PADULE DI CASTIGLION DELLA PESCAJA
già LAGO PRELIO o di PRILE nel littorale di Grosseto.
È il più vasto e il più malefico padule della Toscana, di cui fanno parte e appendice il Padule di Buriano, il Padulino degli Acquisti, e le Paduline verso il Tombolo. Innanzi che s’intraprendessero i lavori idraulici ordinati nel 1828 dalla munificenza di LEOPOLDO II, il Padule di Castiglione della Pescaja con le sue amplissime gronde e tendevasi sopra una superficie di miglia 33 quadr., che può dirsi compresa fra il grado 42° 44’ e 42° 51’ di latitudine e il grado 28° 33’ e 28° 44’ di longitudine.
Quale fosse la sua periferia nei secoli anteriori al mille sarebbe inutile il cercarlo, siccome fia tempo perduto quello di voler rintracciare quanto cotesta laguna cessò di essere stagno marino, e se non affatto innocuo, almeno non tanto nocivo all’umana economia, siccome da gran tempo esso divenne malefico fra il luglio e l’ottobre.
Pure all’Articolo LITTORALE TOSCANO essendomi lasciato sdrucciolare dalla penna la promessa, che quando fossi giunto all’Articolo PADULE DI CASTIGLIONE avrei indagato le vicende fisiche che può aver sofferto il Padule medesimo dacché appellavasi Lago Prelio, e per qual modo mediante i progressivi rinterri siasi convertito in un limaccioso e malsano marazzo; mi corre adesso il dovere di richiamare il lettore ad epoche un poco remote e con esso lui camminare per vie malagevoli a fine di rintracciare qualche fatto meno ipotetico possibile. Al che ne sprona se non altro la buona intenzione di esaminare alcuni fatti speciali, che giovar potrebbero per avventura alla geografia fisica della Maremma grossetana.
Al preindicato Articolo LITTORALE TOSCANO fu dato un estratto delle opinioni esternate dal chiar. Conte Vittorio Fossombroni in un progetto, che poi venne stampato, sulla Bonificazione delle Maremme Toscane, nel quale, mediante cinque relativi disegni si suddividevano in altrettante epoche diverse gl’interrimenti progressivi accaduti nel vasto cratere del padule di Castiglion della Pescaja, interrimenti che, nelle figure del descritto progetto Fossombroniano, dice l’A., furono riguardati dal celebre fisico Humboldt, come una specie di anatomia geografica dell’antico littorale grossetano.
La prima peraltro delle cinque epoche ivi segnalata, non risalendo più indietro del secolo IV dell’Era volgare, perché desunta dalla Tavola Peutingeriana, e conseguentemente avvicinandosi essa all’età di Rutilio Numaziano, che navigò per cotesti mari nella seconda decade dopo il 400, lascia per avventura una lacuna da riempire, come fia, segnatamente quella dal tempo almeno della Repubblica romana fino all’autore della Tavola Peutingeriana.
Poche autorità invero ci sono rimaste per dedurre dello stato e della figura che il Padule di Castiglione aveva 20 secoli fa; dondeché è giuoco forza concludere col P.
Ximenes, che qualora si volesse sapere qual fosse al tempo de’Romani l’antica estensione del Lago Prelio , la sua profondità, il suo livello, e simili altre circostanze, sarebbe assai difficile in tanta distanza, che anzi, quasi impossibile decifrarlo con sicurezza.
Sennonché trovando noi gli avanzi di un’antica via romana sul capezzale del Tombolo, fra la bocca d’Ombrone e la fiumana di Castiglione, avanzi dei quali facevano testimonianza i grandi lastroni che servirono di massicciata a quella via militare, stati tolti non è gran tempo di là ad oggetto d’impiegarli ad altri usi, assicurati di ciò, svegliasi l’istinto di pensare, che la libera comunicazione fra il mare e il Lago Prelio, sino dai tempi della Repubblica romana fosse meno aperta e spaziosa di quello che si potrebbe senza di tale norma immaginare.
A cotesto fatto aumenterebbero qualche peso le parole del vecchio Plinio, il quale nella sua istoria (LIB. III C. 5), sembra che qualifichi per fiume lo sbocco in mare del Lago Prelio, dove dice: Hinc Amnes Prilis, mox Umbro navigiorum capax.
L’aver egli designato lo sbocco del Lago Prile col plurale di Amnes, darebbe impulso ad interpretare col P. Ximenes e col Santi, che quella laguna avesse avuto la sua comunicazione col mare mediante più emissarj, i quali col progredire dei secoli poterono restare ostrutti e colmati dalle maree o dalle terrestri alluvioni, eccettuato l’emissario superstite della Fiumara di Castiglione.
