MONTE MURLO, o MONTEMURLO
nella Valle dellâOmbrone pistojese.
Fortilizio attualmente ridotto a un palazzo merlato con pieve contigua (S. Giovan Battista) e con gli avanzi di due porte delle distrutte mura castellane esistenti intorno alla ghirlanda del poggio. Esso è conservato capoluogo di comunità , siccome lo fu di Giurisdizione, ora sotto il Vicario Regio e circa miglia 4 a maestro di Prato, Diocesi di Pistoja, Compartimento di Firenze.
Consiste Monte Murlo in una vaga collina che si avanza quasi isolata nella pianura occidentale di Prato, fra lâAgna e il fosso Bagnolo, ultimo risalto dello sprone meridionale del Monte Giavello. La maggiore altezza presa dal campanile della pieve di Montemurlo trovasi a braccia 328 sopra il livello del mare Mediterraneo fra il grado 28° 42â 3â di longitudine e il grado 43° 55â 8â di latitudine, 6 miglia circa a levante di Pistoja, e 14 a maestro di Firenze.
Monte Murlo figura sino dal mille nella storia come luogo piuttosto che castello. Infatti per luogo è qualificato in due istrumenti, che uno fatto in Prato li 13 dicembre 1019, vertente sulla vendita della metĂ di una casa posta nel luogo di Monte Murlo per lire 710 di denari pisani; e altro rogato in Pistoja, dellâaprile 1020, apparteneva al capitolo di quella cattedrale â (ARCH. DIPL. FIOR., loc. cit. e Carte degli Olivetani di Pistoja).
Sarebbe forse inutile fatica per chi volesse oggi indagare se il possesso del poggio di Montemurlo, sul quale posteriormente i conti Guidi innalzarono una forte rocca, fosse pervenuto in questa famiglia dal Conte Teudegrimo, stipite della medesima, sino dal 937, quando quel conte ottenne in benefizio dal re Ugo suo compare il Monastero di S. Salvatore in Agna con tutti i beni e giurisdizioni annesse. â Vedere AGNA (S. SALVATORE IN).
AllâArticolo MONTALE nella Valle dellâOmbrone pistojese furono ricordate le guerre fatte nel principio del 1200 tra i conti Guidi e i Pistojesi che tolsero ai primi il Castello di Montemurlo, ripreso loro sulla fine del 1203 mediante lâaiuto deâFiorentini, e finalmente, al dire del Malespini e del Villani venduto nel 1309 al Comune di Firenze per 5000 fiorini dâoro.
Certo è che il distretto di Montemurlo sino dal secolo predetto faceva parte del contado di Pistoja; in prova di che vale per tutti un istrumento del 15 marzo 1084 fatto in Montemurlo contado pistojese. Il primo atto però a me noto che indichi i conti Guidi signori in Montemurlo segna la data del mese di novembre 1100 fatto in Pistoja dove era domiciliato il conte Guido figliuolo di altro Conte Guido, e padre di Guido Guerra, il quale conte volendo remunerare i servigi che a lui prestò nel suo viaggio di Gerusalemme Raimondino figlio di Donnuccio, gli dona tutte le terre, vigne, case e mansi tenuti a titolo di benefizio da un tale chiamato Giornello, e dona inoltre un casalino posto nel Castello di Montemurlo con altri quattro pezzi di terra situati in luogo detto Querceto. La qual donazione fu fatta con lâobbligo che il suddetto Raimondino, a riserva dellâusufrutto, dovesse donare i beni medesimi a quella chiesa cui fosse piaciuto assegnarli. Egli infatti per eseguire lâobbligo di sopra espresso con atto del 26 novembre dellâanno stesso 1100, per rimedio dellâanima sua, del conte Guido, della contessa Ermellina di lui consorte e deâfigli loro offrĂŹ i beni di sopra donati alla canonica di S. Zeno di Pistoja.
Anche nel luglio del 1107, un Raimondino figlio di Enrico con Gisla sua moglie figlia del fu Donnuccio, stando in Villiano presso il Montale, donò al capitolo della cattedrale di S. Zeno tutte le terre, vigne e case che teneva nel castello, borgo e corte di Montemurlo.
(ARCH. DIPL. FIOR. Carte del Capitano di Pistoja).
Da tali documenti pertanto sembra apparire, che i conti Guidi non solamente sino dal secolo XI possedevano in Monte murlo, ma che nel poggio e sue pendici eravi sino dal 1105 un borgo ed un castello omonimo.
Fu detto, che nel 1203 i Pistojesi guerreggiando tolsero il Castello di Montemurlo ai conti Guidi, stato poi ripreso nel corso dellâanno dai conti collâaiuto deâFiorentini, ai quali ultimi nel 1209 alcuni di quei conti venderono il castello medesimo col suo distretto per il prezzo convenuto di 5000 fiorini dâoro. Avendoci però i cronisti fiorentini avvisato, che i conti Guidi da Porciano non vollono acconsentire alla vendita, e trovando che una tal compra realmente non ebbe effetto se non che 45 anni dopo, ci si offre luogo a dubitare che il contratto di vendita di Montemurlo del 1209 accennato dal Malespini e ripetuto da Giovanni Villani, per allora restasse senza effetto.
Infatti lâAmmirato nella Storia Fiorentina e dopo di lui il Padre Ildefonso nel T. VIII delle Delizie degli Eruditi toscani riportano al 24 aprile dellâanno 1219 il sunto di un atto pubblico rogato in Firenze nella chiesa di S. Michele.
Col quale atto i Conti Guido, Tegrimo, Ruggieri, Marcovaldo e Aghinolfo, fratelli e figli del Conte Guido Guerra (V), cioè gli stessi conti palatini che un anno dopo ottennero dallâImperatore Federigo II un onorevole privilegio, essi tutti insieme promisero al Comune di Firenze in mano di Alberto da Mandello suo potes tĂ di tenere in perpetuo il Castello di Montemurlo a onore del Comune predetto, e di far sĂŹ che i suoi vassalli, e abitanti del Castello medesimo vi portassero ognâanno nella festa di S. Giovanni Battista un cero di libbre 40. Per lâosservanza della qual promessa i 5 fratelli Guidi diedero in pegno alla Repubblica i loro castelli di Montevarchi, di Loro, del Pozzo, di Lanciolina, della Trappola, di Viesca ed altri fortilizi che possedevano nel Val dâArno superiore.
Non fu realmente che nellâanno 1254, quando il conte Guido Guerra VI, figlio del Conte Marcovaldo testè nominato, stando in Firenze nel palazzo deâGaligari, dove allora adunavasi il consiglio della Signoria, per istrumento rogato lĂŹ 25 marzo, ossia nel dĂŹ primo dellâanno a stile fiorentino, vendè al Comune di Firenze per 2500 fiorini dâoro la quarta parte di Montemurlo, châera la porzione dei suoi diritti baronali, fitti e ragioni; piĂš la quarta parte per indiviso di un mulino posto sul fiume Agna, in luogo denominato al Bosco deâConti, compreso il bosco e altre terre di quel territorio.
