GAVORRANO
(Gavorranum) nella Maremma fra Massa e Grosseto.
â Terra, giĂ castello con avanzi di mura ed una rocca, capoluogo di comunitĂ , residenza di un podestĂ con antica pieve (S. Giuliano, giĂ S. Cosimo o Gusmè) nella Diocesi e Compartimento di Grosseto.
Ă situata sopra un poggio appartenente alla giogana che separa la vallecola della Pecora da quella della Bruna, a cavaliere della strada Regia maremmana che le passa sotto dal lato che guarda settentrione, in una posizione piĂš elevata 458 braccia del livello del mare Mediterraneo.
Trovasi nel gr. 28° 34â 2ââ di longitudine, 42° 54â 4ââ di latitudine; circa 18 miglia toscane a maestr. di Grosseto, 13 miglia toscane a ostro di Massa; 3 miglia toscane a grecale di Scarlino, e 6 miglia toscane dallo sbocco del suo padule nel mare toscano.
Per quanto siasi detto, che costĂ verso Gavorrano doveva trovarsi lâantica mansione di Maniliana, ossia Manliana, per ragione che essa vedesi segnata nella tavola Teodosiana fra Populonia e la Bruna, con tutto ciò sino al secolo XII la storia di Gavorrano resta sepolta fra le distruzioni di tante terre e castelli che quasi invano il curioso andrebbe ora cercando per le toscane Maremme; nè Gavorrano si rinviene prima dellâepoca, in cui alcune famiglie secolari o monastiche, feudatarie dellâimperio o dei vescovi, poterono dominare senza grande ostacolo in mezzo ad orride selve, a deserti campi, e a poche capanne di poveri vassalli.
I primi dinasti di Gavorrano si mostrano nei conti Alberti di Mangona, almeno finchè non si scuoprano documenti piÚ vetusti di un privilegio dato in Pavia il dÏ 14 agosto 1164, col quale Federigo I restituÏ al giovinetto conte Alberto in feudo le terre e giurisdizioni appartenute al C.
Alberto di lui avo; annoverando, come luoghi feudali i castelli di Cornia, di Scarlino e di Gavorrano tra quelli che il conte Alberto seniore possedeva nella maremma di Massa e Populonia.
Al diploma regio testè accennato succede per ordine di data cronologica una bolla del Pont. Clemente III, spedita nel 1188 a Gualfredo vescovo di Grosseto, al quale, fra le chiese plebane spettanti alla sua diocesi, fu confermata quella di Govorrano con le cappelle, sostanze, giurisdizioni e tributi che sino dâallora alcuni Visdomini di Massa le pagavano.
Il conte Rainaldo, uno dei figli del conte Alberto di Mangona stato privilegiato da Federigo I, mediante divisione dei beni paterni, fatti li 16 febbrajo 1208, ebbe di parte i feudi della Maremma, e conseguentemente i castelli di Elci, di Gavorrano, di Scarlino e di Monte Rotondo, nellâultimo dei quali il C. Rainaldo teneva precipuamente la sua residenza.
Alla morte del C. Rainaldo subentrarono nei di lui diritti feudali i conti Pannocchieschi di Elci, di Travale e del castel della Pietra, comecchè gli abitanti di Gavorrano si reggessero allora a comune.
StĂ a provare lâindipendenza degli uomini di Gavorrano la deliberazione presa nel 1278 dal Comune di Volterra, quando rimise a libero arbitrio dellâuniversitĂ di Gavorrano lâelezione del podestĂ che doveva nellâanno susseguente entrare in uffizio in detta cittĂ . Infatti con partito comunitativo del 26 ottobre 1278 i Gavorranesi, adempiendo allâonorevole incarico, nominarono podestĂ di Volterra il nobil uomo Nello, ossia Paganello del fu Inghiramo deâPannocchieschi signore del castello della Pietra. Egli era quel Nello marito della Pia, alla quale lâAlighieri mise in bocca le misteriose parole: Siena mi feâ, disfecemi Maremma; Salsi colui cheâ nnanellata pria, Disposando, mâavea con la sua gemma.
Quel Nello, che maritò una sua figlia per nome Fresca al C. Manovello deâPannocchieschi dâElci, e che, per atto pubblico del 20 gennajo anno 1300 rinunziò alla sua parte di Gavorrano, di Gerfalco, di Travale e di Fosini al fratello suo Mangiante. (ARCH. DIPL. SEN. Carte della cittĂ di Massa).
Ma alle fazioni di partito, che piĂš acerbe e crudeli si resero nel secolo XIV, i Pannocchieschi per la maggior parte Ghibellini, insieme con i loro fedeli e vassalli commisero ogni sorta di ruberie, di omicidii e di incendii a danno dei Massetani, mentre questi dal canto loro facevano rappresaglie di uomini, di bestiame e di generi delle terre deâPannocchieschi.
Con lettera, scritta li 27 settembre del 1320 al capitano e priori della cittĂ di Massa, Carlo duca di Calabria, e vicario in Toscana per il di lui padre Roberto re di Napoli, faceva loro intendere, che per la morte di Manovello e deâsuoi fratelli conti dâElci il castello di Gavorrano toccava ad altri Pannocchieschi, fra i quali a Gabbriello e Niccoluccio figli di Dino deâPannocchieschi di Castiglion Bernardi, a Ugo e Neri, detto Scarpa, figlio di Mangiante: che i medesimi feudatari, essendo stati costretti dal Comune di Massa ad abbandonare il suddetto castello di Gavorrano dovevano essere restituiti al possesso.
Ho di giĂ avvertito, che il conte Manovello dâElci aveva per moglie una figlia di Nello dâInghiramo della Pietra.
Ciò non ostante i Massetani non perderono di vista la depressione dei Pannocchieschi, onde togliere loro ogni specie di dominio sulle castella del distretto di Massa, o ad esso limitrofe.
A tale scopo tendevano le convenzioni stabilite nel 30 settembre del 1327 fra il Comune di Massa e quello di Gavorrano con i seguenti capitoli: 1°. che il podestĂ di Gavorrano fosse nominato dai governatori di Massa con obbligo di giudicare secondo li statuti del luogo, eccettuati alcuni delitti, per i quali era dâuopo ricorrere al foro di Massa; 2°. Che i prodotti del paese non dovessero pagare dazio per entrare nel territorio di Massa; 3°. Che, volendo i Massetani fare acquisto dai Pannocchieschi della rocca, case, terreni e fitti che i conti possedevano in Gavorrano, non fossero aumentati i canoni e le pensioni ai Gavorranesi; 4°. Che questi ultimi avrebbe consegnato alle milizie Massetane il loro castello; 5°. Finalmente, che essi sarebbero considerati come cittadini di Massa, e che terrebbero per amici gli amici di questo Comune, e viceversa. (ARCH. DIPL. SEN. loc. cit.) Un anno dopo stabilite tali convenzioni, i governatori della cittĂ di Massa, mediante un loro sindaco, per contratto del 2 novembre 1328, acquistarono dal nobil uomo Mino di Cione deâMalavolti di Siena la metĂ del castello e giurisdizione della Pietra, con la porzione deâcastelli e territorii di Gavorrano e Gerfalco, stati poco tempo innanzi al Malavolti alienati dai fratelli Nello e Nerio di Mangiante Pannocchieschi. â Per convalidare il prenominato acquisto, i reggitori di Massa sei giorni dopo (8 novembre 1328) ottennero lâadesione e conferma dai Pannocchieschi sopraccennati, allâoccassione della vendita da essi fatta allo stesso Comune, per il prezzo di 6000 fiorini, degli antiche diritti sopra i castelli di Gavorrano e Gerfalco, oltre quelli che potessero pretendere sui castelli di Perolla, Accesa e Monte Pozzali.
â Dondechè dei preliminari della pace conclusa in Montopoli li 12 agosto 1329 fra i diversi popoli della Toscana, guelfi e ghibellini, sino al dĂŹ 30 luglio precedente fu disteso un articolo speciale destinato a convalidare lâacquisto di Gavorrano al Comune di Massa.
(loc. cit.).
Ma in quellâanno istesso i Senesi, avendo accolto sotto la loro accomandigia e cittadinanza i conti di Elci, di Giuncarico, di Castiglion Bernardi ed altri signori della consorteria Pannocchieschi, si riaccesero ben presto cagioni piĂš serie di discordia fra i Comuni di Siena e di Massa. Questâultimo, collegandosi allora con i Pisani, fra i patti convenuti nel trattato del 3 giugno 1331, non tralasciò quello relativo al castello e giurisdizione che pretendeva sopra Gavorrano.