All’articolo ORBETELLO discorrendo del suo Stagno salso , dissi che il Lago Prelio, ora Padule di Castiglione, era stato un fondo di mare, rimasto poi insenato da quella specie di baja o lingua di terra che dalla bocca dell’Ombrone alla Fiumara di Castiglione si distende in una larghezza, la quale diminuisce in ragione diretta della distanza dalla foce del fiume.
Quindi aggiungeva, come il Tombolo fra la torre di S.
Rocco e il canale di Castiglione rappresenti attualmente una specie di penisola pianeggiante e arenosa, posta fra il mare e lo stesso Padule, a similitudine del promontorio Circeo, il quale si specchia davanti alle Paludi Pontine, e nella guisa che figura il Promontorio Argentaro che si alza fra lo Stagno di Orbetello e il mare Mediterraneo.
Infatti all’occasione degli scavi nei tempi scorsi e modernamente ancora intrapresi per costruzione di canali nei contorni del Padule di Castiglione, oltre la qualità del suolo salmastroso, furono trovati sotto il letto attuale degli strati di sabbia ricchi di testacei marini. – Vedere l’Articolo GROSSETO Comunità, Volume II pagina 546.
Attualmente il letto del Lago Prelio ridotto a Padule è tutto infeltrito di piante acquatiche, con fondo ineguale e basso, qualora si accettuino pochi punti, i quali servono, dirò così, di Talveg al bacino palustre, là dove né tempi addietro esisteva un fondo permanente coperto da una specie di Lagacciolo .
Esaminando ciò che fu detto, specialmente da Plutarco e da Cicerone, rispetto alla Maremma toscana, si viene a conoscere che il suo territorio negli ultimi tempi della repubblica romana era posseduto dalle più potenti famiglie patrizie, le quali abusando dei loro mezzi avevano carpito ai deboli quasi tutte le piccole proprietà lasciando l’Italia spogliata d’uomini liberi. Quindi avvenne che Tiberio Gracco nel recarsi a Numanzia, vide i campi dell’Etruria marittima in gran parte deserti, e che que’pochi agricoltori e pastori ivi stanziati, erano tutte persone barbare fatte venire d’oltremonti in Italia; talché, soggiunse Plutarco, venne allora in capo a Tiberio di voler la legge agraria, la quale fu ai due fratelli Gracchi principio di mali infiniti. – (PLUTARCH. in vita Tiberii et Caji .) Ciò accadeva poco innanzi che Cicerone declamasse in Senato la sua Filippica seconda contro Marcantonio e che prendesse le difese di Milone, uccisore di Clodio; due documenti per avventura confacenti ad attestarci, che a quell’epoca una gran parte del territorio Rosellano apparteneva al senatore Clodio. Per dimostrare poi la prepotenza di quest’ultimo, il console oratore non solo credeva mal sicuro il passaggio per la via Aurelia di un corriere da spedirsi al proconsolo D. Bruto a Modena, siccome egli aveva fatto rilevare nelle sue Filippiche, ma nell’orazione pro Milone inveiva contro lo stesso Clodio per la soperchieria usata al cavalier romano T. Pacuvio perché questi si era ricusato di cedergli un’isoletta in mezzo al Lago Prelio.
Ora quell’isoletta non altrove fia da cercarsi che nei contorni del Padule, e non già (com’io ad esempio degli altri la designai) nella collina della BADIA AL FANGO, la qual collina trovasi quasi due miglia toscane lungi dal Padule di Castiglione.
All’Articolo PADULE (PIEVE DI) ho già avvertito che la Badiola in Lacu Prelio non è la Badia al Fango, di cui discorsi al suo Articolo; e che la Badia al Fango non è in una penisola fra i marazzi del lago convertito in padule.
Conserva bensì il nome di Badiola una collinetta accosto al Padule di Castiglione, dove si vedono tuttora alcune vestigia di antiche fabbriche con una cappella, supposta dal P. Ximenes l’antica Pieve di Padule.
La qual collinetta all’età di Cicerone doveva restare isolata in mezzo al Padule, già Lago Prelio, come resta tuttora d’inverno, ad onta degl’interrimenti occasionati dalle alluvioni delle fiumane Sovata, Bruna, Fossa ed altri scoli e corsi d’acqua.
Aggiungasi qui la notizia che a poca distanza dalla Badia al Fango esistono delle tracce di una strada antica vicinale, che verisimilmente conduceva al castello romano di Colonna, e che sembra fosse una diramazione della via Aurelia, la quale ultima, come disii, passando per il Tombolo, pare che costeggiasse inferiormente il Lago Prelio.
