MARE TOSCANO, o TOSCO

– I Geografi non sono fra loro d’accordo, o almeno non sembra che abbiano di proposito diretto le loro indagini verso il quesito tendente a far conoscere, quale estensione approssimativamente possa venire assegnata al Mare Toscano. – Ben’inteso però che sotto questo nome specifico di Mare Toscano si debba comprendere unicamente quello che bagna il littorale della Toscana attuale, e che a una determinata estensione le sue isole circonda.
Sono infatti troppo vaghe le espressioni di Strabone, allorchè nel descrivere i monti che circoscrivono il porto di Luni (golfo della Spezia) dice, vedersi di là un ampio spazio di mare e l’uno e l’altro lido; volendo significare, a levante il lido di Toscana, a ponente quelo della Liguria.
Conciossiachè da consimili espressioni non se ne può dedurre rigorosamente una regola sufficiente a segnare una linea di demarcazione fra i nominati due pelaghi. Nè tampoco per ciò che spetta all’estensione del Mare Toscano vi è da trovare appoggio in un diploma di Carlo Magno, susseguitato da varie bolle di romani pontefici, nelle quali si tratta di donare nientemeno che di donare alla badia de’SS. Vincenzio e Anastasio ad Aquas Salvias, ossia delle Tre fontane presso Roma, la giurisdizione di una gran parte del territorio Orbetellano, compreso il promontorio Argentario, le isole del Giglio e di Giannutri con più una estensione per cento miglia di mare di là dalla spiaggia.
Agli articoli GROSSETO e LITTORALE TOSCANO toccai, per quanto lo comporta questo libro, delle principali vicende fisiche accadute prima e dopo il mille lungo il nostro littorale; e quantunque non fossero molti i fatti, pure i pochi esempj locali ivi segnalati mi sembravano sufficienti a convincere chiunque ha fior di senno che dal secolo di Augusto fino al secolo di Leopoldo non appariscono variazioni sensibili nel livello dei mari. (Vol. II. pag. 547 e 704).
Che se quegli esempj non bastassero, ci si presentano a confermare un tal vero mille testimonianze, molte delle quali con somma erudizione e criterio scientifico sono state coordinate e rese di pubblica ragione da un illustre fisico, il conte Domenico Paoli, in un Discorso del sollevamento ed avvallamento di alcuni terreni , edito in Pesaro nel 1838. – Dondechè io reputo opera affatto inutile il voler aggiungere a quel ragionamento altre parole per convincere chi ad onta di sì patenti verità tornasse oggi a sostenere il paradosso, che il livello del mare Mediterraneo, dopo l’Era cristiana siasi elevato più di 40 e perfino in alcuni luoghi di 300 palmi napoletani sopra il pelo attuale!!! Miglior frutto ritrar saprebbe la idrografia marittima se esistessero tavole metrico-cronologiche delle varie profondità del bacino del mare Mediterraneo, qualora esso con diligenza e a varie epoche da valenti capitani di mare fosse stato scandagliato, onde precipuamente stabilire un confronto delle variazioni progressive de’respettivi bacini e dell’analoga protrazione dei littorali limitrofi.
Non solamente sotto cotesto rapporto, ma all’oggetto anche di giovare alla navigazione del Mare toscano, importantissimo lavoro fu quello recentemente eseguito dall’astronomo inglese capitano Smyth, il quale con tanta diligenza scandagliò il bacino del mare Mediterraneo, precipuamente in vicinanza del continente e delle isole. La sua carta, edita in Londra nel 1826, fu trascritta per la parte spettante al nostro mare dal P. Giovanni Inghirami nella gran Carta geometrica della Toscana sotto i respettivi gradi con le misure e numeri espressi dal suo autore in tese francesi, ciascuna delle quali corrisponde a sei piedi parigini, circa braccia toscane 3. 6. 7.
Dai quali scandagli apparisce; I°. Che il luogo più profondo del Mare toscano trovasi fra il grado 27° 40’ longitudine e 42° 20’ latitudine, settentr. fra le 10 e le 15 miglia toscane a ponente dell’isola di Monte Cristo; dove la sonda discese fino a 526 tese, equivalenti a br. 1737,13.
4 sotto il livello del mare. II°. Che il fondo maggiore fra il littorale della Maremma toscana e le sue isole non supera le cento tese (br. 334, 3.4.), mentre cinque in sei miglia a maestr. dell’isola di Gorgona la sonda pesca 172 tese (quasi 575 br.). III° Che il mare fra l’isola dell’Elba e il seno di Follonica non è più fondo di 44 tese (circa 147 br.). IV° Che nel canale fra Piombino e l’isola predetta lo scandaglio pesca sole 28 tese (circa br. 93 e 1/2), mentre nel canale fra il promontorio Argentaro e l’isola del Giglio la sonda approfondò 61 tese (br. 203. 16. 8 fior.).
In quanto agli scandagli eseguiti dallo stesso capitano Smyth lungo il littorale nostro, a partire dalla foce di Magra sino al lago di Burano, furono essi in gran parte accennati all’Articolo LITTORALE TOSCANO.
Dovendo dare un cenno del flusso e riflusso lungo il littorale toscano, non starò a ripetere, come da molti fu opinato che un tal moto non si renda sensibile nel mare Mediterraneo; avvegnachè cotesta opinione oggigiorno non trova più credito, essendo stata confutata da valenti scrittori; fra i quali basterà rammentare Bernardino Zendrini per il littorale pisano e lucchese, l’ingegnere Scaccia per la maremma romana, ed Antonio Rossi per il golfo della Spezia.
