ABBADIA o BADIA S. SALVADORE

nella Valle di Paglia

Terra murata la più popolata del territorio senese, nella Diocesi di Chiusi, che è 20 miglia a greco,capoluogo di Comunità residenza di un vicario Regio nel Compartimento di Siena da cui trovasi 38 miglia toscane a scirocco. Risiede a 42° 53’ di latitudine e 29° 20’ di longitudine nella parte orientale del Montamiata, sul lembo del pianoro dal quale sporge la gran massa di peperino (trachite) che ne formò il suo dorso; a 1450 braccia sopra il livello del mare, e 1500 braccia al di sotto della sua più elevata sommità; in una pianura di circa 1/2 miglio toscano di larghezza rivestita di giganteschi castagni che adornano e riparano con la loro irradiata ombra vaghi passeggi; presso a verdi praterie, in mezzo a orti irrigati da limpide perenni sorgenti, primo alimento del fiume Paglia. È difesa nella parte occidentale da alte mura castellane, mentre dal lato di oriente riposa sopra ripide scogliere di peperino davanti a cui apresi spaziosa prospettiva sino al lago di Bolsena e alle romane maremme; in una atmosfera purissima, in un clima alquanto rigido in inverno, ma altrettanto temperato e salubre nella calda stagione.
Se alla generosità della natura si fosse unita l'industria dell'arte a procurar la bellezza di questa contrada, rendendo meno ottuso l'interno suo fabbricato, non si potrebbe bramare soggiorno più soave da chi, senza scostarsi dall'Italia centrale, volesse godere in estate di una bella primavera in mezzo a un'aura eminentemente vitale. Non già che manchino costà buone e decenti abitazioni, ma queste sembrano quasi soffogate da strade troppo anguste, e da vecchi casolari che servono di comune abituro agli uomini e agli animali di varia specie.
Il colore fosco della pietra indigena, di cui sono lastricate le interne vie e costruite le case, viene annerito dal fumo dei seccatoi di castagne e dalla scarsità dei cammini e di altri sfoghi che la salute pubblica, la decenza e l'odierna civiltà esigerebbero.
Quattro strade parallele attraversano la terra dell'Abbadia nella sua maggior lunghezza. Nel centro di essa havvi una piccola piazza dov'è il pretorio e la sua chiesa arcipresbiterale. Vi si entra per quattro porte delle quali la sola meridionale ha un borgo lungo la strada provinciale che guida per Piancastagnajo nella Val di Paglia. La porta occidentale dava accesso all'antica rocca, di cui restano le vestigia. Presso alla porta settentrionale risiede la celebre Abazia di S. Salvadore, da cui ebbe origine, nome e dipendenza questa terra cospicua, quando era castello.
Le sue più antiche memorie camminano di pari passo con quelle dell'indicato monastero, i di cui abati tennero per molto tempo il regime temporale e spirituale di questo luogo. Essi nominavano i rappresentanti del Comune, eleggevano i podestà, presedevano e sanzionavano li statuti, i più antichi dei quali datano col principio del secolo XIII. – Cadde in potere dei Senesi dopo la vittoria di Montaperto, dal dominio dei quali si sottrassero monaci e paesani mediante il soccorso degli Orvietani. Questi cederono in seguito il castello dell'Abbadia ai conti di S.
Fiora, dai quali poi fu venduto nel 1347 per fiorini 4500 alla Repubblica di Siena, sotto il cui dominio costantemente si mantenne nei secoli posteriori, soggiacendo alla stessa di lei sorte dopo la capitolazione di Montalcino.
Comunità dell'Abbadia S. Salvadore. – Il territorio di questa Comunità occupa una superficie di miglia quadre 33 e due terzi, equivalente a quadrati 27145, dei quali 810 quadrati sono occupati da fiumi, torrenti e strade, con una popolazione di 4149 abitanti, vale a dire 123 individui per ogni miglio quadrato. – Confina con cinque Comunità; cioè, a scirocco con quella di Piancastagnajo mediante i torrenti Indovina e Menastrone sino al fiume Paglia; a levante con la Comunità di Radicofani lungo il fiume prenominato sino al fosso di Cocarello, il quale dopo breve tratto abbandona per andare incontro alla sorgente del Formoncello, di cui seguita il corso anche dopo scaricatosi nel torrente Formone sino a due miglia toscane al di qua della posta di Ricorsi, dove incontra il fosso di Rufinello. Quivi subentra la Comunità di Castiglione d'Orcia, con la quale resta a contatto da maestro a ponente risalendo il Montamiata per confini artificiali sino alle Case nuove. In questo luogo il monte formando un seno ne percorre i lembi sino a che giunto allo sprone opposto in prossimità della via di Seggiano va a riscontrare la Comunità di Castel del Piano, con cui confina a ponente lungo il giogo della montagna passando per il Masso di Maremma e per il Corno di Bellaria; qua subentra il territorio di S. Fiora, che seguita a ostro lungo il fosso delle Metadelle. Di costì piegando da ponente a scirocco verso il Masso piramidale, ritorna a confine con la Comunità di Piancastagnajo, sino a che va a ritrovare il torrente Indovina.
