CORVAJA, CORVARA

(Corvaria) nel littorale di Pietrasanta.

Rocca diruta chiamata Corvaja vecchia, e borgo esistente sotto il nome di Corvaja nuova, cui è annesso il Casale di Ripa, già nella pieve di S. Stefano a Vallecchia, Diocesi di Luni, ora di S. Maria Lauretana a Querceta, Comunità Giurisdizione e circa miglia toscane 1 e 1/2 a ostro di Seravezza, Diocesi e Compartimento di Pisa.
Il borgo di Corvaja nuova è attraversato dalla strada rotabile che staccasi dalla Regia postale di Genova alla chiesa di Querceta per condurre a Seravezza lungo la ripa destra di quel torrente, anticamente chiamato di Versilia; là dove per un’angusta e tortuosa gola esso schiudesi dalla Pania del territorio Pietrasantino, di cui la verruca di Corvaja vecchia costituisce un ultimo sprone, di fronte a quello che ha dato il nomignolo a un altro diruto fortilizio, denominato la rocca di Vallecchia.
Fu signorìa di una potente famiglia di longobardi lucchesi, che sino dai secoli intorno al mille dominava in Versilia, in Garfagnana, e anche nel Val d’Arno inferiore.
Gli annali lucchesi, pisani e genovesi ci hanno lasciato i nomi di molti di quei dinasti, fra i quali figurarono, nel secolo X un Fraolmo, nel secolo XII un Veltro e un Uguccione, nel secolo XIII un Guido da Corvaja, stato canonico Lateranense in S. Frediano di Lucca, e autore di una cronaca pisana, di cui si conosce un frammento dal 1270 al 1290; nel secolo XIV donna Pinna moglie del celebre Castruccio signor di Lucca appartenuta a questi stessi dinasti, che furono pure autori dell’estinta famiglia Streghi di Lucca e della tuttora esistente in Pietrasanta Tomei-Albiani.
Anche i vescovi della diocesi Lunense Sarzanese ebbero giurisdizione sopra il castello di Corvaja; poiché Federigo I, nel 1163, lo confermò al vescovo Pietro di Luni, dei di cui successori furono feudatarj molti nobili di Versilia; e segnatamente quelli di Montignoso, di Vallecchia, di Corvaja, di Montemagno e di Bozzano, i quali tutti come tali assisterono a un lodo del 1202. (MURAT. Ant.
Estens.).
La rocca di Corvaja fu riguardata come uno de’più ragguardevoli fortilizi, sia perché difendeva il passaggio per l’angusta gola della Versilia, come ancora perché da quel pinnacolo dominava la grande strada Emilia di Scauro lungo il littorale.
Essa portò talvolta il nome di rocca Guidinga; tale altre fiate fu detta rocca Flaminga, seppure una di queste non corrispondeva alla rocca di Vallecchia. Della prima si trova fatta menzione nel diploma dall’imperatore Federigo I spedito, li 30 giugno 1183, a Pietro vescovo di Luni, cui confermò fra le altre cose Curtem Guidingam, quae Corvaria dicitur. Anche l’annalista lucchese Tolomeo la rammenta all’anno 1164, allorché l’imperatore Federigo I concesse al Comune di Lucca la rocca Guidinga nel distretto di Corvaja.
All’incontro è designata dallo stesso autore sotto nome di rocca Flaminga, all’anno 1169, quando si ribellarono al Comune di Lucca con Veltro da Corvaja altri signori della Versilia e di Garfagnana; i quali s’impadronirono di quella rocca, ripresa ben tosto dai Lucchesi, quando devastarono i borghi di Corvaja e di Brancaliano nel piano di Versilia. Contuttociò la stessa rocca, nel gennajo del 1174, coll’ajuto dei Pisani fu recuperata dai nobili di quella contrada.
Sino dal 1253 molti di quei nobili di parte Ghibellina erano passati ad abitare in Pisa, dove furono accolti in cittadini, fra i quali Corso di Veltro da Corvaja, e Gherardo di Guido da Vallecchia; nel tempo stesso che altri della stessa consorteria, professando il Guelfismo, si mantennero devoti alla città di Lucca, dove già le loro famiglie tenevano domicilio.
I nobili di Corvaja e quelli di Vallecchia, li 9 ottobre 1219, riunitisi negli ortali di Parentino di Vallecchia, presso la pieve di Corvaja (l’antica pieve di S. Stefano di Vallecchia) firmarono un atto di concordia, col quale accomunarono i loro beni e giurisdizioni, ad eccezione dei mulini e delle miniere d’argento; dichiarando di proprietà dei signori di Vallecchia le Argentiere di Vallebona (Val di Castello) e quelle di Galleno: e assegnando ai nobili di Corvaja le Argentiere di Stazzema. (CIANELLI. Memor.
Lucch. T. III.) Mal sofferenti i Lucchesi che i nobili di Versilia di parte Ghibellina avessero stabilito lega con la Repubblica di Pisa (4 dicembre 1253 stile comune), e che tornassero tante volte a sollevare e a dare il guasto a quella contrada, essi, nel 1254, pronunziarono un decreto che li dichiarò traditori della patria, e nel gennajo del 1255 il potestà di Lucca, Guiscardo Pietrasanta, condusse un esercito contro i valvassori della Versilia, col quale investì, prese e disfece le rocche di Corvaja e di Vallecchia, traslocando gli abitanti delle vicine borgora a popolare i nuovi castelli da esso lui costruiti a Camajore e a Pietrasanta.
Non ostante ciò la rocca di Corvaja, o non restò totalmente abbattuta, ovvero dopo quel fatto venne restaurata dai Pisani e da quei dinasti del partito Ghibellino, nelle di cui mani sembra che ritornasse prima che, nell’ottobre 1270, un capitano dell’esercito di Carlo d’Angiò in Versilia (custode della rocca di Corvaja a nome di quel re) la consegnasse al potestà e Comune di Lucca, che bandì dalla provincia di Versilia quei signori, e fece distruggere totalmente i loro fortilizj di Corvaja e di Vallecchia. (PTOLOM. Annal. Lucens. – GUIDON. de CORVARIA, Fragmen. Hist. Pis.).
Non per questo i nobili di Corvaja, all’arrivo in Toscana del vicario imperiale, mancarono di reclamare i loro perduti diritti, siccome nel 1314 per riottenerli fecero causa in Lucca sotto il governo di Uguccione della Faggiuola, e di nuovo nel 1347, davanti gli anziani di Pisa. Sebbene pochi anni appresso tutta la consorteria dei nobili di Versilia, (fra i quali i discendenti dei signori di Corvaja e di Vallecchia), ottenesse un diploma da Carlo IV, dato in Pietrasanta li 13 giugno 1355, non fu per questo che i diritti baronali da quei signori mai più si riacquistassero. Corvaja con Pietrasanta fu tolta ai Genovesi dall’oste Fiorentina nel 1484.
Fu da Corvaja quel Guido autore di una cronaca Pisana, già rammentata. – Vedere Pietrasanta.
Riferimento bibliografico:

E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1833, Volume I, p. 825.