All’Articolo BADIOLA AL FANGO fu scritto, che dopo un immensa laguna di circa 9 secoli il primo barlume di questo Padule di Castiglione della Pescaja si ritrova in un diploma conesso dall’Imperatore Lodovico Pio alla badia di S. Antimo in Val d’Orcia, mercé cui quell’imperatore nel 715 donò alla badia predetta non solamente una gran parte del territorio costituente l’attuale comunità di Montalcino, ma ancora una porzione di monti di Tirli sino alla collina della Badia al Fango, e dal Fango per la valle dell’Ampio fino allo Stagno, vale a dire sino al Padule di Castiglione.
La qual contrada donata col privilegio imperiale predetto fu designata nell’ordine seguente: Ex alia parte contra occidentem pergit per summitatem montis Tirli descendente usque ad Lutum; de Luto ad Vallem Impiam (Val d’Ampio posta davanti alla Badia al Fango); de Valle Impia ad Laserbe (sic); de Laserbe venit in mare.
Deinde juxta litus maris pervenit ad locum ubi Stagus in mare mittit, (cioè a Castiglion della Pescaja) atque cum ipso Stagno, et barcariis suis. Ex illo loco pervenit ad terram S. Laurentii , con quel che segue. – All’Articolo GROSSETO Comunità dissi a questo rapporto, che per terra di S. Lorenzo qui fia da intendersi il Tombolo, già stato posseduto dalla cattedrale di Roselle, ch’era dedicata a S. Lo renzo. – Vedere AMPIO (VAL D’), BADIOLA AL FANGO, LITTORALE TOSCANO e PADULE (PIEVE DI).
Dalle espressioni pertanto del diploma di Lodovico Pio, sembra manifesto, che il Lago Prelio sino almeno al secolo IX fu appellato Stagno, e che allora esso non aveva che un solo emissario, quello stesso che nei secoli anteriori era stato segnalato dagli scrittori degl’itinerari col vocabolo composto di Sale Bruna, chiamato adesso Fiumana di Castiglione.
Della Pescaja di Castiglione incontrasi una delle più antiche memo rie in altro privilegio concesso nell’anno 1051 dall’Imperatore Arrigo III alla badia di S. Antimo, col quale venne confermato alla medesima non solo tutto ciò che era stato donato dall’Imperatore Lodovico Pio, ma anche molti altri beni, coi quali fu aumentato il patrimonio mediante il padronato di varie chiese; fra le quali eravi compresa la chiesa di S. Giovanni in Piscaria, quella chiesa, vale a dire, che poi divenne pieve di Castiglione della Pescaja. – Vedere quest’ultimo Articolo.
Ma il lago, o Stagno Prelio, già ameno e sano, essendosi di mano in mano per causa d’interrimenti convertito in padule ineguale di fondo, torbido e fangoso, lungi dall’offrire ai possessori della già deliziosa isoletta di Pacuvio un soggiorno gradevole e salubre, produceva danni immensi alle circostanti campagne, infermità endemiche e pericolose a chiunque colà nella calda stagione avesse preteso l’antico esempio di Pacuvio e di Clodio imitare.
Del deterioramento progressivo di cotesto padule e della pianura adiacente ne’secoli bassi mancano documenti confacenti a dimostrarlo, tostoché siamo sprovveduti di autorità identiche, e quelle che si potrebbero citare somministrarono poche e deboli induzioni desunte da scrittori, i quali vissero in epoche troppo distanti dai fatti cui appellano.
Cognizioni più positive cominciano col secolo XIV. Fra le quali non è da omettersi una scrittura del 10 giugno 1335 relativa ad un contratto, col quale il Comune di Castiglione della Pescaja prese in affitto per anni quattro dal Comune di Grosseto la metà per indiviso della pesca del Lago di Castiglione mediante l’annua responsione di cento fiorini d’oro. – (ARCH. DIPL. SAN. Kaleffo dell’Assunta n°. 97. e Kaleffo nero n°. 61.) Inoltre merita di essere conosciuto il sunto di una relazione scritta nel 1531 da Baldassarre Peruzzi architetto ispettore stato inviato dalla Signoria di Siena, nelle Maremme di Grosseto e Orbetello, in cui egli rende conto della sua ispezione cosi:”Ancora sono stato, diceva il Peruzzi, alla Torre delle Saline di Grosseto dove ho veduto quanto sia grande il danno che fa il Lago di Castiglione della Pescaja , che ha prima di tutto impedito quest’anno il non poter salinare alle saline basse, per aver traboccato e mandato perfino nel fiume Ombrone….. E nel ritorno a Grosseto facemmo la via continuamente infra i campi che inonda e guasta il detto Lago, e nei campi, per anco dove non è arrivato, ancora quelli inonderà se non si provvede, perché il detto Lago inonda circa miglia toscane otto per il lungo, e in largo circa miglia toscane cinque, talché impedisce la maggior parte de’buoni campi da sementa, e tutte quelle terre intorno al Lago ne patiscono gran detrimento…..Sicché le SS. VV. MM.
