DOVADOLA (Doadola)
in Romagna nella Valle del Montone.
Borgo con rocca, giĂ contea di un ramo dei conti Guidi, ora capoluogo di ComunitĂ , nella Giurisdizione di Terra del Sole, sul confine delle diocesi di ForlĂŹ e di Bertinoro, Compartimento di Firenze.
Trovasi sulla riva destra del fiume Montone che fiancheggia il paese da ostro a ponente sino a settentrione, allâestreme falde di un poggio, il quale attraversava la valle innanzi che le acque fluenti del Montone si fossero fatta strada fra esso, rompendo gli strati orizzontali di quel suolo; strati che sono corrispondenti sulle due ripe del fiume sino a unâaltezza di cento e piĂš braccia.
Il borgo di Dovadola era difeso dal lato del poggio da unâaltissima torre quadrata tuttora esistente e le cui cortine abbracciavano la parte piĂš esposta e piĂš facilmente accessibile del paese.
Dovadola presenta con il suo fabbricato la figura di un triangolo la di cui parte inferiore, giĂ appellata Badignano, è attraversata dalla nuova strada R. forlivese, la quale cavalca il fiume Montone sopra due ponti, uno a libeccio e lâaltro a settentrione, sopra e sotto allo stesso borgo; mentre la parte superiore situata in costa fiancheggia la strada che guida in Val di Rabbi.
Questâultima porzione di Dovadola dipende nellâecclesiastico dal vescovo di Bertinoro, nel tempo che lâaltra è sotto la diocesi di ForlĂŹ.
Dovadola è nel grado 29° 33Ⲡdi longitudine e 44° 7Ⲡdi latitudine, 240 braccia sopra il livello del mare Adriatico, 6 miglia a settentrione-grecale della Rocca di Casciano, altrettante miglia a scirocco-levante di Modigliana, il simile a ostro-libeccio di Terra del Sole, e 10 miglia da ForlÏ.
Non si conoscono memorie relative al castello di Dovadola che possano dirsi anteriori alla dinastia dei conti Guidi e dei conti o duchi Traversari loro consorti.
Fu per gran tempo Dovadola sede dei discendenti di quattro fratelli, i Conti Ruggiero, Marcovaldo, Guido e Aghinolfo nati dal Conte Guerra di Modigliana e da una sorella di Pietro Traversari; a favore dei quali nipoti il conte Pietro Traversari, per atto pubblico rogato nel 1195, rinunziò a ogni diritto che egli aveva sopra i castelli di Dovadola, di Monte Acuto e di Gello in Romagna: rinunzia che fu rinnovata, nel 1225, da Paolo figlio di Pietro Traversari.
Marcovaldo, uno dei preaccennati conti, si unĂŹ in matrimonio alla contessa Beatrice figlia del conte Rodolfo di Capraja, che restò vedova nellâanno 1239 con due figli ed eredi, i Conti Ruggieri e Guido Guerra secondo.
I conti di Dovadola si distinsero fra tutti gli altri nella storia fiorentina; sia per il partito Guelfo che da essi fu quasi costantemente professato; sia per le luminose cariche di capitani e di podestĂ presso le repubbliche di Firenze e di Siena con decoro coperte; sia per il valore militare che taluni di loro dimostrarono. Non sarĂ discaro, io spero, di rammentare sotto questo articolo i personaggi, e le azioni piĂš rilevanti della storia civile e politica spettante ai conti di Dovadola.
Sino al 25 marzo 1254 il conte Guido Guerra II figlio di Marcovaldo firmò lâistrumento che trattava la vendita al Comune di Firenze del castello di Montemurlo, ceduto per la sua parte insieme con un mulino situato nel luogo detto al bosco deâConti sul fiume Agna con la selva annessa: al contratto fra gli altri testimoni, la contessa Beatrice di lui madre e il celebre Brunetto di Bonaccorso Latini. La qual vendita di Montemurlo e sue pertinenze fu ratificata nel 17 aprile dellâanno stesso dal di lui fratello (il Conte Ruggieri) nella chiesa della pieve di S. Maria di Bagno di Romagna, e della contessa Lena di lui sposa, nel tempo che essa abitava nel castello di Dovadola.
Nel 1255, di maggio, i medesimi due fratelli alienarono per lire 9700 la quarta parte dei castelli, territorj e giurisdizioni che avevano in Empoli, a Cerreto, nella mansione di Cerbaja, a Vinci e in Collegonzi.
Nel 1263 seguĂŹ in Dovadola un atto di divisione e permuta fra i prenominati due fratelli conti Ruggieri e Guido Guerra da una parte e il conte Guido del fu Aghinolfo di Romena loro cugino dallâaltra, circa i respettivi diritti, feudi e vassalli di Romagna.
Mancato ai vivi il conte Ruggieri, nel 1271 furono stipulati alcuni patti fra il Comune di Tredonzio, il conte Guido di Romena, il conte di Romena e il conte Guido Salvatico figlio del fu conte Ruggieri di Dovadola. Il quale conte Salvatico, nellâanno 1273, restituĂŹ al Comune di Firenze le castella che il conte Ruggieri dopo la giornata di Monteaperto e nelle rivoluzioni di Firenze che vennero dietro, se le aveva usurpate; quello stesso conte Salvatico che, nel 1278, fece fine e quietanza di un certo debito che la Repubblica fiorentina aveva contratto con i fratelli conti Ruggieri e Guido Guerra, padre e zio.
Il credito del conte Salvatico salĂŹ a tal grido, che nel 1282, mentre era podestĂ di Siena, venne eletto in capitano della Taglia Guelfa in Toscana; nel 1286, segnalato in comandante dellâesercito fiorentino contro i Pisani, e richiamato nuovamente nel 1288 a cuoprire la carica di podestĂ nella stessa cittĂ di Siena.
Nel 1289, mediante un atto rogato nel piano di S. Ruffillo presso Dovadola, si fece permuta di beni fra Guido Novello e Guido Salvatico: allâultimo dei quali toccò di parte il castello e distretto di Dovadola con tutti i diritti baronali, che egli poi, nel 1301, cedĂŠ al conte Ruggieri di lui figlio emancipato. (PAD. ILDEFONSO. Delizie degli Eruditi. T.VIII.) Non fu minore la riputazione che presso il partito Guelfo si acquistò il Conte Ruggieri figlio del Conte Guido Salvatico, poichĂŠ nel 1304 la Repubblica fiorentina lo nominò allâimportante uffizio di podestĂ , quello medesimo che nel 1322 dalla Repubblica senese fu eletto in capitano del popolo.
Nel 1315, lo stesso conte Ruggieri di Guido Salvatico fu investito dal re Roberto di Sicilia di tutte le ragioni e diritti che il conte Manfredi dâAmpinana figlio del fu conte Guido Novello di Modigliana pretendeva sopra il castello e distretto di Tredonzio, per essersi Manfredi posto dalla parte Ghibellina, e a tale effetto dichiarato ribelle della chiesa e della Repubblica fiorentina.
Diversamente dai suoi maggiori, dirimpetto alla Signoria di Firenze, si comportò il conte Marcovaldo di Dovadola, figlio del prenominato Conte Ranieri. EssendochĂŠ nel 1340 macchinava, dâintelligenza con i Bardi e i Frescobaldi, di sovvertire lâordine di quello Stato; sicchĂŠ restò rimunerato nel suo attentato in maniera tale, che fu posta su di lui una grossa taglia. Se non che cercando lui ogni strada per tornare in grazia della Repubblica, finalmente, al dire dello storico Ammirato, in considerazione dei servigi prestati dal Conte Ruggieri e dai suoi predecessori, stati sempre devoti al popolo fiorentino, gli riescĂŹ di ottenere lâassoluzione dal bando della testa e da ogni altra pena, come pure di riacquistare alcuni castelli stati messi ai libri della camera del Comune, come cosa della Repubblica. La quale elargitĂ fu accompagnata dallâobbligo dellâofferta annuale per la festa di S. Giovanni, di un palio di seta in segno dâossequio, ma non giĂ di soggezione verso il Comune di Firenze.
