DICOMANO, talvolta COMANO
(Decomanum, e Comanum) in Val di Sieve.
Grosso borgo che porta il nome della fiumana che l’attraversa, con antica pieve (S.
Maria) capoluogo di Comunità e residenza di un potestà nel Vicariato R. di Pontassieve, Diocesi e Compartimento di Firenze.
É situato in pianura sulla nuova strada R. di Romagna, nel grado 29° 8′ 5″ di longitudine e 43° 53′ 8″ di latitudine, 20 miglia a grecale di Firenze, 10 a settentrione-grecale del Pontassieve, 9 miglia a scirocco del Borgo S. Lorenzo, 7 a libeccio di S. Godenzo, e circa 11 miglia dal varco dell’Alpe di S. Benedetto.
Il nome di Dicomano (Decumanum) rimontar dovrebbe ai tempi della Repubblica romana, quando costumavasi di nominar in cotal guisa i sentieri o stradelli che limitavano da levante a ponente i terreni delle colonie; siccome decunmani si appellavano gli esattori delle decime, e decumana pure si diceva la porta questoria situata di fronte a quella del pretorio negli accampamenti di quel popolo re.
Una tale etimologia per altro viene infirmata da alcune antiche scritture, nelle quali è fatta menzione della pieve di S. Maria in Comano invece di appellarsi in Dicomano.
In tal guisa fra le altre trovasi scritta di una membrana archetipa del 25 novembre 1136, appartenuta al monastero della Vallombrosa, ora nell’Archivio Diplomatico Fiorentino; siccome anche è detta in Comano nel registro delle chiese fiorentine redatto nell’anno 1299, e pubblicato dal Lami.
Lo ché darebbe luogo a dubitare che il paese di Dicomano fosse derivato dal segnacaso unito al nime della località di Comano, invece di rimontare al Decumano dei tempi romani.
Il documento più antico tra i superstiti, che parli di questo borgo, è un’enfiteusi del 1102 (3 marzo) fatta da Ranieri vescovo di Firenze, quando allivellò le sue corti di Dicomano e di Falgano a un Ranuccio figlio di Guelfo e a un Winildo figlio di Davizzo per l’annuo meschino tributo di 5 soldi lucchesi (LAMI, Mon. Eccl. Flor.) In Dicomano ebbero pure signoria i conti Guidi, per diploma concesso nel 1220 dall’imperatore Federico II ai figli del conte Guido Guerra, e nel 1248 dallo stesso imperante confermato ai di lui nipoti Guido e Simone CC.
Di Battifolle e di Poppi. A questa linea pertanto dei CC.
Guidi, nelle divise di questa numerosa famiglia magnatizia, restarono di parte i castelli di Colle Cà Martino, con le sue pertinenze, la metà del Mercato e del Mercatale di Dicomano, il castello del Pozzo con la sua cura e distretto, le ville di Fabiano, di Casa Romana , di Corella, di Paterno, di Farneto, di Orticaja e di tanti altri luoghi compresi nell’attuale Comunità di Dicomano o in quelle limitrofe.
Dicomano fu sempre un’aperta borgata, cui diede origine la comodità della sua situazione presso allo sbocco in Sieve di due fiumane, la Moscia e il Dicomano, derivanti dall’Appennino della Falterona. Infatti nel suo vasto foro si praticavano i mercati sino dal secolo XII, mentre si parla del Mercatale e non del Castello di Dicomano nel privilegio di Federico II testé accennato.
A difesa però dell’aperta borgata sul poggio alla destra del fiume, e a cavaliere di Dicomano, fu eretto un fortilizio appellato il Pozzo , già da qualche tempo caduto in rovina. Era quel castello del Pozzo da Decomano che il conte Guido da Porciano e da Belforte, nel 1337, alienò a Gualterotto de’Bardi di Firenze, e che poi i di lui figli e consorti spesse fiate ai Bardi contrastarono, nonostante le minacce e le condanne di esilio sentenziate dal potestà di Firenze; sino a che quei conti rimessi ai comandi della Repubblica fiorentina, ai 17 gennajo del 1354 (stile comune), vennero liberati dalle precedenti condannagioni.
Nel 1358 il territorio di Dicomano non era stato ancora incorporato al distretto fiorentino, e conseguentemente non poteva far parte del suo contado; mentre di costà ottenne il passo, e in Dicomano per tre giorni la compagnia del C. Lando soggiornò dopo la mala ventura ad essa accaduta nel salire dalla valle del Lamone per il varco delle scalette sul dorso dell’Appennino di Belforte.