Allora i Senesi corsero ad oste sopra il contado di Massa, e in poco tempo, benchè i Pisani avessero inviato gente in ajuto dei loro alleati, si impadronirono di Gavorrano, di Perolla, di Colonna, e di Monterotondo; per modo che i Gavorranesi dovettero risolversi, nel dĂŹ 8 dicembre 1331, dâinviare un loro sindaco a Siena per sottomettersi nuovamente a questa Repubblica.
Quindi fu facile ai Malavolti di potere rivendicare i loro diritti sopra Gavorrano, comecchè di buona o di mala voglia pochi anni innanzi li avessero a favore Massa alienati.
Infatti allâepoca della sedizione del 1390, per cui i Senesi si posero sotto la tutela e protezione di Giovanni Galeazzo duca di Milano, i Malavolti, ai quali in tal frangente era stato decapitato un onorato individuo (mess. Niccolò) allontanandosi dalla patria, si ritirarono in campagna alle loro castella. Era la testa di tutta la famiglia Orlando Malavolti, il quale in nome suo e dei nipoti Donusdeo e Bartolommeo, nel 2 febbrajo 1390, capitolando con i Dieci di Balia della Rep. fior. fu accettato dai Fiorentini in accomandigia con tutte le sue castella, fra le quali Gavorrano, Pietra, Ravi, Tatti e Alma (MALAVOLTI, Ist.
di Siena P. II).
Allâoccasione però dellâinvasione dellâesercito napoletano condotto dal re Alfonso dâAragona nelle maremme di Piombino, di Massa e di Grosseto, anche il castello di Gavorrano, verso lâanno 1450, fu militarmente occupato.
Ma i nipoti di mess. Orlando Malavolti facendo vive le loro ragioni con il patrocinio del Pont. Pio II e dei suoi congiunti di casa Piccolomini, nel 1460 poterono riavere dal re di Napoli il castello e giurisdizione di Gavorrano.
Sennonchè poco appresso la Rep. senese obbligò i Gavorranesi alla recognizione degli antichi capitoli di sottomissione, siccome infatti nel 1464 furono essi rinnovati e giurati.
Quindi nellâanno susseguente i nipoti e pronipoti di Orlando Malavolti, mediante istrumenti rogati li 6 di febbrajo e li 19 maggio 1465, rinunziarono per il prezzo di fiorini 5000 da lire 4 lâuno, ad ogni ragione di possesso sopra Gavorrano in favore della stessa Repubblica.
(ARCH. DIPL. SEN. Kaleffo dellâAssunta).
Dal 1465 in poi i Gavorranesi seguitarono la sorta del governo di Siena anche dopo che questa Rep. restò incorporata allo Stato vecchio del dominio fiorentino. â Vedere SIENA.
Dalla popolazione di Gavorrano indicata nel sottostante quadro si rileva, che essa, fra il 1640 e il1745, fu quasi stazionaria ma che andò progredendo dopo i miglioramenti sopravvenuti in cotesta Maremma mercè le benefiche cure dallâAugusta dinastia felicemente regnante nel Granducato di Toscana.
MOVIMENTO della popolazione della Terra di GAVORRANO a tre epoche diverse, divisa per famiglie.
ANNO 1640: Impuberi maschi -; femmine -; adulti maschi -, femmine -; coniugati dei due sessi -; ecclesiastici -; numero delle famiglie 72; totalitĂ della popolazione 276.
ANNO 1745: Impuberi maschi 44; femmine 56; adulti maschi 38, femmine 64; coniugati dei due sessi 88; ecclesiastici 7; numero delle famiglie 82; totalitĂ della popolazione 295.
ANNO 1833: Impuberi maschi 131; femmine 118; adulti maschi 68, femmine 79; coniugati dei due sessi 198; ecclesiastici 4; numero delle famiglie 120; totalitĂ della popolazione 598.
ComunitĂ di Gavorrano. â Il terrtorio comunitativo di Gavorrano, dopo la soppressione della comunitĂ di Scarlino, si estende sopra una superficie irregolare di 66934 quadr. dei quali 882 sono presi da strade e da corsi di acque. â Vi si trovava nel 1833 una popolazione di 3104 abit. a ragione di quasi 37 persone per ogni miglio toscano quadr. di suolo imponibile.
Confina con 5 comunitĂ del Granducato. â Ha dal lato di libeccio il littorale, lungo il quale la comunitĂ di Gavorrano si estende dalla bocca di Alma sino sopra Follonica; partendo cioè da ostro a settentrione dalla torre delle Civette rasenta il seno di Portiglione e il puntone di Scarlino, donde, curvando la spiaggia nella direzione da settentrione a maestro, passa davanti allo scalo di Follonica per sino alla foce del borro Salivoli. QuĂ trova la ComunitĂ di Piombino, e di conserva con essa, scostandosi dal mare, percorre nella direzione di settentrione i poggi che separano la valle della Pecora da quella della Cornia per arrivare sino alla franata torre di Montioni vecchio. Oltrepassato cotesto poggio trova la ComunitĂ di Suvereto, con la quale cambiando direzione da settentrione a levante entra nel fosso dellâAcqua nera , e di lĂ nella strada detta della Dogana, dove cessa la ComunitĂ di Suvereto e sottentra a confine quella di Massa marittima. Con questâultima attraversa lo stradone di Valpiana e quindi i poggi che sono fra il lago dellâAccesa, il diruto castel della Pietra e la strada Regia maremmana sino al Poggio Pinzuto. Quivi, dopo aver fatto un angolo rientrante e poscia sporgente, piega verso levante per andare incontro alla fiumana Bruna. Mediante lâalveo della Bruna fronteggia dal lato di levante con la ComunitĂ di Roccastrada, sino a che davanti al Vado Renoso lascia fuori la Bruna per volgersi a scirocco. Da questo lato trova la ComunitĂ di Castiglione della Pescaja, con la quale il territorio di Gavorrano si tocca mediante lâa lveo del torrente Rigo rimontandolo di conserva fra il poggio di Caldana e quello di Tirli, quindi varcando questâultimo per entrare nel fiumicello Alma , in quello che costituisce il maggior corpo dâacque correnti nel territorio di Gavorrano, e con esso ritorna al mare.
Fra le strade rotabili la sola R. maremmana (giĂ Emilia di Scauro) attraversa nella sua maggiore lunghezza la comunitĂ di Gavorrano, entrando a ponente nel suo territorio presso Valli di Follonica sino al torrente Rigo, dove cessa la ComunitĂ dopo il tragitto di 12 miglia toscane. â Contansi pure fra le vie rotabili lo stradone che da Follonica porta per Valpiana a Massa e la via che dal padule di Scarlino sale al castello dello stesso nome.
La parte piĂš montuosa del territorio in discorso spetta a una diramazione dei poggi che stendendosi da settentrione a libeccio a destra della Bruna passando tra Ravi e Gavorrano, fra Scarlino e Monte di Muro sino al littorale di Pian dâAlma , mentre rasentano verso ponente-libeccio il corso della stessa fiumana, giĂ confine del contado e della diocesi di Roselle con quella di Populonia. â Unâaltra piĂš umile catena di poggi gira dietro a quelli sui quali risiede la cittĂ di Massa, la quale minor giogana, dirigendosi da levante a libeccio sino a Montioni, separa le acque della Pecora da quelle della Cornia, e la comunitĂ di Gavorrano dal territorio di Suvereto e di Piombino.
Variatissimi di formazione, dâindole e di struttura sono i terreni che costituiscono la crosta apparente del suolo comunitativo di Gavorrano.
Fu Giorgio Santi il primo fra i naturalisti a segnalare nella catena dei poggi che separano la vallecola dellâAlma da quella della Bruna un fatto geologico importantissimo, quando disse di aver trovato nei monticelli a levante e a scirocco di Gavorrano rupi di granito frapposte a scogliere di una pietra tufacea vulcanica (specie di trachite); sembrandogli questa formata di terra feldspatosa con dei grossi cristalli striati ed opachi di feldspato bianco, bene spesso colorati specialmente di rossigno, con altri ammassi di quarzo e piccoli cristalli di mica. Fu pure lo stesso naturalista che disse, di avere ravvisato unâanalogia fra coteste rocce e quelle che aveva visitato sul MontâAmiata.
Ma di unâimportanza assai maggiore, e piĂš al giorno con gli avanzamenti della scienza geologica, sono le osservazioni fatte nel 1835 dal ch. prof. pisano Paolo Savi nella contrada in discorso; contrada che egli indicò come una delle piĂš confacenti fra quelle della Toscana per dimostrare le alterazioni plutoniane sofferte dalle rocce calcareo-compatte (alberese) mercè lâemersione, o in grazia di un qualche terreno cristallino e massiccio che lâavvicina. â Quindi io non potrei meglio servire allo scopo se non col riportare le parole di questo scienziato.
