PORTO S. STEFANO
nel Monte Argentaro.
– Castello e terra annessa sulla riva del mare, capoluogo di una nuova Comunità, cui è stato dato il titolo di Montargentaro , con chiesa prioria (S. Stefano), residenza di un potestà, e circa 5 miglia a ponente di Orbetello, Diocesi Nullius dell'Abate commendatario delle Tre Fontane presso Roma, nel Compartimento di Grosseto.
Risiede sulla spiaggia lungo il seno settentrionale del Monte Argentaro fra l'estrema punta di Lividonia e l'istmo del Tombolo, sotto il grado 28° 48' di longitudine e il 42° 26' 2" di latitudine, 5 miglia a ponente di Orbetello passando per la nuova diga, e 14 miglia per la via vecchia del Tombolo, 7 miglia da Port'Ercole per la via di terra e 10 in 11 miglia per la via del mare, e 13 per terra, 15 miglia a grecale dell'Isola del Giglio e 26 miglia a ostro di Grosseto.
Quanto può dirsi antico il cadente spopolato paese di Port'Ercole, altrettanto nuovo e ognor crescente diventa questo di S. Stefano, talchè se i confronti non fossero troppo poetici si direbbe Port'Ercole la Cartagine deserta nell'arene dell'Affrica, S. Stefano la Cartagine di Didone enfaticamente descritta da Virgilio.
Comecchè non vi siano memorie, nè scrittori antichi ne facciano minima parola di Porto S. Stefano, è altresì vero che non mancano avanzi di romani edifizj nelle sue vicinanze, dove da tempo immemorabile esiste la Tonnara , corrispondente probabilmente alla Cataria Domiziana dell'Itinerario marittimo, la quale esisteva nove miglia romane a settentrione di Port'Ercole.
Imperocchè poco lungi da Porto S. Stefano, sotto la Torre di S. Liberata, veggonsi coperti dai flutti marini i fondamenti coll'impiantito di una fabbrica rettangolare divisa in più scompartimenti, che servì probabilmente ad uso di Piscina per serbare il pesce in tutte le stagioni alla potente famiglia senatoria de'Domizj Enobarbi, la quale negli ultimi tempi della Repubblica romana signoreggiò nel territorio cosano. – Vedere ORBETELLO Vol. III pag 667.
Il Santi nel suo Viaggio secondo per le Provincie senesi destinò un articolo alla descrizione della Torre di S.
Liberata, la quale resta quasi tre miglia a grecale del Porto S. Stefano, nei di cui contorni al tempo suo si cavavano molti vasi, anfore ed altri avanzi di terra cotta con vernice o senza, e spesse volte de'ruderi di fabbriche che in maggior numero compariscono nelle vicinanze della Torre di S. Liberata.
Avvegnachè a piccola distanza di là, circa 150 passi dentro terra, sussiste a piè del monte uno stanzone a volta lungo piedi 62, largo piedi 28 e alto piedi 18 in circa, dove non esistono altre aperture che quelle di due occhi o finestre rotonde, nelle opposte più strette pareti, uno de’quali occhi fu aperto per servire da porta d'ingresso. Le pareti interne veggonsi incrostate da solido calcestruzzo come lo è il pavimento e nella parte superiore delle pareti si scorgono alcune bocche di canali di terra cotta che mandare dovevano l'acqua in questa conserva.
Inoltre il Santi segnalò le tracce di un acquedotto sù per il monte imminente, di cui riscontrò gli avanzi a fior di terra.
Arroge che lo stesso viaggiatore accostandosi verso la spiaggia, trovò l'ingresso di una galleria sotterranea che percorse col suo compagno (Prof. Gaetano Savi) nella lunghezza di 124 piedi, essendo essa larga piedi 6 vantaggiati e alta piedi 7, nella quale a una certa altezza delle pareti apparivano varie bocche di condotti di terra cotta, che là pure dovevano gettare acqua, mentre verso la metà della lunghezza preindicata esistevano due aperture opposte comunicanti con due stanze laterali e oscure.
Finalmente nelle estremità inferiori della galleria vide diverse concamerazioni, fra le quali una saletta rotonda e affatto diruta da un lato.
"Quasi tutti gli edifizj (soggiunge il Santi) di S. Liberata, la conserva, la galleria e generalmente le camere e stanze di questo interessantissimo luogo offrono molteplici monumenti dell'opera formacea, ossia di muri e volte costruite di getto con calcistruzzo. Coteste pareti, queste volte formate tutte in una massa tanto solida da vincere le ingiurie dei secoli, sono poi coperte di un bello e fortissimo intonaco ben distribuito che mostra a maraviglia l'opera arenata e l'opera marmorata descritteci da Vitruvio e da Plinio".