Seguono le firme di molti individui di Montemurlo fraâquali alcuni fittuarii del conte predetto. â Si leggono inoltre sottoscritti al contratto i nomi di Guido Conte di Romena figlio del fu Conte Aghinolfo, della contessa Beatrice figlia del Conte Rodolfo di Capraja, madre del venditore, e di altri fratelli di lui che consentono allâatto.
Fu nel numero dei testimoni il maestro di Dante Alighieri, cioè il notaro Brunetto figlio che fu di ser Bonaccorso Latini. â A dĂŹ 30 dello stesso mese ed anno un altro conte Guido figliuolo del conte Teudegrimo di Porciano, pure nel palazzo deâGaligari davanti la Signoria di Firenze, rinunziò al Comune per conto proprio e di suo padre la quarta parte del Castello e distretto di Montevarchi col suo territorio, giurisdizioni ecc.
Con atto speciale del 15 aprile 1254, rogato presso il monastero delle Camaldolensi di Pratovecchio, prestò il consenso alla vendita di Montemurlo la contessa Agnesina moglie del conte Guido Guerra figlio del Conte Marcovaldo, e tre giorni appresso fu ratificata la vendita dal Conte Ruggieri fratello del suddetto Guido, e dalla contessa sua moglie: che il primo firmò lâatto nella chiesa plebana di S. Maria di Bagno, lâaltra nel castello di Dovadola; mentre nello stesso giorno 17 aprile nel castello di Porciano confermavano per parte loro la stessa vendita le contesse Adalasia e Bartolommea, quella moglie del conte Guido, questa consorte di corrado che fu figliuolo dello stesso conte Guido di Porciano. Finalmente nel 20 aprile detto a quellâalienazione aderĂŹ la contessa Albiera moglie del Conte Teudegrimo, firmando lâatto nel suo palazzo posto nella rocca di S. Bavelleo in Mugello.
Dopo tuttociò gli anziani del popolo fiorentino nel giorno 21 aprile 1254 fecero prendere formale possesso di Montemurlo per le porzioni acquistate. Dondechè sembra dover concludere, che in quel mezzo tempo, cioè dal 1209 al 1254, il nominato castello dipendesse costantemente dai Conti Guidi, per quanto fino dal 1215 vi si trovava a far ragione un potestĂ . Tale ce lo dichiara una sentenza del 29 marzo del 1215 data davanti la pieve di Montemurlo da Graziadio potestĂ di questo Comune medesimo â (ARCH.
DIPL. FIOR. Carte del Capitolo di Pistoja).
Anche la Signoria di Firenze, dopo fatta la compra sopra indicata, soleva ogni sei mesi inviare a Montemurlo un potestĂ e un castellano. Rammenterò fra gli altri che vi fu inviato nel 7 aprile 1318 messer Chierico di Pazzino dePazzi, possessore della villa di Perugiano sotto Montemurlo, che fu figlio di quel Pazzino che nel 1303 cooperò allâacquisto del Castello di Montale, uno dei nipoti di Ranieri di altro messer Chierico, che nel 1296 comprò dagli ufiziali del Comune di Firenze per se e per altri suoi consorti deâPazzi braccia 96 quadre di terreno situato nel popolo di S. Pier Maggiore vicino ai muri vecchi della cittĂ e a una delle porte del secondo cerchio, chiamata deâScarpentieri â (ARCH. DIPL. FIOR. Carte dellâArchivio Generale e di S. Pier Maggiore).
Fra i castellani eletti e mandati dai Signori a Montemurlo fuvvi anche un Giovanni del fu Giovenco Arrigucci, il quale nel 29 gennajo 1352 a nome della repubblica fiorentina ricevè la consegna della rocca di Montemurlo da Bernardo del fu Marabottino Tornaquinci di Firenze, pievano della pieve di Montemurlo, e da Francesco di lui fratello entrambi castellani della stessa rocca, mentre pochi giorni dopo (18 febbrajo 1351) entrava potestà in Montemurlo un Bencivenni Turini, o di Turino cittadino fiorentino.
Sino dal declinare del secolo XII il distretto di Montemurlo, in quanto allâeconomico e al civile, era stato staccato dal contado di Pistoja, cui innanzi tutto apparteneva. Infatti negli statuti pistojesi del 1179 pubblicati dal P. Zaccaria e dal Muratori, allâarticolo 142 si obbliga il potestĂ a mantenere la passeggeria, ossia il pedaggio presso Montemurlo, sul confine del suo distretto con quello di Pistoja; in guisa che dove fu cotal passeggeria è rimasto tuttora il nome di Catena dâAgliana. â Vedere CATENA.
Ă il castel di Montemurlo una piccola cosa in confronto della fama che il suo nome per lâItalia mena. Imperocchè esso è tenuto generalmente per un fortilizio di gran conseguenza da chi pensa che Castruccio vi pose lâassedio (1325) nel tempo che faceva abbattere la sottoposta torre di Perugiano ai Pazzi e il sovrastante castello di Giavello agli Strozzi di Firenze; e piĂš che altro Montemurlo è rinomato dal caso che ne fecero e dal vistoso prezzo che per averlo daâFiorentini fu pagato. Ma la fama si accrebbe a Montemurlo dai caldi fautori della spirata repubblica, o piuttosto dai fieri nemici della casa deâMedici salita sul trono di Firenze. I quali trovandosi nella lista deâproscritti da Cosimo I, nel 1587 costĂ si raccolsero con una mano di armati nella lusinga di poter abbattere questo e di far risuscitare la giĂ sepolta libertĂ fiorentina.
Alla testa dei restauratori era quel Baccio Valori che ottâanni prima a nome del pontefice Clemente VII assisteva indefessamente allâassedio di Firenze, e quindi dettava bugiardi capitoli alla sua resa nella villa Guicciardini a Montici, appellata poscia per onta la Bugia.
Lâaltro fu Filippo di Piero Strozzi, uomo da potente famiglia uscito, di animo nobile, e volto a generose imprese. Frattanto questi con altri capi fuorusciti fiorentini avendo potuto raccogliere da 4000 fanti armati e 300 uomini a cavallo, dopo nominato a comandanti di quellâesercito Bernardo Salviati e Piero Strozzi, Filippo padre di questâultimo con Baccio Valori commissarii della spedizione si partirono da Bologna per la Sambuca di Pistoja, dando gli ordini opportuni ai comandanti di venire dietro con tutto lâesercito. Frattanto lo Strozzi e il Valori con pochi cavalli spinsonsi innanzi fino a Montemurlo, fondati in gran parte sulla speranza del traditor Nicolao Bracciolini pistojese, che gli aveva invitati a valicare francamente lâAppennino con promettere al loro avvicinarsi di dare ad essi in mano Pistoja, essendone egli come padrone. Dondechè giunti in Montemurlo, Filippo e Baccio vi stavano non altrimenti che se fossero andati in una lor villa di piacere; e il Valori di piĂš partitesi di lĂŹ, andava e tornava dalla vicina casa al Barone, châera una sua possessione, attualmente tenuta del Marchese Tempi.