âNel gruppo di monti che separa la provincia Scarlinese (ossia la vallecola dellâAlma) dalla Grossetana, trovasi dalla parte settentrionale, precisamente ove siede la Terra di Gavorrano, una massa granitica che sembra essere stata la causa al sollevamento deâcirconvicini poggi e della connversione di quel calcare compatto in marmo salino che in abbondanza sâincontra nelle vicinanze. â Se dal Puntone di Scarlino, rasentando lo Stagna omonimo si piega verso Gavorrano, i monti lungo i quali si cammina vedonsi essere per la maggior parte formati di strati di macigno piĂš o meno compatto, di grana varia per la grossezza, che alterna con schisti argillosi e con strati di alberese. Il piccolo paese di Scarlino sta sopra un monte composto da questi medesimi materiali; ed unâeguale struttura presso a poco sâincontra sino quasi alla base del poggio di Gavorrano. Ma nelle vicinanze di questâultimo, particolarmente avviandosi alla suddetta Terra per la strada che con lâEmilia si unisce, trovansi il macigno ed i suoi schisti convertiti in un galestro molto siliceo, la cui alterazione o plutonizzazione è tanto maggiore quanto piĂš si accosta al poggio, e quanto piĂš su di questo si ascende.
Ma poco al di sopra del livello della pianura compariscono degli strati calcarei piÚ o meno contorti, coloriti e venati, che poi divengono in qualche luogo cavernosi, ed in qualche altro ancor fetidi; cosicchè giunti quasi al termine della salita, ogni segno di stratificazione sparisce, ed il calcare, al pari del galestro , risucesi ad un calcare cavernoso grigio cenere, fetido, poroso e sfacelato in guisa da sembrare a prima vista un tufo.
Questa è la roccia che dal lato meridionale sta a contatto della massa granitica. â Presso una torre diruta, che rimane un tiro di fucile fuori di Gavorrano, dal lato di libeccio ossia di Scarlino, vedesi in quella emergere un grosso filone feldspato-calcareo di colore carneo grigiastro.â âIl paese di Gavorrano è posato dal lato occidentale sul terreno calcareo, e dal lato orientale sopra un granito similissimo a quello dellâIsola dellâElba, cioè di colore grigiastro, di grana piuttosto minuta, abbondante in grossi cristalli di feldspato, contenente scarsi cristalli di turmalina nera, per lo piĂš riuniti a ventri gemmati.â âLasciato Gavorrano, se si prosegue la via verso il paese di Ravi e Caldana, continua il terreno granitico per circa un miglio fino cioè al punto, dove la strada Regia, dopo essersi diretta verso mezzo giorno, bruscamente rivolta a levante. La roccia calcareo feldspatica ricomparisce da questo lato, e subentra immediatamente al granito. Essa continua quasi sempre della stessa natura promiscuata per lo spazio di un tiro di fucile; dopo di che diviene gradatamente piĂš ricca di frammenti calcarei, e questi, accrescendosi gradatamente di volume, fanno cangiare la roccia di aspetto, e finisce per convertirsi in una calcarea saccaroide oppure cavernosa, delle cui due varietĂ apparisce costituita la porzione dei monti situati a levante di Gavorrano.â âPartendo da quel posto fino al di lĂ di Ravi, il terreno che si percorre è tutto calcareo; però formato, ora da una roccia candida e granosa, ora brecciata, ora grigio- cavernosa e fetida, sempre bensĂŹ massiccia e senza nessun indizio di stratificazione. â Pressâa poco è della stessa natura il monte di Ravi, al pari di quelli che incontransi da questo paesetto fino a Caldana. Il monte e le vicinanze consistono in una calcarea salino-brecciata, la quale a proporzione che si avvicina verso Caldana riempiesi di vene spatose; e la calcarea mostrandosi gradatamente meno salina, acquista un color rossastro che aumenta sempre piĂš dâintensitĂ , mentre dalla tinta di fior di pesco passa al color mattone, ed arriva sino a quello della vinaccia. â La cava del bel marmo persichino rimane dal lato di grecale del castello di Caldana. In questa qualitĂ di pietra trovansi sepolti i resti di grosse conchiglie ammonitiche. â A scirocco di Caldana cessa il terreno calcareo e ricomparisce il macigno con lâargilla schistosa in strati emergenti da scirocco a maestro. â Avanti però di giungere al castello, in un poggetto che gli è di faccia, trovansi degli strati schistosi alterati, e consolidati mercè la silicizzazione, ed in maniera tale da esser convertiti in un vero diaspro.â â (NUOVO GIORNALE DEâLETTERATI DI PISA, N° 78).
Alle falde dei poggi situati a settentrione di Gavorrano, in lontananza poco piĂš dâun miglio da questa Terra scaturiscono diverse sorgenti di acqua termale acidula e leggermente ferruginosa di mezzo ad una calcarea stratiforme alquanto granosa e sparsa di filoni di spato candido. Ă questo bagno rammentato dellâantico statuto parziale di Gavorrano. â Vedere BAGNO DI GAVORRANO.
Se poi si contemplano i poggi di Montioni, che chiudono dal lato di maestro la comunitĂ di Gavorrano, nella massima parte consistono in calcarea-argillosa stratiforme compatta, color bianco latte, sparsa a luoghi di venature metalliche che tingono la roccia in rosso o in giallastro.
Cotesta pietra si converte bene spesso in unâargillolite friabile, disposta a strati interrotti e frammentarii, ora verticali, ora trasversali e ondulati e quasi sempre alternati o racchiusi in una creta argillosa. La stessa roccia in gran parte viene alterata e decomposta dalle emanazioni acide solforose o dai solfuri metallici; i quali ultimi in forma di vene insinuansi nella roccia cangiata in allumite. â Ă questa una delle localitĂ della valle di Cornia atta a somministrare i materiali per la confenzione dellâallume; ed è costĂ , a Montioni vecchio, dove si fabbricava lâallume in tempi molto anteriori a quelli delle famigerate allumiere della Tolfa. â Vedere MONTIONI.
Di epoca assai piĂš moderna, e di natura molto diversa dalle rocce dei monti qui sopra descritti, è il terreno avventizio che ricuopre il Pian dâAlma, la palustre pianura dâattorno allo Stagno di Scarlino, e quella della spiaggia di Follonica. Avvegnachè esso è il resultato dello sfacelo progressivo dei poggi che fanno ala e corona alle vallecole dellâAlma, della Pecora e della Ronna, le di cui acque costantemente trascinano seco le rocce sfaldate e cadute a piè deâpoggi che lambiscono; cosicchè stritolate in minuti frammenti vengono spinte in mare ed alle traversie lungo la spiaggia alternativamente risospinte a far argine ai fiumi.
Quindi avvenne che per il rallentato sbocco delle fiumane dellâAlma e della Pecora , si formano, progressivamente crescendo, i paduletti di Pian dâAlma , e quello piĂš vasto di Scarlino. Ma questi ed altri simili ristagni di acque lungo il littorale toscano, per le provide cure dellâAugusto Principe, cui stĂ sommamente a cuore il miglior ben essere possibile dei suoi sudditi, vanno a sparire gradatamente dalle toscane maremme, e sono arra sicura per veder migliorare in ogni rapporto le condizioni fisiche di cotesta contrada, la cui atmosfera restò per molti secoli viziata dalle nocive esalazioni di simili marazzi e lagune.
Chiamasi Puntone di Scarlino una palanca posta attraverso al canale di comunicazione fra il mare e lo stagno, mentre di qua dal Puntone avvi la palizzata per ritenere i pesci che vi entrano dal mare. Dietro il promontorio o capo meridionale del palustre lido di Scarlino trovasi una piccola cala presso la torre di Portilione, col quale nome ci si rammenta un porto, e forse quello stesso di Scapri designato dagli antichi Itinerarii.
LâAugusto LEOPOLDO II intento a beneficare ogni parte dei suoi felicissimi Stati, nella fiducia di ridurre allâantica condizione fisica le maremme del Granducato, ha rivolto le sue cure anco al littorale massetano.
Quindi per separare la maligna promiscuità delle acque terrestri dalle marine, sino dal 1830 ordinò la sommersione di navigli carichi di pietre alla foce dello stagno di Scarlino; fece percorrere alla Pecora un nuovo alveo per il tragitto di miglia toscane 2 e 1/2, affinchè dirigesse le sue acque a colmare la parte settentrionale del padule, mentre dal lato di levante un nuovo canale và trascinando in esso le torbe che nei tempi piovosi vi portano i fossi, ed i rivi fluenti dalle pendici dei monti di Gavorrano e di Scarlino.