pensino alcun modo per evitare un tanto danno. Il modo, secondo il parer mio, si è, che si tengano continuamente le cateratte della parata (callone) di detto Lago aperte, altrimenti non facendolo infra 5, o 6 anni al più sarà ripieno al tutto; né si potrà più pescare del pesce, e ricoglier del grano ec. –(GAYE, Corteggio inedito di Artisti, Volume II. Docum. 180.) Non starò qui a ripetere ciò che fu detto all’Articolo CASTIGLION DELLA PESCAJA rapporto all’istrumento del 20 gennajo 1558, mercé cui la Granduchessa Eleonora di Toledo moglie di Cosimo I fece acquisto dell’isola del Giglio e di Castiglion della Pescaja con le loro giurisdizioni; né ripeterò ciò che fu aggiunto all’Articolo GROSSETO (Volume II pagg. 534- 538) relativamente alle varie operazioni idrauliche state intraprese nella Maremma Grossetana, o intorno al Padule di Castiglione sotto il governo Mediceo, e quello dell’Imperatore Casa Austro Lorenese felicemente regnante; a partire cioè dal 1534 fino all’anno 1837.
Dondeché ora non resterebbe altro da aggiungere su questo rapporto se non ciò che manca a quell’articolo, dal 1837 a tutto il 1840, desumendolo, come allora mi fu concesso, da fonti genuine e da autorità competenti ed officiali.
“Il padule di Castiglione della Pescaja riguardato giustamente come il principal centro d’infezione delle Maremme toscane deve, come è noto, e come si disse altrove, riempirsi coll’artifizio delle colmate, traendo profitto dal deposito del limo dei naturali suoi influenti torbidi, e principalmente da quello dei due canali a quest’oggetto derivati dal vicino e potente fiume Ombrone, appellati perciò Canali Diversivi.
Varj lavori per accelerare questo gran resultamento sono stati eseguiti oltre quelli già indicati nel precedente articolo GROSSETO, Comunità.
Sono fra le più importanti opere da annoverare, il rialzamento delle due steccaje all’imbocco dei Canali Diversivi che insieme all’azione di opportuni dentelli tende presentemente ad introdurre in quelli alvei molto maggior copia di prima di acque torbide. Quindi la erezione di due lunghi argini traversanti il Padule per servir di ritegno alle acque, sicché spinte verso le gronde possano produrre regolare la colmazione, e disporre le novelle terre in quella pendenza che si conviene per aver poi felice lo scolo. – È stato inoltre aperto un nuovo emissario, che ha la denominazione della vicina batteria di San Leopoldo , con foce nel mare, nel quale emissario confluiscono alcuni dei maggiori scoli della pianura di Grosseto, il rifiuto del mulino del Ponticino e delle fogne di quella città rinfrescate da un acqua sempre corrente.
Inoltre esso riceve le acque di colmata dopo però che sono state chiarificate nel gran recinto delle così dette paduline; la cui superficie per lungo tratto è dallo stesso emissario esternamente lambita di fianco alla via regia da Grosseto a Castiglione. – Finalmente sono stati ampliati e vanno tuttora artificialmente ampliandosi e profondandosi tanto l’imbocco, quanto l’alveo del primo Diversivo d’Ombrone collo stesso fine sopraindicato, di aumentare cioè alle colmate il tributo delle torbe d’Ombrone, oggi che l’avanzata colmazione delle gronde a levante concede di protrarre il corso dei detti Diversivi più avanti nel Padule, ove gli alvei dei suoi due emissarj interni, cioè la Fiumara di Castiglione e la foce di San Leopoldo , sono ridotti in tal condizione da poter prontamente smaltire, dopo depurata, una maggiore quantità di acqua.
Questa protrazione, che avrà effetto nel corrente anno 1841 attraverso alle alluvioni già operate dagli alvei istessi che sono da prolungare, porge il bene di restituire quanto prima all’agricoltura le basse terre temporaneamente occupate per rialzarle, e porre allo scoperto ed a frutto un vasto spazio di suolo affatto nuovo.
La superficie cumulata di terreni acquistati, e costituenti il primo recinto di colmata, viene approssimativamente giudicata capace della sementa di oltre 200 moggia, vale a dire 4800 staja di grano.