Ma Alessandro Vitelli, comandante fedele del duca Cosimo, che dal Bracciolini veniva segretamente di tultto informato, fingendo una gran paura, richiamò tosto da Fiesole a Firenze le truppe spagnuole, e intanto mandava a Montemurlo sotto lâaspetto di visitare il parente ed amico un tal Bertino Strozzi, che al ritorno riferĂŹ ogni andamento, e il poco ordine di coloro che speravano cacciare Cosimo deâMedici con i suoi partitanti dal governo di Firenze.
In questo mentre Piero Strozzi giungeva innanzi il restante dellâesercito deâfuorusciti con 600 fanti e cento cavalli, e con questi, spintosi da Montemurlo infino presso alle mura di Prato, attaccò una scaramuccia con le milizie che vâerano di guarnigione. Allora il Vitelli insieme con altri capitani e compagnie di fanti e cavalli partĂŹ da Firenze la notte dellâultimo di luglio 1537, e arrivati in Prato due ore innanzi lâalba, dopo aver accordato un breve riposo alle truppe, queste marciando con gran silenzio in numero di ben tremila soldati pervennero quasi un miglio presso a Montemurlo a una villa, dove Piero Strozzi aveva la sua vanguardia alloggiato.
Era la sera dâavanti arrivato alle Fabbriche di Val di Bure sullâantica strada che varca lâAppennino della Limentra il comandante Bernardo Salviati con il restante delle genti dâarme raccolte dai fuorusciti; ma una tempesta grandissima di pioggia, che aveva fatto ingrossare tutti i torrenti, dovette ritardare di un giorno la marcia verso Montemurlo.
Appena arrivati i soldati del Duca di Firenze alla villa sopraindicata, si attaccò repentina zuffa coi nemici, i quali trovandosi in molto minor numero degli assalitori presto si diedero alla fuga. Sbaragliati questi e animati quelli dal primo successo, si avanzarono verso il poggio per assalire il Castello di Montemurlo, dove non era che un debole presidio, che si riduceva a una dozzina di giovani fiorentini, con tre archibusi da mura ed un bastione alla porta mezzo rovinato.
Baccio Valori, e Filippo Strozzi se la dormivano nel letto senza alcun pensiero, come anche Anton Francesco degli Albizzi che vi arrivò la sera innanzi. Verano dentro altri tre individui di casa Valori, Filippo e Paolo Antonio figliuoli di Baccio con un di lui nipote.
Allo strepito dellâarmi, al rimbombo delle archibusate, al suono deâtamburi lo Strozzi, il Valori e lâAlbizzi spaventati si rizzarono senza consiglio, quando giĂ i nemici arrivati alla porta del castello, e combattendo alquanto con queâpochi châerano di dentro, abbatterono la porta dâingresso e sâimpadronirono agevolmente del castello, di modo che tutti coloro che vi si erano refugiati caddero prigioni deâsoldati medicei.
Dellâesito di quella giornata e del gran ludibrio di fortuna a cui furono ridotti personaggi sĂŹ nobili e sĂŹ preclari, e Filippo Strozzi massimamente, che fu tenuto in fino a quel giorno tra i Fiorentini il piĂš felice cittadino privato, fia inutile qui ripeterlo, poichè fu detto per tutti da Bernardo Segni storico contemporaneo, e dopo di lui da cento altri scrittori.
Da quellâepoca in poi (se non prima) Montemurlo perde lâonore di avere un potestĂ ; stantechè allâanno 1551 questo Castello trovavasi compreso col suo distretto nella potesteria del Montale, dalla quale fu poi staccato per assegnarlo al giusdicente di Prato, sia pel civile come per il criminale. Anche il fortilizio di Montemurlo, se dopo il fatto del 1537 non fu atterrato, dovè cambiare di aspetto, essendo stata la sua rocca alienata ai Nerli di Firenze, che la ridussero ad una buona casa di campagna senza fossi nè bastioni nè antemurali, in guisa che attualmente tutto il fabbricato di Montemurlo si limita ad un palazzo quadrato con cortile, portico interno e torre nel centro; un oratorio davanti al prato, e a levante del palazzo lâantica chiesa plebana con lâannessa canonica e casa del villico.
La pieve con la torre ad uso di campanile è fabbricata di pietra concia di macigno; il palazzo dove fu il castello è posseduto attualmente dal Sig. Gherardi di Pistoja proprietario di estese possessioni nella comunitĂ di Montemurlo, e del privato oratorio contiguo al palazzo, nel di cui altare esiste una tavola dipinta nel 1339 dal pistojese Giovanni di Bartolommeo, che vi scrisse lâepoca ed il proprio nome.
MOVIMENTO della Popolazione del Castello e Borgo di MONTEMURLO a quattro epoche diverse, divisa per famiglie.
ANNO 1551: Impuberi maschi -; femmine -; adulti maschi -, femmine -; coniugati dei due sessi -; ecclesiastici -; numero delle famiglie 25; totalitĂ della popolazione 182.
ANNO 1745: Impuberi maschi 692; femmine 204; adulti maschi 452, femmine 228; coniugati dei due sessi 273; ecclesiastici 5; numero delle famiglie 229; totalitĂ della popolazione 1665.
ANNO 1833: Impuberi maschi 364; femmine 332; adulti maschi 367, femmine 215; coniugati dei due sessi 684; ecclesiastici 4; numero delle famiglie 314; totalitĂ della popolazione 2182.
ANNO 1839: Impuberi maschi 393; femmine 321; adulti maschi 404, femmine 230; coniugati dei due sessi 697; ecclesiastici 4; numero delle famiglie 356; totalitĂ della popolazione 2308.
ComunitĂ di Montemurlo. â II suo territorio occupa una superficie di 8884 quadrati agrari, dei quali 304 sono presi da corsi dâacqua e da pubbliche vie. Nel 1833 vi stanziavano 2350 abitanti, a ragione di 320 individui per ogni miglio quadrato di suolo imponibile.
Il territorio di questa comunità presenta la figura di una sferoide allungata da grecale a libeccio, che termina però in due punte. La sua corda maggiore si estende per circa sette miglia da settentrione a ostro, e quasi miglia tre da levante a ponente.