Nel 1349, quando il conte Marcovaldo II di Dovadola non era piĂš tra i viventi, la di lui vedova donna Fiesca figlia del marchese Moroello Malaspina di Val di Magra e di Alagia Fieschi, ai 24 maggio 1349, trovandosi nel castello di S. Giovanni in Val dâArno contrasse nuovo matrimonio con il nobile Niccolò del fu Bertoldo Novello della casa Cavalieri del Pecora di Montepulciano, nellâatto che essa stessa sborsò a titolo di dote al nuovo marito 1500 fiorini dâoro di peso e conio fiorentino, previa una donazione di fiorini cento che il prenominato Niccolò fece alla sposa.
(ARCHIVIO DIPLOMATICO FIORENTINO Carte dei Crociferi di Firenze.) â Vedere MONTEPULCIANO.
Alla morte del conte Marcovaldo II succedĂŠ nella signoria di Dovadola il Conte Francesco di lui fratello, nato pur esso dal conte Ruggieri. Il quale avendo mosso questione per diritti di dominio contro i figli del conte Bandino di Monte Granelli, e sembrando a lui essere questi ultimi favoreggiati di preferenza dalla Signoria di Firenze, si giovò degli amici che teneva nel castello di Portico per distaccare quegli uomini dalla dipendenza della Repubblica fiorentina. E, quasi che ciò non gli bastasse, andava facendo grandi scorrerie in Romagna in tempo che egli teneva in Portico Giovanni dâAzzo degli Ubaldini suo cugino con un buon numero di lance dellâesercito del legato pontificio. Onde è che il Comune di Firenze ordinò, che sâinviassero costĂ 300 lance capitanate da messer Benghi di Buondelmonte. Il qual duce avendo troppo indugiato per via, rese inutile quella spedizione; per modo che i X della Balia di guerra, nella fine del 1376, spedirono contro il signore di Dovadola 600 fanti sotto la condotta dello storiografo fiorentino Marchionne di Coppo Stefani, che con molta modestia rese conto dellâesito della sua impresa in Romagna, alla rubrica 786 delle sue istorie. Giova sentire lo stesso autore. â E per non âlodare me mi tacerò della materia, salvo che ne âdirò, che in sei mesi fu il conte Francesco di âDovadola sĂŹ stretto nel suo castello, che di cosa âche egli avesse al di fuori, di niuna non gli fu âpossibile metter dentro, se non quello che vi si era; âe la brigata vivette di quello di fuori continuo del âloro.... In sei mesi che io non perdei oltre ai 15 âuomini, e deâsuoi avemmo 123 prigioni, e âtollemmo Beccova (cosĂŹ) per forza, ed egli ridusse âtutte le sue fortezze e sĂŠ dentro deâmuri; e âgiammai non si potĂŠ mettere oste per le grandi nevi âche furono in questâanno, e sempre sono in quel âpaese grandissime.
Tornai compiuti i sei mesi a âFirenze, a dĂŹ 10 giugno 1377, e andovvi Buono di âtaddeo Strada, altro cittadino fiorentino, il quale vi âstette infino a settembre; tanto che la pace della âChiesa fu fatta.â Al conte Francesco subentrò per successione nel dominio di Dovadola e di altri luoghi di Romagna il di lui figlio conte Malatesta, il quale dapprima aderĂŹ alla causa e al partito degli Ordelaffi di ForlĂŹ, a cui era raccomandato; di poi, nel 1392, si pose sotto la protezione della Repubblica fiorentina che lo accolse nella lega Guelfa stabilita in quellâanno in Bologna; e finalmente nel 1405 lo stesso conte di libera volontĂ cedĂŠ alla Signoria di Firenze ogni suo diritto sul castello di Dovadola. Per la qual cosa il pontefice Gregorio XII essendosi doluto con frate Giovanni di Domenico Bianchini (poi cardinale e ora beatificato) mentre questi si trovava in Roma per servigio della sua patria, e intese tali doglianze a Firenze, il governo commise ai suoi ambasciatori di dire al pontefice: che il castello di Dovadola era stato donato e non comprato dal conte Malatesta suo legittimo signore.
Morto questo conte nel 1407, i suoi quattro figli, Giovanni, Carlo, Francesco e Guelfo, pregarono la signoria di Firenze ad accettarli in accomandigia con i loro castelli di Monte Vecchio, Tredozio, Particeto , ecc.
La qual cosa infatti fu loro concessa con lâobbligo di dare il tributo annuo del palio, e con dover dichiarare che la porzione del castello e pertinenze di Tredozio, giĂ spettante al conte Niccolò del conte Bandino di Monte Granelli, rimanesse in potere della Repubblica fiorentina, come quella che era succeduta nei diritti del preaccennato conte Niccolò della consorteria Guidi.
Se non che uno dei quattro figli del Conte Malatesta (il conte Guelfo) scostossi dai Fiorentini per seguire il partito dei loro nemici, associandosi agli Ordelaffi di ForlĂŹ e al duca di Milano. TalchĂŠ, nella guerra del 1440, il conte Guelfo, trovavasi con lâesercito di Niccolò Piccinino, quando fu bandito della testa dalla Signoria di Firenze, che fece dipingere nelle mura del palazzo del governo la sua figura appesa per i piedi in compagnia di quella del Piccinino.
Uno degli ultimi avvenimenti di guerra relativo al castello di Dovadola seguĂŹ nel 1467, allorchĂŠ fallito il disegno ai congiurati fiorentini contro Piero di Cosimo deâMedici, due di loro, lâex-gonfaloniere Niccolò Soderini e Diotisalvi Neroni, assistiti da Giovan Francesco di Palla Strozzi, con ogni diligenza e con insinuanti parole talmente commossero il senato di Venezia contro il partito Mediceo, che nel 1467 dal valoroso capitano Bartolommeo Collione fecero tosto assalire il dominio fiorentino nelle parti di Romagna; e nel primo assalto (non essendo ancora i Fiorentini in ordine) arsero il borgo di Dovadola, e fecero altri guasti nel paese allâintorno.
(MACHIAVELLI. Istor. Fior. lib. VII.) Alla pace pubblicata li 27 aprile del 1468, il castello di Dovadola col suo territorio fu reso alla Repubblica fiorentina, al di cui dominio dâallora in poi quel popolo si è costantemente mantenuto fedele.
ComunitĂ di Dovadola. â La ComunitĂ di Dovadola occupa una superficie di 11363 quadrati, dei quali 363 sono presi da corsi dâacqua e da strade. â Vi si conta una popolazione di 1975 abitanti; a ragione cioè di 141 individui per ogni miglio quadrato di suolo imponibile.
La sua figura irregolarmente ovale è contornata da tre comunità del Granducato e da una dello Stato pontificio.
