BADIA DI SOFENA, o SOFFENA
sotto il titolo di S. Salvatore de Sophena,
altrimenti detta di CASTELFRANCO DI SOPRA, per essere assai prossima a questo Castello, nella cui parrocchia Comunità e Giurisdizione è compresa, Diocesi di Fiesole, Compartimento di Firenze.
Ebbe nome da un distrutto castello, o casa di campagna segnalato da S. Pier Damiano in un’epistola diretta alla contessa Willa moglie del marchese Ranieri di Uguccione, autore de’ma rchesi del Monte S. Maria e di Sorbello. In essa si racconta qual castigo fulminò la consorte del conte Uberto fratello uterino del di lei suocero, stata sepolta sotto la sua casa da una smotta dopo aver rapito a una povera vedova un porco, unica sua risorsa, mentre la baronessa risiedeva nel suo castello di Sciffena, o Soffena. (Opusc. S. Petri Damiani libro VIII Epistola XVIII). Il qual fatto tende ancora a far conoscere che gli Ubertini, cui apparteneva quel conte Uberto, sino dal secolo XI possedevano terreni e castelli in coteste parti del Val d’Arno superiore. – Vedere Badia di Torrita.
Fu la Badia di Soffena un priorato dipendente dalla superiore Abazia di S. Trinita dell’Alpi nel monte di Pratomagno, stata prima dei Benedettini, aggregata poi alla congregazione di Vallombrosa.
La più vetusta menzione del luogo di Sofena, e dei primordi di questo priorato trovasi in una membrana del 1014, di agosto, relativa a un atto di donazione rogato in Sofena, col quale due nobili di contado, Uberto di Guido e Ranieri chiamato Corbizzo figlio di altro Ranieri assegnarono all’Abate e monaci di S. Trinita di Fonte benedetta in Alpi per l’eremo di Gastra una casa con podere posto in Laterina (Archivio Diplomatico Fiorentino Badia di Ripoli) È ignoto l’anno in cui a Sofena fu eretta la Badia di S.
Salvatore, la quale però esisteva sotto la regola vallombrosana prima del 1090, poiché in quell’anno, ai 6 di agosto, Urbano II spedì una bolla a favore della congregazione di Vallombrosa, dove si nomina anche il monastero di Soffena (loc. cit).
Nel 1168 di ottobre, un Renuccino figlio di Ranieri, stando nel suo castello di Faella fece promessa ai monaci di S. Salvatore di Sofena di non recare molestia ad alcune terre e vigne di loro pertinenza situate nel piviere di Groppina. – Che in questo plebanato possedesse molte sostanze il monastero di S. Trinita in Alpi, lo assicurano vari documenti di quella Badia, fra i quali un privilegio dell’imperatore Federigo I dato dalla nuova città di Lodi, il 5 novembre 1163, a favore del monastero di Fontebenedetta, esentando i suoi possessi dai pubblici aggravi, e segnatamente quelli che aveva nel piviere di S.
Pietro di Gropina, nel castello di Lanciolina, in Loro, e in molti altri luoghi ivi notati. (Archivio Diplomatico Fiorentino Badia di Ripoli) Nel 26 aprile del 1184, il priore della Badia di Sofena acquistò in compra dal patrono della chiesa di S. Jacopo di Modine i terreni e giurisdizioni della stessa chiesa.
Il pontefice Martino V nel 1425 incorporò questo priorato al monastero di Vallombrosa. Dopo la qual’epoca, la sua chiesa fu riedificata e ornata di pitture e di sculture di terra invetriata, note sotto il nome del suo inventore Luca della Robbia. La fabbrica era compita, quando il pontefice Eugenio IV con breve dato in Firenze nel 1436 accordò indulgenze a chi si fosse recato a visitare il nuovo tempio di S. Salvatore di Sofena.
Da allora in poi questa Badia non ebbe più che un priore titolare, e un abate beneficiato che ne percepiva le rendite.
Uno di questi fu l’abate Epifanio Davanzati (al secolo Lorenzo) che ivi fu tumulato nel 1715, uomo noto per dottrina, per erudizione e per valor poetico.