Avvegnaché la Signoria di Firenze a niun patto volle che quei soldati di ventura entrassero, neppure di transito, nel suo contado, descrivendo loro a tale effetto lo stradale seguente: “da Marradi valicare l’Appennino per il malagevole sentiero di Belforte, quindi scendere a Dicomano, poi a Vicorata, a Isola (ossia Londa), a San Leolino, e di là per il varco fra la Falterona e la Consuma penetrare nel Casentino. – Vedere BELFORTE DI MUGELLO.
Ciò non ostante furono quei ladroni dai contadini di Val di Sieve cotanto di male in cuore accolti, che presto si trovarono in Dicomano assediati e stretti al punto, che in poco d’ora si saria in questo luogo spento quel morbo politico dell’Italia, se la cura della salvezza di quattro cittadini fiorentini non fosse stata preferita alla pubblica salute. (MAT. VILLANI, Cronic. Lib.VIII. cap. 74 e 79. – AMMIR. Istor. fior. Lib. XI) Essendo probabile, come molti opinano, che il territorio di Dicomano facesse parte della contea di Belforte posta sull’Appennino omonimo, si può ragionevolmente arguire che questo distretto venisse incorporato a quello di Firenze nell’anno 1375, quando appunto la Repubblica accrebbe al suo dominio i castelli di Belforte e di Gattaja mediante il prezzo di 15000 fiorini d’oro pagati al conte Guido da Battifolle in vigore del contratto rogato ai 13 giugno 1374, quindi nel 21 luglio susseguente a un mazziere della Repubblica stessa datone il possesso.
(AMMIR. De’conti Guidi, e Istor. fior. Lib. XIII.) La chiesa plebana di S. Maria a Dicomano, da lunga età di padronato dalla mensa arcivescovile di Firenze, risiede sopra un poggetto un quarto di miglio a levante del borgo.
Essa fu ricostruita a tre navate, e consacrata lì 3 maggio 1568. Ha un quadro all’altare maggiore dipinto dal cav.
Curradi.
Dentro il borgo esistono diverse chiese, fra le quali è molto frequentata quella del soppresso ospizio, detto della madonna dello Spedale da una devota immagine che ivi si venera.
Assai più grandiosa e ricca di marmi è la chiesa di S.
Onofrio con vago disegno edificata e dipinta sulla fine del secolo scorso a spese della famiglia delle Pozze. La bella tavola che adorna l’altar maggiore è pittura di Lorenzo Lippi.
In questa chiesa nei giorni festivi ufizia il pievano, per essere della pieve assai più comoda al concorso del popolo.
Il piviere di Dicomano nel secolo XIII aveva le seguenti 5 succursali: I. S. Stefano di Vicolagna; 2. S. Jacopo di Orticaja; 3. S. Pietro di Fostia (atualmente annesso a S.
Donnino a Celle); 4. S. Donato a Villa; 5. S. Donnino a Celle; 6. S. Andrea a Samprognano , o a Riconi (attualmente annesso a S. Jacopo di Orticaja).
Nel 1444 le chiese dipendenti dalla predetta pieve erano aumentate sino al numero di nove; poiché vennero in quell’anno tassate tutte all’occasione del Balzello imposto ai pivieri del contado di Firenze; vale a dire la pieve di S.
Maria a Dicomano, S. Jacopo di Orticaja, S. Andrea a Samprognano, S. Bartolo a Castello, S, Stefano a Vicolagna, S. Croce a Santo nuovo, S. Donato a Villa, S.
Pietro a Fostia, S. Donnino a Celle.
Comunità di Dicomano . – Il territorio di questa Comunità abbraccia una superficie di 17474 quadrati; 420 dei quali sono occupati dai corsi d’acqua e da pubbliche strade.
Vi stanziava nel 1833 una popolazione di 4232 abitanti, vale a dire 199 individui per ogni miglio quadrato di suolo soggetto all’imposizione.
La sua figura è irregolarissima, assai lungo da libeccio a settentrione-grecale angustissima nel fianco e sulla schiena dell’Appennino, più larga alla sua base meridionale circoscritta dal fiume Sieve e dal torrente Moscia.
Essa confina con 5 Comunità. A settentrione per una traversa di circa miglia 1 e 1/2 ha di fronte la Comunità transappennina di Marradi, che trova sul dorso del Colle Cà Martino a levante del varco di Belforte presso le sorgenti del fosso di Costamartoli.