Nel lungo periodo in cui i signori di Piombino erano subentrati agli antichi feudatarii con diritti e potere di sovranitĂ assoluta nella parte occidentale del territorio di Gavorrano, che spettava alla comunitĂ di Scarlino, essi tenevano qual demanio dello Stato una buona porzione di quelle foreste, mentre i privati avevano lâonere del legnatico, del pascolo, e in alcuni luoghi della sementa: sicchè ai mali fisici prodotti della malsania dellâaria si aggiunsero quelli derivati da una barbara legislazione.
Con Motuproprio dei 18 novembre 1833 il Magnanimo LEOPOLDO II convinto, che tali servitĂš mentre ritardano lo sviluppo e i progressi dellâagricoltura, sono di non lieve ostacolo alla facilitĂ delle contrattazioni fondiarie, volle degnarsi di abolire i diritti di pascolo e di legnatico esercitati dal demanio dello Stato per conto del principe o da altre persone, sia per causa di riservo di dominio, legge, consetudine; o in qualunque altra forma risultante nel territorio del giĂ principato di Piombino; in guisa che da quel giorno in poi autorizzò i possessori a potere affrancare i loto possessi da tali servitĂš mediante un congruo prezzo, o un equivalente frutto desunto dal prodotto annuo dellâabolito servaggio.
La troppo scarsa popolazione fu di un terribile obice per rendere piĂš fruttifero quel suolo, comecchè di natura ferace. Ciò non ostante nelle vicinanze di Gavorrano e nel pian dâAlma non mancano coltivazione a viti, a ulivi e a frutte di varia specie. â I boschi di sughere e di cerri, le folte macchie di scope, di marruche, sondri e ginepri, (recondito abituro di cinghiali) ingombrando quasi per cinque sesti il territorio comunitativo di Gavorrano, vale per circa 70 miglia quad. di suolo, sono altrettante prove lagrimevoli di un paese abbandonato per molti secoli al capriccio eventuale della natura e alla insalubritĂ e desolazione dellâumana specie.
Le selve cedue e di alto fusto da qualche tempo vanno progressivamente diradando, dopo di esser stata introdotta nelle Maremme la lavorazione della potassa e il commercio della scorza di cerri per le conce; nonostante che, viceversa, siano diminuiti i prodotti delle ghiande, come del sughero, di quella scorza esteriore che si può ottenere ogni tre o quattro anni della grossezza di 5 sino a 7 soldi, staccandola dalla querce della prenominata qualitĂ . (Quercus suber Linn.) La scorza per uso delle conce costituisce la seconda veste al tronco dello stesso albero, la quale viene staccata di dosso alla pianta, senza che soffra sensibilmente nella sua vegetazione, quando si abbia lâavvertenza di lasciare verticalmente al tronco una striscia unita della scorza medesima dai Maremmani appellata cordoncino.
Questo prodotto che prima era trascurato perchè non conosciuto, ha portato somme vistose di denaro a molti proprietarii di Maremma. Infatti la scorza estratta negli anni di maggiore lavorazione, come fu quello del 1827, si calcola che possa ascendere a circa 12,000,000 libbre; che a lire 40 il migliajo ammonterebbero a lire 480,000.
Le cataste e il carbone sono due articoli importantissimi per questa contrada. Una gran parte del carbone si cava dalle macchie riservate alle fucine di Follonica e di Valpiana: il restante si porta lungo la spiaggia di Alma e al Pontone di Scarlino, dove si imbarca per il Genovesato.
Le dogarelle di cerro e di farnia costituiscono il quarto prodotto delle foreste, e questo in confronto dei precedenti è forse il piÚ scarso del territorio comunitativo di Gavorrano.
Finalmente le fide per i pascoli in determinati tempi dellâanno, sono anchâesse di non piccola risorsa per i proprietarii dei boschi, e dei terreni lasciati in riposo, o a maggese.
La messe è forse di tutte il piÚ essenziale prodotto dei possidenti Gavorranesi; siccome lo è degli altri proprietarii terrieri della Maremma.
Rapporto al bestiame, sia pecorino o caprino, sia bovino o cavallino, appartiene per la massima parte a proprietarii non indigeni, i quali conducono o inviano dallâAppennino toscano a svernare le loro mandre nelle Maremme. Dissi per la maggior parte non indigeni, mentre si trovano costĂ anche i bestiami stazionarii, fra i quali la numerosa mandria di cavalli dei Lepori di Gavorrano.
Tre sorgenti dâindustria manifatturiera sono poste nei tre angoli estremi della comunitĂ di Gavorrano; cioè, nellâangolo a maestro del capoluogo le cave di Allumite per la confezione dellâallume di Montioni; nellâangolo a levante le cave del marmo persichino di Caldana; e a ponente nel littorale di Follonica la grandiosa manifattura Regia dei forni e annesse ferriere per fondere la vena del ferro dellâIsola di Elba, e lavorarne la ghisa . â Ă altresĂŹ vero che il maggior numero dei lavoranti vien costĂ , e ritorna nellâestate nella sua patria, che è verso Pistoja.
Con notificazione del 1832, allorchè venne eretta in Capoluogo di una nuova comunitĂ Castiglion della Pescaja, i distretti parrocchiali di Colonna e di Tirli furono smembrati dalla comunitĂ di Gavorrano per incorporarli alla nuova preaccennata. Quindi la superficie territoriale e la popolazione della comunitĂ , che si riporta nella tavoletta a tergo, deve contemplarsi anteriore allâeffettuato smembramento. â Vedere CASTIGLION DELLA PESCAJA ComunitĂ .
In Gavorrano risiedono un medico e un maestro di scuola.
Il potestĂ di Gavorrano non ha la giurisdizione civile sopra tutta la comunitĂ , giacchè le popolazioni di Colonna e di Giuncarico dipendono dal potestĂ di questâultimo paese; mentre a quella di Tirli, anche innanzi che fosse staccata dalla comunitĂ di Gavorrano, provvedeva il vicario R. di Castiglion della Pescaja anche per il civile, siccome da lui dipendono in quanto al criminale tutti due i potestĂ preaccennati. â La cancelleria comunitativa, e lâesazione del Registro sono in Massa, la conservazione delle Ipoteche, lâingegnere di Circondario e la Ruota stanno in Grosseto.
POPOLAZIONE della Comunità del GAVORRANO a tre epoche diverse, innanzi però che fossero staccati i distretti di Colonna e di Tirli.
- nome del luogo: Caldana, titolo della chiesa: S. Biagio (Pieve), diocesi cui appartiene: Grosseto, abitanti anno 1640 n° 329, abitanti anno 1745 n° 325, abitanti anno 1833 n° 427 - nome del luogo: (a) Colonna, titolo della chiesa: SS.
Simone e Giuda (Pieve), diocesi cui appartiene: Grosseto, abitanti anno 1640 n° 158, abitanti anno 1745 n° 138, abitanti anno 1833 n° 283 - nome del luogo: GAVORRANO, titolo della chiesa: S.
Giuliano (Arcipretura), diocesi cui appartiene: Grosseto, abitanti anno 1640 n° 276, abitanti anno 1745 n° 295, abitanti anno 1833 n° 598 - nome del luogo: Giuncarico, titolo della chiesa: SS.
Egidio e Giusto (Pieve), diocesi cui appartiene: Grosseto, abitanti anno 1640 n° 204, abitanti anno 1745 n° 170, abitanti anno 1833 n° 552 - nome del luogo: Ravi, titolo della chiesa: S. Leonardo (Pieve), diocesi cui appartiene: Grosseto, abitanti anno 1640 n° 163, abitanti anno 1745 n° 142, abitanti anno 1833 n° 309 - nome del luogo: *Scarlino, titolo della chiesa: S.
Martino in S. Donato (Pieve), diocesi cui appartiene: Grosseto, abitanti anno 1640 n° -, abitanti anno 1745 n° 315, abitanti anno 1833 n° 528 - nome del luogo: (a) Tirli, titolo della chiesa: S. Andrea (Pieve), diocesi cui appartiene: Grosseto, abitanti anno 1640 n° -, abitanti anno 1745 n° -, abitanti anno 1833 n° - nome del luogo: *Valli e Follonica, titolo della chiesa: S. Andrea (Pieve) e SS. Concezione, diocesi cui appartiene: Massa Marittima, abitanti anno 1640 n° -, abitanti anno 1745 n° -, abitanti anno 1833 n° 44 - Somma totale abitanti anno 1640 n° 1130 - Somma totale abitanti anno 1745 n° 1385 - Somma totale abitanti anno 1833 n° 3104 N. B. Dei popoli contrassegnati con lâasterisco * non si conosce la popolazione nelle due epoche piĂš antiche, stantechè essi allora facevano parte del principato di Piombino. Quelli segnati con la lettera (a) furono dati col loro distrettoalla nuova ComunitĂ di Castiglion della Pescaja.