Oltre al bonificamento così compiuto del primo recinto, è stato dagl’idraulici recentemente verificato che ha pure progredito assai il recinto secondo nel suo rialzamento, e che è molto al di là di questo l’estensione oggi coperta dai depositi del limo d’Ombrone, il quale portato dalla corrente attraverso ai recinti primi sino agli inferiori e al Padule, ha vistosamente spinto i suoi limiti più innanzi di quelli che erano stati dai rispettivi idrometri con precise misure nell’anno 1838 riscontrati”.
Quale fosse la sua periferia nei secoli anteriori al mille sarebbe inutile il cercarlo, siccome fia tempo perduto quello di voler rintracciare quanto cotesta laguna cessò di essere stagno marino, e se non affatto innocuo, almeno non tanto nocivo all’umana economia, siccome da gran tempo esso divenne malefico fra il luglio e l’ottobre.
Pure all’Articolo LITTORALE TOSCANO essendomi lasciato sdrucciolare dalla penna la promessa, che quando fossi giunto all’Articolo PADULE DI CASTIGLIONE avrei indagato le vicende fisiche che può aver sofferto il Padule medesimo dacché appellavasi Lago Prelio, e per qual modo mediante i progressivi rinterri siasi convertito in un limaccioso e malsano marazzo; mi corre adesso il dovere di richiamare il lettore ad epoche un poco remote e con esso lui camminare per vie malagevoli a fine di rintracciare qualche fatto meno ipotetico possibile. Al che ne sprona se non altro la buona intenzione di esaminare alcuni fatti speciali, che giovar potrebbero per avventura alla geografia fisica della Maremma grossetana.
Al preindicato Articolo LITTORALE TOSCANO fu dato un estratto delle opinioni esternate dal chiar. Conte Vittorio Fossombroni in un progetto, che poi venne stampato, sulla Bonificazione delle Maremme Toscane, nel quale, mediante cinque relativi disegni si suddividevano in altrettante epoche diverse gl’interrimenti progressivi accaduti nel vasto cratere del padule di Castiglion della Pescaja, interrimenti che, nelle figure del descritto progetto Fossombroniano, dice l’A., furono riguardati dal celebre fisico Humboldt, come una specie di anatomia geografica dell’antico littorale grossetano.
La prima peraltro delle cinque epoche ivi segnalata, non risalendo più indietro del secolo IV dell’Era volgare, perché desunta dalla Tavola Peutingeriana, e conseguentemente avvicinandosi essa all’età di Rutilio Numaziano, che navigò per cotesti mari nella seconda decade dopo il 400, lascia per avventura una lacuna da riempire, come fia, segnatamente quella dal tempo almeno della Repubblica romana fino all’autore della Tavola Peutingeriana.
Poche autorità invero ci sono rimaste per dedurre dello stato e della figura che il Padule di Castiglione aveva 20 secoli fa; dondeché è giuoco forza concludere col P.
Ximenes, che qualora si volesse sapere qual fosse al tempo de’Romani l’antica estensione del Lago Prelio , la sua profondità, il suo livello, e simili altre circostanze, sarebbe assai difficile in tanta distanza, che anzi, quasi impossibile decifrarlo con sicurezza.
Sennonché trovando noi gli avanzi di un’antica via romana sul capezzale del Tombolo, fra la bocca d’Ombrone e la fiumana di Castiglione, avanzi dei quali facevano testimonianza i grandi lastroni che servirono di massicciata a quella via militare, stati tolti non è gran tempo di là ad oggetto d’impiegarli ad altri usi, assicurati di ciò, svegliasi l’istinto di pensare, che la libera comunicazione fra il mare e il Lago Prelio, sino dai tempi della Repubblica romana fosse meno aperta e spaziosa di quello che si potrebbe senza di tale norma immaginare.
A cotesto fatto aumenterebbero qualche peso le parole del vecchio Plinio, il quale nella sua istoria (LIB. III C. 5), sembra che qualifichi per fiume lo sbocco in mare del Lago Prelio, dove dice: Hinc Amnes Prilis, mox Umbro navigiorum capax.
L’aver egli designato lo sbocco del Lago Prile col plurale di Amnes, darebbe impulso ad interpretare col P. Ximenes e col Santi, che quella laguna avesse avuto la sua comunicazione col mare mediante più emissarj, i quali col progredire dei secoli poterono restare ostrutti e colmati dalle maree o dalle terrestri alluvioni, eccettuato l’emissario superstite della Fiumara di Castiglione.
All’articolo ORBETELLO discorrendo del suo Stagno salso , dissi che il Lago Prelio, ora Padule di Castiglione, era stato un fondo di mare, rimasto poi insenato da quella specie di baja o lingua di terra che dalla bocca dell’Ombrone alla Fiumara di Castiglione si distende in una larghezza, la quale diminuisce in ragione diretta della distanza dalla foce del fiume.