Dai lati di scirocco-levante, di ostro e di libeccio ha di fronte la ComunitĂ della Rocca S. Casciano, a partire dalla sommitĂ del poggio di S. martino in Avello, e traversando il varco per il quale passa la strada pedonale che da Dovadola porta nella Valle del Rabbi. Discende quindi in cotestâultima valle formando un angolo rientrante, da primo per termini artificiali, poscia lungo il rio di Calboli , che presto lascia fuori per rimontare il poggio sino al termine delle Gazze. CostĂ , voltando faccia da scirocco a ostro, e poco appresso verso libeccio, scende la costa che acquapende nel fiume Montone, sino presso lo sbocco del fosso, detto del Campo Mosso . Al quale punto attraversa il fiume e quindi la nuova strada Regia per inoltrarsi sul fianco occidentale della stessa valle per il poggio del Praticino. CostĂ forma un angolo retto per dirigersi da ostro a ponente sul monte della Serra , sulla cui sommitĂ ripiega nella direzione di grecale, onde ritornare per termini artificiali sino presso al fiume Montone. Dalla quale vicinanza bentosto si ripiega nella direzione da grecale a maestrale per andare incontro al torrente della Villa Renosa , e poscia al fosso Castel vecchio. Poco avanti dâentrare nel fosso suaccennato, sottentra a contatto la ComunitĂ di Modigliana, con la quale dal fosso predetto passa in un suo tributario, che porta il nome di Canovetto. Lungo esso la ComunitĂ di Dovadola volta faccia da libeccio a maestrale, e per termini artificiali arriva alla strada provinciale rotabile di Modigliana; al di lĂ della quale entra nellâalveo del Samoggia , che forma confine alle due ComunitĂ sino al fosso detto dellâAcqua salata . A questo punto la ComunitĂ di Dovadola lascia il torrente Samoggia e la ComunitĂ di Modigliana, e piegando da maestrale a grecale trovasi di fronte alla ComunitĂ di Terra del Sole: da primo mediante il fosso predetto, quindi per termini artificiali ritorna a varcare il fiume Montone sopra il rio della Croce. A poca distanza dal fiume, piegando a levante, tocca, lungo il rio di Casina, la ComunitĂ di Bertinoro dello Stato pontificio, con la quale, mediante quello e altri borri suoi tributarj, sale sul monte di S.
Martino in Avello, dove ritorna a confine la ComunitĂ della Rocca S. Casciano.
Due strade rotabili passano per questa Comunità ; quella regia che mercÊ la munificenza sovrana sta presso al termine di sua costruzione, a partire dal fiume Dicomano sotto S. Godenzo sino a Terra del Sole. La seconda via aperta essa pure da pochi anni è provinciale. Questa staccasi da Modigliana, e imbocca nella regia forlivese fra la Rocca S. Casciano e Dovadola. Tutte le altre sono vie pedonali, fra le quali contasi quella che guida per Val di Rabbi a Galeata.
Il fiume Montone che attraversa da libeccio a grecale la ComunitĂ di Dovadola è il piĂš copioso corso di acque, nel quale fluiscono quasi che tutti i minori rii e torrenti dello stesso territorio. Fra i poggi piĂš elevati avvi quello di Castel Ruggiero , il quale sâinnalza 628 braccia al di sopra del livello del mare Adriatico, mentre la sommitĂ della torre di Dovadola fu segnalata dallo stesso astronomo Pad. Inghirami a unâaltezza di 303 braccia sopra il livello dello stesso mare.
In quanto alla struttura e qualità del suolo dei contorni di Dovadola, giova qui richiamare ciò che fu brevemente accennato altrove, e precisamente agli articoli APPENNINO TOSCANO, e BAGNO, Comunità .
Si disse nel primo luogo (pag. 97, vol. I.) che, lâesterna ossatura dei contrafforti che spinge lâAppennino dal lato dellâAdriatico, è formata, a preferenza delle altre rocce sedimentarie, di argilla fossile e di grĂŠs calcareo-micaceo a strati inclinatissimi, di rado gli uni e gli altri interrotti dal calcareo-appenninico. Le quali rocce vanno gradatamente modificandosi in marna e in argilla cerulea a proporzione che i monti si abbassano e si accostano alla pianura.
Fu poi avvertito allâarticolo BAGNO (pag. 238, v. I) che nella sinistra costa dellâAppennino che acquapende verso lâAdriatico, e segnatamente fra le valli del Savio e del Lamone, lâargilla schistosa può dirsi la roccia predominante. La quale, allorchĂŠ trovasi esposta allâazione delle meteore ha si debole grado di durezza, che alla superficie si sfoglia, si stritola, diviene polverulenta, del colore delle marne cerulee, e consimile in quanto allâaspetto, a quelle che ricuoprono le colline subappennine dal lato del Mediterraneo.
Che se si aggiunga a tutto ciò la circostanza di riscontrare molti frammenti fossili in quelle rocce racchiusi, e la disposizione e giacitura dei loro strati quasi sempre orizzontale o ad angolo ottusissimo, tutto ciò porta a giudicare: che il terreno costituente lâesterna ossatura del fianco dellâAppennino voltato verso il mare Adriatico, se non è di una piĂš recente formazione di quella del lato che guarda il mare Mediterraneo, è al certo assai diverso nella proporzione degli elementi essenziali, dai quali quelle rocce rudimentarie vennero costituite. Un esempio luminoso che serve di conferma a cotesto fenomeno geologico apparis ce chiaramente nel territorio di Dovadola; sia che si rimonti la valle del Montone, a partire dalle colline di Terra del Sole e di Castro Caro; sia che si attraversi la vallecola della Samoggia, risalendo verso la sorgente sul monte del Trebbio.
AvvegnachĂŠ i monti a ponente-maestrale di Terra del Sole (che possono dirsi lâestremo lembo occidentale della valle del Montone) e specialmente quelli dal Falcone al poggio Sina, trovasi coperti di un tufo calcareo-siliceo poroso, di tinta ora grigia, ora gialla, pieno zeppo di molluschi bivalvi, del genere ostriche, veneri, pettini e altre specie di spoglie di conchiglie marine, disposte per famiglie, da far conoscere appena il cemento in cui sono impastate. Il qual tufo in molti punti riposa sopra una marna argillosa di tinta cerulea, sparsa di straterelli di lignite, o di frammenti di altri corpi organici; mentre dallo stesso terreno quasi a fior di terra, o se si approfonda a poche braccia, pullulano acque pregne di cloruro di soda (sal marino) in copia tale, che forse da quel sale Castro Caro ebbe dagli antichi il nome di Castrum Salsubii. â Vedere CASTRO CARO.
Una simil marna friabile dâindole argillosa polverulenta, sottostante al sabbione calcareo conchigliare, continua a trovarsi camminando contrâacqua sui fianchi dei colli che fiancheggiano il fiume Montone e il torrente Samoggia; con questa differenza che a proporzione che uno si avvicina verso li sproni piĂš alti dellâAppennino, la roccia diviene sempre meno friabile, finchĂŠ si consolida in una pietra scissile arenario-calcare-argillosa molto analoga al grès schistoso dellâopposto Appennino. AllorchĂŠ le parti silicee prevalgono, si forma un vero macigno adoprato per stipiti, scalini, architravi nellâarte edificatoria, se poi prevale la calce, si usa come lâalberese per fare calcina. Il suo tessuto però è sempre foliaceo, piĂš terreo e meno compatto della pietra serena e della calcarea-appenninica.
Gli esempi di tale conversione della marna molle in roccia solida, prima dâogni altro, vennero segnalati dal ch.
Brocchi nel Frignano modanese, nei contorni di Bologna, di Urbino, di S. Leo e a Cingoli nellâAppennino del Furlo nella sua Conchiologia Subappenninica.