Imperocchè il Zendrini, fino da quando pubblicò in Lucca (anno 1736) la sua relazione concernente il miglioramento dell’aria e la riforma del porto di Viareggio, non solo trattò del flusso e del riflusso che ha il mare Mediterraneo, ma convenne nella sentenza del Montanari, tostochè egli disse, esservi un altro moto radente intorno al littorale; mercè cui l’acqua entrando dall’Oceano per lo stretto di Gibilterra, dopo aver girato la costa d’Affrica, e quindi tutto quanto il periplo dell’Adriatico e del mare Meditterraneo, esce dalla parte della Spagna per ritornare nell’Oceano.
Però cotesta corrente littoranea, o radente, tanto più sensibile apparisce quanto è minore il flusso e riflusso, e conseguentemente, maggiore nel Mediterraneo, dove il flusso non arriva ad alzarsi appena un palmo (quasi mezzo braccio fior.) e minore nell’Adriatico, dove nei tempi di novilunio e di plenilunio il flusso arriva ad alzarsi più di un braccio, come accade intorno a Venezia.
Il benemerito Giovanni Targioni-Tozzetti fece conoscere al pubblico un trattato MS. sul flusso e riflusso del mare anteriore a tutti gli altri, perchè compilato verso la metà del secolo XVI, che il suo autore monsignor Ugolino Martelli dedicò al Granduca Cosimo I. In essa opera per tanto fu annunziato, qualmente fin d’allora si osservava a Livorno il flusso e riflusso all’altezza poco meno di un mezzo braccio accadere di sei in sei ore con le regole medesime che nel mare di Venezia. – A cotesta testimonianza giova assaissimo quella del prelodato Targioni, il quale da quel sommo osservatore ch’egli era, sul proposito del flusso, ne avvertiva con queste precise parole: “qualmente si vede manifestamente alla bocca di Calambrone e di Fiume morto, e nel Fosso de’Navicelli cotesto flusso sensibile fino al caterattone di S. Pietro in Grado, sicchè ajuta il moto de’navicelli troppo carichi, i quali sovente sono forzati ad aspettare l’Empifondo, o l’acqua piena della Luna, (che così ivi chiamasi il flusso del mare); e notisi che vi è stato chi ha creduto che il mare Mediterraneo non abbia flusso e riflusso come gli altri mari, ma il fatto è chiaro in contrario.” (TARGIONI, Viaggi T. II. Ediz. Prima a pag.183, e seconda a pag.
493).
Rispetto a ciò che riguarda il golfo della Spezia, fu indicato in una lettera pubblicata nel T. IV. della Correspondance Astronomique del Baron di Zach, nella quale il matematico Antonio Rossi avvisò, di avere egli istituito in Porto Venere negli anni 1812-13-14 e 15, e dentro il seno della Spezia nei tre anni consecutivi diligenti osservazioni sul flusso e riflusso del mare. Dalle quali indagini resultò, che l’altezza media del flusso al Porto Venere fu di 44 centimetri di metro, e nel fondo del seno della Spezia di centimetri 63,5. D’altronde il flusso dentro un golfo profondo, e con impedita apertura com’è quello della Spezia, può soffrire una qualche modificazione, siccome infatti lo dimostrano le osservazioni preaccennate.
Quasi contemporaneamente al Rossi il romano ingegnere Scaccia faceva eseguire indagini consimili nel mare di Civitavecchia, alla foce del Tevere, e a Terracina. In virtù delle quali ricerche potè concludere, che l’altezza del flusso a Terracina approssimativamente ascendeva fra un quarto di metro e un mezzo metro; che la maggiore elevatezza accade poco dopo gli equinozii, sapendosi altronde comunemente dai pratici, che il flusso giornaliero nel littorale romano non è minore di 23 centimetri di metro (quasi un palmo).
A Civitavecchia la differenza fra il flusso e riflusso fu trovata di centimetri 33. Avendo però lo Scaccia fatto ripetere le osservazioni un’ora e mezzo dopo il plenilunio, fu riconosciuta una differenza fra il flusso e riflusso assai più ardita, mentre la così detta Aqua piena della Luna salì fino all’altezza di centimetri 42,8.
Passando ora a far qualche parola dei frutti che dona il nostro mare, e che suppliscono per una buona parte dell’anno a imbandire le mense, dirò: che un’infinità di pesci vi si generano e vi si propagano; che molti di essi passano a storme in stagioni fisse e ad epoche costanti, come i volatili; cioè, nella primavera e nell’autunno. Di questo numero per es. sono i tonni, dei quali si fanno regolari pesche a Porto S. Stefano, e all’isola dell’Elba tanto nel golfo di Procchio quanto in quello di Porto Ferrajo; tali sono le acciughe, le sarde e i muggini, che le une si pescano specialmente nelle acque intorno alle isole dell’arcipelago toscano, fra le quali sono preferite quelle pescate presso la Gorgona, mentre i secondi incontrano i loro lacci a Castiglioncello di Rosignano. Abbondano finalmente i palombi e i naselli, che passano in gran copia nel settemb re e ottobre. Meno abbondanti nell’epoca stessa si pescano e si spediscono per tutto il territorio toscano i pesci più delicati, fra i quali la sogliola, la triglia, il dentice, il ragno, l’ombrina e qualche volta lo storione.
Riferimento bibliografico:

E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1839, Volume III, p. 66.