"A quelle stanze e a que’ruderi succede (sono parole del Santi) un'altra galleria o loggia scoperta, larga piedi 22 che si estende per circa 388 piedi lungo il littorale." "Dal lato opposto che dà sul ma re, moltissime stanzette sfilate una dopo l'altra, e per la maggir parte più che semidirute, fiancheggiano la galleria in tutta la sua lunghezza ecc." "Nè qui termina l'interessante spettacolo di questi contorni. Sotto la Torre stessa di S. Liberata veggonsi sostruzioni e quasi direbbesi la pianta di un edifizjo magnifico spazioso, i di cui muri, grossi massicci ed egualmente rasati a fior d'acqua formano un parallelogramma lungo piedi 170, largo piedi 113, vantaggiati con tre spartimenti interni regolari e quello di mezzo romboidale, il tutto rasato a fior d'acqua, della dimensione quest'ultimo di piedi 30 di lunghezza, e di piedi 24 di larghezza, il tutto costruito in durissimo calcistruzzo. La marea crescente sommerge totalmente codesti ruderi benchè la bassa marea non li lasci mai a secco." Vi fu qualche dotto che prese argomento di qua per dedurre un rialzamento del livello del mare toscano, sebbene l'uso cui probabilmente era destinato un siffatto edifizjo, cioè per conservare il pesce delle Cetarie Domiziane, e le avvertenze fatte su tal proposito agli Articoli GROSSETO, LITTORALE TOSCANO e ORBETELLO tendono piuttosto ad informare e forse anche a distruggere l'opinione enunciata da quei savj.
Se però gli amatori di antichità trovarono nei contorni della Torre di S. Liberata vistosi avanzi di edifizi romani, essi nulla di simil genere riscontrar possono nel luogo dove attualmente sorge la popolosa Terra di S. Stefano, la quale prese il nome dalla sua chiesa curata.
Imperocchè di essa non solamente non è fatta menzione nelle carte antiche relative alle vicende del territorio Cosano, ma la sua popolazione un secolo addietro era tanto scarsa ch'essa faceva parte della parrocchia di Orbetello, dipendente perciò dall'Abate commendatario delle Tre Fontane. – Essendochè la principali famiglie del Porto S. Stefano composte di marinai coraggiosi e di fortunati negozianti, in gran parte vennero costà dalla Riviera di Genova, allettate dalla posizione vantaggiosa del luogo, dalla dolcezza del suo clima e dall'aria per sé stessa salubre, meno che nei casi di venti che spirano in estate da maestrale, i quali trasportano sulla spiaggia di S.
Stefano i perniciosi influssi de'marazzi di Talamone.
La pesca, cui è dedicata gran parte della popolazione, ha dato origine a questo paese, che di un piccolo aggregato di case da pescatori e marinai si è ridotto a una Terra sparsa di palazzetti e di giardini ricchi di piante di agrumi e cinta di colline coperte di vigne e di olivi.
Un semplice seno aperto in faccia a settentrione e a grecale, della profondità di circa 20 piedi, forma il così detto Porto S. Stefano dirimpetto al quale si pratica all'epoche opportune, la pesca de'tonni.
Innanzi il 1808 la Terra di S. Stefano e le Torri del suo distretto ebbero per lungo tempo presidio di truppe del re di Napoli, sottoposte a un luogotenente regjo che abitava nella torre quadrata, la quale esiste in mezzo alla spiaggia in mezzo alla Terra. Dal 1808 al 1814 cotesto paese fu soggetto al governo francese, e finalmente nel 1814 consegnato con gli altri RR. presidj dell'Orbetellano al suo naturale sovrano il Granduca di Toscana. – Vedere ORBETELLO.
CENSIMENTO della Popolazione della TERRA di PORTO S. STEFANO a tre epoche diverse, divisa per famiglie.
ANNO 1818: Impuberi maschi 180; femmine 143; adulti maschi 258; femmine 271; coniugati dei due sessi 601; ecclesiastici secolari 6 (2); numero delle famiglie 285; totale della popolazione 1459.
ANNO 1833: Impuberi maschi 298; femmine 299; adulti maschi 424 (1); femmine 290; coniugati dei due sessi 665; ecclesiastici secolari 8 (2); numero delle famiglie 349; totale della popolazione 1984.
ANNO 1840: Impuberi maschi 554; femmine 536; adulti maschi 298, femmine 404; coniugati dei due sessi 790; ecclesiastici secolari 8 (2); numero delle famiglie 394; totale della popolazione 2578 (1) Fra gli adulti del 1833 sono compresi 95 militari componenti la guarnigione delle Torri e del Porto.
(2) Non vi è compreso il numero de’Frati Passionisti del Monte Argentaro.
Comunità di Montargentario. – Questa Comunità è stata eretta nell’anno corrente con Motuproprio del 2 settembre 1842, staccando il suo territorio da quello di Orbetello, cui invece fu aggregato il popolo e territorio di Capalbio tolto dalla Comunità di Manciano, per essere messo tuttociò ad effetto al principio dell’anno 1843.
