LONCHIO (VILLA DI)
nella vallecola dell’Ema, popolo di (ERRATA : S.
Giorgio a Ruballa) S. Lorenzo a Montisoni, Comunità Giurisdizione e circa due miglia a scirocco del bagno a Ripoli, Diocesi e Compartimento di Firenze.
Risiede sulla pendice occidentale del monte Pilli, non molto lungi dal luogo che appellasi l’Apparita, perché di costassù apparisce e si scuopre a prima vista la città di Firenze, da chi vi si avvicina venendo dal Val d’Arno superiore per l’antica strada postale aretina.
La villa di Lonchio è stata celebrata dalla elegante penna del conte Lorenzo Magalotti, il quale allorché la possedeva, volle descriverla sotto il triplice aspetto fisico, geoponico e scenografico.
“Questa villa, scriveva egli nella cima delle sue lettere scientifiche ed erudite, questo magnifico modello di un gusto all’antica, risiede a mezzo il declive di un monte, di dove è levata e di dove è supplita via via la terra, o per servire al suo comodo, o al suo riparo .” “È il monte assai alto e ampio, e di falde così doviziose, che di facce, dalle quali rimane isolato e rigirato da’ propri scoli in due torrentelli, si vedono dal mezzo in giù come increspate a uso di girello da scene (crespe però da monte), racchiudendo in alcuno de’loro fondi e ne’lati di grossi poderi, e in altri, come parimenti nelle rivolte esterne, o masse o boscaglie, e spesso gli uni e le altre insieme. Sopra il girello da ponente, dove ha l’aspetto principale la villa, ricorre per un’assai lungo zoccolo di pietra spoglia d’ogni altra pianta, che di qualche scopa o ginestra e altri simili sterpi, ec.” Passa quindi l’Autore a discutere degli annessi della villa, quali erano ragnaja, vivajo, prati, muri, giardino, vigna e cappella e altre opere, che egli chiama di violenza e di usurpazioni fatte alla natura del sito, e assicurate con un grossissimo muro, che da levante serviva loro di barriera contro gli attentati del monte, ec.
Vediamo adesso, come il Magalotti dipinge la scena della posizione del suo Lochio, scena, (diceva), che la riuscita, e non arriva a intenderla se non chi la gode nell’estiva stagione. – Da Ponente per dritta linea, il primo riposo che abbia la vista, lo trova nelle montagne di Pistoja, il secondo in quelle della Pania, orlo con le montagne di Modena, il più alto del vastissimo catino ch’esse formano da questo lato; catino che ne contiene l’uno dentro l’altro, via via minori, (almeno tre) di monti, di poggi, e l’ultimo è più vocino, di collinette; che tutti, in grazia di Lonchio, pare che cortesemente, dove interrompano, e dove abbassino le loro sponde, appunto dove, e quanto bisogna, per iscoprirgli nell’ampia spaziosa pianura che serve di fondo al maggiore universale catino, a Firenze, Prato e Pistoja con tutto quell’immenso formidabile accampamento di ville e di abitazioni che nel basso e nell’alto cigne per tante miglia all’intorno d’un amico e ossequioso assedio Firenze. – L’aspetto di mezzo giorno, a mano diritta, è una parte di quasto istesso catino; a mano manca, offre una vista terminata da una degradazione di più costiere di monti, tutti vestiti di bosco, ec.; da tramontana, un riguardo assai simile; da levante prato, vigna, giardino, cappella, e dietro a tutto questo la cima più bassa del monte; e in fin qui vita che entra per gli occhi solamente. – Per dire adesso di quella, che v’entra per tutta la persona da un bagno che trovate da per tutto, e a tutte l’ore d’un’aria temperata (lasciatemi dire) a immortalità... A Lonchio con voltarsi la mattina a levante per non vedere il sole, se non si diventa, par d’essere, signor del mondo; mi spiegherò ec. ec....
Risiede sulla pendice occidentale del monte Pilli, non molto lungi dal luogo che appellasi l’Apparita, perché di costassù apparisce e si scuopre a prima vista la città di Firenze, da chi vi si avvicina venendo dal Val d’Arno superiore per l’antica strada postale aretina.
La villa di Lonchio è stata celebrata dalla elegante penna del conte Lorenzo Magalotti, il quale allorché la possedeva, volle descriverla sotto il triplice aspetto fisico, geoponico e scenografico.
“Questa villa, scriveva egli nella cima delle sue lettere scientifiche ed erudite, questo magnifico modello di un gusto all’antica, risiede a mezzo il declive di un monte, di dove è levata e di dove è supplita via via la terra, o per servire al suo comodo, o al suo riparo .” “È il monte assai alto e ampio, e di falde così doviziose, che di facce, dalle quali rimane isolato e rigirato da’ propri scoli in due torrentelli, si vedono dal mezzo in giù come increspate a uso di girello da scene (crespe però da monte), racchiudendo in alcuno de’loro fondi e ne’lati di grossi poderi, e in altri, come parimenti nelle rivolte esterne, o masse o boscaglie, e spesso gli uni e le altre insieme. Sopra il girello da ponente, dove ha l’aspetto principale la villa, ricorre per un’assai lungo zoccolo di pietra spoglia d’ogni altra pianta, che di qualche scopa o ginestra e altri simili sterpi, ec.” Passa quindi l’Autore a discutere degli annessi della villa, quali erano ragnaja, vivajo, prati, muri, giardino, vigna e cappella e altre opere, che egli chiama di violenza e di usurpazioni fatte alla natura del sito, e assicurate con un grossissimo muro, che da levante serviva loro di barriera contro gli attentati del monte, ec.
Vediamo adesso, come il Magalotti dipinge la scena della posizione del suo Lochio, scena, (diceva), che la riuscita, e non arriva a intenderla se non chi la gode nell’estiva stagione. – Da Ponente per dritta linea, il primo riposo che abbia la vista, lo trova nelle montagne di Pistoja, il secondo in quelle della Pania, orlo con le montagne di Modena, il più alto del vastissimo catino ch’esse formano da questo lato; catino che ne contiene l’uno dentro l’altro, via via minori, (almeno tre) di monti, di poggi, e l’ultimo è più vocino, di collinette; che tutti, in grazia di Lonchio, pare che cortesemente, dove interrompano, e dove abbassino le loro sponde, appunto dove, e quanto bisogna, per iscoprirgli nell’ampia spaziosa pianura che serve di fondo al maggiore universale catino, a Firenze, Prato e Pistoja con tutto quell’immenso formidabile accampamento di ville e di abitazioni che nel basso e nell’alto cigne per tante miglia all’intorno d’un amico e ossequioso assedio Firenze. – L’aspetto di mezzo giorno, a mano diritta, è una parte di quasto istesso catino; a mano manca, offre una vista terminata da una degradazione di più costiere di monti, tutti vestiti di bosco, ec.; da tramontana, un riguardo assai simile; da levante prato, vigna, giardino, cappella, e dietro a tutto questo la cima più bassa del monte; e in fin qui vita che entra per gli occhi solamente. – Per dire adesso di quella, che v’entra per tutta la persona da un bagno che trovate da per tutto, e a tutte l’ore d’un’aria temperata (lasciatemi dire) a immortalità... A Lonchio con voltarsi la mattina a levante per non vedere il sole, se non si diventa, par d’essere, signor del mondo; mi spiegherò ec. ec....
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1835, Volume II, p. 798.
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