Il qual fosso, dopo averlo costeggiato alquanto, abbandona a maestrale davanti il poggio di Sprugnoli.
Costà il territorio comunitativo di Dicomano voltando da settentrione a ponente, trova la Comunità di Vicchio, con la quale per sei e più miglia scende di conserva lungo lo sprone dei colli che fiancheggiano a levante il valloncello di Corella, fra il casale di questo nome e la diruta rocca d’Ampinana, rasentando la strada pedonale che guida pel passo delle Scalette nella valle del Lamone, finché entra nel borro della Capannaccia e con esso nel fiume Sieve.
Allora voltando nella direzione da maestrale a scirocco secondo la corrente del fiume, col quale forma un seno tortuoso prima di maritarsi al torrente Dicomano, che trova davanti al capoluogo, e di là continua lungo l’alveo della Sieve sino a che, dopo due altre miglia, entra nello stesso fiume il tributario torrente Moscia.
A quest’ultima confluenza la Comunità di Dicomano abbandona a ponente il fiume Sieve, dove piegando a ostro, succede alla Comunità di Vicchio quella di Pelago, con la quale per circa un miglio rimonta il torrente Moscia. Oltrepassato il poggio di San Detole, incontra la Comunità di Londa, cui serve di limite per il tragitto di un altro miglio il torrente prenominato: poscia entra nel fosso Cornia che viene dal lato di levante, e con esso le due Comunità attraversano i contrafforti orientali che diramansi dalla Falterona. Sulla cima di una di quelle diramazioni cessa la Comunità di Londa, e subentra a confine la Comunità di San Godenzo, con la quale il territorio della Comunità in questione, piegando a grecale, scende nella vallecola di Dicomano, il cui torrente cavalca allo sbocco del rio di Acquatorta, due miglia sopra il capoluogo della Comunità.
Costà voltando faccia a levante attraversa il torrente Corella per dirigersi sullo sprone che fiancheggia dal lato di levante quel valloncello, e di là per i borri di Margalla e della Badiaccia rimonta sul giogo dell’Appennino di Cà Martino, al di là del quale ritrova la Comunità di Marradi.
I maggiori corsi d’acqua di questa Comunità sono quelli che bagnano la parte inferiore del suo territorio; cioè il torrente Dicomano, che gli passa in mezzo; il Moscia, che ne lambisce i meridionali confini, e la Sieve che entrambi li accoglie dal lato di libeccio e di ponente.
Due strade provinciali rotabili passano per il territorio meridionale di Dicomano; quella che percorre la Val di Sieve rimontando dal Pontassieve la sinistra sponda del fiume, e l’altra che guida in Romagna, resa carrozzabile da Leopoldo I sino alla base del monte di S. Godenzo, e per munificenza di Leopoldo II attualmente aperta a traverso della ripida giogana dell’Alpe di S. Benedetto per scendere fino ai confini della Romagna Granducale lungo il fiume Montone.
La qualità del terreno di questa frazione di Appennino non offre eccezioni rimarchevoli, oltre quelle delle tre rocce consuete che costituiscono l’esterna e quasi universale ossatura della catena montuosa che serve di spina fra la Toscana e la Romagna Granducale.
Solamente è da avvertire, che l’arenaria schistosa e lo schisto marnoso sono le due rocce predominanti di codesta contrada, essendo meno frequente delle precedenti la pietra calcarea compatta, ossia l’alberese, e colombina.
In alcuni valloncelli verso settentrione e grecale di Dicomano lo schisto marnoso presentasi sotto una tinta variegata di rosso ciliegia, di fior di pesco e di verde- porro.
I prodotti di suolo più copiosi consistono, nella parte superiore, in foreste di faggi, cui sottostanno le selve di castagno e i pascoli naturali. I poderi corredati di vigne e di olivi sono riservati alla pendice inferiore e un clima più temperato, come è quello dei contorni di Dicomano e presso il torrente Moscia; nel mentre dei campi più ubertosi sono situati lungo il fiume Sieve, fra S. Detole e S. Jacopo a Orticaja.
Antichissimo e di gran concorso di grani, di bestiame vaccino e porcino, di pollami e di mercerie, è il mercato di Dicomano, il quale si pratica settimanalmente nel giorno di sabato.
Vi si tengono pure due fiere annue una delle quali nel primo sabato di maggio, e l’altra nel primo mercoledì di ottobre.