Cotesta nuova Comunità abbracciar deve unicamente il promontorio del Monte Argentaro, dove esistono due popolazioni, cioè quella della parrocchia di Porto S.
Stefano e l’altra di Port’Ercole.
Tutta la superficie territoriale del Monte Argentario distaccata dal territorio della Comunità di Orbetello si limita a quadrati 17482,60, esclusa la peschiera esistente alla base dell’istmo del Tombolo. Cotesto territorio fornisce una rendita imponibile di lire 4599,40 da repartirsi in 505 possidenti.
Della topografia e struttura fisica del Promontorio Argentaro fu data una succinta descrizione all’Articolo ARGENTARO (MONTE).
Solamente aggiungerò qualmente in una rapida escursione, fatta costà nell’aprile dell’anno 1834, registrai nel mio giornale le osservazioni geognostiche seguenti: Che la Terra di S. Stefano riposa sopra una calcarea cavernosa, di là dalla quale verso levante, e precisamente sopra la Torre de’Tre Natali si affaccia un potente filone di steachisto color bianco grigio attraversante un’arenaria micacea, la qual roccia seguita ad incontrarsi salendo il Monte Argentaro nella direzione del Noviziato.
Oltrepassata la Torre di S. Liberata la costa del Promontorio fino al convento del Ritiro comparisce coperta da una roccia calcarea cavernosa consimile a quella che trovasi intorno al Porto S. Stefano.
Dalla parte poi che volge a ponente del capoluogo, vale a dire girando intorno al seno di Lividonia, vedesi la calcarea grigia compatta disposta esternamente in masse, quantunque alcuni seni o tagliate la stessa roccia si conservi in stato naturale, cioè, stratificata, ma in modo contorto ed inclinata da 40 e più gradi. Presso la punta della Cacciarella , mezzo miglio toscano a levante della torre di Lividonia incontransi alla base del monte delle grotte naturali, fra le quali una detta di donna Vittoria e l’altra di Zi Luca, aperte entrambe dentro una breccia calcarea con cemento calcare ferrifero. Fino costà le pendici inferiori dell’Argentaro sono sufficientemente rivestite di terra, di piante pratensi e di alberi silvestri, consistenti per lo più in albatri, scope ed anche lecci. Ma alla punta di Calagrande , che dista un altro mezzo miglio toscano da quella della Caccierella, cessa la vegetazione, né più si vede su quelle rupi la sottile terra vegetale che rivestiva le pendici testè indicate, mentre nel fianco del monte rivolto a ponente dirimpetto all’isola del Giglio, una rupe nuda e quasi verticale si alza sino alla cima formata di potenti strati di calcarea semigranosa di color ceruleo cupo con venature di spato bianco; ed è della stessa natura lo scoglio su cui è edificata la torre di Calagrande. Inoltrandosi poi verso levante sottentra invece al fosso di Terra Mara una qualità di arenaria calcarifera color giallo verdastro che prende l’aspetto di una roccia ofiolitica, quanto più si avvicina al fosso del Carpine, dove essa trovasi metamorfosata in un gabbro diallagico. Della stessa indole è quella della punta più orientale di cotesta Calagrande, dove sembra che il gabbro si appoggi ad una calcarea alterata, nella quale in alcuni luoghi della vicina fiancata sembra injettato. Alla qualità e giacitura medesima spettano le rocce del vicino isolotto dell’Argentina che sorge dal mare fra la Calagrande e la Cala Maresca. A piedi poi della Cala Maresca esiste la cava del gesso soprincumbente ad una calcarea, ora turchina nerastra, ora di tinta rossastra, attraversata da filoni di spato in cristalli tinti bene spesso dagli ossidi di ferro e di manganese in colore sanguigno cupo, o in rosso acceso.
Attraversando poi dirimpetto a settentrione la strada che da Porto S. Stefano guida a Port’Ercole, la base del Monte Argentaro, lungo lo Stagno di Orbetello, è coperta quasi per ogni dove dalla calcarea semigranosa e talvolta cavernosa. Al luogo detto Terra Rossa, dirimpetto alla nuova diga che passa sullo Stagno marino per comunicare direttamente con Orbetello, la calcarea cavernosa è attraversata da vene di ferro oligisto consimile a quello della miniera di Rio nell’Isola dell’Elba.
Lungo cotesta traversa si affaccia l’arenaria micacea in strati alternanti coll’argilla schistosa, e più specialmente fra il luogo delle Grotte e il seno di Port’Ercole.
