ABAZIA DI BAGNO
in Romagna
ora pieve e propositura della Terra di S. MARIA di BAGNO, sul rovescio dell’apennino di Camaldoli, nella sinistra ripa del fiume Savio, Comunità e Giurisdizione della Terra dentro la quale risiede, già parte della Pentapoli donata da Pipino ai pontefici, nella diocesi anticamente di Sarsina, poi Nullius, attualmente di Sansepolcro, Compartimento di Firenze.
La più antica memoria che si conosca relativa a questo luogo è una Bolla dell’871, con la quale Adriano II concede in benefizio a Giovanni vescovo di Arezzo, sua vita natural durante, la chiesa di S. Maria nel territorio di Bagno di giurisdizione di S. Pietro, a condizione di costruirvi un monastero sotto la Regola di S. Benedetto, assegnandogli in dote la selva del superiore apennino, nei confini del territorio aretino, stata poco innanzi donata dallo stesso vescovo alla Santa Sede. Ordina nel tempo stesso che il fonte battesimale dalla chiesa di S. Salvatore sia traslocato in quella di S. Maria per essere in mezzo alla Massa ossia territorio di Bagno, luogo detto Acquacalda; e che, dopo la morte del vescovo soprannominato, il nuovo monastero Benedettino sia immediatamente soggetto alla Sede Apostolica. – Se una tale deliberazione avesse effetto, non vi è documento posteriore che ne lo assicuri. Certo è che nel secolo XII in vece dei monaci esistevano a S. Maria in Bagno i canonici preseduti da un pievano arciprete, i quali secondo l’uso di quella età conducevano vita comune e regolare. Allora la pieve di Bagno era matrice di molte chiese di quella valle, contrastate però dalla Badia Camaldolense del Trivio, segnatamente per quelle di S. Salvatore a Donicilio, di S.
Niccolò a Mazzi e di S. Paolo presso Monte Granelli, ad onta di vari Brevi pontificii emanati nel 1136, 1156, 1181, 1193 e 1226 a favore degli arcipreti di Bagno. – Finalmente dopo una permuta fatta nel 1298, col consenso di Bonifazio VIII, dai conti Guidi signori di Bagno, relativamente al padronato che essi godevano di questa pieve, a favore del priore ed eremiti di Camaldoli, ricevendone in concambio il castello di Soci nel Casentino, fu d'allora in poi la chiesa di Bagno dipendente dal superiore del Sacro Eremo, che la convertì in un priorato Camaldolense, ad esso immediatamente soggetta, sino a che con Bolla di Sisto IV del 1480 il priorato fu eretto in Badia sotto la regola di Camaldoli. Fu dichiarata nuovamente Nullius Diocesis da Gregorio XIII (anno 1577) e da Urbano VIII (anno 1635) abbenchè da Leone X fosse stata assoggettata alla diocesi di S. Sepolcro, cui finalmente restò aggregata la sua propositura. È amministrata da un pievano secolare, dacché ebbe luogo la soppressione di questo monastero, accaduta nel 1810.
Alla quale arcipretura non restano attualmente che tre parrocchie filiali, cioè, la prioria di S. Salvatore a Corce Santa, quella di S. Silvestro a Fontechiusi e la cura di S.
Bartolommeo a Vessa. – La chiesa di una sola navata é assai decente e piuttosto vasta con sette cappelle per parte, e alcuni buoni quadri, fra i quali quello di S. Romualdo e di S. Pier Damiano, che porta il nome del priore Camaldolense che l'ordinò nel 1568. Fu internamente restaurata nel secolo XVIII, ma la facciata conserva l'antica sua architettura, e sembra opera del secolo XV, forse contemporanea alla costruzione del contiguo monastero, il di cui chiostro è circondato da un ampio loggiato. – Nel 1287 vi fu traslatato solennemente dal vicino monastero di S. Lucia il corpo della Beata Giovanna monaca Camaldolense. Nel 1355 si tennero nella canonica della pieve di Bagno i Comizi generali della Congregazione di Camaldoli. (Annuario Camaldolense). – Vedere BAGNO Terra.