Con il regolamento del 23 maggio 1774, sull’organizzazione delle comunità del contado Fiorentino fu costituita questa di Dicomano, aggregando ai 5 popoli della Comunità del suo nome, quelli delle soppresse Comunità del Pozzo e di Corella, in tutto 15 parrocchie; cioè I. Dicomano, pieve; 2. Orticaja; 3. Riconi o Samprognano; 4. Fostìa; 5. Vicolagna; 6. Agnano; 7.
Tizzano; 8. Frascole; 9. Monte Domini; 10. Cornia; 11.
Poggio; 12. Vicorati; 13. Moscia; 14. S. Detole; 15.
Corella.
La Comunità di Dicomano mantiene un maestro di scuola e un medico-chirurgo.
Ridiede nel capoluogo un potestà di terza classe dipendente per le cause criminali e gli atti di polizia dal vicario R. del Pontassieve.
Non è, ch’io sappia, conosciuta l’epoca precisa dell’erezione di questa podesteria; ma se io non temessi di ingannarmi crederei, che non dovesse risalire più innanzi del 1500; mentre sino al 31 ottobre 1485 trovo un istrumento che rammenta la potesteria di Belforte nelle parti del Mugello, la quale più non esisteva nel 1505, giacché ai 18 giugno dello stesso anno trovasi nominato il popolo di S. Croce al Santo Nuovo e la potesteria di Dicomano, cui esso popolo apparteneva. (ARCH. DIPL.
FIOR. Carte di S. Domenico di Fiesole.) L’ufizio di esazione del Registro trovasi al Ponte a Sieve; la sua cancelleria comunitativa al Borgo S. Lorenzo, la conservazione delle Ipoteche e la Ruota in Firenze.
QUADRO della Popolazione della Comunità di DICOMANO a tre epoche diverse - nome del luogo: Agnano, titolo della chiesa: S. Maria (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti del 1551 n° 112, abitanti del 1745 n° 115, abitanti del 1833 n° 187 - nome del luogo: Casa Romana, titolo della chiesa: S.
Lucia (Prioria), diocesi cui appartiene: Firenze, abitanti del 1551 n° 149, abitanti del 1745 n° 91, abitanti del 1833 n° 157 - nome del luogo: Corella, titolo della chiesa: S. Martino (Pieve), diocesi cui appartiene: Firenze, abitanti del 1551 n° 651, abitanti del 1745 n° 376, abitanti del 1833 n° 611 - nome del luogo: S. Detole, titolo della chiesa: S.
Giovanni Battista (Cura), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti del 1551 n° 98, abitanti del 1745 n° 160, abitanti del 1833 n° 852 - nome del luogo: DICOMANO, titolo della chiesa: S.
Maria (Pieve), diocesi cui appartiene: Firenze, abitanti del 1551 n° 444, abitanti del 1745 n° 529, abitanti del 1833 n° 857 - nome del luogo: Frascole, titolo della chiesa: S. Jacopo (Pieve), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti del 1551 n° 230, abitanti del 1745 n° 361, abitanti del 1833 n° 616 - nome del luogo: Orticaja e Riconi ossia Samprognano, titolo della chiesa: S. Jacopo e Andrea (Prioria), diocesi cui appartiene: Firenze, abitanti del 1551 n° 173, abitanti del 1745 n° 119, abitanti del 1833 n° 135 - nome del luogo: Tizzano, titolo della chiesa: S. Andrea (Cura), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti del 1551 n° 59, abitanti del 1745 n° 69, abitanti del 1833 n° 142 - nome del luogo: Vico Lagna, titolo della chiesa: S.
Stefano (Cura), diocesi cui appartiene: Firenze, abitanti del 1551 n° 144, abitanti del 1745 n° 129, abitanti del 1833 n° 289 - nome del luogo: Vico Rati, titolo della chiesa: S. Andrea (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti del 1551 n° 73, abitanti del 1745 n° 156, abitanti del 1833 n° 175 - Totale abitanti del 1551 n° 2133 - Totale abitanti del 1745 n° 2105 FRAZIONI di popolazioni provenienti da altre Comunità - nome del luogo: Londa, titolo della chiesa: SS.