Accade unâaltra particolaritĂ nello schisto marnoso impietrito di Dovadola, e dei suoi contorni; ed è, che per la sola azione delle meteore egli si sfalda e si disgrega in guisa da lasciare alcune parti prominenti sotto forma di grossi nuclei ellittici meno friabili del restante di quellâaggregato. Il qual fenomeno va a grado a grado diminuendo a proporzione che si rimonta verso i contrafforti superiori dellâAppennino sotto lâAlpe di S.
Benedetto, dove la roccia stratiforme si mostra di tessuto uniforme e totalmente pietroso. â Vedere ROCCA S. CASCIANO, ComunitĂ .
Inoltre le polle di acqua salsa che costĂ ritrovansi sotto la marna argillosa, avvi rasente lâalveo del Montone, poco sopra Dovadola, unâacqua acidula, leggermente marziale, usata la prima volta dal medico attuale, il dottor Pietro Barboni; per cui dal professor Giuseppe Giulj nella sua Storia delle Acque Minerali di Toscana , (Tomo V. p. 185) fu denominata Acqua del dottor Barboni a Dovadola.
Per ciò che riguarda la coltura agraria e qualitĂ dei prodotti, il suolo spettante al grès e allo schisto marnoso testĂŠ descritti, è generalmente destinato ai pas coli, al bosco e alle selve di castagni. Questâultime somministrano il maggior prodotto a questa al pare che a tante altre comunitĂ situate sui due fianchi dellâAppennino.
Lo schisto marnoso allorchÊ è divenuto polverulento, e fendibile dalla vanga, si coltiva a poderi e a vigneti; gli ultimi dei quali sono disposti a ripiani, e ciascuno di essi è fornito di una piccola torre quadrata terminante in una colombaia. Per modo che le vigne formano un vago anfiteatro, non solo intorno a Dovadola, ma ancora nella valle inferiore del Montone e in quelle limitrofe del Rabbi e del Bidente.
Finalmente sul tufo conchigliare dei colli fra la Samoggia e il Montone prosperano gli ulivi e i gelsi; essendochĂŠ lâeducazione dei filugelli costituisce in Dovadola un oggetto importante di risorsa, siccome lo è il frumento e il grano siciliano (mais) che si semina a preferenza di ogni altra granaglia nelle insenature dei borri e dei torrenti, come pure lungo il fiume stesso del Montone.
Ă oggimai unâosservazione confermata dallâesperienza, che la vegetazione dei cereali riesce prosperamente nei terreni argillosi, massime quando essi contengono sostanze fossili e saline.
Non si trascura nei luoghi medesimi la coltura della canapa e del lino, cosĂŹ quella delle piante leguminose e dei bulbi di patate.
La circostanza di trovarsi riunite nella ComunitĂ di Dovadola, e qualche volta nel perimetro di un piccolo valloncello, le due diverse qualitĂ di suolo poco sopra accennate, e queste in una disposizione locale assai favorevole, fa si che costĂ si potrebbe applicare con successo la marnazione della creta argillosa mescolandola col tufo siliceo-calcareo marino, mercĂŠ lâistruzione pratica sulle Colmate di Monte con tanta precisione e chiarezza descritta, e con il fatto luminosamente dimostrata nella Val dâElsa dallâillustre proprietario e direttore del Podere modello di Meleto. â Vedere GIORNALE AGRARIO TOSCANO, Annata I. e II.
Fra gli animali domestici da frutto, oltre a quelli spettanti alla pecuaria, formano un articolo di qualche lucro i polli dâIndia che a branchetti si alimentano dai coloni e dai possidenti, mentre non vi ha forse casa di pigionale, dove non abiti per una buona parte dellâanno, e vi sâingrassi piĂš di un porco; siccome non vi è vigna che non abbia il suo nido di colombi.
La ComunitĂ di Dovadola con la legge del 23 settembre 1775, fu riunita a quella della Rocca S. Casciano, dalla quale lo stesso Legislatore la separò con regolamento speciale deâ18 agosto 1778.
Sotto il governo della Repubblica fiorentina e dei granduchi Medicei, Dovadola faceva comunitĂ e potesteria distinta, la quale era formata dei popoli di Dovadola, di Gello, Balia di sopra e Balia di sotto, Montacuto, Castel Ruggieri, Montepopolo e Mizuola.
La ComunitĂ mantiene un chirurgo, un medico e un maestro di scuola.
Nellâinverno, nel giorno di lunedĂŹ, si pratica costĂ un mercato per gli animali porcini, e tre fiere. Le quali fiere sogliono cadere sotto i giorni 5 e 24 del mese di agosto, e nel 9 di settembre.
Il tribunale civile di prima istanza per Dovadola è a Terra del Sole, dipendente per il criminale dal vicario della Rocca S. Casciano, dove ha la cancelleria comunitativa e lâesazione del Registro. La conservazione delle Ipoteche e lâingegnere di Circondario risiedono a Modigliana. La Ruota è a Firenze.
QUADRO della Popolazione della Comunità di DOVADOLA a tre epoche diverse - nome del luogo: *Avello, titolo della chiesa: S. Martino (Pieve), diocesi cui appartiene: Bertinoro, abitanti del 1551 n° 101, abitanti del 1745 n° 117, abitanti del 1833 n° 120 - nome del luogo: Badia di S. Andrea a Dovadola, titolo della chiesa: S. Andrea (Rettoria), diocesi cui appartiene: ForlÏ, abitanti del 1551 n° 328, abitanti del 1745 n° 581, abitanti del 1833 n° 392 - nome del luogo: Bosco di Montevecchio, titolo della chiesa: S. Stefano (Rettoria), diocesi cui appartiene: Bertinoro, abitanti del 1551 n° 201, abitanti del 1745 n° 110, abitanti del 1833 n° 99 - nome del luogo: Casole e Montepopolo, titolo della chiesa: S. Maria (Rettoria), diocesi cui appartiene: ForlÏ, abitanti del 1551 n° 133, abitanti del 1745 n° 155, abitanti del 1833 n° 158 - nome del luogo: DOVADOLA di sotto, titolo della chiesa: SS. Annunziata (Pieve), diocesi cui appartiene: Bertinoro, abitanti del 1551 n° 843 (con S. Ruffillo a DOVADOLA di sopra), abitanti del 1745 n° 57, abitanti del 1833 n° 879 - nome del luogo: DOVADOLA di sopra, titolo della chiesa: S. Ruffillo (Pieve), diocesi cui appartiene: Bertinoro, abitanti del 1551 n° (con SS. Annunziata a DOVADOLA di sotto), abitanti del 1745 n° 113, abitanti del 1833 n° 139 - Totale abitanti del 1551 n° 1606 - Totale abitanti del 1745 n° 1133 FRAZIONI di popolazioni provenienti da altre Comunità - nome del luogo: Calboli, titolo della chiesa: S. Michele, Comunità dalla quale proviene: Rocca S. Casciano, abitanti n° 2 - nome del luogo: Cerreto, titolo della chiesa: S. Pietro in Vinculis, Comunità dalla quale proviene: Terra del Sole, abitanti n° 84 - nome del luogo: Limisano, titolo della chiesa: S. Maria, Comunità dalla quale proviene: Rocca S. Casciano, abitanti n° 12 - nome del luogo: Valle, titolo della chiesa: S. Maria, Comunità dalla quale proviene: Estera, abitanti n° 10 - nome del luogo: Villa Renosa, titolo della chiesa: S.
Mercuriale, ComunitĂ dalla quale proviene: Rocca S.