Ă situata sopra un poggio appartenente alla giogana che separa la vallecola della Pecora da quella della Bruna, a cavaliere della strada Regia maremmana che le passa sotto dal lato che guarda settentrione, in una posizione piĂš elevata 458 braccia del livello del mare Mediterraneo.
Trovasi nel gr. 28° 34â 2ââ di longitudine, 42° 54â 4ââ di latitudine; circa 18 miglia toscane a maestr. di Grosseto, 13 miglia toscane a ostro di Massa; 3 miglia toscane a grecale di Scarlino, e 6 miglia toscane dallo sbocco del suo padule nel mare toscano.
Per quanto siasi detto, che costĂ verso Gavorrano doveva trovarsi lâantica mansione di Maniliana, ossia Manliana, per ragione che essa vedesi segnata nella tavola Teodosiana fra Populonia e la Bruna, con tutto ciò sino al secolo XII la storia di Gavorrano resta sepolta fra le distruzioni di tante terre e castelli che quasi invano il curioso andrebbe ora cercando per le toscane Maremme; nè Gavorrano si rinviene prima dellâepoca, in cui alcune famiglie secolari o monastiche, feudatarie dellâimperio o dei vescovi, poterono dominare senza grande ostacolo in mezzo ad orride selve, a deserti campi, e a poche capanne di poveri vassalli.
I primi dinasti di Gavorrano si mostrano nei conti Alberti di Mangona, almeno finchè non si scuoprano documenti piÚ vetusti di un privilegio dato in Pavia il dÏ 14 agosto 1164, col quale Federigo I restituÏ al giovinetto conte Alberto in feudo le terre e giurisdizioni appartenute al C.
Alberto di lui avo; annoverando, come luoghi feudali i castelli di Cornia, di Scarlino e di Gavorrano tra quelli che il conte Alberto seniore possedeva nella maremma di Massa e Populonia.
Al diploma regio testè accennato succede per ordine di data cronologica una bolla del Pont. Clemente III, spedita nel 1188 a Gualfredo vescovo di Grosseto, al quale, fra le chiese plebane spettanti alla sua diocesi, fu confermata quella di Govorrano con le cappelle, sostanze, giurisdizioni e tributi che sino dâallora alcuni Visdomini di Massa le pagavano.
Il conte Rainaldo, uno dei figli del conte Alberto di Mangona stato privilegiato da Federigo I, mediante divisione dei beni paterni, fatti li 16 febbrajo 1208, ebbe di parte i feudi della Maremma, e conseguentemente i castelli di Elci, di Gavorrano, di Scarlino e di Monte Rotondo, nellâultimo dei quali il C. Rainaldo teneva precipuamente la sua residenza.
Alla morte del C. Rainaldo subentrarono nei di lui diritti feudali i conti Pannocchieschi di Elci, di Travale e del castel della Pietra, comecchè gli abitanti di Gavorrano si reggessero allora a comune.
StĂ a provare lâindipendenza degli uomini di Gavorrano la deliberazione presa nel 1278 dal Comune di Volterra, quando rimise a libero arbitrio dellâuniversitĂ di Gavorrano lâelezione del podestĂ che doveva nellâanno susseguente entrare in uffizio in detta cittĂ . Infatti con partito comunitativo del 26 ottobre 1278 i Gavorranesi, adempiendo allâonorevole incarico, nominarono podestĂ di Volterra il nobil uomo Nello, ossia Paganello del fu Inghiramo deâPannocchieschi signore del castello della Pietra. Egli era quel Nello marito della Pia, alla quale lâAlighieri mise in bocca le misteriose parole: Siena mi feâ, disfecemi Maremma; Salsi colui cheâ nnanellata pria, Disposando, mâavea con la sua gemma.
Quel Nello, che maritò una sua figlia per nome Fresca al C. Manovello deâPannocchieschi dâElci, e che, per atto pubblico del 20 gennajo anno 1300 rinunziò alla sua parte di Gavorrano, di Gerfalco, di Travale e di Fosini al fratello suo Mangiante. (ARCH. DIPL. SEN. Carte della cittĂ di Massa).
Ma alle fazioni di partito, che piĂš acerbe e crudeli si resero nel secolo XIV, i Pannocchieschi per la maggior parte Ghibellini, insieme con i loro fedeli e vassalli commisero ogni sorta di ruberie, di omicidii e di incendii a danno dei Massetani, mentre questi dal canto loro facevano rappresaglie di uomini, di bestiame e di generi delle terre deâPannocchieschi.
Con lettera, scritta li 27 settembre del 1320 al capitano e priori della cittĂ di Massa, Carlo duca di Calabria, e vicario in Toscana per il di lui padre Roberto re di Napoli, faceva loro intendere, che per la morte di Manovello e deâsuoi fratelli conti dâElci il castello di Gavorrano toccava ad altri Pannocchieschi, fra i quali a Gabbriello e Niccoluccio figli di Dino deâPannocchieschi di Castiglion Bernardi, a Ugo e Neri, detto Scarpa, figlio di Mangiante: che i medesimi feudatari, essendo stati costretti dal Comune di Massa ad abbandonare il suddetto castello di Gavorrano dovevano essere restituiti al possesso.
Ho di giĂ avvertito, che il conte Manovello dâElci aveva per moglie una figlia di Nello dâInghiramo della Pietra.
Ciò non ostante i Massetani non perderono di vista la depressione dei Pannocchieschi, onde togliere loro ogni specie di dominio sulle castella del distretto di Massa, o ad esso limitrofe.
A tale scopo tendevano le convenzioni stabilite nel 30 settembre del 1327 fra il Comune di Massa e quello di Gavorrano con i seguenti capitoli: 1°. che il podestĂ di Gavorrano fosse nominato dai governatori di Massa con obbligo di giudicare secondo li statuti del luogo, eccettuati alcuni delitti, per i quali era dâuopo ricorrere al foro di Massa; 2°. Che i prodotti del paese non dovessero pagare dazio per entrare nel territorio di Massa; 3°. Che, volendo i Massetani fare acquisto dai Pannocchieschi della rocca, case, terreni e fitti che i conti possedevano in Gavorrano, non fossero aumentati i canoni e le pensioni ai Gavorranesi; 4°. Che questi ultimi avrebbe consegnato alle milizie Massetane il loro castello; 5°. Finalmente, che essi sarebbero considerati come cittadini di Massa, e che terrebbero per amici gli amici di questo Comune, e viceversa. (ARCH. DIPL. SEN. loc. cit.) Un anno dopo stabilite tali convenzioni, i governatori della cittĂ di Massa, mediante un loro sindaco, per contratto del 2 novembre 1328, acquistarono dal nobil uomo Mino di Cione deâMalavolti di Siena la metĂ del castello e giurisdizione della Pietra, con la porzione deâcastelli e territorii di Gavorrano e Gerfalco, stati poco tempo innanzi al Malavolti alienati dai fratelli Nello e Nerio di Mangiante Pannocchieschi. â Per convalidare il prenominato acquisto, i reggitori di Massa sei giorni dopo (8 novembre 1328) ottennero lâadesione e conferma dai Pannocchieschi sopraccennati, allâoccassione della vendita da essi fatta allo stesso Comune, per il prezzo di 6000 fiorini, degli antiche diritti sopra i castelli di Gavorrano e Gerfalco, oltre quelli che potessero pretendere sui castelli di Perolla, Accesa e Monte Pozzali.
â Dondechè dei preliminari della pace conclusa in Montopoli li 12 agosto 1329 fra i diversi popoli della Toscana, guelfi e ghibellini, sino al dĂŹ 30 luglio precedente fu disteso un articolo speciale destinato a convalidare lâacquisto di Gavorrano al Comune di Massa.
(loc. cit.).
Ma in quellâanno istesso i Senesi, avendo accolto sotto la loro accomandigia e cittadinanza i conti di Elci, di Giuncarico, di Castiglion Bernardi ed altri signori della consorteria Pannocchieschi, si riaccesero ben presto cagioni piĂš serie di discordia fra i Comuni di Siena e di Massa. Questâultimo, collegandosi allora con i Pisani, fra i patti convenuti nel trattato del 3 giugno 1331, non tralasciò quello relativo al castello e giurisdizione che pretendeva sopra Gavorrano.
Allora i Senesi corsero ad oste sopra il contado di Massa, e in poco tempo, benchè i Pisani avessero inviato gente in ajuto dei loro alleati, si impadronirono di Gavorrano, di Perolla, di Colonna, e di Monterotondo; per modo che i Gavorranesi dovettero risolversi, nel dĂŹ 8 dicembre 1331, dâinviare un loro sindaco a Siena per sottomettersi nuovamente a questa Repubblica.