Confina con tre ComunitĂ . Tocca dal lato di maestro e di ponente il territorio della ComunitĂ del Montale, che lâaccompagna in tutta la sua maggior lunghezza, a partire dalla punta settentrionale sul monte Giavello, fino a quella meridionale della pianura. Scendono entrambi il monte predetto nella direzione di grecale a libeccio, da primo mediante il rio delle Bracherelle, poscia pel ramo piĂš orientale dellâAgna, in cui influisce; cioè lâAgna di Striglianella che nasce nel fianco occidentale del Giavello. Lungo questa fiumana le due comunitĂ arrivano nella pianura dove attraversano la strada provinciale Montalese sul ponte Rondinelli, e di lĂ sâinoltrano fino alla confluenza del fosso Calice sotto il Ponte a Bocci passata la strada Regia lucchese. CostĂ cessa la comunitĂ del Montale e sottentra a confine di questa di Montemurlo la ComuitĂ di Prato; con la quale voltando faccia da ponente a levante il territorio di Montemurlo torna indietro per unâangusta lingua di terra; ma appena ritrova la strada Regia lucchese, la percorre alquanto nella direzione di levante, e quindi lâattraversa per inoltrarsi verso grecale mediante i numerosi fossi della pianura del Pantano , poscia passa a levante della fattoria di Perugiano dove varca la via provinciale Montalese lasciando a ponente la villa Strozzi per salire sulla sommitĂ del Monte Ferrato. QuĂ variando direzione da grecale a settentrione i territori delle due ComunitĂ testè accennate percorrono sulla schiena del monte predetto per proseguire sugli sproni che lâavvicinano; cioè di Monte, Mezzano, Monte Spiccioli e Monte Lopi; in guisa che, lasciate a ponente le balze di macigno di Albiano, salgono sul vertice del monte Giavello, nella cui criniera cessa la ComunitĂ di Prato e sottentra quella di Cantagallo. Allora voltando direzione da settentrione a maestro seguita la linea di confini della ComunitĂ di Moutemurlo con lâaltra di Cantagallo camminando circa un miglio lungo la cresta del monte suddetto sino a che ritorna a contatto il territorio comunitativo del Montale.
La montuosità maggiore di questa comunità è quella del monte Giavello, ossia Iavello, la di cui altezza assoluta, sebbene non sia stata misurata, apparisce però maggiore circa del doppio di quella del Monte Ferrato, che è 704 braccia superiore al livello del mare.
Fra i maggiori corsi dâacqua che rasentano, o che scaturiscono nel territorio di Monte Murlo contasi lâAgna, un di cui ramo nasce, come dissi, nel fianco occidentale del monte Giavello, e nel di cui alveo confluiscono altri due rami della stessa fiumana. Sorge pure nella faccia meridionale del monte medesimo il fosso Bagnolo, che può dirsi il secondo torrente della ComuitĂ in discorso, il quale passa a levante del capoluogo fra la villa Strozzi e quella Pazzi di Perugiano, lĂ dove sopra un ponte attraversa la strada Montalese.
Fra le vie rotabili, oltre la testè nominata, havvi quella postale lucchese, che per corto stadio lambisce lâestremitĂ meridionale del territorio di Montemurlo.
Sono pure stati resi rotabili due tronchi di vie comunitative, quello che conduce sul poggio alla pieve del capoluogo e lâaltro alla villa del Barone rimontando la riva destra del fosso Bagnolo.
In quanto alla natura del suolo di questa Comunità esso può distinguersi in tre formazioni diverse; la prima spetta al terreno appenninico, consistente per la massima parte in macigno, di cui sono aperte sul monte Giavello ottime cave, le quali prestano materia di lavoro agli abitanti di Albiano. La seconda formazione costituisce il terreno massiccio nelle brecce di Figline, nel marmo nero e verde, ossia nel serpentino del Monte Ferrato; mentre la terza classe spetta a un conglomerato di minuta ghiaja, a una specie di poudinga che costituisce il poggetto quasi isolato di Monte Murlo, la cui base da tre lati è nascosta sotto il terreno recente di alluvione, il quale profondamente ricuopre la circostante pianura.
Anche rispetto alla georgica della contrada può essa distinguersi in boschi, in vigne, in oliveti, ed in campi da praterie o da sementa. Magnifici sono i boschi di alto fusto e cedui delle fattorie Covoni e Tempi sul monte Giavello; sterilissimi li sterpeti e le sodaglie sul Monte Ferrato; fertilissimi e ben tenuti gli oliveti e le vigne alle falde dello stesso Giavello e dei suoi contrafforti, compreso ivi il poggio ubertoso di Montemurlo; costĂ dove diede un bellâesempio di esercitazione bottanico- agraria il defunto pievano Raffaello Scarpettini.
La tenuta del Barone della casa Tempi, i poderi del Torracchi situati a maestro del poggio di Montemurlo, e quelli di Perugiano della casa Pazzi posti a ostro-scirocco possono dirsi il modello della coltura agraria di questo distretto.
Rispetto alla pianura del territorio di Montemurlo, essendo essa, come ho detto coperta da terreno diluviale con insensibile pendenza verso il fiume Ombrone, è stata per conseguenza solcata da fossi e da borri, sparsa di campi uliginosi e poco confacenti alle piante dellâolivo e della vite, sivvero ai loppi, ai gelsi, ai salci, ai gallici ec.
Ma vi producono gran frutto i prati artificiali, le piante leguminose, filamentose e graminacee, il mais o frumentone e la saggina.
Il nome di Pantano rimasto a una porzione della pianura di Montemu rlo indica per sè solo lâantica indole palustre del luogo, sebbene ora si trovi di gran lunga migliorata, come lo è nei possessi Scarafantoni e Gherardi di Pistoja, e in quelli del ch. Giovan Battista Niccolini di Firenze.
Esisteva costĂ fra il sec. XIII e XIV una possessione della casa Cancellieri di Pistoja, dovâera anche un fortilizio in mezzo ai fossi, di cui si è fatta menzione allâArticolo MONTALE.
Ma quali fossero le condizioni fisiche e agrarie di questa contrada sul declinare del secolo XIV, quando al Pantano possedeva una sua villa con terreni Corradino Gianfigliazzi cittadino fiorentino, lo diede magistralmente a conoscere Franco Sacchetti in una sua graziosa Novella (120 della P. II Ediz. del 1724) alla quale rinvio volentieri il mio lettore.
La Comunità di Montemurlo mantiene un medico e un maestro di scuola. Non ha però mercati settimanali ne fiere, mentre rende inutili queste e quelli la posizione del paese situato fra due floride e assai vicine città .
La cancelleria comunitativa e lâingegnere di Circondario sono a Fiesole, il giusdicente a Prato, dove è anche lâesazione del Registro; mentre la conservazione delle Ipoteche e il tribunale di Prima Istanza sono in Pistoja.
QUADRO della Popolazione della ComunitĂ di MONTEMURLO a quattro epoche diverse.