Su questa pendici appunto da un anno a questa parte è stata scoperta un’ampia grotta in mezzo ad un terreno calcare cavernoso o Rauckalch , coperto di stalattiti e stalagmiti, dove furono trovate molte ossa di animali erbivori, carnivori e inclusive umani con qualche oggetto di rozza manifattura, di che è sperabile avere relazione genuina dal suo raccoglitore. – Dalla cala di Port’Ercole, costeggiando in barca il suo corno destro, si passa davanti ad un isolotto formato di calcarea grigia semigranosa dell’indole medesima di quella della rupe del Promontorio che gli resta dirimpetto.
Sotto il forte di Port’Ercole si presenta l’arenaria macigno, alla qual sottentra dalla parte di libeccio dirimpetto all’isolotto la calcarea cavernosa che seguita fino alla Grotta de’Santi verso la punta dell’Avvoltojo . Ivi la stessa roccia presenta frequenti fenditure nella faccia esteriore del monte, e tutte incrostate di stalattiti e di stalagmiti, talvolta a guisa di un doppio cono rovesciato.
Una di queste di colonne si appoggia con la base nel mare, mentre la parte superiore sembra reggere la volta della grotta, dentro la quale entrano liberamente i flutti, e le piccole barche coi passeggeri.
La fortezza di Monte Filippo riposa sopra una gran massa di calcarea semigranosa di tinta grigiastra, della qual pietra è rivestita tutta quanta la punta orientale del Promontorio, sino alla base dell’istmo della Feniglia, al di là del quale si è scoperta la caverna calcarea divisa in molte concamerazioni di sopra rammentata.
Fra le fortificazioni del Monte Filippo e l’istmo della Feniglia in quelle pendici orientali del Monte Argentaro sono piantati i rari vigneti che danno lo squisitissimo liquore, sebbene in poca quantità, designato col nome di Riminese di Port’Ercole.
La pesca dell’acciughe e quella giornaliera fornisce il maggior elemento lucrativo dei pochi e non ricchi abitanti di Port’Ercole, mentre il suolo per sua natura sterile e nudo serve appena ad alimentare poche piante salvatiche, qualche ulivo, e in alcuni punti anco il castagno.
Dalla parte occidentale però nei contorni di Porto S.
Stefano l’industria dell’uomo ha costretto, direi quasi, la terra ad essere meno avara poiché, oltre le piccole vigne ed i più frequenti oliveti e castagneti, si veggono intorno al paese e dentro la Terra stessa giardini frequenti e pieni di grosse piante di limoni, che forniscono frutto in tanta quantità da spedirlo in gran copia nel vicino continente.
Un solo convento esiste sul Monte Argentaro, quello de’Passionisti, appellato il Ritiro stato fondato dal Padre Vincenzio della Croce, genovese. Cotesto claustro è situato a mezza costa del monte nel fianco che acquapende dalla parte dello Stagno marino di fronte alla piccola città di Orbetello. Circa mezzo miglio toscano al suo ponente esiste un’altra clausura denominata il Noviziato, perché all’istruzione dei fratelli novizj è destinata.
Entrambi i detti conventi sono compresi nella parrocchia di S. Stefano, ed entrambi situati in una delle più ridenti esposizioni del Promontorio Argentaro in mezzo a piante silvestri sempre verdi e talune olezzanti.
Questo lato del monte è anco meno sterile di sorgenti vive, una delle quali doveva scendere dai contorni del Noviziato verso la Torre si S. Liberata nelle fabbriche romane di sopra indicate. Ma una sorgente molto più copiosa nasce presso il convento del Ritiro e scende al luogo di Terra Rossa , donde per la nuova diga recentemente costruita attraversando lo Stagno potrà condurre acque limpide e salubri dentro Orbetello.
La Comunità del Monteargentario mantiene un medico, un chirurgo ed un maestro di scuola.
Risiedono in Porto S. Stefano ed in Port’Ercole due deputati di sanità, che sono gli ufiziali comandanti dei due porti sottoposti ad un maggiore che ha quartiere in Orbetello. – Esiste pure nel Porto S. Stefano un potestà dipendente per il criminale dal vicario Regio di Orbetello, nella qual città si trovano la sua cancelleria comunitativa, il ricevitore dell’uffizio del Registro e l’ingegnere di Circondario. – Il conservatore delle Ipoteche ed il tribunale di prima Istanza sono a Grosseto. – Vedere ORBETELLO.
QUADRO della Popolazione della nuova Comunità del MONTARGENTARO a tre epoche diverse.
- nome del luogo: Port’Ercole, titolo della chiesa: S.