Quindi aggiungeva, come il Tombolo fra la torre di S.
Rocco e il canale di Castiglione rappresenti attualmente una specie di penisola pianeggiante e arenosa, posta fra il mare e lo stesso Padule, a similitudine del promontorio Circeo, il quale si specchia davanti alle Paludi Pontine, e nella guisa che figura il Promontorio Argentaro che si alza fra lo Stagno di Orbetello e il mare Mediterraneo.
Infatti all’occasione degli scavi nei tempi scorsi e modernamente ancora intrapresi per costruzione di canali nei contorni del Padule di Castiglione, oltre la qualità del suolo salmastroso, furono trovati sotto il letto attuale degli strati di sabbia ricchi di testacei marini. – Vedere l’Articolo GROSSETO Comunità, Volume II pagina 546.
Attualmente il letto del Lago Prelio ridotto a Padule è tutto infeltrito di piante acquatiche, con fondo ineguale e basso, qualora si accettuino pochi punti, i quali servono, dirò così, di Talveg al bacino palustre, là dove né tempi addietro esisteva un fondo permanente coperto da una specie di Lagacciolo .
Esaminando ciò che fu detto, specialmente da Plutarco e da Cicerone, rispetto alla Maremma toscana, si viene a conoscere che il suo territorio negli ultimi tempi della repubblica romana era posseduto dalle più potenti famiglie patrizie, le quali abusando dei loro mezzi avevano carpito ai deboli quasi tutte le piccole proprietà lasciando l’Italia spogliata d’uomini liberi. Quindi avvenne che Tiberio Gracco nel recarsi a Numanzia, vide i campi dell’Etruria marittima in gran parte deserti, e che que’pochi agricoltori e pastori ivi stanziati, erano tutte persone barbare fatte venire d’oltremonti in Italia; talché, soggiunse Plutarco, venne allora in capo a Tiberio di voler la legge agraria, la quale fu ai due fratelli Gracchi principio di mali infiniti. – (PLUTARCH. in vita Tiberii et Caji .) Ciò accadeva poco innanzi che Cicerone declamasse in Senato la sua Filippica seconda contro Marcantonio e che prendesse le difese di Milone, uccisore di Clodio; due documenti per avventura confacenti ad attestarci, che a quell’epoca una gran parte del territorio Rosellano apparteneva al senatore Clodio. Per dimostrare poi la prepotenza di quest’ultimo, il console oratore non solo credeva mal sicuro il passaggio per la via Aurelia di un corriere da spedirsi al proconsolo D. Bruto a Modena, siccome egli aveva fatto rilevare nelle sue Filippiche, ma nell’orazione pro Milone inveiva contro lo stesso Clodio per la soperchieria usata al cavalier romano T. Pacuvio perché questi si era ricusato di cedergli un’isoletta in mezzo al Lago Prelio.
Ora quell’isoletta non altrove fia da cercarsi che nei contorni del Padule, e non già (com’io ad esempio degli altri la designai) nella collina della BADIA AL FANGO, la qual collina trovasi quasi due miglia toscane lungi dal Padule di Castiglione.
All’Articolo PADULE (PIEVE DI) ho già avvertito che la Badiola in Lacu Prelio non è la Badia al Fango, di cui discorsi al suo Articolo; e che la Badia al Fango non è in una penisola fra i marazzi del lago convertito in padule.
Conserva bensì il nome di Badiola una collinetta accosto al Padule di Castiglione, dove si vedono tuttora alcune vestigia di antiche fabbriche con una cappella, supposta dal P. Ximenes l’antica Pieve di Padule.
La qual collinetta all’età di Cicerone doveva restare isolata in mezzo al Padule, già Lago Prelio, come resta tuttora d’inverno, ad onta degl’interrimenti occasionati dalle alluvioni delle fiumane Sovata, Bruna, Fossa ed altri scoli e corsi d’acqua.
Aggiungasi qui la notizia che a poca distanza dalla Badia al Fango esistono delle tracce di una strada antica vicinale, che verisimilmente conduceva al castello romano di Colonna, e che sembra fosse una diramazione della via Aurelia, la quale ultima, come disii, passando per il Tombolo, pare che costeggiasse inferiormente il Lago Prelio.
All’Articolo BADIOLA AL FANGO fu scritto, che dopo un immensa laguna di circa 9 secoli il primo barlume di questo Padule di Castiglione della Pescaja si ritrova in un diploma conesso dall’Imperatore Lodovico Pio alla badia di S. Antimo in Val d’Orcia, mercé cui quell’imperatore nel 715 donò alla badia predetta non solamente una gran parte del territorio costituente l’attuale comunità di Montalcino, ma ancora una porzione di monti di Tirli sino alla collina della Badia al Fango, e dal Fango per la valle dell’Ampio fino allo Stagno, vale a dire sino al Padule di Castiglione.