- nome del luogo: Albiano, titolo della chiesa: S. Pietro (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pistoja, popolazione anno 1551 n° -, popolazione anno 1745 n° 191, popolazione anno 1833 n° 168, popolazione anno 1839 n° - nome del luogo: MONTEMURLO e annessi, titolo della chiesa: S. Giovanni Battista (Pieve), diocesi cui appartiene: Pistoja, popolazione anno 1551 n° 182, popolazione anno 1745 n° 1655, popolazione anno 1833 n° 2182, popolazione anno 1839 n° 2308 - Totale abitanti anno 1551 n° 182 - Totale abitanti anno 1745 n° 1846 - Totale abitanti anno 1833 n° 2350 - Totale abitanti anno 1839 n° 2484
Consiste Monte Murlo in una vaga collina che si avanza quasi isolata nella pianura occidentale di Prato, fra lâAgna e il fosso Bagnolo, ultimo risalto dello sprone meridionale del Monte Giavello. La maggiore altezza presa dal campanile della pieve di Montemurlo trovasi a braccia 328 sopra il livello del mare Mediterraneo fra il grado 28° 42â 3â di longitudine e il grado 43° 55â 8â di latitudine, 6 miglia circa a levante di Pistoja, e 14 a maestro di Firenze.
Monte Murlo figura sino dal mille nella storia come luogo piuttosto che castello. Infatti per luogo è qualificato in due istrumenti, che uno fatto in Prato li 13 dicembre 1019, vertente sulla vendita della metĂ di una casa posta nel luogo di Monte Murlo per lire 710 di denari pisani; e altro rogato in Pistoja, dellâaprile 1020, apparteneva al capitolo di quella cattedrale â (ARCH. DIPL. FIOR., loc. cit. e Carte degli Olivetani di Pistoja).
Sarebbe forse inutile fatica per chi volesse oggi indagare se il possesso del poggio di Montemurlo, sul quale posteriormente i conti Guidi innalzarono una forte rocca, fosse pervenuto in questa famiglia dal Conte Teudegrimo, stipite della medesima, sino dal 937, quando quel conte ottenne in benefizio dal re Ugo suo compare il Monastero di S. Salvatore in Agna con tutti i beni e giurisdizioni annesse. â Vedere AGNA (S. SALVATORE IN).
AllâArticolo MONTALE nella Valle dellâOmbrone pistojese furono ricordate le guerre fatte nel principio del 1200 tra i conti Guidi e i Pistojesi che tolsero ai primi il Castello di Montemurlo, ripreso loro sulla fine del 1203 mediante lâaiuto deâFiorentini, e finalmente, al dire del Malespini e del Villani venduto nel 1309 al Comune di Firenze per 5000 fiorini dâoro.
Certo è che il distretto di Montemurlo sino dal secolo predetto faceva parte del contado di Pistoja; in prova di che vale per tutti un istrumento del 15 marzo 1084 fatto in Montemurlo contado pistojese. Il primo atto però a me noto che indichi i conti Guidi signori in Montemurlo segna la data del mese di novembre 1100 fatto in Pistoja dove era domiciliato il conte Guido figliuolo di altro Conte Guido, e padre di Guido Guerra, il quale conte volendo remunerare i servigi che a lui prestò nel suo viaggio di Gerusalemme Raimondino figlio di Donnuccio, gli dona tutte le terre, vigne, case e mansi tenuti a titolo di benefizio da un tale chiamato Giornello, e dona inoltre un casalino posto nel Castello di Montemurlo con altri quattro pezzi di terra situati in luogo detto Querceto. La qual donazione fu fatta con lâobbligo che il suddetto Raimondino, a riserva dellâusufrutto, dovesse donare i beni medesimi a quella chiesa cui fosse piaciuto assegnarli. Egli infatti per eseguire lâobbligo di sopra espresso con atto del 26 novembre dellâanno stesso 1100, per rimedio dellâanima sua, del conte Guido, della contessa Ermellina di lui consorte e deâfigli loro offrĂŹ i beni di sopra donati alla canonica di S. Zeno di Pistoja.
Anche nel luglio del 1107, un Raimondino figlio di Enrico con Gisla sua moglie figlia del fu Donnuccio, stando in Villiano presso il Montale, donò al capitolo della cattedrale di S. Zeno tutte le terre, vigne e case che teneva nel castello, borgo e corte di Montemurlo.
(ARCH. DIPL. FIOR. Carte del Capitano di Pistoja).
Da tali documenti pertanto sembra apparire, che i conti Guidi non solamente sino dal secolo XI possedevano in Monte murlo, ma che nel poggio e sue pendici eravi sino dal 1105 un borgo ed un castello omonimo.
Fu detto, che nel 1203 i Pistojesi guerreggiando tolsero il Castello di Montemurlo ai conti Guidi, stato poi ripreso nel corso dellâanno dai conti collâaiuto deâFiorentini, ai quali ultimi nel 1209 alcuni di quei conti venderono il castello medesimo col suo distretto per il prezzo convenuto di 5000 fiorini dâoro. Avendoci però i cronisti fiorentini avvisato, che i conti Guidi da Porciano non vollono acconsentire alla vendita, e trovando che una tal compra realmente non ebbe effetto se non che 45 anni dopo, ci si offre luogo a dubitare che il contratto di vendita di Montemurlo del 1209 accennato dal Malespini e ripetuto da Giovanni Villani, per allora restasse senza effetto.
Infatti lâAmmirato nella Storia Fiorentina e dopo di lui il Padre Ildefonso nel T. VIII delle Delizie degli Eruditi toscani riportano al 24 aprile dellâanno 1219 il sunto di un atto pubblico rogato in Firenze nella chiesa di S. Michele.
Col quale atto i Conti Guido, Tegrimo, Ruggieri, Marcovaldo e Aghinolfo, fratelli e figli del Conte Guido Guerra (V), cioè gli stessi conti palatini che un anno dopo ottennero dallâImperatore Federigo II un onorevole privilegio, essi tutti insieme promisero al Comune di Firenze in mano di Alberto da Mandello suo potes tĂ di tenere in perpetuo il Castello di Montemurlo a onore del Comune predetto, e di far sĂŹ che i suoi vassalli, e abitanti del Castello medesimo vi portassero ognâanno nella festa di S. Giovanni Battista un cero di libbre 40. Per lâosservanza della qual promessa i 5 fratelli Guidi diedero in pegno alla Repubblica i loro castelli di Montevarchi, di Loro, del Pozzo, di Lanciolina, della Trappola, di Viesca ed altri fortilizi che possedevano nel Val dâArno superiore.
Non fu realmente che nellâanno 1254, quando il conte Guido Guerra VI, figlio del Conte Marcovaldo testè nominato, stando in Firenze nel palazzo deâGaligari, dove allora adunavasi il consiglio della Signoria, per istrumento rogato lĂŹ 25 marzo, ossia nel dĂŹ primo dellâanno a stile fiorentino, vendè al Comune di Firenze per 2500 fiorini dâoro la quarta parte di Montemurlo, châera la porzione dei suoi diritti baronali, fitti e ragioni; piĂš la quarta parte per indiviso di un mulino posto sul fiume Agna, in luogo denominato al Bosco deâConti, compreso il bosco e altre terre di quel territorio.