Erasmo (Arcipretura), diocesi cui appartiene: Sovana, abitanti anno 1818 n° 370, abitanti anno 1833 n° 391, abitanti anno 1839 n° 491 - nome del luogo: PORTO S. STEFANO, titolo della chiesa: S. Stefano (Prioria), diocesi cui appartiene: Badia Nullius delle Tre Fontane, abitanti anno 1818 n° 1459, abitanti anno 1833 n° 1984, abitanti anno 1839 n° 2578 - TOTALE abitanti anno 1818 n° 1829 - TOTALE abitanti anno 1833 n° 2375 - TOTALE abitanti anno 1840 n° 3069
Risiede sulla spiaggia lungo il seno settentrionale del Monte Argentaro fra l'estrema punta di Lividonia e l'istmo del Tombolo, sotto il grado 28° 48' di longitudine e il 42° 26' 2" di latitudine, 5 miglia a ponente di Orbetello passando per la nuova diga, e 14 miglia per la via vecchia del Tombolo, 7 miglia da Port'Ercole per la via di terra e 10 in 11 miglia per la via del mare, e 13 per terra, 15 miglia a grecale dell'Isola del Giglio e 26 miglia a ostro di Grosseto.
Quanto può dirsi antico il cadente spopolato paese di Port'Ercole, altrettanto nuovo e ognor crescente diventa questo di S. Stefano, talchè se i confronti non fossero troppo poetici si direbbe Port'Ercole la Cartagine deserta nell'arene dell'Affrica, S. Stefano la Cartagine di Didone enfaticamente descritta da Virgilio.
Comecchè non vi siano memorie, nè scrittori antichi ne facciano minima parola di Porto S. Stefano, è altresì vero che non mancano avanzi di romani edifizj nelle sue vicinanze, dove da tempo immemorabile esiste la Tonnara , corrispondente probabilmente alla Cataria Domiziana dell'Itinerario marittimo, la quale esisteva nove miglia romane a settentrione di Port'Ercole.
Imperocchè poco lungi da Porto S. Stefano, sotto la Torre di S. Liberata, veggonsi coperti dai flutti marini i fondamenti coll'impiantito di una fabbrica rettangolare divisa in più scompartimenti, che servì probabilmente ad uso di Piscina per serbare il pesce in tutte le stagioni alla potente famiglia senatoria de'Domizj Enobarbi, la quale negli ultimi tempi della Repubblica romana signoreggiò nel territorio cosano. – Vedere ORBETELLO Vol. III pag 667.
Il Santi nel suo Viaggio secondo per le Provincie senesi destinò un articolo alla descrizione della Torre di S.
Liberata, la quale resta quasi tre miglia a grecale del Porto S. Stefano, nei di cui contorni al tempo suo si cavavano molti vasi, anfore ed altri avanzi di terra cotta con vernice o senza, e spesse volte de'ruderi di fabbriche che in maggior numero compariscono nelle vicinanze della Torre di S. Liberata.
Avvegnachè a piccola distanza di là, circa 150 passi dentro terra, sussiste a piè del monte uno stanzone a volta lungo piedi 62, largo piedi 28 e alto piedi 18 in circa, dove non esistono altre aperture che quelle di due occhi o finestre rotonde, nelle opposte più strette pareti, uno de’quali occhi fu aperto per servire da porta d'ingresso. Le pareti interne veggonsi incrostate da solido calcestruzzo come lo è il pavimento e nella parte superiore delle pareti si scorgono alcune bocche di canali di terra cotta che mandare dovevano l'acqua in questa conserva.
Inoltre il Santi segnalò le tracce di un acquedotto sù per il monte imminente, di cui riscontrò gli avanzi a fior di terra.
Arroge che lo stesso viaggiatore accostandosi verso la spiaggia, trovò l'ingresso di una galleria sotterranea che percorse col suo compagno (Prof. Gaetano Savi) nella lunghezza di 124 piedi, essendo essa larga piedi 6 vantaggiati e alta piedi 7, nella quale a una certa altezza delle pareti apparivano varie bocche di condotti di terra cotta, che là pure dovevano gettare acqua, mentre verso la metà della lunghezza preindicata esistevano due aperture opposte comunicanti con due stanze laterali e oscure.
Finalmente nelle estremità inferiori della galleria vide diverse concamerazioni, fra le quali una saletta rotonda e affatto diruta da un lato.
"Quasi tutti gli edifizj (soggiunge il Santi) di S. Liberata, la conserva, la galleria e generalmente le camere e stanze di questo interessantissimo luogo offrono molteplici monumenti dell'opera formacea, ossia di muri e volte costruite di getto con calcistruzzo. Coteste pareti, queste volte formate tutte in una massa tanto solida da vincere le ingiurie dei secoli, sono poi coperte di un bello e fortissimo intonaco ben distribuito che mostra a maraviglia l'opera arenata e l'opera marmorata descritteci da Vitruvio e da Plinio".