Concezione, Comunità dalla quale deriva: Londa, abitanti n° 32 - nome del luogo: Petrojo per l’annesso di Cornia, titolo della chiesa: S. Stefano, Comunità dalla quale deriva: Londa, abitanti n° 179 - Totale abitanti del 1833 n° 4232
Maria) capoluogo di Comunità e residenza di un potestà nel Vicariato R. di Pontassieve, Diocesi e Compartimento di Firenze.
É situato in pianura sulla nuova strada R. di Romagna, nel grado 29° 8′ 5″ di longitudine e 43° 53′ 8″ di latitudine, 20 miglia a grecale di Firenze, 10 a settentrione-grecale del Pontassieve, 9 miglia a scirocco del Borgo S. Lorenzo, 7 a libeccio di S. Godenzo, e circa 11 miglia dal varco dell’Alpe di S. Benedetto.
Il nome di Dicomano (Decumanum) rimontar dovrebbe ai tempi della Repubblica romana, quando costumavasi di nominar in cotal guisa i sentieri o stradelli che limitavano da levante a ponente i terreni delle colonie; siccome decunmani si appellavano gli esattori delle decime, e decumana pure si diceva la porta questoria situata di fronte a quella del pretorio negli accampamenti di quel popolo re.
Una tale etimologia per altro viene infirmata da alcune antiche scritture, nelle quali è fatta menzione della pieve di S. Maria in Comano invece di appellarsi in Dicomano.
In tal guisa fra le altre trovasi scritta di una membrana archetipa del 25 novembre 1136, appartenuta al monastero della Vallombrosa, ora nell’Archivio Diplomatico Fiorentino; siccome anche è detta in Comano nel registro delle chiese fiorentine redatto nell’anno 1299, e pubblicato dal Lami.
Lo ché darebbe luogo a dubitare che il paese di Dicomano fosse derivato dal segnacaso unito al nime della località di Comano, invece di rimontare al Decumano dei tempi romani.
Il documento più antico tra i superstiti, che parli di questo borgo, è un’enfiteusi del 1102 (3 marzo) fatta da Ranieri vescovo di Firenze, quando allivellò le sue corti di Dicomano e di Falgano a un Ranuccio figlio di Guelfo e a un Winildo figlio di Davizzo per l’annuo meschino tributo di 5 soldi lucchesi (LAMI, Mon. Eccl. Flor.) In Dicomano ebbero pure signoria i conti Guidi, per diploma concesso nel 1220 dall’imperatore Federico II ai figli del conte Guido Guerra, e nel 1248 dallo stesso imperante confermato ai di lui nipoti Guido e Simone CC.
Di Battifolle e di Poppi. A questa linea pertanto dei CC.
Guidi, nelle divise di questa numerosa famiglia magnatizia, restarono di parte i castelli di Colle Cà Martino, con le sue pertinenze, la metà del Mercato e del Mercatale di Dicomano, il castello del Pozzo con la sua cura e distretto, le ville di Fabiano, di Casa Romana , di Corella, di Paterno, di Farneto, di Orticaja e di tanti altri luoghi compresi nell’attuale Comunità di Dicomano o in quelle limitrofe.
Dicomano fu sempre un’aperta borgata, cui diede origine la comodità della sua situazione presso allo sbocco in Sieve di due fiumane, la Moscia e il Dicomano, derivanti dall’Appennino della Falterona. Infatti nel suo vasto foro si praticavano i mercati sino dal secolo XII, mentre si parla del Mercatale e non del Castello di Dicomano nel privilegio di Federico II testé accennato.
A difesa però dell’aperta borgata sul poggio alla destra del fiume, e a cavaliere di Dicomano, fu eretto un fortilizio appellato il Pozzo , già da qualche tempo caduto in rovina. Era quel castello del Pozzo da Decomano che il conte Guido da Porciano e da Belforte, nel 1337, alienò a Gualterotto de’Bardi di Firenze, e che poi i di lui figli e consorti spesse fiate ai Bardi contrastarono, nonostante le minacce e le condanne di esilio sentenziate dal potestà di Firenze; sino a che quei conti rimessi ai comandi della Repubblica fiorentina, ai 17 gennajo del 1354 (stile comune), vennero liberati dalle precedenti condannagioni.
Nel 1358 il territorio di Dicomano non era stato ancora incorporato al distretto fiorentino, e conseguentemente non poteva far parte del suo contado; mentre di costà ottenne il passo, e in Dicomano per tre giorni la compagnia del C. Lando soggiornò dopo la mala ventura ad essa accaduta nel salire dalla valle del Lamone per il varco delle scalette sul dorso dell’Appennino di Belforte.