Seguono le firme di molti individui di Montemurlo fraâquali alcuni fittuarii del conte predetto. â Si leggono inoltre sottoscritti al contratto i nomi di Guido Conte di Romena figlio del fu Conte Aghinolfo, della contessa Beatrice figlia del Conte Rodolfo di Capraja, madre del venditore, e di altri fratelli di lui che consentono allâatto.
Fu nel numero dei testimoni il maestro di Dante Alighieri, cioè il notaro Brunetto figlio che fu di ser Bonaccorso Latini. â A dĂŹ 30 dello stesso mese ed anno un altro conte Guido figliuolo del conte Teudegrimo di Porciano, pure nel palazzo deâGaligari davanti la Signoria di Firenze, rinunziò al Comune per conto proprio e di suo padre la quarta parte del Castello e distretto di Montevarchi col suo territorio, giurisdizioni ecc.
Con atto speciale del 15 aprile 1254, rogato presso il monastero delle Camaldolensi di Pratovecchio, prestò il consenso alla vendita di Montemurlo la contessa Agnesina moglie del conte Guido Guerra figlio del Conte Marcovaldo, e tre giorni appresso fu ratificata la vendita dal Conte Ruggieri fratello del suddetto Guido, e dalla contessa sua moglie: che il primo firmò lâatto nella chiesa plebana di S. Maria di Bagno, lâaltra nel castello di Dovadola; mentre nello stesso giorno 17 aprile nel castello di Porciano confermavano per parte loro la stessa vendita le contesse Adalasia e Bartolommea, quella moglie del conte Guido, questa consorte di corrado che fu figliuolo dello stesso conte Guido di Porciano. Finalmente nel 20 aprile detto a quellâalienazione aderĂŹ la contessa Albiera moglie del Conte Teudegrimo, firmando lâatto nel suo palazzo posto nella rocca di S. Bavelleo in Mugello.
Dopo tuttociò gli anziani del popolo fiorentino nel giorno 21 aprile 1254 fecero prendere formale possesso di Montemurlo per le porzioni acquistate. Dondechè sembra dover concludere, che in quel mezzo tempo, cioè dal 1209 al 1254, il nominato castello dipendesse costantemente dai Conti Guidi, per quanto fino dal 1215 vi si trovava a far ragione un potestĂ . Tale ce lo dichiara una sentenza del 29 marzo del 1215 data davanti la pieve di Montemurlo da Graziadio potestĂ di questo Comune medesimo â (ARCH.
DIPL. FIOR. Carte del Capitolo di Pistoja).
Anche la Signoria di Firenze, dopo fatta la compra sopra indicata, soleva ogni sei mesi inviare a Montemurlo un potestĂ e un castellano. Rammenterò fra gli altri che vi fu inviato nel 7 aprile 1318 messer Chierico di Pazzino dePazzi, possessore della villa di Perugiano sotto Montemurlo, che fu figlio di quel Pazzino che nel 1303 cooperò allâacquisto del Castello di Montale, uno dei nipoti di Ranieri di altro messer Chierico, che nel 1296 comprò dagli ufiziali del Comune di Firenze per se e per altri suoi consorti deâPazzi braccia 96 quadre di terreno situato nel popolo di S. Pier Maggiore vicino ai muri vecchi della cittĂ e a una delle porte del secondo cerchio, chiamata deâScarpentieri â (ARCH. DIPL. FIOR. Carte dellâArchivio Generale e di S. Pier Maggiore).
Fra i castellani eletti e mandati dai Signori a Montemurlo fuvvi anche un Giovanni del fu Giovenco Arrigucci, il quale nel 29 gennajo 1352 a nome della repubblica fiorentina ricevè la consegna della rocca di Montemurlo da Bernardo del fu Marabottino Tornaquinci di Firenze, pievano della pieve di Montemurlo, e da Francesco di lui fratello entrambi castellani della stessa rocca, mentre pochi giorni dopo (18 febbrajo 1351) entrava potestà in Montemurlo un Bencivenni Turini, o di Turino cittadino fiorentino.
Sino dal declinare del secolo XII il distretto di Montemurlo, in quanto allâeconomico e al civile, era stato staccato dal contado di Pistoja, cui innanzi tutto apparteneva. Infatti negli statuti pistojesi del 1179 pubblicati dal P. Zaccaria e dal Muratori, allâarticolo 142 si obbliga il potestĂ a mantenere la passeggeria, ossia il pedaggio presso Montemurlo, sul confine del suo distretto con quello di Pistoja; in guisa che dove fu cotal passeggeria è rimasto tuttora il nome di Catena dâAgliana. â Vedere CATENA.
Ă il castel di Montemurlo una piccola cosa in confronto della fama che il suo nome per lâItalia mena. Imperocchè esso è tenuto generalmente per un fortilizio di gran conseguenza da chi pensa che Castruccio vi pose lâassedio (1325) nel tempo che faceva abbattere la sottoposta torre di Perugiano ai Pazzi e il sovrastante castello di Giavello agli Strozzi di Firenze; e piĂš che altro Montemurlo è rinomato dal caso che ne fecero e dal vistoso prezzo che per averlo daâFiorentini fu pagato. Ma la fama si accrebbe a Montemurlo dai caldi fautori della spirata repubblica, o piuttosto dai fieri nemici della casa deâMedici salita sul trono di Firenze. I quali trovandosi nella lista deâproscritti da Cosimo I, nel 1587 costĂ si raccolsero con una mano di armati nella lusinga di poter abbattere questo e di far risuscitare la giĂ sepolta libertĂ fiorentina.
Alla testa dei restauratori era quel Baccio Valori che ottâanni prima a nome del pontefice Clemente VII assisteva indefessamente allâassedio di Firenze, e quindi dettava bugiardi capitoli alla sua resa nella villa Guicciardini a Montici, appellata poscia per onta la Bugia.
Lâaltro fu Filippo di Piero Strozzi, uomo da potente famiglia uscito, di animo nobile, e volto a generose imprese. Frattanto questi con altri capi fuorusciti fiorentini avendo potuto raccogliere da 4000 fanti armati e 300 uomini a cavallo, dopo nominato a comandanti di quellâesercito Bernardo Salviati e Piero Strozzi, Filippo padre di questâultimo con Baccio Valori commissarii della spedizione si partirono da Bologna per la Sambuca di Pistoja, dando gli ordini opportuni ai comandanti di venire dietro con tutto lâesercito. Frattanto lo Strozzi e il Valori con pochi cavalli spinsonsi innanzi fino a Montemurlo, fondati in gran parte sulla speranza del traditor Nicolao Bracciolini pistojese, che gli aveva invitati a valicare francamente lâAppennino con promettere al loro avvicinarsi di dare ad essi in mano Pistoja, essendone egli come padrone. Dondechè giunti in Montemurlo, Filippo e Baccio vi stavano non altrimenti che se fossero andati in una lor villa di piacere; e il Valori di piĂš partitesi di lĂŹ, andava e tornava dalla vicina casa al Barone, châera una sua possessione, attualmente tenuta del Marchese Tempi.