La qual contrada donata col privilegio imperiale predetto fu designata nell’ordine seguente: Ex alia parte contra occidentem pergit per summitatem montis Tirli descendente usque ad Lutum; de Luto ad Vallem Impiam (Val d’Ampio posta davanti alla Badia al Fango); de Valle Impia ad Laserbe (sic); de Laserbe venit in mare.
Deinde juxta litus maris pervenit ad locum ubi Stagus in mare mittit, (cioè a Castiglion della Pescaja) atque cum ipso Stagno, et barcariis suis. Ex illo loco pervenit ad terram S. Laurentii , con quel che segue. – All’Articolo GROSSETO Comunità dissi a questo rapporto, che per terra di S. Lorenzo qui fia da intendersi il Tombolo, già stato posseduto dalla cattedrale di Roselle, ch’era dedicata a S. Lo renzo. – Vedere AMPIO (VAL D’), BADIOLA AL FANGO, LITTORALE TOSCANO e PADULE (PIEVE DI).
Dalle espressioni pertanto del diploma di Lodovico Pio, sembra manifesto, che il Lago Prelio sino almeno al secolo IX fu appellato Stagno, e che allora esso non aveva che un solo emissario, quello stesso che nei secoli anteriori era stato segnalato dagli scrittori degl’itinerari col vocabolo composto di Sale Bruna, chiamato adesso Fiumana di Castiglione.
Della Pescaja di Castiglione incontrasi una delle più antiche memo rie in altro privilegio concesso nell’anno 1051 dall’Imperatore Arrigo III alla badia di S. Antimo, col quale venne confermato alla medesima non solo tutto ciò che era stato donato dall’Imperatore Lodovico Pio, ma anche molti altri beni, coi quali fu aumentato il patrimonio mediante il padronato di varie chiese; fra le quali eravi compresa la chiesa di S. Giovanni in Piscaria, quella chiesa, vale a dire, che poi divenne pieve di Castiglione della Pescaja. – Vedere quest’ultimo Articolo.
Ma il lago, o Stagno Prelio, già ameno e sano, essendosi di mano in mano per causa d’interrimenti convertito in padule ineguale di fondo, torbido e fangoso, lungi dall’offrire ai possessori della già deliziosa isoletta di Pacuvio un soggiorno gradevole e salubre, produceva danni immensi alle circostanti campagne, infermità endemiche e pericolose a chiunque colà nella calda stagione avesse preteso l’antico esempio di Pacuvio e di Clodio imitare.
Del deterioramento progressivo di cotesto padule e della pianura adiacente ne’secoli bassi mancano documenti confacenti a dimostrarlo, tostoché siamo sprovveduti di autorità identiche, e quelle che si potrebbero citare somministrarono poche e deboli induzioni desunte da scrittori, i quali vissero in epoche troppo distanti dai fatti cui appellano.
Cognizioni più positive cominciano col secolo XIV. Fra le quali non è da omettersi una scrittura del 10 giugno 1335 relativa ad un contratto, col quale il Comune di Castiglione della Pescaja prese in affitto per anni quattro dal Comune di Grosseto la metà per indiviso della pesca del Lago di Castiglione mediante l’annua responsione di cento fiorini d’oro. – (ARCH. DIPL. SAN. Kaleffo dell’Assunta n°. 97. e Kaleffo nero n°. 61.) Inoltre merita di essere conosciuto il sunto di una relazione scritta nel 1531 da Baldassarre Peruzzi architetto ispettore stato inviato dalla Signoria di Siena, nelle Maremme di Grosseto e Orbetello, in cui egli rende conto della sua ispezione cosi:”Ancora sono stato, diceva il Peruzzi, alla Torre delle Saline di Grosseto dove ho veduto quanto sia grande il danno che fa il Lago di Castiglione della Pescaja , che ha prima di tutto impedito quest’anno il non poter salinare alle saline basse, per aver traboccato e mandato perfino nel fiume Ombrone….. E nel ritorno a Grosseto facemmo la via continuamente infra i campi che inonda e guasta il detto Lago, e nei campi, per anco dove non è arrivato, ancora quelli inonderà se non si provvede, perché il detto Lago inonda circa miglia toscane otto per il lungo, e in largo circa miglia toscane cinque, talché impedisce la maggior parte de’buoni campi da sementa, e tutte quelle terre intorno al Lago ne patiscono gran detrimento…..Sicché le SS. VV. MM.