Avvegnaché la Signoria di Firenze a niun patto volle che quei soldati di ventura entrassero, neppure di transito, nel suo contado, descrivendo loro a tale effetto lo stradale seguente: “da Marradi valicare l’Appennino per il malagevole sentiero di Belforte, quindi scendere a Dicomano, poi a Vicorata, a Isola (ossia Londa), a San Leolino, e di là per il varco fra la Falterona e la Consuma penetrare nel Casentino. – Vedere BELFORTE DI MUGELLO.
Ciò non ostante furono quei ladroni dai contadini di Val di Sieve cotanto di male in cuore accolti, che presto si trovarono in Dicomano assediati e stretti al punto, che in poco d’ora si saria in questo luogo spento quel morbo politico dell’Italia, se la cura della salvezza di quattro cittadini fiorentini non fosse stata preferita alla pubblica salute. (MAT. VILLANI, Cronic. Lib.VIII. cap. 74 e 79. – AMMIR. Istor. fior. Lib. XI) Essendo probabile, come molti opinano, che il territorio di Dicomano facesse parte della contea di Belforte posta sull’Appennino omonimo, si può ragionevolmente arguire che questo distretto venisse incorporato a quello di Firenze nell’anno 1375, quando appunto la Repubblica accrebbe al suo dominio i castelli di Belforte e di Gattaja mediante il prezzo di 15000 fiorini d’oro pagati al conte Guido da Battifolle in vigore del contratto rogato ai 13 giugno 1374, quindi nel 21 luglio susseguente a un mazziere della Repubblica stessa datone il possesso.
(AMMIR. De’conti Guidi, e Istor. fior. Lib. XIII.) La chiesa plebana di S. Maria a Dicomano, da lunga età di padronato dalla mensa arcivescovile di Firenze, risiede sopra un poggetto un quarto di miglio a levante del borgo.
Essa fu ricostruita a tre navate, e consacrata lì 3 maggio 1568. Ha un quadro all’altare maggiore dipinto dal cav.
Curradi.
Dentro il borgo esistono diverse chiese, fra le quali è molto frequentata quella del soppresso ospizio, detto della madonna dello Spedale da una devota immagine che ivi si venera.
Assai più grandiosa e ricca di marmi è la chiesa di S.
Onofrio con vago disegno edificata e dipinta sulla fine del secolo scorso a spese della famiglia delle Pozze. La bella tavola che adorna l’altar maggiore è pittura di Lorenzo Lippi.
In questa chiesa nei giorni festivi ufizia il pievano, per essere della pieve assai più comoda al concorso del popolo.
Il piviere di Dicomano nel secolo XIII aveva le seguenti 5 succursali: I. S. Stefano di Vicolagna; 2. S. Jacopo di Orticaja; 3. S. Pietro di Fostia (atualmente annesso a S.
Donnino a Celle); 4. S. Donato a Villa; 5. S. Donnino a Celle; 6. S. Andrea a Samprognano , o a Riconi (attualmente annesso a S. Jacopo di Orticaja).
Nel 1444 le chiese dipendenti dalla predetta pieve erano aumentate sino al numero di nove; poiché vennero in quell’anno tassate tutte all’occasione del Balzello imposto ai pivieri del contado di Firenze; vale a dire la pieve di S.
Maria a Dicomano, S. Jacopo di Orticaja, S. Andrea a Samprognano, S. Bartolo a Castello, S, Stefano a Vicolagna, S. Croce a Santo nuovo, S. Donato a Villa, S.
Pietro a Fostia, S. Donnino a Celle.
Comunità di Dicomano . – Il territorio di questa Comunità abbraccia una superficie di 17474 quadrati; 420 dei quali sono occupati dai corsi d’acqua e da pubbliche strade.
Vi stanziava nel 1833 una popolazione di 4232 abitanti, vale a dire 199 individui per ogni miglio quadrato di suolo soggetto all’imposizione.
La sua figura è irregolarissima, assai lungo da libeccio a settentrione-grecale angustissima nel fianco e sulla schiena dell’Appennino, più larga alla sua base meridionale circoscritta dal fiume Sieve e dal torrente Moscia.
Essa confina con 5 Comunità. A settentrione per una traversa di circa miglia 1 e 1/2 ha di fronte la Comunità transappennina di Marradi, che trova sul dorso del Colle Cà Martino a levante del varco di Belforte presso le sorgenti del fosso di Costamartoli.