Ma Alessandro Vitelli, comandante fedele del duca Cosimo, che dal Bracciolini veniva segretamente di tultto informato, fingendo una gran paura, richiamò tosto da Fiesole a Firenze le truppe spagnuole, e intanto mandava a Montemurlo sotto lâaspetto di visitare il parente ed amico un tal Bertino Strozzi, che al ritorno riferĂŹ ogni andamento, e il poco ordine di coloro che speravano cacciare Cosimo deâMedici con i suoi partitanti dal governo di Firenze.
In questo mentre Piero Strozzi giungeva innanzi il restante dellâesercito deâfuorusciti con 600 fanti e cento cavalli, e con questi, spintosi da Montemurlo infino presso alle mura di Prato, attaccò una scaramuccia con le milizie che vâerano di guarnigione. Allora il Vitelli insieme con altri capitani e compagnie di fanti e cavalli partĂŹ da Firenze la notte dellâultimo di luglio 1537, e arrivati in Prato due ore innanzi lâalba, dopo aver accordato un breve riposo alle truppe, queste marciando con gran silenzio in numero di ben tremila soldati pervennero quasi un miglio presso a Montemurlo a una villa, dove Piero Strozzi aveva la sua vanguardia alloggiato.
Era la sera dâavanti arrivato alle Fabbriche di Val di Bure sullâantica strada che varca lâAppennino della Limentra il comandante Bernardo Salviati con il restante delle genti dâarme raccolte dai fuorusciti; ma una tempesta grandissima di pioggia, che aveva fatto ingrossare tutti i torrenti, dovette ritardare di un giorno la marcia verso Montemurlo.
Appena arrivati i soldati del Duca di Firenze alla villa sopraindicata, si attaccò repentina zuffa coi nemici, i quali trovandosi in molto minor numero degli assalitori presto si diedero alla fuga. Sbaragliati questi e animati quelli dal primo successo, si avanzarono verso il poggio per assalire il Castello di Montemurlo, dove non era che un debole presidio, che si riduceva a una dozzina di giovani fiorentini, con tre archibusi da mura ed un bastione alla porta mezzo rovinato.
Baccio Valori, e Filippo Strozzi se la dormivano nel letto senza alcun pensiero, come anche Anton Francesco degli Albizzi che vi arrivò la sera innanzi. Verano dentro altri tre individui di casa Valori, Filippo e Paolo Antonio figliuoli di Baccio con un di lui nipote.
Allo strepito dellâarmi, al rimbombo delle archibusate, al suono deâtamburi lo Strozzi, il Valori e lâAlbizzi spaventati si rizzarono senza consiglio, quando giĂ i nemici arrivati alla porta del castello, e combattendo alquanto con queâpochi châerano di dentro, abbatterono la porta dâingresso e sâimpadronirono agevolmente del castello, di modo che tutti coloro che vi si erano refugiati caddero prigioni deâsoldati medicei.
Dellâesito di quella giornata e del gran ludibrio di fortuna a cui furono ridotti personaggi sĂŹ nobili e sĂŹ preclari, e Filippo Strozzi massimamente, che fu tenuto in fino a quel giorno tra i Fiorentini il piĂš felice cittadino privato, fia inutile qui ripeterlo, poichè fu detto per tutti da Bernardo Segni storico contemporaneo, e dopo di lui da cento altri scrittori.
Da quellâepoca in poi (se non prima) Montemurlo perde lâonore di avere un potestĂ ; stantechè allâanno 1551 questo Castello trovavasi compreso col suo distretto nella potesteria del Montale, dalla quale fu poi staccato per assegnarlo al giusdicente di Prato, sia pel civile come per il criminale. Anche il fortilizio di Montemurlo, se dopo il fatto del 1537 non fu atterrato, dovè cambiare di aspetto, essendo stata la sua rocca alienata ai Nerli di Firenze, che la ridussero ad una buona casa di campagna senza fossi nè bastioni nè antemurali, in guisa che attualmente tutto il fabbricato di Montemurlo si limita ad un palazzo quadrato con cortile, portico interno e torre nel centro; un oratorio davanti al prato, e a levante del palazzo lâantica chiesa plebana con lâannessa canonica e casa del villico.
La pieve con la torre ad uso di campanile è fabbricata di pietra concia di macigno; il palazzo dove fu il castello è posseduto attualmente dal Sig. Gherardi di Pistoja proprietario di estese possessioni nella comunitĂ di Montemurlo, e del privato oratorio contiguo al palazzo, nel di cui altare esiste una tavola dipinta nel 1339 dal pistojese Giovanni di Bartolommeo, che vi scrisse lâepoca ed il proprio nome.
MOVIMENTO della Popolazione del Castello e Borgo di MONTEMURLO a quattro epoche diverse, divisa per famiglie.
ANNO 1551: Impuberi maschi -; femmine -; adulti maschi -, femmine -; coniugati dei due sessi -; ecclesiastici -; numero delle famiglie 25; totalitĂ della popolazione 182.
ANNO 1745: Impuberi maschi 692; femmine 204; adulti maschi 452, femmine 228; coniugati dei due sessi 273; ecclesiastici 5; numero delle famiglie 229; totalitĂ della popolazione 1665.
ANNO 1833: Impuberi maschi 364; femmine 332; adulti maschi 367, femmine 215; coniugati dei due sessi 684; ecclesiastici 4; numero delle famiglie 314; totalitĂ della popolazione 2182.
ANNO 1839: Impuberi maschi 393; femmine 321; adulti maschi 404, femmine 230; coniugati dei due sessi 697; ecclesiastici 4; numero delle famiglie 356; totalitĂ della popolazione 2308.
ComunitĂ di Montemurlo. â II suo territorio occupa una superficie di 8884 quadrati agrari, dei quali 304 sono presi da corsi dâacqua e da pubbliche vie. Nel 1833 vi stanziavano 2350 abitanti, a ragione di 320 individui per ogni miglio quadrato di suolo imponibile.
Il territorio di questa comunità presenta la figura di una sferoide allungata da grecale a libeccio, che termina però in due punte. La sua corda maggiore si estende per circa sette miglia da settentrione a ostro, e quasi miglia tre da levante a ponente.