"A quelle stanze e a que’ruderi succede (sono parole del Santi) un'altra galleria o loggia scoperta, larga piedi 22 che si estende per circa 388 piedi lungo il littorale." "Dal lato opposto che dà sul ma re, moltissime stanzette sfilate una dopo l'altra, e per la maggir parte più che semidirute, fiancheggiano la galleria in tutta la sua lunghezza ecc." "Nè qui termina l'interessante spettacolo di questi contorni. Sotto la Torre stessa di S. Liberata veggonsi sostruzioni e quasi direbbesi la pianta di un edifizjo magnifico spazioso, i di cui muri, grossi massicci ed egualmente rasati a fior d'acqua formano un parallelogramma lungo piedi 170, largo piedi 113, vantaggiati con tre spartimenti interni regolari e quello di mezzo romboidale, il tutto rasato a fior d'acqua, della dimensione quest'ultimo di piedi 30 di lunghezza, e di piedi 24 di larghezza, il tutto costruito in durissimo calcistruzzo. La marea crescente sommerge totalmente codesti ruderi benchè la bassa marea non li lasci mai a secco." Vi fu qualche dotto che prese argomento di qua per dedurre un rialzamento del livello del mare toscano, sebbene l'uso cui probabilmente era destinato un siffatto edifizjo, cioè per conservare il pesce delle Cetarie Domiziane, e le avvertenze fatte su tal proposito agli Articoli GROSSETO, LITTORALE TOSCANO e ORBETELLO tendono piuttosto ad informare e forse anche a distruggere l'opinione enunciata da quei savj.
Se però gli amatori di antichità trovarono nei contorni della Torre di S. Liberata vistosi avanzi di edifizi romani, essi nulla di simil genere riscontrar possono nel luogo dove attualmente sorge la popolosa Terra di S. Stefano, la quale prese il nome dalla sua chiesa curata.
Imperocchè di essa non solamente non è fatta menzione nelle carte antiche relative alle vicende del territorio Cosano, ma la sua popolazione un secolo addietro era tanto scarsa ch'essa faceva parte della parrocchia di Orbetello, dipendente perciò dall'Abate commendatario delle Tre Fontane. – Essendochè la principali famiglie del Porto S. Stefano composte di marinai coraggiosi e di fortunati negozianti, in gran parte vennero costà dalla Riviera di Genova, allettate dalla posizione vantaggiosa del luogo, dalla dolcezza del suo clima e dall'aria per sé stessa salubre, meno che nei casi di venti che spirano in estate da maestrale, i quali trasportano sulla spiaggia di S.
Stefano i perniciosi influssi de'marazzi di Talamone.
La pesca, cui è dedicata gran parte della popolazione, ha dato origine a questo paese, che di un piccolo aggregato di case da pescatori e marinai si è ridotto a una Terra sparsa di palazzetti e di giardini ricchi di piante di agrumi e cinta di colline coperte di vigne e di olivi.
Un semplice seno aperto in faccia a settentrione e a grecale, della profondità di circa 20 piedi, forma il così detto Porto S. Stefano dirimpetto al quale si pratica all'epoche opportune, la pesca de'tonni.
Innanzi il 1808 la Terra di S. Stefano e le Torri del suo distretto ebbero per lungo tempo presidio di truppe del re di Napoli, sottoposte a un luogotenente regjo che abitava nella torre quadrata, la quale esiste in mezzo alla spiaggia in mezzo alla Terra. Dal 1808 al 1814 cotesto paese fu soggetto al governo francese, e finalmente nel 1814 consegnato con gli altri RR. presidj dell'Orbetellano al suo naturale sovrano il Granduca di Toscana. – Vedere ORBETELLO.
CENSIMENTO della Popolazione della TERRA di PORTO S. STEFANO a tre epoche diverse, divisa per famiglie.
ANNO 1818: Impuberi maschi 180; femmine 143; adulti maschi 258; femmine 271; coniugati dei due sessi 601; ecclesiastici secolari 6 (2); numero delle famiglie 285; totale della popolazione 1459.
ANNO 1833: Impuberi maschi 298; femmine 299; adulti maschi 424 (1); femmine 290; coniugati dei due sessi 665; ecclesiastici secolari 8 (2); numero delle famiglie 349; totale della popolazione 1984.
ANNO 1840: Impuberi maschi 554; femmine 536; adulti maschi 298, femmine 404; coniugati dei due sessi 790; ecclesiastici secolari 8 (2); numero delle famiglie 394; totale della popolazione 2578 (1) Fra gli adulti del 1833 sono compresi 95 militari componenti la guarnigione delle Torri e del Porto.
(2) Non vi è compreso il numero de’Frati Passionisti del Monte Argentaro.
Comunità di Montargentario. – Questa Comunità è stata eretta nell’anno corrente con Motuproprio del 2 settembre 1842, staccando il suo territorio da quello di Orbetello, cui invece fu aggregato il popolo e territorio di Capalbio tolto dalla Comunità di Manciano, per essere messo tuttociò ad effetto al principio dell’anno 1843.
Cotesta nuova Comunità abbracciar deve unicamente il promontorio del Monte Argentaro, dove esistono due popolazioni, cioè quella della parrocchia di Porto S.
