CALCI

nel Val d’Arno pisano.

Deliziosa contrada composta di più borgate che dal Castel Maggiore di Calci e dalla sua pieve ebbero nome, nella Comunità Giurisdizione Diocesi e Compartimento di Pisa, da cui la pieve di Calci è 5 miglia toscane a levante.
Il Castel maggiore di Calci, già capoluogo di comunello, risiede quasi nel centro del Monte Pisano nel luogo più eminente della valle presso la villa detta il Castello dell’Arcivescovo, dov’è una Dogana di frontiera col Ducato di Lucca.
La pieve e le altre borgate sono sparse a destra e a sinistra del torrente Zambra, il quale solca la vallecola di Calci ad angolo retto col fiume Arno, in cui il torrente influisce davanti a S. Jacopo di Zambra, dopo aver corso un tragitto di 4 in 5 miglia.
La più antica memoria di Calci incontrasi nell’istrumento di fondazione della Badia di S. Savino presso Calci, dei 30 aprile 780; mercé cui fu assegnata a quel cenobio, innanzi che fosse rifabbricato alla sinistra dell’Arno, fra le altre sostanze, la corte di S. Torpé in Zambra, e la corte e chiesa di S. Michele di Calci. – Porta la data di Calci una pergamena della Primaziale di Pisa del marzo 823, e una dell’Archivio Arcivescovile di Lucca dell’anno 865.
Tanto in queste due, che in altra carta del 964 (12 novembre) spettante alla chiesa pisana, si dichiara Calci un semplice luogo. – Della villa dell’arcivescovo sopra Calci fa commemorazione un istrumento del 12 ottobre 1120, quando ne fu donata la metà all’arcivescovo Azzo.
Col distintivo di castello ce la indica una pergamena degli Olivetani di Pisa del 30 ottobre 1222, scritta in Calci nel castello dell’arcivescovo Vitale. (MURAT. Ant. M. Aevi.
– ARCH. DIPL. FIOR.).
Anco la pieve di S. Ermolao di Calci fu di padronato degli arcivescovi pisani, siccome lo dichiararono i cappellani di quella pieve davanti al famoso giureconsulto Burgundio nei costituiti del 26 e 30 gennajo 1172. (MATTHAEI Hist. Eccl. Pis.). Dai quali deposti si rileva, che la pieve di Calci fu eretta nello stesso secolo XII nella cappella di S. Maria, detta alla Corte, di proprietà della mensa arcivescovile. La quale mensa ivi possedeva uliveti, vigne e terre con un mulino ceduto alla stessa pieve. Questo tempio conserva tuttora il primitivo disegno di quell’età.
È a tre navate fabbricato di pietre quadrate, stato intonacato per di dentro, con rozze colonne e pulpito di granito.
La Valle di Calci fu più volte devastata dal furore dei partiti, sia allorché venne occupata dai fuoriusciti di Pisa, nel 1287, sia quando fu ripresa loro a mano armata l’anno seguente, con la distruzione di varj fortilizi, salvo il castello dell’Arcivescovo, e il campanile della pieve.
Saccheggiata più tardi dai soldati di Carlo IV (anno 1369), dalla compagnia inglese dell’Auguto (anno 1375), da Niccolò Piccinino (anno 1431) e dalle genti del re di Napoli (anno 1479), cadde in più tempi, e restò finalmente sotto il dominio fiorentino dopo la finale capitolazione di Pisa.
La Repubblica di Pisa con lo statuto del 1284 destinò in Calci e suo piviere un giusdicente col titolo di capitano di Pimonte, e prese nel tempo stesso sotto la sua tutela i lavandaj di Calci e di Asciano. Donde si deduce che le acque del torrente Zambra, e quelle delle fonti di Asciano sino d’allora fornivano un articolo d’industria a quegli abitanti, nel modo che da tempo immemorabile vivono dello stesso mestiere gli abitanti di Rimaggio in Pian di Ripoli.
La ricchezza però de’Calcisani consiste nella copiossissima quantità degli ulivi, che cuoprono per ogni dove la valle della Zambra, a luoghi interrotta da saporiti pascoli.
È nota la Valle di Calci negli annali cenobitici per tre insigni monasteri; l’eremo cioè de’SS. Jacopo e Veriano alla Costa d’Acqua dei Camaldolensi, poi degli Agostiniani di Pisa; la Badia de’Canonici lateranensi di Nicosia, e la magnifica Certosa di Calci.
Nel secolo XII trasse i natali in Calci Fra Filippo dell’Ordine de’Predicatori, detto per antonomasia il Bibbia, come uomo dottissimo nella Scrittura Sacra.
La pieve di S. Ermolao, ora S. Giovanni Batista di Calci, aveva sedici chiese succursali, ridotte attualmente alle quattro seguenti; 1. S. Bartolommeo a Tracolle; 2. S.
Michele di Castel maggiore; 3. S. Salvatore al Colle; 4. S.
Andrea a Lama.
Appartenevano al medesimo piviere 5. S. Maria di Montemagno, eretta essa stessa in chiesa battesimale; 6.
S. Martino di Montemagno, aggregata alla precedente cura; 7. S. Agostino di Nicosia, assegnata al piviere di Montemagno; 8. S. Maria in Guillarada, annessa alla pieve di Calci; 9. S. Pietro di Cerbaria, ora cappella.
Non esistono più le altre 7 chiese di S. Stefano e di S.
Pietro a Vicascio, di S. Vito di Calci, di S. Frediano d’Agnano, di S. Maria di Colminessa, di S. Andrea a Campo, e di S. Lucia de’Casali.
- La pieve di S. Giovanni Battista di Calci conta Abitanti - S. Michele di Castelmaggiore conta Abitanti 1000 - S. Andrea a Lama conta Abitanti 269 - S. Salvatore al Colle conta Abitanti 334 - S. Bartolommeo a Tracolle conta Abitanti 199 - Popolazione del piviere di Calci, nell’anno 1833 Abitanti 3566 - Detta, dello stesso piviere, nel 1551 Abitanti 1771 - Detta, nell’anno 1745 Abitanti 2649
Riferimento bibliografico:

E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1833, Volume I, p. 384.