Confina con tre ComunitĂ . Tocca dal lato di maestro e di ponente il territorio della ComunitĂ del Montale, che lâaccompagna in tutta la sua maggior lunghezza, a partire dalla punta settentrionale sul monte Giavello, fino a quella meridionale della pianura. Scendono entrambi il monte predetto nella direzione di grecale a libeccio, da primo mediante il rio delle Bracherelle, poscia pel ramo piĂš orientale dellâAgna, in cui influisce; cioè lâAgna di Striglianella che nasce nel fianco occidentale del Giavello. Lungo questa fiumana le due comunitĂ arrivano nella pianura dove attraversano la strada provinciale Montalese sul ponte Rondinelli, e di lĂ sâinoltrano fino alla confluenza del fosso Calice sotto il Ponte a Bocci passata la strada Regia lucchese. CostĂ cessa la comunitĂ del Montale e sottentra a confine di questa di Montemurlo la ComuitĂ di Prato; con la quale voltando faccia da ponente a levante il territorio di Montemurlo torna indietro per unâangusta lingua di terra; ma appena ritrova la strada Regia lucchese, la percorre alquanto nella direzione di levante, e quindi lâattraversa per inoltrarsi verso grecale mediante i numerosi fossi della pianura del Pantano , poscia passa a levante della fattoria di Perugiano dove varca la via provinciale Montalese lasciando a ponente la villa Strozzi per salire sulla sommitĂ del Monte Ferrato. QuĂ variando direzione da grecale a settentrione i territori delle due ComunitĂ testè accennate percorrono sulla schiena del monte predetto per proseguire sugli sproni che lâavvicinano; cioè di Monte, Mezzano, Monte Spiccioli e Monte Lopi; in guisa che, lasciate a ponente le balze di macigno di Albiano, salgono sul vertice del monte Giavello, nella cui criniera cessa la ComunitĂ di Prato e sottentra quella di Cantagallo. Allora voltando direzione da settentrione a maestro seguita la linea di confini della ComunitĂ di Moutemurlo con lâaltra di Cantagallo camminando circa un miglio lungo la cresta del monte suddetto sino a che ritorna a contatto il territorio comunitativo del Montale.
La montuosità maggiore di questa comunità è quella del monte Giavello, ossia Iavello, la di cui altezza assoluta, sebbene non sia stata misurata, apparisce però maggiore circa del doppio di quella del Monte Ferrato, che è 704 braccia superiore al livello del mare.
Fra i maggiori corsi dâacqua che rasentano, o che scaturiscono nel territorio di Monte Murlo contasi lâAgna, un di cui ramo nasce, come dissi, nel fianco occidentale del monte Giavello, e nel di cui alveo confluiscono altri due rami della stessa fiumana. Sorge pure nella faccia meridionale del monte medesimo il fosso Bagnolo, che può dirsi il secondo torrente della ComuitĂ in discorso, il quale passa a levante del capoluogo fra la villa Strozzi e quella Pazzi di Perugiano, lĂ dove sopra un ponte attraversa la strada Montalese.
Fra le vie rotabili, oltre la testè nominata, havvi quella postale lucchese, che per corto stadio lambisce lâestremitĂ meridionale del territorio di Montemurlo.
Sono pure stati resi rotabili due tronchi di vie comunitative, quello che conduce sul poggio alla pieve del capoluogo e lâaltro alla villa del Barone rimontando la riva destra del fosso Bagnolo.
In quanto alla natura del suolo di questa Comunità esso può distinguersi in tre formazioni diverse; la prima spetta al terreno appenninico, consistente per la massima parte in macigno, di cui sono aperte sul monte Giavello ottime cave, le quali prestano materia di lavoro agli abitanti di Albiano. La seconda formazione costituisce il terreno massiccio nelle brecce di Figline, nel marmo nero e verde, ossia nel serpentino del Monte Ferrato; mentre la terza classe spetta a un conglomerato di minuta ghiaja, a una specie di poudinga che costituisce il poggetto quasi isolato di Monte Murlo, la cui base da tre lati è nascosta sotto il terreno recente di alluvione, il quale profondamente ricuopre la circostante pianura.
Anche rispetto alla georgica della contrada può essa distinguersi in boschi, in vigne, in oliveti, ed in campi da praterie o da sementa. Magnifici sono i boschi di alto fusto e cedui delle fattorie Covoni e Tempi sul monte Giavello; sterilissimi li sterpeti e le sodaglie sul Monte Ferrato; fertilissimi e ben tenuti gli oliveti e le vigne alle falde dello stesso Giavello e dei suoi contrafforti, compreso ivi il poggio ubertoso di Montemurlo; costĂ dove diede un bellâesempio di esercitazione bottanico- agraria il defunto pievano Raffaello Scarpettini.
La tenuta del Barone della casa Tempi, i poderi del Torracchi situati a maestro del poggio di Montemurlo, e quelli di Perugiano della casa Pazzi posti a ostro-scirocco possono dirsi il modello della coltura agraria di questo distretto.
Rispetto alla pianura del territorio di Montemurlo, essendo essa, come ho detto coperta da terreno diluviale con insensibile pendenza verso il fiume Ombrone, è stata per conseguenza solcata da fossi e da borri, sparsa di campi uliginosi e poco confacenti alle piante dellâolivo e della vite, sivvero ai loppi, ai gelsi, ai salci, ai gallici ec.
Ma vi producono gran frutto i prati artificiali, le piante leguminose, filamentose e graminacee, il mais o frumentone e la saggina.
Il nome di Pantano rimasto a una porzione della pianura di Montemu rlo indica per sè solo lâantica indole palustre del luogo, sebbene ora si trovi di gran lunga migliorata, come lo è nei possessi Scarafantoni e Gherardi di Pistoja, e in quelli del ch. Giovan Battista Niccolini di Firenze.
Esisteva costĂ fra il sec. XIII e XIV una possessione della casa Cancellieri di Pistoja, dovâera anche un fortilizio in mezzo ai fossi, di cui si è fatta menzione allâArticolo MONTALE.
Ma quali fossero le condizioni fisiche e agrarie di questa contrada sul declinare del secolo XIV, quando al Pantano possedeva una sua villa con terreni Corradino Gianfigliazzi cittadino fiorentino, lo diede magistralmente a conoscere Franco Sacchetti in una sua graziosa Novella (120 della P. II Ediz. del 1724) alla quale rinvio volentieri il mio lettore.
La Comunità di Montemurlo mantiene un medico e un maestro di scuola. Non ha però mercati settimanali ne fiere, mentre rende inutili queste e quelli la posizione del paese situato fra due floride e assai vicine città .
La cancelleria comunitativa e lâingegnere di Circondario sono a Fiesole, il giusdicente a Prato, dove è anche lâesazione del Registro; mentre la conservazione delle Ipoteche e il tribunale di Prima Istanza sono in Pistoja.
QUADRO della Popolazione della ComunitĂ di MONTEMURLO a quattro epoche diverse.
- nome del luogo: Albiano, titolo della chiesa: S. Pietro (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pistoja, popolazione anno 1551 n° -, popolazione anno 1745 n° 191, popolazione anno 1833 n° 168, popolazione anno 1839 n° - nome del luogo: MONTEMURLO e annessi, titolo della chiesa: S. Giovanni Battista (Pieve), diocesi cui appartiene: Pistoja, popolazione anno 1551 n° 182, popolazione anno 1745 n° 1655, popolazione anno 1833 n° 2182, popolazione anno 1839 n° 2308 - Totale abitanti anno 1551 n° 182 - Totale abitanti anno 1745 n° 1846 - Totale abitanti anno 1833 n° 2350 - Totale abitanti anno 1839 n° 2484
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1839, Volume III, p. 441.
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