Stefano e l’altra di Port’Ercole.
Tutta la superficie territoriale del Monte Argentario distaccata dal territorio della Comunità di Orbetello si limita a quadrati 17482,60, esclusa la peschiera esistente alla base dell’istmo del Tombolo. Cotesto territorio fornisce una rendita imponibile di lire 4599,40 da repartirsi in 505 possidenti.
Della topografia e struttura fisica del Promontorio Argentaro fu data una succinta descrizione all’Articolo ARGENTARO (MONTE).
Solamente aggiungerò qualmente in una rapida escursione, fatta costà nell’aprile dell’anno 1834, registrai nel mio giornale le osservazioni geognostiche seguenti: Che la Terra di S. Stefano riposa sopra una calcarea cavernosa, di là dalla quale verso levante, e precisamente sopra la Torre de’Tre Natali si affaccia un potente filone di steachisto color bianco grigio attraversante un’arenaria micacea, la qual roccia seguita ad incontrarsi salendo il Monte Argentaro nella direzione del Noviziato.
Oltrepassata la Torre di S. Liberata la costa del Promontorio fino al convento del Ritiro comparisce coperta da una roccia calcarea cavernosa consimile a quella che trovasi intorno al Porto S. Stefano.
Dalla parte poi che volge a ponente del capoluogo, vale a dire girando intorno al seno di Lividonia, vedesi la calcarea grigia compatta disposta esternamente in masse, quantunque alcuni seni o tagliate la stessa roccia si conservi in stato naturale, cioè, stratificata, ma in modo contorto ed inclinata da 40 e più gradi. Presso la punta della Cacciarella , mezzo miglio toscano a levante della torre di Lividonia incontransi alla base del monte delle grotte naturali, fra le quali una detta di donna Vittoria e l’altra di Zi Luca, aperte entrambe dentro una breccia calcarea con cemento calcare ferrifero. Fino costà le pendici inferiori dell’Argentaro sono sufficientemente rivestite di terra, di piante pratensi e di alberi silvestri, consistenti per lo più in albatri, scope ed anche lecci. Ma alla punta di Calagrande , che dista un altro mezzo miglio toscano da quella della Caccierella, cessa la vegetazione, né più si vede su quelle rupi la sottile terra vegetale che rivestiva le pendici testè indicate, mentre nel fianco del monte rivolto a ponente dirimpetto all’isola del Giglio, una rupe nuda e quasi verticale si alza sino alla cima formata di potenti strati di calcarea semigranosa di color ceruleo cupo con venature di spato bianco; ed è della stessa natura lo scoglio su cui è edificata la torre di Calagrande. Inoltrandosi poi verso levante sottentra invece al fosso di Terra Mara una qualità di arenaria calcarifera color giallo verdastro che prende l’aspetto di una roccia ofiolitica, quanto più si avvicina al fosso del Carpine, dove essa trovasi metamorfosata in un gabbro diallagico. Della stessa indole è quella della punta più orientale di cotesta Calagrande, dove sembra che il gabbro si appoggi ad una calcarea alterata, nella quale in alcuni luoghi della vicina fiancata sembra injettato. Alla qualità e giacitura medesima spettano le rocce del vicino isolotto dell’Argentina che sorge dal mare fra la Calagrande e la Cala Maresca. A piedi poi della Cala Maresca esiste la cava del gesso soprincumbente ad una calcarea, ora turchina nerastra, ora di tinta rossastra, attraversata da filoni di spato in cristalli tinti bene spesso dagli ossidi di ferro e di manganese in colore sanguigno cupo, o in rosso acceso.
Attraversando poi dirimpetto a settentrione la strada che da Porto S. Stefano guida a Port’Ercole, la base del Monte Argentaro, lungo lo Stagno di Orbetello, è coperta quasi per ogni dove dalla calcarea semigranosa e talvolta cavernosa. Al luogo detto Terra Rossa, dirimpetto alla nuova diga che passa sullo Stagno marino per comunicare direttamente con Orbetello, la calcarea cavernosa è attraversata da vene di ferro oligisto consimile a quello della miniera di Rio nell’Isola dell’Elba.
Lungo cotesta traversa si affaccia l’arenaria micacea in strati alternanti coll’argilla schistosa, e più specialmente fra il luogo delle Grotte e il seno di Port’Ercole.
Su questa pendici appunto da un anno a questa parte è stata scoperta un’ampia grotta in mezzo ad un terreno calcare cavernoso o Rauckalch , coperto di stalattiti e stalagmiti, dove furono trovate molte ossa di animali erbivori, carnivori e inclusive umani con qualche oggetto di rozza manifattura, di che è sperabile avere relazione genuina dal suo raccoglitore. – Dalla cala di Port’Ercole, costeggiando in barca il suo corno destro, si passa davanti ad un isolotto formato di calcarea grigia semigranosa dell’indole medesima di quella della rupe del Promontorio che gli resta dirimpetto.