La Badia fu soppressa, a la chiesa interdetta sotto il governo di LEOPOLDO I, mentre era abate commendatario un Baldovinetti. I suoi possessi furono allora alienati insieme alla chiesa e il claustro, entrambi ridotti ad usi rusticali.
Ebbe nome da un distrutto castello, o casa di campagna segnalato da S. Pier Damiano in un’epistola diretta alla contessa Willa moglie del marchese Ranieri di Uguccione, autore de’ma rchesi del Monte S. Maria e di Sorbello. In essa si racconta qual castigo fulminò la consorte del conte Uberto fratello uterino del di lei suocero, stata sepolta sotto la sua casa da una smotta dopo aver rapito a una povera vedova un porco, unica sua risorsa, mentre la baronessa risiedeva nel suo castello di Sciffena, o Soffena. (Opusc. S. Petri Damiani libro VIII Epistola XVIII). Il qual fatto tende ancora a far conoscere che gli Ubertini, cui apparteneva quel conte Uberto, sino dal secolo XI possedevano terreni e castelli in coteste parti del Val d’Arno superiore. – Vedere Badia di Torrita.
Fu la Badia di Soffena un priorato dipendente dalla superiore Abazia di S. Trinita dell’Alpi nel monte di Pratomagno, stata prima dei Benedettini, aggregata poi alla congregazione di Vallombrosa.
La più vetusta menzione del luogo di Sofena, e dei primordi di questo priorato trovasi in una membrana del 1014, di agosto, relativa a un atto di donazione rogato in Sofena, col quale due nobili di contado, Uberto di Guido e Ranieri chiamato Corbizzo figlio di altro Ranieri assegnarono all’Abate e monaci di S. Trinita di Fonte benedetta in Alpi per l’eremo di Gastra una casa con podere posto in Laterina (Archivio Diplomatico Fiorentino Badia di Ripoli) È ignoto l’anno in cui a Sofena fu eretta la Badia di S.
Salvatore, la quale però esisteva sotto la regola vallombrosana prima del 1090, poiché in quell’anno, ai 6 di agosto, Urbano II spedì una bolla a favore della congregazione di Vallombrosa, dove si nomina anche il monastero di Soffena (loc. cit).
Nel 1168 di ottobre, un Renuccino figlio di Ranieri, stando nel suo castello di Faella fece promessa ai monaci di S. Salvatore di Sofena di non recare molestia ad alcune terre e vigne di loro pertinenza situate nel piviere di Groppina. – Che in questo plebanato possedesse molte sostanze il monastero di S. Trinita in Alpi, lo assicurano vari documenti di quella Badia, fra i quali un privilegio dell’imperatore Federigo I dato dalla nuova città di Lodi, il 5 novembre 1163, a favore del monastero di Fontebenedetta, esentando i suoi possessi dai pubblici aggravi, e segnatamente quelli che aveva nel piviere di S.
Pietro di Gropina, nel castello di Lanciolina, in Loro, e in molti altri luoghi ivi notati. (Archivio Diplomatico Fiorentino Badia di Ripoli) Nel 26 aprile del 1184, il priore della Badia di Sofena acquistò in compra dal patrono della chiesa di S. Jacopo di Modine i terreni e giurisdizioni della stessa chiesa.
Il pontefice Martino V nel 1425 incorporò questo priorato al monastero di Vallombrosa. Dopo la qual’epoca, la sua chiesa fu riedificata e ornata di pitture e di sculture di terra invetriata, note sotto il nome del suo inventore Luca della Robbia. La fabbrica era compita, quando il pontefice Eugenio IV con breve dato in Firenze nel 1436 accordò indulgenze a chi si fosse recato a visitare il nuovo tempio di S. Salvatore di Sofena.
Da allora in poi questa Badia non ebbe più che un priore titolare, e un abate beneficiato che ne percepiva le rendite.
Uno di questi fu l’abate Epifanio Davanzati (al secolo Lorenzo) che ivi fu tumulato nel 1715, uomo noto per dottrina, per erudizione e per valor poetico.
La Badia fu soppressa, a la chiesa interdetta sotto il governo di LEOPOLDO I, mentre era abate commendatario un Baldovinetti. I suoi possessi furono allora alienati insieme alla chiesa e il claustro, entrambi ridotti ad usi rusticali.
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1833, Volume I, p. 193.
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