Il descritto perimetro abbraccia tutta la parete settentrionale del Montamiata dalla sua base sino al più elevato fastigio, con più una porzione del suo fianco occidentale e di quello orientale, presso alla di cui tangente risiede il capoluogo dell'Abbadia.
La temperatura varia in ragione della posizione e della elevatezza del suolo. La parte superiore, coperta nell'inverno di neve, è fredda e oraganosa; tiepida e vaporosa è la temperatura della valle lungo il Formone e il fiume Paglia; per cui grave e malsana atmo sfera v'è nell'estate; elastica, temperata e salubre a mezza costa, e intorno al cerchio del pianoro, dove risiedono le terre e castelli del Montamiata.
Varia al pari del clima è la qualità del suolo. Alla base un terreno di sedimento marnoso calcareo che riposa sopra rocce stratiformi compatte consimili a quelle dell'Appennino, le quali si perdono di vista alla linea del pianoro, dove subentra la gran cupola trachitica emersa per opera del fuoco. – Vedere MONTAMIATA.
Immensi depositi tartarosi e gessosi ne rivestono i fianchi dal lato di greco e di maestro, depositi dai quali si manifestano in quantità delle solfiere, dell'acido carbonico, e dell'acido idrosolforico in stato gasoso e che s'incontrano alla base del Montamiata, segnatamente nelle colline dei Bagni di S. Filippo e presso Campiglia d'Orcia.
Quanto ricche di tartaro sono le acque delle indicate località, altrettanto trasparenti e pure sono quelle che filtrano dalle rupi di peperino, quasi artificiali diacciaje, fra le quali s'insinua la neve jema le nella tiepida stagione, sul dorso della montagna. Per simil modo questi luoghi abbondano di torrenti perenni che irrigano in varia direzione il territorio dell'Abbadia. Tali sono, a maestro, il copioso fosso del Vivo che scende sopra il villaggio dello stesso nome; quello della Rondinaja che dirigesi a greco sopra i Bagni di S. Filippo; la Pagliola, l'Albineta, e il Vivo orientale che confluiscono insieme e perdono la loro denominazione nel fiume Paglia; e finalmente a ostro i sopra rammentati torrenti Indovina e Menastrone.
Fra i prodotti minerali godono il primato per antica celebrità le acque calcareo-sulfuree delle Terme di S.
Filippo, impraticabili nell'estate a cagion di mal'aria, ma sotto altro aspetto ritornate in credito per l'ingegnoso meccanismo dei bassirilievi di plastica che si formano con le loro concrezioni. Recano pure una qualche utilità sanitaria le polle dell'acqua santa e dell'acqua braca usate dai Badiesi, presso i quali zampillano, ed analizzate dal prof. Giorgio Santi che illustrò il primo la storia naturale del Montamiata. – Offrono alle arti materia di lavoro le pietre da gesso che cavansi nel poggio delle gessajole presso Campiglia d'Orcia, i peperini granitoidi nelle vicinanze della Badia, la terra ocracca, e la rena feldspatica che risulta dal disfacimento naturale dei peperini.
Rapporto alle produzioni agrarie di questa Comunità esse consistono in folte foreste di faggi che rivestono la parte superiore della montagna sino a circa mille braccia al di sotto della sua più elevata cima; alle quali subentrano estesissime selve di castagni, il cui suolo è ricoperto di erbe, molte delle quali di un uso medicinale, e che tutte insieme somministrano un copioso e saporito pascolo alle greggi. Dove terminano le rupi di peperino trovano ricetto i campi sativi, gli orti, i querceti ed altri alberi più domestici sino a che succedono nelle piagge più asolative i vigneti, tanto dal lato di Val di Paglia, quanto da quello di Val d'Orcia.
Sono di gran profitto i pascoli naturali sparsi fra le selve del Montamiata, dove nell'estiva stagione si riparano e trovano alimento molte mandre di pecore e qualche branco di capre e di bestie bovine, che fuggono alle mortifere Maremme, oltre non pochi capi di bestiame indigeno. Fra questi sono di non piccola ris orsa ai Badiesi gli animali neri, giacchè non vi ha all'Abbadia famiglia, per povera che sia, la quale non coltivi una porzioncella di terreno in proprietà o a livello, e non allevi un qualche animale da frutto. Questa classe di popolo trae pure qualche alimento dalle piazzate che incontransi fra le selve con abbruciare le altissime felci che ricuoprono il suolo, incuocendo nel tempo stesso la terra che vi gettano sopra, onde renderla più atta alla sementa dei cereali, e segnatamente della segale che vi si suole seminare e raccogliere innanzi che cadano le nevi.
