MAGNALE
(Castrum Magnalis) nel Val d’Arno sopra Firenze.
Castello con rocca in gran parte diroccata, che diede il titolo di conte agli abati generali di Vallombrosa.
– La sua chiesa (S. Niccolò) già parrocchiale fu da lungo tempo riunita al popolo di Pagiano nel piviere di Pitiana, e circa miglia toscane 5 a maestr. di Reggello, Giurisdizione del Pontassieve, Diocesi di Fiesole, Compartimento di Firenze.
Risiede sopra il risalto di un poggio che scende dal monte della Consuma alla destra del torrente Vicano di S. Ellero , a ponente del monte di Vallombrosa e a cavaliere della strada che guida a quell’insigne archicenobio.
La più antica memoria, fra quelle a me note, che rammenti questo castello, trovasi in una pergamena dell’arpile 1028.
È un contratto di locazione di terre poste nel piviere di S.
Pietro a Pitiana per l’annua pensione di denari 4 d’argento da pagarsi nel castello di Magnale a Benno del fu Gerardo padrone del fondo allogato. (ARCH. DIPL. FIOR. Carte di Vallombrosa).
Posteriormente però acquistarono giuspadronato e possessioni nel castello e distretto di Magnale i CC. Guidi, ai quali esso fu confermato con diplomi imperiali di Arrigo VI e di Federigo II. Era della stessa consorteria quel C. Guido (ERRATA: di Teudegrimo) del fu C. Guido, il quale insieme alla contessa Ermellina sua consorte, per atto pubblico del maggio 1068, rogato in Rosano presso il Pontassieve, donò a S. Gio. Gualberto abate e fondatore della Congregazione vallombrosana dei terreni posti nel monte Taborra sopra Vallombrosa.
Fra i moltissimi privilegj concessi dai pontefici agli abati della Vallombrosa e a tutta la Congregazione citerò quelli del 1188 di Clemente III, del 1198 e 1024 d’Innocenzo III, e d’Onorio III del 1216, coi quali fu confermato agli abati di quel monastero, fra le altre cose, il castello di Magnale con la chiesa ivi esistente e le sue pertinenze.
Magnale pertanto divenne capoluogo di un comune il cui distretto comprendeva i popoli di Ristonchi, di Pagiano, di S. Miniato al Poggio ec.
Diversi istrumenti appartenuti alla badia di Vallombrosa furono rogati nella chiesa o nel chiostro di S. Niccolò a Magnale (maggio 1139 e settembre 1184) mentre alcuni altri, negli anni 1192, 1214 e 1218, furono scritti in Catiniano , o Catiliano, distretto di Magnale, sebbene nel piviere di S. Gervasio a Pelago, una volta a Scorgnano.
(ARCH. DIPL.FIOR. Carte della Vallombrosa).
Gli abati di Vallombrosa nella qualità di conti di Magnale nominavano in loro rappresentante un visconte del castello per governatore e giusdicente dei popoli compresi nel comune predetto.
Fra le elezioni di questa fatta avvenne una del 26 maggio 1314, con la quale l’abate di Vallombrosa, trovandosi in Firenze nel Mon. di S. Trinita, elesse in visconte de’castelli di Magnale e di Ristonchi Nuccio Peruzzi cittadino fiorentino ad oggetto di esercitarvi il suo officio per il tempo e termine di sei mesi.
Magnale fu un castello di qualche considerazione per i tempi anteriori all’invenzione della polvere da cannone; in guisa chè i fautori del partito guelfo nel 1248 avendo dovuto abbandonare Firenze, quando fu occupata dalle armi di Federigo II, parte di essi ritiraronsi nel castello di Magnale, e parte in Ostina del Val d’Arno superiore, delle quali rocche essi fecero il loro propugnacolo.
Nella notizia del Lambecio delle terre e castelli, che nel 1376 tenevano dalla parte imperiale, questo di Magnale è registrato tra quelli del Val d’Arno superiore. – Nel balzello imposto dalla Rep. Fior. nel 1444, il popolo di S.
Niccolò a Magnale fu tassato per cinque fiorni d’oro.
La villa e tenuta di Paterno sotto Vallombrosa, al pari di quella di Catiliano erano comprese nella giurisdizione della contea di Magnale.
Frattanto al mio lettore non dirò se fu ridevole congettura quella di un monaco vallombrosano del secolo XVII, (D.
Placido Poltri) il quale, ricercando del paese di Paterno, dove nel gennajo del 1002 morì l’Imp. Ottone III, non omise di qualificare, a proposito del Paterno di Vallombrosa, il castello di Magnale come luogo illustre per essere stato edificato da Catilina in tempo della sua ribellione: volendo forse il buon monaco appellare all’etimologia dell’accennata villa di Catiniano, o Catiliano . (ANNAL. CAMALD. Tom. I ad annum 1002, pag. 255).