Quindi fu facile ai Malavolti di potere rivendicare i loro diritti sopra Gavorrano, comecchè di buona o di mala voglia pochi anni innanzi li avessero a favore Massa alienati.
Infatti allâepoca della sedizione del 1390, per cui i Senesi si posero sotto la tutela e protezione di Giovanni Galeazzo duca di Milano, i Malavolti, ai quali in tal frangente era stato decapitato un onorato individuo (mess. Niccolò) allontanandosi dalla patria, si ritirarono in campagna alle loro castella. Era la testa di tutta la famiglia Orlando Malavolti, il quale in nome suo e dei nipoti Donusdeo e Bartolommeo, nel 2 febbrajo 1390, capitolando con i Dieci di Balia della Rep. fior. fu accettato dai Fiorentini in accomandigia con tutte le sue castella, fra le quali Gavorrano, Pietra, Ravi, Tatti e Alma (MALAVOLTI, Ist.
di Siena P. II).
Allâoccasione però dellâinvasione dellâesercito napoletano condotto dal re Alfonso dâAragona nelle maremme di Piombino, di Massa e di Grosseto, anche il castello di Gavorrano, verso lâanno 1450, fu militarmente occupato.
Ma i nipoti di mess. Orlando Malavolti facendo vive le loro ragioni con il patrocinio del Pont. Pio II e dei suoi congiunti di casa Piccolomini, nel 1460 poterono riavere dal re di Napoli il castello e giurisdizione di Gavorrano.
Sennonchè poco appresso la Rep. senese obbligò i Gavorranesi alla recognizione degli antichi capitoli di sottomissione, siccome infatti nel 1464 furono essi rinnovati e giurati.
Quindi nellâanno susseguente i nipoti e pronipoti di Orlando Malavolti, mediante istrumenti rogati li 6 di febbrajo e li 19 maggio 1465, rinunziarono per il prezzo di fiorini 5000 da lire 4 lâuno, ad ogni ragione di possesso sopra Gavorrano in favore della stessa Repubblica.
(ARCH. DIPL. SEN. Kaleffo dellâAssunta).
Dal 1465 in poi i Gavorranesi seguitarono la sorta del governo di Siena anche dopo che questa Rep. restò incorporata allo Stato vecchio del dominio fiorentino. â Vedere SIENA.
Dalla popolazione di Gavorrano indicata nel sottostante quadro si rileva, che essa, fra il 1640 e il1745, fu quasi stazionaria ma che andò progredendo dopo i miglioramenti sopravvenuti in cotesta Maremma mercè le benefiche cure dallâAugusta dinastia felicemente regnante nel Granducato di Toscana.
MOVIMENTO della popolazione della Terra di GAVORRANO a tre epoche diverse, divisa per famiglie.
ANNO 1640: Impuberi maschi -; femmine -; adulti maschi -, femmine -; coniugati dei due sessi -; ecclesiastici -; numero delle famiglie 72; totalitĂ della popolazione 276.
ANNO 1745: Impuberi maschi 44; femmine 56; adulti maschi 38, femmine 64; coniugati dei due sessi 88; ecclesiastici 7; numero delle famiglie 82; totalitĂ della popolazione 295.
ANNO 1833: Impuberi maschi 131; femmine 118; adulti maschi 68, femmine 79; coniugati dei due sessi 198; ecclesiastici 4; numero delle famiglie 120; totalitĂ della popolazione 598.
ComunitĂ di Gavorrano. â Il terrtorio comunitativo di Gavorrano, dopo la soppressione della comunitĂ di Scarlino, si estende sopra una superficie irregolare di 66934 quadr. dei quali 882 sono presi da strade e da corsi di acque. â Vi si trovava nel 1833 una popolazione di 3104 abit. a ragione di quasi 37 persone per ogni miglio toscano quadr. di suolo imponibile.
Confina con 5 comunitĂ del Granducato. â Ha dal lato di libeccio il littorale, lungo il quale la comunitĂ di Gavorrano si estende dalla bocca di Alma sino sopra Follonica; partendo cioè da ostro a settentrione dalla torre delle Civette rasenta il seno di Portiglione e il puntone di Scarlino, donde, curvando la spiaggia nella direzione da settentrione a maestro, passa davanti allo scalo di Follonica per sino alla foce del borro Salivoli. QuĂ trova la ComunitĂ di Piombino, e di conserva con essa, scostandosi dal mare, percorre nella direzione di settentrione i poggi che separano la valle della Pecora da quella della Cornia per arrivare sino alla franata torre di Montioni vecchio. Oltrepassato cotesto poggio trova la ComunitĂ di Suvereto, con la quale cambiando direzione da settentrione a levante entra nel fosso dellâAcqua nera , e di lĂ nella strada detta della Dogana, dove cessa la ComunitĂ di Suvereto e sottentra a confine quella di Massa marittima. Con questâultima attraversa lo stradone di Valpiana e quindi i poggi che sono fra il lago dellâAccesa, il diruto castel della Pietra e la strada Regia maremmana sino al Poggio Pinzuto. Quivi, dopo aver fatto un angolo rientrante e poscia sporgente, piega verso levante per andare incontro alla fiumana Bruna. Mediante lâalveo della Bruna fronteggia dal lato di levante con la ComunitĂ di Roccastrada, sino a che davanti al Vado Renoso lascia fuori la Bruna per volgersi a scirocco. Da questo lato trova la ComunitĂ di Castiglione della Pescaja, con la quale il territorio di Gavorrano si tocca mediante lâa lveo del torrente Rigo rimontandolo di conserva fra il poggio di Caldana e quello di Tirli, quindi varcando questâultimo per entrare nel fiumicello Alma , in quello che costituisce il maggior corpo dâacque correnti nel territorio di Gavorrano, e con esso ritorna al mare.
Fra le strade rotabili la sola R. maremmana (giĂ Emilia di Scauro) attraversa nella sua maggiore lunghezza la comunitĂ di Gavorrano, entrando a ponente nel suo territorio presso Valli di Follonica sino al torrente Rigo, dove cessa la ComunitĂ dopo il tragitto di 12 miglia toscane. â Contansi pure fra le vie rotabili lo stradone che da Follonica porta per Valpiana a Massa e la via che dal padule di Scarlino sale al castello dello stesso nome.
La parte piĂš montuosa del territorio in discorso spetta a una diramazione dei poggi che stendendosi da settentrione a libeccio a destra della Bruna passando tra Ravi e Gavorrano, fra Scarlino e Monte di Muro sino al littorale di Pian dâAlma , mentre rasentano verso ponente-libeccio il corso della stessa fiumana, giĂ confine del contado e della diocesi di Roselle con quella di Populonia. â Unâaltra piĂš umile catena di poggi gira dietro a quelli sui quali risiede la cittĂ di Massa, la quale minor giogana, dirigendosi da levante a libeccio sino a Montioni, separa le acque della Pecora da quelle della Cornia, e la comunitĂ di Gavorrano dal territorio di Suvereto e di Piombino.
Variatissimi di formazione, dâindole e di struttura sono i terreni che costituiscono la crosta apparente del suolo comunitativo di Gavorrano.
Fu Giorgio Santi il primo fra i naturalisti a segnalare nella catena dei poggi che separano la vallecola dellâAlma da quella della Bruna un fatto geologico importantissimo, quando disse di aver trovato nei monticelli a levante e a scirocco di Gavorrano rupi di granito frapposte a scogliere di una pietra tufacea vulcanica (specie di trachite); sembrandogli questa formata di terra feldspatosa con dei grossi cristalli striati ed opachi di feldspato bianco, bene spesso colorati specialmente di rossigno, con altri ammassi di quarzo e piccoli cristalli di mica. Fu pure lo stesso naturalista che disse, di avere ravvisato unâanalogia fra coteste rocce e quelle che aveva visitato sul MontâAmiata.
Ma di unâimportanza assai maggiore, e piĂš al giorno con gli avanzamenti della scienza geologica, sono le osservazioni fatte nel 1835 dal ch. prof. pisano Paolo Savi nella contrada in discorso; contrada che egli indicò come una delle piĂš confacenti fra quelle della Toscana per dimostrare le alterazioni plutoniane sofferte dalle rocce calcareo-compatte (alberese) mercè lâemersione, o in grazia di un qualche terreno cristallino e massiccio che lâavvicina. â Quindi io non potrei meglio servire allo scopo se non col riportare le parole di questo scienziato.