Casciano, abitanti n° 80 - Totale abitanti del 1833 n° 1975 N.B. Una parte della popolazione della parrocchia contrassegnata con lâasterisco * spetta ad altre ComunitĂ .
Trovasi sulla riva destra del fiume Montone che fiancheggia il paese da ostro a ponente sino a settentrione, allâestreme falde di un poggio, il quale attraversava la valle innanzi che le acque fluenti del Montone si fossero fatta strada fra esso, rompendo gli strati orizzontali di quel suolo; strati che sono corrispondenti sulle due ripe del fiume sino a unâaltezza di cento e piĂš braccia.
Il borgo di Dovadola era difeso dal lato del poggio da unâaltissima torre quadrata tuttora esistente e le cui cortine abbracciavano la parte piĂš esposta e piĂš facilmente accessibile del paese.
Dovadola presenta con il suo fabbricato la figura di un triangolo la di cui parte inferiore, giĂ appellata Badignano, è attraversata dalla nuova strada R. forlivese, la quale cavalca il fiume Montone sopra due ponti, uno a libeccio e lâaltro a settentrione, sopra e sotto allo stesso borgo; mentre la parte superiore situata in costa fiancheggia la strada che guida in Val di Rabbi.
Questâultima porzione di Dovadola dipende nellâecclesiastico dal vescovo di Bertinoro, nel tempo che lâaltra è sotto la diocesi di ForlĂŹ.
Dovadola è nel grado 29° 33Ⲡdi longitudine e 44° 7Ⲡdi latitudine, 240 braccia sopra il livello del mare Adriatico, 6 miglia a settentrione-grecale della Rocca di Casciano, altrettante miglia a scirocco-levante di Modigliana, il simile a ostro-libeccio di Terra del Sole, e 10 miglia da ForlÏ.
Non si conoscono memorie relative al castello di Dovadola che possano dirsi anteriori alla dinastia dei conti Guidi e dei conti o duchi Traversari loro consorti.
Fu per gran tempo Dovadola sede dei discendenti di quattro fratelli, i Conti Ruggiero, Marcovaldo, Guido e Aghinolfo nati dal Conte Guerra di Modigliana e da una sorella di Pietro Traversari; a favore dei quali nipoti il conte Pietro Traversari, per atto pubblico rogato nel 1195, rinunziò a ogni diritto che egli aveva sopra i castelli di Dovadola, di Monte Acuto e di Gello in Romagna: rinunzia che fu rinnovata, nel 1225, da Paolo figlio di Pietro Traversari.
Marcovaldo, uno dei preaccennati conti, si unĂŹ in matrimonio alla contessa Beatrice figlia del conte Rodolfo di Capraja, che restò vedova nellâanno 1239 con due figli ed eredi, i Conti Ruggieri e Guido Guerra secondo.
I conti di Dovadola si distinsero fra tutti gli altri nella storia fiorentina; sia per il partito Guelfo che da essi fu quasi costantemente professato; sia per le luminose cariche di capitani e di podestĂ presso le repubbliche di Firenze e di Siena con decoro coperte; sia per il valore militare che taluni di loro dimostrarono. Non sarĂ discaro, io spero, di rammentare sotto questo articolo i personaggi, e le azioni piĂš rilevanti della storia civile e politica spettante ai conti di Dovadola.
Sino al 25 marzo 1254 il conte Guido Guerra II figlio di Marcovaldo firmò lâistrumento che trattava la vendita al Comune di Firenze del castello di Montemurlo, ceduto per la sua parte insieme con un mulino situato nel luogo detto al bosco deâConti sul fiume Agna con la selva annessa: al contratto fra gli altri testimoni, la contessa Beatrice di lui madre e il celebre Brunetto di Bonaccorso Latini. La qual vendita di Montemurlo e sue pertinenze fu ratificata nel 17 aprile dellâanno stesso dal di lui fratello (il Conte Ruggieri) nella chiesa della pieve di S. Maria di Bagno di Romagna, e della contessa Lena di lui sposa, nel tempo che essa abitava nel castello di Dovadola.
Nel 1255, di maggio, i medesimi due fratelli alienarono per lire 9700 la quarta parte dei castelli, territorj e giurisdizioni che avevano in Empoli, a Cerreto, nella mansione di Cerbaja, a Vinci e in Collegonzi.
Nel 1263 seguĂŹ in Dovadola un atto di divisione e permuta fra i prenominati due fratelli conti Ruggieri e Guido Guerra da una parte e il conte Guido del fu Aghinolfo di Romena loro cugino dallâaltra, circa i respettivi diritti, feudi e vassalli di Romagna.
Mancato ai vivi il conte Ruggieri, nel 1271 furono stipulati alcuni patti fra il Comune di Tredonzio, il conte Guido di Romena, il conte di Romena e il conte Guido Salvatico figlio del fu conte Ruggieri di Dovadola. Il quale conte Salvatico, nellâanno 1273, restituĂŹ al Comune di Firenze le castella che il conte Ruggieri dopo la giornata di Monteaperto e nelle rivoluzioni di Firenze che vennero dietro, se le aveva usurpate; quello stesso conte Salvatico che, nel 1278, fece fine e quietanza di un certo debito che la Repubblica fiorentina aveva contratto con i fratelli conti Ruggieri e Guido Guerra, padre e zio.
Il credito del conte Salvatico salĂŹ a tal grido, che nel 1282, mentre era podestĂ di Siena, venne eletto in capitano della Taglia Guelfa in Toscana; nel 1286, segnalato in comandante dellâesercito fiorentino contro i Pisani, e richiamato nuovamente nel 1288 a cuoprire la carica di podestĂ nella stessa cittĂ di Siena.
Nel 1289, mediante un atto rogato nel piano di S. Ruffillo presso Dovadola, si fece permuta di beni fra Guido Novello e Guido Salvatico: allâultimo dei quali toccò di parte il castello e distretto di Dovadola con tutti i diritti baronali, che egli poi, nel 1301, cedĂŠ al conte Ruggieri di lui figlio emancipato. (PAD. ILDEFONSO. Delizie degli Eruditi. T.VIII.) Non fu minore la riputazione che presso il partito Guelfo si acquistò il Conte Ruggieri figlio del Conte Guido Salvatico, poichĂŠ nel 1304 la Repubblica fiorentina lo nominò allâimportante uffizio di podestĂ , quello medesimo che nel 1322 dalla Repubblica senese fu eletto in capitano del popolo.
Nel 1315, lo stesso conte Ruggieri di Guido Salvatico fu investito dal re Roberto di Sicilia di tutte le ragioni e diritti che il conte Manfredi dâAmpinana figlio del fu conte Guido Novello di Modigliana pretendeva sopra il castello e distretto di Tredonzio, per essersi Manfredi posto dalla parte Ghibellina, e a tale effetto dichiarato ribelle della chiesa e della Repubblica fiorentina.
Diversamente dai suoi maggiori, dirimpetto alla Signoria di Firenze, si comportò il conte Marcovaldo di Dovadola, figlio del prenominato Conte Ranieri. EssendochĂŠ nel 1340 macchinava, dâintelligenza con i Bardi e i Frescobaldi, di sovvertire lâordine di quello Stato; sicchĂŠ restò rimunerato nel suo attentato in maniera tale, che fu posta su di lui una grossa taglia. Se non che cercando lui ogni strada per tornare in grazia della Repubblica, finalmente, al dire dello storico Ammirato, in considerazione dei servigi prestati dal Conte Ruggieri e dai suoi predecessori, stati sempre devoti al popolo fiorentino, gli riescĂŹ di ottenere lâassoluzione dal bando della testa e da ogni altra pena, come pure di riacquistare alcuni castelli stati messi ai libri della camera del Comune, come cosa della Repubblica. La quale elargitĂ fu accompagnata dallâobbligo dellâofferta annuale per la festa di S. Giovanni, di un palio di seta in segno dâossequio, ma non giĂ di soggezione verso il Comune di Firenze.