Il qual fosso, dopo averlo costeggiato alquanto, abbandona a maestrale davanti il poggio di Sprugnoli.
Costà il territorio comunitativo di Dicomano voltando da settentrione a ponente, trova la Comunità di Vicchio, con la quale per sei e più miglia scende di conserva lungo lo sprone dei colli che fiancheggiano a levante il valloncello di Corella, fra il casale di questo nome e la diruta rocca d’Ampinana, rasentando la strada pedonale che guida pel passo delle Scalette nella valle del Lamone, finché entra nel borro della Capannaccia e con esso nel fiume Sieve.
Allora voltando nella direzione da maestrale a scirocco secondo la corrente del fiume, col quale forma un seno tortuoso prima di maritarsi al torrente Dicomano, che trova davanti al capoluogo, e di là continua lungo l’alveo della Sieve sino a che, dopo due altre miglia, entra nello stesso fiume il tributario torrente Moscia.
A quest’ultima confluenza la Comunità di Dicomano abbandona a ponente il fiume Sieve, dove piegando a ostro, succede alla Comunità di Vicchio quella di Pelago, con la quale per circa un miglio rimonta il torrente Moscia. Oltrepassato il poggio di San Detole, incontra la Comunità di Londa, cui serve di limite per il tragitto di un altro miglio il torrente prenominato: poscia entra nel fosso Cornia che viene dal lato di levante, e con esso le due Comunità attraversano i contrafforti orientali che diramansi dalla Falterona. Sulla cima di una di quelle diramazioni cessa la Comunità di Londa, e subentra a confine la Comunità di San Godenzo, con la quale il territorio della Comunità in questione, piegando a grecale, scende nella vallecola di Dicomano, il cui torrente cavalca allo sbocco del rio di Acquatorta, due miglia sopra il capoluogo della Comunità.
Costà voltando faccia a levante attraversa il torrente Corella per dirigersi sullo sprone che fiancheggia dal lato di levante quel valloncello, e di là per i borri di Margalla e della Badiaccia rimonta sul giogo dell’Appennino di Cà Martino, al di là del quale ritrova la Comunità di Marradi.
I maggiori corsi d’acqua di questa Comunità sono quelli che bagnano la parte inferiore del suo territorio; cioè il torrente Dicomano, che gli passa in mezzo; il Moscia, che ne lambisce i meridionali confini, e la Sieve che entrambi li accoglie dal lato di libeccio e di ponente.
Due strade provinciali rotabili passano per il territorio meridionale di Dicomano; quella che percorre la Val di Sieve rimontando dal Pontassieve la sinistra sponda del fiume, e l’altra che guida in Romagna, resa carrozzabile da Leopoldo I sino alla base del monte di S. Godenzo, e per munificenza di Leopoldo II attualmente aperta a traverso della ripida giogana dell’Alpe di S. Benedetto per scendere fino ai confini della Romagna Granducale lungo il fiume Montone.
La qualità del terreno di questa frazione di Appennino non offre eccezioni rimarchevoli, oltre quelle delle tre rocce consuete che costituiscono l’esterna e quasi universale ossatura della catena montuosa che serve di spina fra la Toscana e la Romagna Granducale.
Solamente è da avvertire, che l’arenaria schistosa e lo schisto marnoso sono le due rocce predominanti di codesta contrada, essendo meno frequente delle precedenti la pietra calcarea compatta, ossia l’alberese, e colombina.
In alcuni valloncelli verso settentrione e grecale di Dicomano lo schisto marnoso presentasi sotto una tinta variegata di rosso ciliegia, di fior di pesco e di verde- porro.
I prodotti di suolo più copiosi consistono, nella parte superiore, in foreste di faggi, cui sottostanno le selve di castagno e i pascoli naturali. I poderi corredati di vigne e di olivi sono riservati alla pendice inferiore e un clima più temperato, come è quello dei contorni di Dicomano e presso il torrente Moscia; nel mentre dei campi più ubertosi sono situati lungo il fiume Sieve, fra S. Detole e S. Jacopo a Orticaja.
Antichissimo e di gran concorso di grani, di bestiame vaccino e porcino, di pollami e di mercerie, è il mercato di Dicomano, il quale si pratica settimanalmente nel giorno di sabato.
Vi si tengono pure due fiere annue una delle quali nel primo sabato di maggio, e l’altra nel primo mercoledì di ottobre.