âNel gruppo di monti che separa la provincia Scarlinese (ossia la vallecola dellâAlma) dalla Grossetana, trovasi dalla parte settentrionale, precisamente ove siede la Terra di Gavorrano, una massa granitica che sembra essere stata la causa al sollevamento deâcirconvicini poggi e della connversione di quel calcare compatto in marmo salino che in abbondanza sâincontra nelle vicinanze. â Se dal Puntone di Scarlino, rasentando lo Stagna omonimo si piega verso Gavorrano, i monti lungo i quali si cammina vedonsi essere per la maggior parte formati di strati di macigno piĂš o meno compatto, di grana varia per la grossezza, che alterna con schisti argillosi e con strati di alberese. Il piccolo paese di Scarlino sta sopra un monte composto da questi medesimi materiali; ed unâeguale struttura presso a poco sâincontra sino quasi alla base del poggio di Gavorrano. Ma nelle vicinanze di questâultimo, particolarmente avviandosi alla suddetta Terra per la strada che con lâEmilia si unisce, trovansi il macigno ed i suoi schisti convertiti in un galestro molto siliceo, la cui alterazione o plutonizzazione è tanto maggiore quanto piĂš si accosta al poggio, e quanto piĂš su di questo si ascende.
Ma poco al di sopra del livello della pianura compariscono degli strati calcarei piÚ o meno contorti, coloriti e venati, che poi divengono in qualche luogo cavernosi, ed in qualche altro ancor fetidi; cosicchè giunti quasi al termine della salita, ogni segno di stratificazione sparisce, ed il calcare, al pari del galestro , risucesi ad un calcare cavernoso grigio cenere, fetido, poroso e sfacelato in guisa da sembrare a prima vista un tufo.
Questa è la roccia che dal lato meridionale sta a contatto della massa granitica. â Presso una torre diruta, che rimane un tiro di fucile fuori di Gavorrano, dal lato di libeccio ossia di Scarlino, vedesi in quella emergere un grosso filone feldspato-calcareo di colore carneo grigiastro.â âIl paese di Gavorrano è posato dal lato occidentale sul terreno calcareo, e dal lato orientale sopra un granito similissimo a quello dellâIsola dellâElba, cioè di colore grigiastro, di grana piuttosto minuta, abbondante in grossi cristalli di feldspato, contenente scarsi cristalli di turmalina nera, per lo piĂš riuniti a ventri gemmati.â âLasciato Gavorrano, se si prosegue la via verso il paese di Ravi e Caldana, continua il terreno granitico per circa un miglio fino cioè al punto, dove la strada Regia, dopo essersi diretta verso mezzo giorno, bruscamente rivolta a levante. La roccia calcareo feldspatica ricomparisce da questo lato, e subentra immediatamente al granito. Essa continua quasi sempre della stessa natura promiscuata per lo spazio di un tiro di fucile; dopo di che diviene gradatamente piĂš ricca di frammenti calcarei, e questi, accrescendosi gradatamente di volume, fanno cangiare la roccia di aspetto, e finisce per convertirsi in una calcarea saccaroide oppure cavernosa, delle cui due varietĂ apparisce costituita la porzione dei monti situati a levante di Gavorrano.â âPartendo da quel posto fino al di lĂ di Ravi, il terreno che si percorre è tutto calcareo; però formato, ora da una roccia candida e granosa, ora brecciata, ora grigio- cavernosa e fetida, sempre bensĂŹ massiccia e senza nessun indizio di stratificazione. â Pressâa poco è della stessa natura il monte di Ravi, al pari di quelli che incontransi da questo paesetto fino a Caldana. Il monte e le vicinanze consistono in una calcarea salino-brecciata, la quale a proporzione che si avvicina verso Caldana riempiesi di vene spatose; e la calcarea mostrandosi gradatamente meno salina, acquista un color rossastro che aumenta sempre piĂš dâintensitĂ , mentre dalla tinta di fior di pesco passa al color mattone, ed arriva sino a quello della vinaccia. â La cava del bel marmo persichino rimane dal lato di grecale del castello di Caldana. In questa qualitĂ di pietra trovansi sepolti i resti di grosse conchiglie ammonitiche. â A scirocco di Caldana cessa il terreno calcareo e ricomparisce il macigno con lâargilla schistosa in strati emergenti da scirocco a maestro. â Avanti però di giungere al castello, in un poggetto che gli è di faccia, trovansi degli strati schistosi alterati, e consolidati mercè la silicizzazione, ed in maniera tale da esser convertiti in un vero diaspro.â â (NUOVO GIORNALE DEâLETTERATI DI PISA, N° 78).
Alle falde dei poggi situati a settentrione di Gavorrano, in lontananza poco piĂš dâun miglio da questa Terra scaturiscono diverse sorgenti di acqua termale acidula e leggermente ferruginosa di mezzo ad una calcarea stratiforme alquanto granosa e sparsa di filoni di spato candido. Ă questo bagno rammentato dellâantico statuto parziale di Gavorrano. â Vedere BAGNO DI GAVORRANO.
Se poi si contemplano i poggi di Montioni, che chiudono dal lato di maestro la comunitĂ di Gavorrano, nella massima parte consistono in calcarea-argillosa stratiforme compatta, color bianco latte, sparsa a luoghi di venature metalliche che tingono la roccia in rosso o in giallastro.
Cotesta pietra si converte bene spesso in unâargillolite friabile, disposta a strati interrotti e frammentarii, ora verticali, ora trasversali e ondulati e quasi sempre alternati o racchiusi in una creta argillosa. La stessa roccia in gran parte viene alterata e decomposta dalle emanazioni acide solforose o dai solfuri metallici; i quali ultimi in forma di vene insinuansi nella roccia cangiata in allumite. â Ă questa una delle localitĂ della valle di Cornia atta a somministrare i materiali per la confenzione dellâallume; ed è costĂ , a Montioni vecchio, dove si fabbricava lâallume in tempi molto anteriori a quelli delle famigerate allumiere della Tolfa. â Vedere MONTIONI.
Di epoca assai piĂš moderna, e di natura molto diversa dalle rocce dei monti qui sopra descritti, è il terreno avventizio che ricuopre il Pian dâAlma, la palustre pianura dâattorno allo Stagno di Scarlino, e quella della spiaggia di Follonica. Avvegnachè esso è il resultato dello sfacelo progressivo dei poggi che fanno ala e corona alle vallecole dellâAlma, della Pecora e della Ronna, le di cui acque costantemente trascinano seco le rocce sfaldate e cadute a piè deâpoggi che lambiscono; cosicchè stritolate in minuti frammenti vengono spinte in mare ed alle traversie lungo la spiaggia alternativamente risospinte a far argine ai fiumi.
Quindi avvenne che per il rallentato sbocco delle fiumane dellâAlma e della Pecora , si formano, progressivamente crescendo, i paduletti di Pian dâAlma , e quello piĂš vasto di Scarlino. Ma questi ed altri simili ristagni di acque lungo il littorale toscano, per le provide cure dellâAugusto Principe, cui stĂ sommamente a cuore il miglior ben essere possibile dei suoi sudditi, vanno a sparire gradatamente dalle toscane maremme, e sono arra sicura per veder migliorare in ogni rapporto le condizioni fisiche di cotesta contrada, la cui atmosfera restò per molti secoli viziata dalle nocive esalazioni di simili marazzi e lagune.
Chiamasi Puntone di Scarlino una palanca posta attraverso al canale di comunicazione fra il mare e lo stagno, mentre di qua dal Puntone avvi la palizzata per ritenere i pesci che vi entrano dal mare. Dietro il promontorio o capo meridionale del palustre lido di Scarlino trovasi una piccola cala presso la torre di Portilione, col quale nome ci si rammenta un porto, e forse quello stesso di Scapri designato dagli antichi Itinerarii.
LâAugusto LEOPOLDO II intento a beneficare ogni parte dei suoi felicissimi Stati, nella fiducia di ridurre allâantica condizione fisica le maremme del Granducato, ha rivolto le sue cure anco al littorale massetano.
Quindi per separare la maligna promiscuità delle acque terrestri dalle marine, sino dal 1830 ordinò la sommersione di navigli carichi di pietre alla foce dello stagno di Scarlino; fece percorrere alla Pecora un nuovo alveo per il tragitto di miglia toscane 2 e 1/2, affinchè dirigesse le sue acque a colmare la parte settentrionale del padule, mentre dal lato di levante un nuovo canale và trascinando in esso le torbe che nei tempi piovosi vi portano i fossi, ed i rivi fluenti dalle pendici dei monti di Gavorrano e di Scarlino.