Sotto il forte di Port’Ercole si presenta l’arenaria macigno, alla qual sottentra dalla parte di libeccio dirimpetto all’isolotto la calcarea cavernosa che seguita fino alla Grotta de’Santi verso la punta dell’Avvoltojo . Ivi la stessa roccia presenta frequenti fenditure nella faccia esteriore del monte, e tutte incrostate di stalattiti e di stalagmiti, talvolta a guisa di un doppio cono rovesciato.
Una di queste di colonne si appoggia con la base nel mare, mentre la parte superiore sembra reggere la volta della grotta, dentro la quale entrano liberamente i flutti, e le piccole barche coi passeggeri.
La fortezza di Monte Filippo riposa sopra una gran massa di calcarea semigranosa di tinta grigiastra, della qual pietra è rivestita tutta quanta la punta orientale del Promontorio, sino alla base dell’istmo della Feniglia, al di là del quale si è scoperta la caverna calcarea divisa in molte concamerazioni di sopra rammentata.
Fra le fortificazioni del Monte Filippo e l’istmo della Feniglia in quelle pendici orientali del Monte Argentaro sono piantati i rari vigneti che danno lo squisitissimo liquore, sebbene in poca quantità, designato col nome di Riminese di Port’Ercole.
La pesca dell’acciughe e quella giornaliera fornisce il maggior elemento lucrativo dei pochi e non ricchi abitanti di Port’Ercole, mentre il suolo per sua natura sterile e nudo serve appena ad alimentare poche piante salvatiche, qualche ulivo, e in alcuni punti anco il castagno.
Dalla parte occidentale però nei contorni di Porto S.
Stefano l’industria dell’uomo ha costretto, direi quasi, la terra ad essere meno avara poiché, oltre le piccole vigne ed i più frequenti oliveti e castagneti, si veggono intorno al paese e dentro la Terra stessa giardini frequenti e pieni di grosse piante di limoni, che forniscono frutto in tanta quantità da spedirlo in gran copia nel vicino continente.
Un solo convento esiste sul Monte Argentaro, quello de’Passionisti, appellato il Ritiro stato fondato dal Padre Vincenzio della Croce, genovese. Cotesto claustro è situato a mezza costa del monte nel fianco che acquapende dalla parte dello Stagno marino di fronte alla piccola città di Orbetello. Circa mezzo miglio toscano al suo ponente esiste un’altra clausura denominata il Noviziato, perché all’istruzione dei fratelli novizj è destinata.
Entrambi i detti conventi sono compresi nella parrocchia di S. Stefano, ed entrambi situati in una delle più ridenti esposizioni del Promontorio Argentaro in mezzo a piante silvestri sempre verdi e talune olezzanti.
Questo lato del monte è anco meno sterile di sorgenti vive, una delle quali doveva scendere dai contorni del Noviziato verso la Torre si S. Liberata nelle fabbriche romane di sopra indicate. Ma una sorgente molto più copiosa nasce presso il convento del Ritiro e scende al luogo di Terra Rossa , donde per la nuova diga recentemente costruita attraversando lo Stagno potrà condurre acque limpide e salubri dentro Orbetello.
La Comunità del Monteargentario mantiene un medico, un chirurgo ed un maestro di scuola.
Risiedono in Porto S. Stefano ed in Port’Ercole due deputati di sanità, che sono gli ufiziali comandanti dei due porti sottoposti ad un maggiore che ha quartiere in Orbetello. – Esiste pure nel Porto S. Stefano un potestà dipendente per il criminale dal vicario Regio di Orbetello, nella qual città si trovano la sua cancelleria comunitativa, il ricevitore dell’uffizio del Registro e l’ingegnere di Circondario. – Il conservatore delle Ipoteche ed il tribunale di prima Istanza sono a Grosseto. – Vedere ORBETELLO.
QUADRO della Popolazione della nuova Comunità del MONTARGENTARO a tre epoche diverse.
- nome del luogo: Port’Ercole, titolo della chiesa: S.
Erasmo (Arcipretura), diocesi cui appartiene: Sovana, abitanti anno 1818 n° 370, abitanti anno 1833 n° 391, abitanti anno 1839 n° 491 - nome del luogo: PORTO S. STEFANO, titolo della chiesa: S. Stefano (Prioria), diocesi cui appartiene: Badia Nullius delle Tre Fontane, abitanti anno 1818 n° 1459, abitanti anno 1833 n° 1984, abitanti anno 1839 n° 2578 - TOTALE abitanti anno 1818 n° 1829 - TOTALE abitanti anno 1833 n° 2375 - TOTALE abitanti anno 1840 n° 3069
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1841, Volume IV, p. 619.
We can't find the internet
Attempting to reconnect
Something went wrong!
Hang in there while we get back on track