Con il regolamento del 23 maggio 1774, sull’organizzazione delle comunità del contado Fiorentino fu costituita questa di Dicomano, aggregando ai 5 popoli della Comunità del suo nome, quelli delle soppresse Comunità del Pozzo e di Corella, in tutto 15 parrocchie; cioè I. Dicomano, pieve; 2. Orticaja; 3. Riconi o Samprognano; 4. Fostìa; 5. Vicolagna; 6. Agnano; 7.
Tizzano; 8. Frascole; 9. Monte Domini; 10. Cornia; 11.
Poggio; 12. Vicorati; 13. Moscia; 14. S. Detole; 15.
Corella.
La Comunità di Dicomano mantiene un maestro di scuola e un medico-chirurgo.
Ridiede nel capoluogo un potestà di terza classe dipendente per le cause criminali e gli atti di polizia dal vicario R. del Pontassieve.
Non è, ch’io sappia, conosciuta l’epoca precisa dell’erezione di questa podesteria; ma se io non temessi di ingannarmi crederei, che non dovesse risalire più innanzi del 1500; mentre sino al 31 ottobre 1485 trovo un istrumento che rammenta la potesteria di Belforte nelle parti del Mugello, la quale più non esisteva nel 1505, giacché ai 18 giugno dello stesso anno trovasi nominato il popolo di S. Croce al Santo Nuovo e la potesteria di Dicomano, cui esso popolo apparteneva. (ARCH. DIPL.
FIOR. Carte di S. Domenico di Fiesole.) L’ufizio di esazione del Registro trovasi al Ponte a Sieve; la sua cancelleria comunitativa al Borgo S. Lorenzo, la conservazione delle Ipoteche e la Ruota in Firenze.
QUADRO della Popolazione della Comunità di DICOMANO a tre epoche diverse - nome del luogo: Agnano, titolo della chiesa: S. Maria (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti del 1551 n° 112, abitanti del 1745 n° 115, abitanti del 1833 n° 187 - nome del luogo: Casa Romana, titolo della chiesa: S.
Lucia (Prioria), diocesi cui appartiene: Firenze, abitanti del 1551 n° 149, abitanti del 1745 n° 91, abitanti del 1833 n° 157 - nome del luogo: Corella, titolo della chiesa: S. Martino (Pieve), diocesi cui appartiene: Firenze, abitanti del 1551 n° 651, abitanti del 1745 n° 376, abitanti del 1833 n° 611 - nome del luogo: S. Detole, titolo della chiesa: S.
Giovanni Battista (Cura), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti del 1551 n° 98, abitanti del 1745 n° 160, abitanti del 1833 n° 852 - nome del luogo: DICOMANO, titolo della chiesa: S.
Maria (Pieve), diocesi cui appartiene: Firenze, abitanti del 1551 n° 444, abitanti del 1745 n° 529, abitanti del 1833 n° 857 - nome del luogo: Frascole, titolo della chiesa: S. Jacopo (Pieve), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti del 1551 n° 230, abitanti del 1745 n° 361, abitanti del 1833 n° 616 - nome del luogo: Orticaja e Riconi ossia Samprognano, titolo della chiesa: S. Jacopo e Andrea (Prioria), diocesi cui appartiene: Firenze, abitanti del 1551 n° 173, abitanti del 1745 n° 119, abitanti del 1833 n° 135 - nome del luogo: Tizzano, titolo della chiesa: S. Andrea (Cura), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti del 1551 n° 59, abitanti del 1745 n° 69, abitanti del 1833 n° 142 - nome del luogo: Vico Lagna, titolo della chiesa: S.
Stefano (Cura), diocesi cui appartiene: Firenze, abitanti del 1551 n° 144, abitanti del 1745 n° 129, abitanti del 1833 n° 289 - nome del luogo: Vico Rati, titolo della chiesa: S. Andrea (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti del 1551 n° 73, abitanti del 1745 n° 156, abitanti del 1833 n° 175 - Totale abitanti del 1551 n° 2133 - Totale abitanti del 1745 n° 2105 FRAZIONI di popolazioni provenienti da altre Comunità - nome del luogo: Londa, titolo della chiesa: SS.
Concezione, Comunità dalla quale deriva: Londa, abitanti n° 32 - nome del luogo: Petrojo per l’annesso di Cornia, titolo della chiesa: S. Stefano, Comunità dalla quale deriva: Londa, abitanti n° 179 - Totale abitanti del 1833 n° 4232
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1835, Volume II, p. 6.
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