Nel lungo periodo in cui i signori di Piombino erano subentrati agli antichi feudatarii con diritti e potere di sovranitĂ assoluta nella parte occidentale del territorio di Gavorrano, che spettava alla comunitĂ di Scarlino, essi tenevano qual demanio dello Stato una buona porzione di quelle foreste, mentre i privati avevano lâonere del legnatico, del pascolo, e in alcuni luoghi della sementa: sicchè ai mali fisici prodotti della malsania dellâaria si aggiunsero quelli derivati da una barbara legislazione.
Con Motuproprio dei 18 novembre 1833 il Magnanimo LEOPOLDO II convinto, che tali servitĂš mentre ritardano lo sviluppo e i progressi dellâagricoltura, sono di non lieve ostacolo alla facilitĂ delle contrattazioni fondiarie, volle degnarsi di abolire i diritti di pascolo e di legnatico esercitati dal demanio dello Stato per conto del principe o da altre persone, sia per causa di riservo di dominio, legge, consetudine; o in qualunque altra forma risultante nel territorio del giĂ principato di Piombino; in guisa che da quel giorno in poi autorizzò i possessori a potere affrancare i loto possessi da tali servitĂš mediante un congruo prezzo, o un equivalente frutto desunto dal prodotto annuo dellâabolito servaggio.
La troppo scarsa popolazione fu di un terribile obice per rendere piĂš fruttifero quel suolo, comecchè di natura ferace. Ciò non ostante nelle vicinanze di Gavorrano e nel pian dâAlma non mancano coltivazione a viti, a ulivi e a frutte di varia specie. â I boschi di sughere e di cerri, le folte macchie di scope, di marruche, sondri e ginepri, (recondito abituro di cinghiali) ingombrando quasi per cinque sesti il territorio comunitativo di Gavorrano, vale per circa 70 miglia quad. di suolo, sono altrettante prove lagrimevoli di un paese abbandonato per molti secoli al capriccio eventuale della natura e alla insalubritĂ e desolazione dellâumana specie.
Le selve cedue e di alto fusto da qualche tempo vanno progressivamente diradando, dopo di esser stata introdotta nelle Maremme la lavorazione della potassa e il commercio della scorza di cerri per le conce; nonostante che, viceversa, siano diminuiti i prodotti delle ghiande, come del sughero, di quella scorza esteriore che si può ottenere ogni tre o quattro anni della grossezza di 5 sino a 7 soldi, staccandola dalla querce della prenominata qualitĂ . (Quercus suber Linn.) La scorza per uso delle conce costituisce la seconda veste al tronco dello stesso albero, la quale viene staccata di dosso alla pianta, senza che soffra sensibilmente nella sua vegetazione, quando si abbia lâavvertenza di lasciare verticalmente al tronco una striscia unita della scorza medesima dai Maremmani appellata cordoncino.
Questo prodotto che prima era trascurato perchè non conosciuto, ha portato somme vistose di denaro a molti proprietarii di Maremma. Infatti la scorza estratta negli anni di maggiore lavorazione, come fu quello del 1827, si calcola che possa ascendere a circa 12,000,000 libbre; che a lire 40 il migliajo ammonterebbero a lire 480,000.
Le cataste e il carbone sono due articoli importantissimi per questa contrada. Una gran parte del carbone si cava dalle macchie riservate alle fucine di Follonica e di Valpiana: il restante si porta lungo la spiaggia di Alma e al Pontone di Scarlino, dove si imbarca per il Genovesato.
Le dogarelle di cerro e di farnia costituiscono il quarto prodotto delle foreste, e questo in confronto dei precedenti è forse il piÚ scarso del territorio comunitativo di Gavorrano.
Finalmente le fide per i pascoli in determinati tempi dellâanno, sono anchâesse di non piccola risorsa per i proprietarii dei boschi, e dei terreni lasciati in riposo, o a maggese.
La messe è forse di tutte il piÚ essenziale prodotto dei possidenti Gavorranesi; siccome lo è degli altri proprietarii terrieri della Maremma.
Rapporto al bestiame, sia pecorino o caprino, sia bovino o cavallino, appartiene per la massima parte a proprietarii non indigeni, i quali conducono o inviano dallâAppennino toscano a svernare le loro mandre nelle Maremme. Dissi per la maggior parte non indigeni, mentre si trovano costĂ anche i bestiami stazionarii, fra i quali la numerosa mandria di cavalli dei Lepori di Gavorrano.
Tre sorgenti dâindustria manifatturiera sono poste nei tre angoli estremi della comunitĂ di Gavorrano; cioè, nellâangolo a maestro del capoluogo le cave di Allumite per la confezione dellâallume di Montioni; nellâangolo a levante le cave del marmo persichino di Caldana; e a ponente nel littorale di Follonica la grandiosa manifattura Regia dei forni e annesse ferriere per fondere la vena del ferro dellâIsola di Elba, e lavorarne la ghisa . â Ă altresĂŹ vero che il maggior numero dei lavoranti vien costĂ , e ritorna nellâestate nella sua patria, che è verso Pistoja.
Con notificazione del 1832, allorchè venne eretta in Capoluogo di una nuova comunitĂ Castiglion della Pescaja, i distretti parrocchiali di Colonna e di Tirli furono smembrati dalla comunitĂ di Gavorrano per incorporarli alla nuova preaccennata. Quindi la superficie territoriale e la popolazione della comunitĂ , che si riporta nella tavoletta a tergo, deve contemplarsi anteriore allâeffettuato smembramento. â Vedere CASTIGLION DELLA PESCAJA ComunitĂ .
In Gavorrano risiedono un medico e un maestro di scuola.
Il potestĂ di Gavorrano non ha la giurisdizione civile sopra tutta la comunitĂ , giacchè le popolazioni di Colonna e di Giuncarico dipendono dal potestĂ di questâultimo paese; mentre a quella di Tirli, anche innanzi che fosse staccata dalla comunitĂ di Gavorrano, provvedeva il vicario R. di Castiglion della Pescaja anche per il civile, siccome da lui dipendono in quanto al criminale tutti due i potestĂ preaccennati. â La cancelleria comunitativa, e lâesazione del Registro sono in Massa, la conservazione delle Ipoteche, lâingegnere di Circondario e la Ruota stanno in Grosseto.
POPOLAZIONE della Comunità del GAVORRANO a tre epoche diverse, innanzi però che fossero staccati i distretti di Colonna e di Tirli.
- nome del luogo: Caldana, titolo della chiesa: S. Biagio (Pieve), diocesi cui appartiene: Grosseto, abitanti anno 1640 n° 329, abitanti anno 1745 n° 325, abitanti anno 1833 n° 427 - nome del luogo: (a) Colonna, titolo della chiesa: SS.
Simone e Giuda (Pieve), diocesi cui appartiene: Grosseto, abitanti anno 1640 n° 158, abitanti anno 1745 n° 138, abitanti anno 1833 n° 283 - nome del luogo: GAVORRANO, titolo della chiesa: S.
Giuliano (Arcipretura), diocesi cui appartiene: Grosseto, abitanti anno 1640 n° 276, abitanti anno 1745 n° 295, abitanti anno 1833 n° 598 - nome del luogo: Giuncarico, titolo della chiesa: SS.
Egidio e Giusto (Pieve), diocesi cui appartiene: Grosseto, abitanti anno 1640 n° 204, abitanti anno 1745 n° 170, abitanti anno 1833 n° 552 - nome del luogo: Ravi, titolo della chiesa: S. Leonardo (Pieve), diocesi cui appartiene: Grosseto, abitanti anno 1640 n° 163, abitanti anno 1745 n° 142, abitanti anno 1833 n° 309 - nome del luogo: *Scarlino, titolo della chiesa: S.
Martino in S. Donato (Pieve), diocesi cui appartiene: Grosseto, abitanti anno 1640 n° -, abitanti anno 1745 n° 315, abitanti anno 1833 n° 528 - nome del luogo: (a) Tirli, titolo della chiesa: S. Andrea (Pieve), diocesi cui appartiene: Grosseto, abitanti anno 1640 n° -, abitanti anno 1745 n° -, abitanti anno 1833 n° - nome del luogo: *Valli e Follonica, titolo della chiesa: S. Andrea (Pieve) e SS. Concezione, diocesi cui appartiene: Massa Marittima, abitanti anno 1640 n° -, abitanti anno 1745 n° -, abitanti anno 1833 n° 44 - Somma totale abitanti anno 1640 n° 1130 - Somma totale abitanti anno 1745 n° 1385 - Somma totale abitanti anno 1833 n° 3104 N. B. Dei popoli contrassegnati con lâasterisco * non si conosce la popolazione nelle due epoche piĂš antiche, stantechè essi allora facevano parte del principato di Piombino. Quelli segnati con la lettera (a) furono dati col loro distrettoalla nuova ComunitĂ di Castiglion della Pescaja.
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1835, Volume II, p. 415.
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