Nel 1349, quando il conte Marcovaldo II di Dovadola non era piĂš tra i viventi, la di lui vedova donna Fiesca figlia del marchese Moroello Malaspina di Val di Magra e di Alagia Fieschi, ai 24 maggio 1349, trovandosi nel castello di S. Giovanni in Val dâArno contrasse nuovo matrimonio con il nobile Niccolò del fu Bertoldo Novello della casa Cavalieri del Pecora di Montepulciano, nellâatto che essa stessa sborsò a titolo di dote al nuovo marito 1500 fiorini dâoro di peso e conio fiorentino, previa una donazione di fiorini cento che il prenominato Niccolò fece alla sposa.
(ARCHIVIO DIPLOMATICO FIORENTINO Carte dei Crociferi di Firenze.) â Vedere MONTEPULCIANO.
Alla morte del conte Marcovaldo II succedĂŠ nella signoria di Dovadola il Conte Francesco di lui fratello, nato pur esso dal conte Ruggieri. Il quale avendo mosso questione per diritti di dominio contro i figli del conte Bandino di Monte Granelli, e sembrando a lui essere questi ultimi favoreggiati di preferenza dalla Signoria di Firenze, si giovò degli amici che teneva nel castello di Portico per distaccare quegli uomini dalla dipendenza della Repubblica fiorentina. E, quasi che ciò non gli bastasse, andava facendo grandi scorrerie in Romagna in tempo che egli teneva in Portico Giovanni dâAzzo degli Ubaldini suo cugino con un buon numero di lance dellâesercito del legato pontificio. Onde è che il Comune di Firenze ordinò, che sâinviassero costĂ 300 lance capitanate da messer Benghi di Buondelmonte. Il qual duce avendo troppo indugiato per via, rese inutile quella spedizione; per modo che i X della Balia di guerra, nella fine del 1376, spedirono contro il signore di Dovadola 600 fanti sotto la condotta dello storiografo fiorentino Marchionne di Coppo Stefani, che con molta modestia rese conto dellâesito della sua impresa in Romagna, alla rubrica 786 delle sue istorie. Giova sentire lo stesso autore. â E per non âlodare me mi tacerò della materia, salvo che ne âdirò, che in sei mesi fu il conte Francesco di âDovadola sĂŹ stretto nel suo castello, che di cosa âche egli avesse al di fuori, di niuna non gli fu âpossibile metter dentro, se non quello che vi si era; âe la brigata vivette di quello di fuori continuo del âloro.... In sei mesi che io non perdei oltre ai 15 âuomini, e deâsuoi avemmo 123 prigioni, e âtollemmo Beccova (cosĂŹ) per forza, ed egli ridusse âtutte le sue fortezze e sĂŠ dentro deâmuri; e âgiammai non si potĂŠ mettere oste per le grandi nevi âche furono in questâanno, e sempre sono in quel âpaese grandissime.
Tornai compiuti i sei mesi a âFirenze, a dĂŹ 10 giugno 1377, e andovvi Buono di âtaddeo Strada, altro cittadino fiorentino, il quale vi âstette infino a settembre; tanto che la pace della âChiesa fu fatta.â Al conte Francesco subentrò per successione nel dominio di Dovadola e di altri luoghi di Romagna il di lui figlio conte Malatesta, il quale dapprima aderĂŹ alla causa e al partito degli Ordelaffi di ForlĂŹ, a cui era raccomandato; di poi, nel 1392, si pose sotto la protezione della Repubblica fiorentina che lo accolse nella lega Guelfa stabilita in quellâanno in Bologna; e finalmente nel 1405 lo stesso conte di libera volontĂ cedĂŠ alla Signoria di Firenze ogni suo diritto sul castello di Dovadola. Per la qual cosa il pontefice Gregorio XII essendosi doluto con frate Giovanni di Domenico Bianchini (poi cardinale e ora beatificato) mentre questi si trovava in Roma per servigio della sua patria, e intese tali doglianze a Firenze, il governo commise ai suoi ambasciatori di dire al pontefice: che il castello di Dovadola era stato donato e non comprato dal conte Malatesta suo legittimo signore.
Morto questo conte nel 1407, i suoi quattro figli, Giovanni, Carlo, Francesco e Guelfo, pregarono la signoria di Firenze ad accettarli in accomandigia con i loro castelli di Monte Vecchio, Tredozio, Particeto , ecc.
La qual cosa infatti fu loro concessa con lâobbligo di dare il tributo annuo del palio, e con dover dichiarare che la porzione del castello e pertinenze di Tredozio, giĂ spettante al conte Niccolò del conte Bandino di Monte Granelli, rimanesse in potere della Repubblica fiorentina, come quella che era succeduta nei diritti del preaccennato conte Niccolò della consorteria Guidi.
Se non che uno dei quattro figli del Conte Malatesta (il conte Guelfo) scostossi dai Fiorentini per seguire il partito dei loro nemici, associandosi agli Ordelaffi di ForlĂŹ e al duca di Milano. TalchĂŠ, nella guerra del 1440, il conte Guelfo, trovavasi con lâesercito di Niccolò Piccinino, quando fu bandito della testa dalla Signoria di Firenze, che fece dipingere nelle mura del palazzo del governo la sua figura appesa per i piedi in compagnia di quella del Piccinino.
Uno degli ultimi avvenimenti di guerra relativo al castello di Dovadola seguĂŹ nel 1467, allorchĂŠ fallito il disegno ai congiurati fiorentini contro Piero di Cosimo deâMedici, due di loro, lâex-gonfaloniere Niccolò Soderini e Diotisalvi Neroni, assistiti da Giovan Francesco di Palla Strozzi, con ogni diligenza e con insinuanti parole talmente commossero il senato di Venezia contro il partito Mediceo, che nel 1467 dal valoroso capitano Bartolommeo Collione fecero tosto assalire il dominio fiorentino nelle parti di Romagna; e nel primo assalto (non essendo ancora i Fiorentini in ordine) arsero il borgo di Dovadola, e fecero altri guasti nel paese allâintorno.
(MACHIAVELLI. Istor. Fior. lib. VII.) Alla pace pubblicata li 27 aprile del 1468, il castello di Dovadola col suo territorio fu reso alla Repubblica fiorentina, al di cui dominio dâallora in poi quel popolo si è costantemente mantenuto fedele.
ComunitĂ di Dovadola. â La ComunitĂ di Dovadola occupa una superficie di 11363 quadrati, dei quali 363 sono presi da corsi dâacqua e da strade. â Vi si conta una popolazione di 1975 abitanti; a ragione cioè di 141 individui per ogni miglio quadrato di suolo imponibile.
La sua figura irregolarmente ovale è contornata da tre comunità del Granducato e da una dello Stato pontificio.