Ma il profitto e la risorsa più importante consiste nel prodotto dei castagni, il cui frutto, oltre a somministrare per la massima parte dell'anno un alimento sano, nutritivo e gradevole al palato, è un oggetto di utile commercio e di esito sicuro nelle adiacenti contrade, segnatamente nella grossetana maremma. Il legname dei castagni e quello dei faggi fornisce alle arti materiali da lavoro per utensili grossolani, consistenti in seggiole, madie, barili, bigoncie ec.
Mancano opifici alla Badia, se nel numero di questi non si volesse ammettere una piccola fabbrica di cappelli dozzinali di feltro, ed una tintoria con gualchiera per i panni grossolani che ivi si tessono. Essendochè l'industria manifatturiera sembra stazionaria fra i Badiesi abituati a una vita frugale, monotona e che trova suo piacere e delizia nella propria famiglia, egualmete straniera ai clamori del mondo, quanto è aliena dal lusso e da tuttociò che contribuire possa ad ispirare desiderio di novità.
La divisione dei piccoli possessi che procacciò l'alienazione dei beni goduti per molti secoli dalle manimorte dei monaci Amiatini, o delle comunità dell'Abbadia e di Campiglia d'Orcia, risvegliò in quei montanari un amore al lavoro, dopochè divennero, mercè di tal benefico provvedimento, possessori di suolo. Talchè è caso raro di trovare attualmente in questa contrada uno di quei tanti mendici che assediavano un dì coi loro lamenti la porteria di S. Salvadore.
La Comunità della Badia dopo il regolamento governativo del 2 giugno 1777 comprende il territorio della soppressa comunità di Castiglion d'Orcia con l'annesso casale de’Bagni di S. Filippo e una frazione della popolazione del villaggio del Vivo sino alle Case nuove.
Spetta a questa frazione il soppresso Eremo dei Camaldolensi di S. Benedetto del Vivo, oggi chiamato l'Ermeta, ed al quale sembra riferire la donazione di questo luogo fatta da Arrigo II a S. Romualdo suo fondatore. – Vedere BAZIA DEL MONTAMIATA.
Attraversa il territorio di questa comunità una nuova ed ampia via provinciale, la quale staccasi dalla regia romana alla posta di Ricorsi, sale alla Badia, e di là per Piancastagnajo riscende la montagna per riunirsi alla regia, al confluente del Pago nel fiume Paglia presso all'osteria della Novella. Vi sono 4 vie comunicative, una diretta al Vivo, l'altra che si stacca a mezza costa dalla provinciale per scendere a levante ai Bagni di S. Filippo, e salire a ponente al castello di Campiglia d'Orcia, la terza che dalla Badia si dirige alle Vigne nel pian di Paglia, la quarta che guida alla cima della montagna.
Il Vicario Regio dell'Abbadia esercita giurisdizione civile e mista sugli abitanti di tutta la Comunità, e per le cause criminali e atti di polizia si estende anche alla potesteria di Piancastagnajo – Risiedono nella Badia due maestri di scuola comunale, un medico e un chirurgo condotto. Altro chirurgo e un maestro di scuola Servono alla popolazione di Campiglia dOrcia.
Avvi alla Badia un mercato di vettovaglie e di bestiami, il secondo martedì di ogni mese. Vi si tiene pure una fiera il 5 settembre, l'istituzione della quale forse risale all'anno 892, allorchè Guido re d'ltalia emanò un diploma (14 settembre di detto anno) in Roselle, col quale accordò all'abate di S. Salvadore l'uso di un mercato annuale (MURAT. Ant. M. Aev.) Dalla Badia trasse i natali il valente medico Visconti archiatro del re d'Etruria nei principio del secolo XIX.
QUADRO della popolazione dell’ABBADIA S.
SALVADORE a tre epoche diverse.
Popolazione dell’anno 1640 -nome del popolo: Abbadia S. Salvadore; n. abitanti: -nome del popolo: Campiglia d’Orcia; n. abitanti: 750 -nome del popolo: Bagni di S. Filippo; n. abitanti: 117 -nome del popolo: Vivo; n. abitanti: 80 -Totale abitanti n.: 2501 Popolazione dell’anno 1745 -nome del popolo: Abbadia S. Salvadore; n. abitanti: -nome del popolo: Campiglia d’Orcia e Bagni; n. abitanti: -nome del popolo: Vivo; n. abitanti: 125 -Totale abitanti n.: 2070 Popolazione dell’anno 1833 -nome del popolo: Abbadia S. Salvadore; n. abitanti: -nome del popolo: Campiglia d’Orcia e Bagni; n. abitanti: -nome del popolo: Casenuove del Vivo (*); n. abitanti: -Totale abitanti n.: 4149 (*) L’altra frazione della parrocchia del Vivo, dove è posta la chiesa e il villaggio, spetta alla Comunità di Castiglion d’Orcia.
Riferimento bibliografico:

E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1833, Volume I, p. 31.