– La sua chiesa (S. Niccolò) già parrocchiale fu da lungo tempo riunita al popolo di Pagiano nel piviere di Pitiana, e circa miglia toscane 5 a maestr. di Reggello, Giurisdizione del Pontassieve, Diocesi di Fiesole, Compartimento di Firenze.
Risiede sopra il risalto di un poggio che scende dal monte della Consuma alla destra del torrente Vicano di S. Ellero , a ponente del monte di Vallombrosa e a cavaliere della strada che guida a quell’insigne archicenobio.
La più antica memoria, fra quelle a me note, che rammenti questo castello, trovasi in una pergamena dell’arpile 1028.
È un contratto di locazione di terre poste nel piviere di S.
Pietro a Pitiana per l’annua pensione di denari 4 d’argento da pagarsi nel castello di Magnale a Benno del fu Gerardo padrone del fondo allogato. (ARCH. DIPL. FIOR. Carte di Vallombrosa).
Posteriormente però acquistarono giuspadronato e possessioni nel castello e distretto di Magnale i CC. Guidi, ai quali esso fu confermato con diplomi imperiali di Arrigo VI e di Federigo II. Era della stessa consorteria quel C. Guido (ERRATA: di Teudegrimo) del fu C. Guido, il quale insieme alla contessa Ermellina sua consorte, per atto pubblico del maggio 1068, rogato in Rosano presso il Pontassieve, donò a S. Gio. Gualberto abate e fondatore della Congregazione vallombrosana dei terreni posti nel monte Taborra sopra Vallombrosa.
Fra i moltissimi privilegj concessi dai pontefici agli abati della Vallombrosa e a tutta la Congregazione citerò quelli del 1188 di Clemente III, del 1198 e 1024 d’Innocenzo III, e d’Onorio III del 1216, coi quali fu confermato agli abati di quel monastero, fra le altre cose, il castello di Magnale con la chiesa ivi esistente e le sue pertinenze.
Magnale pertanto divenne capoluogo di un comune il cui distretto comprendeva i popoli di Ristonchi, di Pagiano, di S. Miniato al Poggio ec.
Diversi istrumenti appartenuti alla badia di Vallombrosa furono rogati nella chiesa o nel chiostro di S. Niccolò a Magnale (maggio 1139 e settembre 1184) mentre alcuni altri, negli anni 1192, 1214 e 1218, furono scritti in Catiniano , o Catiliano, distretto di Magnale, sebbene nel piviere di S. Gervasio a Pelago, una volta a Scorgnano.
(ARCH. DIPL.FIOR. Carte della Vallombrosa).
Gli abati di Vallombrosa nella qualità di conti di Magnale nominavano in loro rappresentante un visconte del castello per governatore e giusdicente dei popoli compresi nel comune predetto.
Fra le elezioni di questa fatta avvenne una del 26 maggio 1314, con la quale l’abate di Vallombrosa, trovandosi in Firenze nel Mon. di S. Trinita, elesse in visconte de’castelli di Magnale e di Ristonchi Nuccio Peruzzi cittadino fiorentino ad oggetto di esercitarvi il suo officio per il tempo e termine di sei mesi.
Magnale fu un castello di qualche considerazione per i tempi anteriori all’invenzione della polvere da cannone; in guisa chè i fautori del partito guelfo nel 1248 avendo dovuto abbandonare Firenze, quando fu occupata dalle armi di Federigo II, parte di essi ritiraronsi nel castello di Magnale, e parte in Ostina del Val d’Arno superiore, delle quali rocche essi fecero il loro propugnacolo.
Nella notizia del Lambecio delle terre e castelli, che nel 1376 tenevano dalla parte imperiale, questo di Magnale è registrato tra quelli del Val d’Arno superiore. – Nel balzello imposto dalla Rep. Fior. nel 1444, il popolo di S.
Niccolò a Magnale fu tassato per cinque fiorni d’oro.
La villa e tenuta di Paterno sotto Vallombrosa, al pari di quella di Catiliano erano comprese nella giurisdizione della contea di Magnale.
Frattanto al mio lettore non dirò se fu ridevole congettura quella di un monaco vallombrosano del secolo XVII, (D.
Placido Poltri) il quale, ricercando del paese di Paterno, dove nel gennajo del 1002 morì l’Imp. Ottone III, non omise di qualificare, a proposito del Paterno di Vallombrosa, il castello di Magnale come luogo illustre per essere stato edificato da Catilina in tempo della sua ribellione: volendo forse il buon monaco appellare all’etimologia dell’accennata villa di Catiniano, o Catiliano . (ANNAL. CAMALD. Tom. I ad annum 1002, pag. 255).
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1839, Volume III, p. 20.
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