Dai lati di scirocco-levante, di ostro e di libeccio ha di fronte la ComunitĂ della Rocca S. Casciano, a partire dalla sommitĂ del poggio di S. martino in Avello, e traversando il varco per il quale passa la strada pedonale che da Dovadola porta nella Valle del Rabbi. Discende quindi in cotestâultima valle formando un angolo rientrante, da primo per termini artificiali, poscia lungo il rio di Calboli , che presto lascia fuori per rimontare il poggio sino al termine delle Gazze. CostĂ , voltando faccia da scirocco a ostro, e poco appresso verso libeccio, scende la costa che acquapende nel fiume Montone, sino presso lo sbocco del fosso, detto del Campo Mosso . Al quale punto attraversa il fiume e quindi la nuova strada Regia per inoltrarsi sul fianco occidentale della stessa valle per il poggio del Praticino. CostĂ forma un angolo retto per dirigersi da ostro a ponente sul monte della Serra , sulla cui sommitĂ ripiega nella direzione di grecale, onde ritornare per termini artificiali sino presso al fiume Montone. Dalla quale vicinanza bentosto si ripiega nella direzione da grecale a maestrale per andare incontro al torrente della Villa Renosa , e poscia al fosso Castel vecchio. Poco avanti dâentrare nel fosso suaccennato, sottentra a contatto la ComunitĂ di Modigliana, con la quale dal fosso predetto passa in un suo tributario, che porta il nome di Canovetto. Lungo esso la ComunitĂ di Dovadola volta faccia da libeccio a maestrale, e per termini artificiali arriva alla strada provinciale rotabile di Modigliana; al di lĂ della quale entra nellâalveo del Samoggia , che forma confine alle due ComunitĂ sino al fosso detto dellâAcqua salata . A questo punto la ComunitĂ di Dovadola lascia il torrente Samoggia e la ComunitĂ di Modigliana, e piegando da maestrale a grecale trovasi di fronte alla ComunitĂ di Terra del Sole: da primo mediante il fosso predetto, quindi per termini artificiali ritorna a varcare il fiume Montone sopra il rio della Croce. A poca distanza dal fiume, piegando a levante, tocca, lungo il rio di Casina, la ComunitĂ di Bertinoro dello Stato pontificio, con la quale, mediante quello e altri borri suoi tributarj, sale sul monte di S.
Martino in Avello, dove ritorna a confine la ComunitĂ della Rocca S. Casciano.
Due strade rotabili passano per questa Comunità ; quella regia che mercÊ la munificenza sovrana sta presso al termine di sua costruzione, a partire dal fiume Dicomano sotto S. Godenzo sino a Terra del Sole. La seconda via aperta essa pure da pochi anni è provinciale. Questa staccasi da Modigliana, e imbocca nella regia forlivese fra la Rocca S. Casciano e Dovadola. Tutte le altre sono vie pedonali, fra le quali contasi quella che guida per Val di Rabbi a Galeata.
Il fiume Montone che attraversa da libeccio a grecale la ComunitĂ di Dovadola è il piĂš copioso corso di acque, nel quale fluiscono quasi che tutti i minori rii e torrenti dello stesso territorio. Fra i poggi piĂš elevati avvi quello di Castel Ruggiero , il quale sâinnalza 628 braccia al di sopra del livello del mare Adriatico, mentre la sommitĂ della torre di Dovadola fu segnalata dallo stesso astronomo Pad. Inghirami a unâaltezza di 303 braccia sopra il livello dello stesso mare.
In quanto alla struttura e qualità del suolo dei contorni di Dovadola, giova qui richiamare ciò che fu brevemente accennato altrove, e precisamente agli articoli APPENNINO TOSCANO, e BAGNO, Comunità .
Si disse nel primo luogo (pag. 97, vol. I.) che, lâesterna ossatura dei contrafforti che spinge lâAppennino dal lato dellâAdriatico, è formata, a preferenza delle altre rocce sedimentarie, di argilla fossile e di grĂŠs calcareo-micaceo a strati inclinatissimi, di rado gli uni e gli altri interrotti dal calcareo-appenninico. Le quali rocce vanno gradatamente modificandosi in marna e in argilla cerulea a proporzione che i monti si abbassano e si accostano alla pianura.
Fu poi avvertito allâarticolo BAGNO (pag. 238, v. I) che nella sinistra costa dellâAppennino che acquapende verso lâAdriatico, e segnatamente fra le valli del Savio e del Lamone, lâargilla schistosa può dirsi la roccia predominante. La quale, allorchĂŠ trovasi esposta allâazione delle meteore ha si debole grado di durezza, che alla superficie si sfoglia, si stritola, diviene polverulenta, del colore delle marne cerulee, e consimile in quanto allâaspetto, a quelle che ricuoprono le colline subappennine dal lato del Mediterraneo.
Che se si aggiunga a tutto ciò la circostanza di riscontrare molti frammenti fossili in quelle rocce racchiusi, e la disposizione e giacitura dei loro strati quasi sempre orizzontale o ad angolo ottusissimo, tutto ciò porta a giudicare: che il terreno costituente lâesterna ossatura del fianco dellâAppennino voltato verso il mare Adriatico, se non è di una piĂš recente formazione di quella del lato che guarda il mare Mediterraneo, è al certo assai diverso nella proporzione degli elementi essenziali, dai quali quelle rocce rudimentarie vennero costituite. Un esempio luminoso che serve di conferma a cotesto fenomeno geologico apparis ce chiaramente nel territorio di Dovadola; sia che si rimonti la valle del Montone, a partire dalle colline di Terra del Sole e di Castro Caro; sia che si attraversi la vallecola della Samoggia, risalendo verso la sorgente sul monte del Trebbio.
AvvegnachĂŠ i monti a ponente-maestrale di Terra del Sole (che possono dirsi lâestremo lembo occidentale della valle del Montone) e specialmente quelli dal Falcone al poggio Sina, trovasi coperti di un tufo calcareo-siliceo poroso, di tinta ora grigia, ora gialla, pieno zeppo di molluschi bivalvi, del genere ostriche, veneri, pettini e altre specie di spoglie di conchiglie marine, disposte per famiglie, da far conoscere appena il cemento in cui sono impastate. Il qual tufo in molti punti riposa sopra una marna argillosa di tinta cerulea, sparsa di straterelli di lignite, o di frammenti di altri corpi organici; mentre dallo stesso terreno quasi a fior di terra, o se si approfonda a poche braccia, pullulano acque pregne di cloruro di soda (sal marino) in copia tale, che forse da quel sale Castro Caro ebbe dagli antichi il nome di Castrum Salsubii. â Vedere CASTRO CARO.
Una simil marna friabile dâindole argillosa polverulenta, sottostante al sabbione calcareo conchigliare, continua a trovarsi camminando contrâacqua sui fianchi dei colli che fiancheggiano il fiume Montone e il torrente Samoggia; con questa differenza che a proporzione che uno si avvicina verso li sproni piĂš alti dellâAppennino, la roccia diviene sempre meno friabile, finchĂŠ si consolida in una pietra scissile arenario-calcare-argillosa molto analoga al grès schistoso dellâopposto Appennino. AllorchĂŠ le parti silicee prevalgono, si forma un vero macigno adoprato per stipiti, scalini, architravi nellâarte edificatoria, se poi prevale la calce, si usa come lâalberese per fare calcina. Il suo tessuto però è sempre foliaceo, piĂš terreo e meno compatto della pietra serena e della calcarea-appenninica.
Gli esempi di tale conversione della marna molle in roccia solida, prima dâogni altro, vennero segnalati dal ch.
Brocchi nel Frignano modanese, nei contorni di Bologna, di Urbino, di S. Leo e a Cingoli nellâAppennino del Furlo nella sua Conchiologia Subappenninica.
