ABAZIA A PRATAGLIA
(S. Maria Assunta e S. Benedetto)
ora parrocchia presso al giogo detto Biforco sull'appennino di Camaldoli, fra le sorgenti del torrente Archiano tributario dell'Arno nel Casentino e le più alte scaturigini del fiume Bidente di Romagna, 4 miglia toscane a levante-scirocco del S. Eremo nel piviere di Partina, Comunità Giurisdizione e circa 7 miglia toscane a greco di Poppi, Diocesi e Compartimento d'Arezzo. – La fondazione di questa Badia precede di qualche anno quella del S. Eremo di Camaldoli, siccome lo prova un diploma dell'imperatore Ottone III, del 1002, nel quale conferma al monastero di Prataglia la donazione che gli era stata fatta di alcuni terreni dal gran conte Ugo marchese di Toscana. Fu per altro in grazia della magnanimità del vescovo aretino Elemberto, che questo monastero, piccolo in origine, venne ingrandito e quasi rinnovato dai fondamenti nell'anno 1008. Il detto prelato dopo averlo sufficientemente dotato, lo consegnò ai Benedettini, sotto la cui disciplina si mantenne sino a che il pontefice Adriano IV, nel 1157 lo fece consegnare ai vicini eremiti Camaldolensi insieme con le sue rendite.
Arricchito dai successori del vescovo Elemberto, dai conti Guidi, e da altri Magnati del Casentino, si estese coi suoi possessi sopra una gran parte di quel selvoso apennino, cui fu dato poi il titolo di contea. Erano suoi feudi le ville di Pezza, di Tignano, di Serra ed il castello di Frasineta.
Dopo 500 anni fu soppresso.
L'istrumento del 1008 riportato negli Annali Camaldolensi ci fa intendere di più con qual impegno il vescovo Elemberto andava promovendo la coltura dell'apennino, e segnatamente quella delle viti nel basso Casentino. Le quali possessioni del S. Eremo furono dichiarate sotto la protezione della Repubblica fiorentina con deliberazione del anno 1382, confermata sotto il governo Mediceo da Cosimo I nel 1540, e da Francesco I suo figlio nel 1574.
Dopo 500 anni Bonifazio IX soppresse col monastero di Prataglia anche il titolo abaziale lasciando al priore del S.
Eremo l'elezione del curato di quell'antica chiesa filiale della pieve di Partina. – Fu essa riedificata sulla forma delle basiliche con la Confessione, l'anno 1314 siccome lo dichiara un'apposita iscrizione.
Ha 423 abitanti. – Vedere EREMO (S.) DI CAMALDOLI.
Arricchito dai successori del vescovo Elemberto, dai conti Guidi, e da altri Magnati del Casentino, si estese coi suoi possessi sopra una gran parte di quel selvoso apennino, cui fu dato poi il titolo di contea. Erano suoi feudi le ville di Pezza, di Tignano, di Serra ed il castello di Frasineta.
Dopo 500 anni fu soppresso.
L'istrumento del 1008 riportato negli Annali Camaldolensi ci fa intendere di più con qual impegno il vescovo Elemberto andava promovendo la coltura dell'apennino, e segnatamente quella delle viti nel basso Casentino. Le quali possessioni del S. Eremo furono dichiarate sotto la protezione della Repubblica fiorentina con deliberazione del anno 1382, confermata sotto il governo Mediceo da Cosimo I nel 1540, e da Francesco I suo figlio nel 1574.
Dopo 500 anni Bonifazio IX soppresse col monastero di Prataglia anche il titolo abaziale lasciando al priore del S.
Eremo l'elezione del curato di quell'antica chiesa filiale della pieve di Partina. – Fu essa riedificata sulla forma delle basiliche con la Confessione, l'anno 1314 siccome lo dichiara un'apposita iscrizione.
Ha 423 abitanti. – Vedere EREMO (S.) DI CAMALDOLI.
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1833, Volume I, p. 23.
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