tutti della parrocchia di S. Biagio dell’Ancisa , (la cui chiesa esisteva nel castello), adunatosi a suono di campana nella casa comunitativa tenuta a pigione, a forma dello statuto speciale, elesse in sindaco Michele del fu Buti di detto popolo e comune, ivi presente e accettante, affinchè prendesse in affitto dai monaci della Badia di Montescalari, siccome egli nello stesso giorno eseguì per conto della comunità dell’Incisa, un mulino a due palmenti posto nel fiume Arno presso il ponte dell’Incisa (oggi detto il mulino delle Coste) a condizione di dover pagare a quei monaci un annuo canone di 10 moggia di grano. Actum in castro Ancisae prope castellum et ecclesiam S. Blasii.
Che il titolare della chiesa parrocchiale dell’Incisa fosse allora, e per molto tempo dopo, S. Biagio, lo attestano varii docunenti, uno dei quali del 16 marzo 1323 appartenuto al Mon. di S. Pier maggiore di Firenze; mentre nei secoli posteriori fino al XVIII, più spesse volte si rammenta la parrocchia di S. Biagio all’Incisa nelle carte dei Capitani di Parte, e Ufiziali de’fiumi del Dominio fiorentino.
Alla comunità dell’Incisa erano uniti altri sei popoli; cioè Borri, Cappiano , Castagneto, Montelfi, Morniano e Loppiano.
Da Loppiano attualmente prenda il nome l’antica matrice dell’Incisa sotto il titolo de’Ss. Vito e Modesto, in luogo già detto a Scernano. La qual pieve nel secloo XIII contava 12 chiese suffraganee; 1. S. Biagio, ora S.
Alessandro all’Incisa; 2. S. Quirico a Montelfi , esistente; 3. S. Lorenzo a Cappiano, esistente; 4. S. Stefano di Alfiano, ignota; 5. Canonica di S. Pietro al Terreno, esistente; 6. S. Biagio a Gaglianella, data nel 1179 alla pieve di Figline; 7. S. Giusto di Strovillio, ignota; 8. S.
Michele a Morniano, esistente; 9. S. Cerbone a Castagneto, esistente; 10. S. Stefano a Borri, esistente (forse la stessa della soprannominata di Alfiano); 11. S.
Maria a Morniano, distrutta; 12. S. Bartolommeo a Foramala, ignota.
Nell’anno 1786 fu eretta in parrochia e in pieve la chiesa di S. Alessandro nel borgo dell’Incisa, già succursale di S.
Quirico a Montelfi, poichè si trova sulla riva sinistra del borro di Chiesa nuova, il qual borro divideva la cura suddetta dalla parrocchia di S. Biagio all’Incisa.
Al piviere dell’Incisa fu aggiunta nel 1807 una nuova parrocchia eretta nella chiesa dei SS. Cosimo e Damiano al Vivajo dei Frati Francescani.
Il castello dell’Incisa è celebre per essere stata patria dei progenitori di Francesco Petrarca, la di cui casetta paterna esiste tuttora dentro il castello sovrastante al borgo, posseduta una volta dalla nobil famiglia Castellani, attualmente dai Brucalassi dell’Incisa.
Dall’Incisa trasse pure l’origine e il casato un letterato del secolo XVII, Pier Antonio di Filippo Dell’Ancisa , la cui famiglia fu consorte di quella dell’immortale Petrarca.
Nacque nel borgo dell’Incisa nel l715 Angelo Nannoni, che può dirsi il restauratore della scuola chirurgica toscana.
Finalmente lo storico Varchi ricorda un fatto memorabile accaduto nel 1528 a una tal Lucrezia Mazzanti presa dai soldati dell’Oranges, per esporla alle libidini di un loro capitano, la qual donna con stratagemma potè allontanarsi dalle guardie che la tenevano in custodia, e incontaminata si annegò nel vicino fiume.
La parrocchia di S. Alessandro all’Incisa nel 1833 contava 1351 abitanti.
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1835, Volume II, p. 575.
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