Accade unâaltra particolaritĂ nello schisto marnoso impietrito di Dovadola, e dei suoi contorni; ed è, che per la sola azione delle meteore egli si sfalda e si disgrega in guisa da lasciare alcune parti prominenti sotto forma di grossi nuclei ellittici meno friabili del restante di quellâaggregato. Il qual fenomeno va a grado a grado diminuendo a proporzione che si rimonta verso i contrafforti superiori dellâAppennino sotto lâAlpe di S.
Benedetto, dove la roccia stratiforme si mostra di tessuto uniforme e totalmente pietroso. â Vedere ROCCA S. CASCIANO, ComunitĂ .
Inoltre le polle di acqua salsa che costĂ ritrovansi sotto la marna argillosa, avvi rasente lâalveo del Montone, poco sopra Dovadola, unâacqua acidula, leggermente marziale, usata la prima volta dal medico attuale, il dottor Pietro Barboni; per cui dal professor Giuseppe Giulj nella sua Storia delle Acque Minerali di Toscana , (Tomo V. p. 185) fu denominata Acqua del dottor Barboni a Dovadola.
Per ciò che riguarda la coltura agraria e qualitĂ dei prodotti, il suolo spettante al grès e allo schisto marnoso testĂŠ descritti, è generalmente destinato ai pas coli, al bosco e alle selve di castagni. Questâultime somministrano il maggior prodotto a questa al pare che a tante altre comunitĂ situate sui due fianchi dellâAppennino.
Lo schisto marnoso allorchÊ è divenuto polverulento, e fendibile dalla vanga, si coltiva a poderi e a vigneti; gli ultimi dei quali sono disposti a ripiani, e ciascuno di essi è fornito di una piccola torre quadrata terminante in una colombaia. Per modo che le vigne formano un vago anfiteatro, non solo intorno a Dovadola, ma ancora nella valle inferiore del Montone e in quelle limitrofe del Rabbi e del Bidente.
Finalmente sul tufo conchigliare dei colli fra la Samoggia e il Montone prosperano gli ulivi e i gelsi; essendochĂŠ lâeducazione dei filugelli costituisce in Dovadola un oggetto importante di risorsa, siccome lo è il frumento e il grano siciliano (mais) che si semina a preferenza di ogni altra granaglia nelle insenature dei borri e dei torrenti, come pure lungo il fiume stesso del Montone.
Ă oggimai unâosservazione confermata dallâesperienza, che la vegetazione dei cereali riesce prosperamente nei terreni argillosi, massime quando essi contengono sostanze fossili e saline.
Non si trascura nei luoghi medesimi la coltura della canapa e del lino, cosĂŹ quella delle piante leguminose e dei bulbi di patate.
La circostanza di trovarsi riunite nella ComunitĂ di Dovadola, e qualche volta nel perimetro di un piccolo valloncello, le due diverse qualitĂ di suolo poco sopra accennate, e queste in una disposizione locale assai favorevole, fa si che costĂ si potrebbe applicare con successo la marnazione della creta argillosa mescolandola col tufo siliceo-calcareo marino, mercĂŠ lâistruzione pratica sulle Colmate di Monte con tanta precisione e chiarezza descritta, e con il fatto luminosamente dimostrata nella Val dâElsa dallâillustre proprietario e direttore del Podere modello di Meleto. â Vedere GIORNALE AGRARIO TOSCANO, Annata I. e II.
Fra gli animali domestici da frutto, oltre a quelli spettanti alla pecuaria, formano un articolo di qualche lucro i polli dâIndia che a branchetti si alimentano dai coloni e dai possidenti, mentre non vi ha forse casa di pigionale, dove non abiti per una buona parte dellâanno, e vi sâingrassi piĂš di un porco; siccome non vi è vigna che non abbia il suo nido di colombi.
La ComunitĂ di Dovadola con la legge del 23 settembre 1775, fu riunita a quella della Rocca S. Casciano, dalla quale lo stesso Legislatore la separò con regolamento speciale deâ18 agosto 1778.
Sotto il governo della Repubblica fiorentina e dei granduchi Medicei, Dovadola faceva comunitĂ e potesteria distinta, la quale era formata dei popoli di Dovadola, di Gello, Balia di sopra e Balia di sotto, Montacuto, Castel Ruggieri, Montepopolo e Mizuola.
La ComunitĂ mantiene un chirurgo, un medico e un maestro di scuola.
Nellâinverno, nel giorno di lunedĂŹ, si pratica costĂ un mercato per gli animali porcini, e tre fiere. Le quali fiere sogliono cadere sotto i giorni 5 e 24 del mese di agosto, e nel 9 di settembre.
Il tribunale civile di prima istanza per Dovadola è a Terra del Sole, dipendente per il criminale dal vicario della Rocca S. Casciano, dove ha la cancelleria comunitativa e lâesazione del Registro. La conservazione delle Ipoteche e lâingegnere di Circondario risiedono a Modigliana. La Ruota è a Firenze.
QUADRO della Popolazione della Comunità di DOVADOLA a tre epoche diverse - nome del luogo: *Avello, titolo della chiesa: S. Martino (Pieve), diocesi cui appartiene: Bertinoro, abitanti del 1551 n° 101, abitanti del 1745 n° 117, abitanti del 1833 n° 120 - nome del luogo: Badia di S. Andrea a Dovadola, titolo della chiesa: S. Andrea (Rettoria), diocesi cui appartiene: ForlÏ, abitanti del 1551 n° 328, abitanti del 1745 n° 581, abitanti del 1833 n° 392 - nome del luogo: Bosco di Montevecchio, titolo della chiesa: S. Stefano (Rettoria), diocesi cui appartiene: Bertinoro, abitanti del 1551 n° 201, abitanti del 1745 n° 110, abitanti del 1833 n° 99 - nome del luogo: Casole e Montepopolo, titolo della chiesa: S. Maria (Rettoria), diocesi cui appartiene: ForlÏ, abitanti del 1551 n° 133, abitanti del 1745 n° 155, abitanti del 1833 n° 158 - nome del luogo: DOVADOLA di sotto, titolo della chiesa: SS. Annunziata (Pieve), diocesi cui appartiene: Bertinoro, abitanti del 1551 n° 843 (con S. Ruffillo a DOVADOLA di sopra), abitanti del 1745 n° 57, abitanti del 1833 n° 879 - nome del luogo: DOVADOLA di sopra, titolo della chiesa: S. Ruffillo (Pieve), diocesi cui appartiene: Bertinoro, abitanti del 1551 n° (con SS. Annunziata a DOVADOLA di sotto), abitanti del 1745 n° 113, abitanti del 1833 n° 139 - Totale abitanti del 1551 n° 1606 - Totale abitanti del 1745 n° 1133 FRAZIONI di popolazioni provenienti da altre Comunità - nome del luogo: Calboli, titolo della chiesa: S. Michele, Comunità dalla quale proviene: Rocca S. Casciano, abitanti n° 2 - nome del luogo: Cerreto, titolo della chiesa: S. Pietro in Vinculis, Comunità dalla quale proviene: Terra del Sole, abitanti n° 84 - nome del luogo: Limisano, titolo della chiesa: S. Maria, Comunità dalla quale proviene: Rocca S. Casciano, abitanti n° 12 - nome del luogo: Valle, titolo della chiesa: S. Maria, Comunità dalla quale proviene: Estera, abitanti n° 10 - nome del luogo: Villa Renosa, titolo della chiesa: S.
Mercuriale, ComunitĂ dalla quale proviene: Rocca S.
Casciano, abitanti n° 80 - Totale abitanti del 1833 n° 1975 N.B. Una parte della popolazione della parrocchia contrassegnata con lâasterisco * spetta ad altre ComunitĂ .
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1835, Volume II, p. 38.
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