pensino alcun modo per evitare un tanto danno. Il modo, secondo il parer mio, si è, che si tengano continuamente le cateratte della parata (callone) di detto Lago aperte, altrimenti non facendolo infra 5, o 6 anni al più sarà ripieno al tutto; né si potrà più pescare del pesce, e ricoglier del grano ec. –(GAYE, Corteggio inedito di Artisti, Volume II. Docum. 180.) Non starò qui a ripetere ciò che fu detto all’Articolo CASTIGLION DELLA PESCAJA rapporto all’istrumento del 20 gennajo 1558, mercé cui la Granduchessa Eleonora di Toledo moglie di Cosimo I fece acquisto dell’isola del Giglio e di Castiglion della Pescaja con le loro giurisdizioni; né ripeterò ciò che fu aggiunto all’Articolo GROSSETO (Volume II pagg. 534- 538) relativamente alle varie operazioni idrauliche state intraprese nella Maremma Grossetana, o intorno al Padule di Castiglione sotto il governo Mediceo, e quello dell’Imperatore Casa Austro Lorenese felicemente regnante; a partire cioè dal 1534 fino all’anno 1837.
Dondeché ora non resterebbe altro da aggiungere su questo rapporto se non ciò che manca a quell’articolo, dal 1837 a tutto il 1840, desumendolo, come allora mi fu concesso, da fonti genuine e da autorità competenti ed officiali.
“Il padule di Castiglione della Pescaja riguardato giustamente come il principal centro d’infezione delle Maremme toscane deve, come è noto, e come si disse altrove, riempirsi coll’artifizio delle colmate, traendo profitto dal deposito del limo dei naturali suoi influenti torbidi, e principalmente da quello dei due canali a quest’oggetto derivati dal vicino e potente fiume Ombrone, appellati perciò Canali Diversivi.
Varj lavori per accelerare questo gran resultamento sono stati eseguiti oltre quelli già indicati nel precedente articolo GROSSETO, Comunità.
Sono fra le più importanti opere da annoverare, il rialzamento delle due steccaje all’imbocco dei Canali Diversivi che insieme all’azione di opportuni dentelli tende presentemente ad introdurre in quelli alvei molto maggior copia di prima di acque torbide. Quindi la erezione di due lunghi argini traversanti il Padule per servir di ritegno alle acque, sicché spinte verso le gronde possano produrre regolare la colmazione, e disporre le novelle terre in quella pendenza che si conviene per aver poi felice lo scolo. – È stato inoltre aperto un nuovo emissario, che ha la denominazione della vicina batteria di San Leopoldo , con foce nel mare, nel quale emissario confluiscono alcuni dei maggiori scoli della pianura di Grosseto, il rifiuto del mulino del Ponticino e delle fogne di quella città rinfrescate da un acqua sempre corrente.
Inoltre esso riceve le acque di colmata dopo però che sono state chiarificate nel gran recinto delle così dette paduline; la cui superficie per lungo tratto è dallo stesso emissario esternamente lambita di fianco alla via regia da Grosseto a Castiglione. – Finalmente sono stati ampliati e vanno tuttora artificialmente ampliandosi e profondandosi tanto l’imbocco, quanto l’alveo del primo Diversivo d’Ombrone collo stesso fine sopraindicato, di aumentare cioè alle colmate il tributo delle torbe d’Ombrone, oggi che l’avanzata colmazione delle gronde a levante concede di protrarre il corso dei detti Diversivi più avanti nel Padule, ove gli alvei dei suoi due emissarj interni, cioè la Fiumara di Castiglione e la foce di San Leopoldo , sono ridotti in tal condizione da poter prontamente smaltire, dopo depurata, una maggiore quantità di acqua.
Questa protrazione, che avrà effetto nel corrente anno 1841 attraverso alle alluvioni già operate dagli alvei istessi che sono da prolungare, porge il bene di restituire quanto prima all’agricoltura le basse terre temporaneamente occupate per rialzarle, e porre allo scoperto ed a frutto un vasto spazio di suolo affatto nuovo.
La superficie cumulata di terreni acquistati, e costituenti il primo recinto di colmata, viene approssimativamente giudicata capace della sementa di oltre 200 moggia, vale a dire 4800 staja di grano.
Oltre al bonificamento così compiuto del primo recinto, è stato dagl’idraulici recentemente verificato che ha pure progredito assai il recinto secondo nel suo rialzamento, e che è molto al di là di questo l’estensione oggi coperta dai depositi del limo d’Ombrone, il quale portato dalla corrente attraverso ai recinti primi sino agli inferiori e al Padule, ha vistosamente spinto i suoi limiti più innanzi di quelli che erano stati dai rispettivi idrometri con precise misure nell’anno 1838 riscontrati”.
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1841, Volume IV, p. 9.
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