La più antica memoria che si conosca relativa a questo luogo è una Bolla dell’871, con la quale Adriano II concede in benefizio a Giovanni vescovo di Arezzo, sua vita natural durante, la chiesa di S. Maria nel territorio di Bagno di giurisdizione di S. Pietro, a condizione di costruirvi un monastero sotto la Regola di S. Benedetto, assegnandogli in dote la selva del superiore apennino, nei confini del territorio aretino, stata poco innanzi donata dallo stesso vescovo alla Santa Sede. Ordina nel tempo stesso che il fonte battesimale dalla chiesa di S. Salvatore sia traslocato in quella di S. Maria per essere in mezzo alla Massa ossia territorio di Bagno, luogo detto Acquacalda; e che, dopo la morte del vescovo soprannominato, il nuovo monastero Benedettino sia immediatamente soggetto alla Sede Apostolica. – Se una tale deliberazione avesse effetto, non vi è documento posteriore che ne lo assicuri. Certo è che nel secolo XII in vece dei monaci esistevano a S. Maria in Bagno i canonici preseduti da un pievano arciprete, i quali secondo l’uso di quella età conducevano vita comune e regolare. Allora la pieve di Bagno era matrice di molte chiese di quella valle, contrastate però dalla Badia Camaldolense del Trivio, segnatamente per quelle di S. Salvatore a Donicilio, di S.
Niccolò a Mazzi e di S. Paolo presso Monte Granelli, ad onta di vari Brevi pontificii emanati nel 1136, 1156, 1181, 1193 e 1226 a favore degli arcipreti di Bagno. – Finalmente dopo una permuta fatta nel 1298, col consenso di Bonifazio VIII, dai conti Guidi signori di Bagno, relativamente al padronato che essi godevano di questa pieve, a favore del priore ed eremiti di Camaldoli, ricevendone in concambio il castello di Soci nel Casentino, fu d'allora in poi la chiesa di Bagno dipendente dal superiore del Sacro Eremo, che la convertì in un priorato Camaldolense, ad esso immediatamente soggetta, sino a che con Bolla di Sisto IV del 1480 il priorato fu eretto in Badia sotto la regola di Camaldoli. Fu dichiarata nuovamente Nullius Diocesis da Gregorio XIII (anno 1577) e da Urbano VIII (anno 1635) abbenchè da Leone X fosse stata assoggettata alla diocesi di S. Sepolcro, cui finalmente restò aggregata la sua propositura. È amministrata da un pievano secolare, dacché ebbe luogo la soppressione di questo monastero, accaduta nel 1810.
Alla quale arcipretura non restano attualmente che tre parrocchie filiali, cioè, la prioria di S. Salvatore a Corce Santa, quella di S. Silvestro a Fontechiusi e la cura di S.
Bartolommeo a Vessa. – La chiesa di una sola navata é assai decente e piuttosto vasta con sette cappelle per parte, e alcuni buoni quadri, fra i quali quello di S. Romualdo e di S. Pier Damiano, che porta il nome del priore Camaldolense che l'ordinò nel 1568. Fu internamente restaurata nel secolo XVIII, ma la facciata conserva l'antica sua architettura, e sembra opera del secolo XV, forse contemporanea alla costruzione del contiguo monastero, il di cui chiostro è circondato da un ampio loggiato. – Nel 1287 vi fu traslatato solennemente dal vicino monastero di S. Lucia il corpo della Beata Giovanna monaca Camaldolense. Nel 1355 si tennero nella canonica della pieve di Bagno i Comizi generali della Congregazione di Camaldoli. (Annuario Camaldolense). – Vedere BAGNO Terra.
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1833, Volume I, p. 5.
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