CHIANTI
(Clantum)
Vasta, montuosa, boschiva e agreste contrada, celebre per i suoi vini, per il saluberrimo clima e più celebre ancora per la sua posizione geografica, la quale può dirsi nel centro della Toscana Granducale, cioè, fra il grado 28° 55’e 29° 10’ di longitudine e 43° 25’ e 43° 35’ di latitudine; ed è nei monti del Chianti dove hanno origine cinque fiumane, le quali per tre direzioni diverse e per altrettanti valloni fluiscono; finalmente è nel Chianti dove si toccano i territorj di cinque antiche diocesi, Arezzo a levante, Siena a ostro, Volterra a ponente (attualmente Colle) Firenze e Fiesole a settentrione.
Niuno scrittore, nè alcun dicastero governativo ha indicato finora quali fossero i limiti e l'estensione della provincia del Chianti. Imperocchè, dal canto loro i Senesi considerano per Chianti, non solamente una parte della Comunità di Castelnuovo della Berardenga, ma ancora di quella del Terzo di S. Martino che arriva alle porte della città; mentre dall'altro lato i Fiorentini riguardano come appendice del Chianti la parte settentrionale della Comunità di Greve e alcune frazioni delle Comunità di Barberino di Val d’Elsa e di Poggibonsi situate sul fianco, occidentale dei poggi che chiudono il Chianti dalla parte della Valle dell'Elsa.
Nell'opposto lato dei quali poggi corre ad essi parallela da maestrale a scirocco una diramazione secondaria dell'Appennino sotto nome di Monti del Chianti, la di cui criniera (da Monte Muro a Monte Fenali, dodici miglia di tragitto) costituisce la linea di demarcazione naturale la più costantemente adottata nella divisione politica fra la provincia del Chianti e quella del Val d’Arno superiore.
Arroge a ciò che la Repubblica Fiorentina divise, e il Granducato Mediceo conservò il distretto politico del Chianti in tre terzi, cioè, Terzo di Radda, Terzo di Gajole e Terzo della Castellina, conosciuti rapporto alla disposizione militare col nome di Lega della Castellina del Chianti e rapporto al potere civile dipendenti dalla potesteria di Radda, allora subalterna al Vicariato di Certaldo, mentre quella della Comunità di Greve alla stessa epoca dipendeva dal Vicario di S. Giovanni in Val d'Arno.
Dal che ne consegue che per regione, o vogliasi dire provincia del Chianti, si dovrebbe intendere la contrada circoscritta a grecale dal crine dei monti che stendonsi da Monte Muro a Monte Luco; cioè fra le sorgenti della Greve e quelle dell'Ambra; a levante da quella stessa criniera che continua da Mone Fenale per Cita mura e S.
Gusmé dove la montuosità si dechina per aprire l'adito alle Valli dell'Ombrone e dell'Arbia; mentre a libeccio si rialza una diramazione di poggi che da Cerreto Ciampoli s'innoltra per Vagliagli alla Castellina. Ivi la giogaja biforca per dirigere un braccio a maestro verso S. Donato in Poggio, l'altro a levante-grecale per Radda e Cultibuono, dove collegasi ai monti che chiudono il Chianti dal lato di grecale.
Quest'ultimo braccio, che attraversa il centro del Chianti, divide le acque del fiume Pesa, che vuotasi nell'Arno, da quelle del fiume Arbia, che in direzione contraria a quella del fiume Pesa và a fluire nell'Ombrone senese. In guisa che il Chianti può dirsi il pernio di divisione fra due fiumi reali e fra le due Valli maggiori della Toscana.
Se incerti furono, e tuttora conservansi i confini del Chianti, assai più incerta è l'origine della sua denominazione; comecchè l'etimologia più plausibile ne sembri quella derivata dal verbo Clango, quasi nato dall’antico stato agreste della contrada coperta di selve, e forse un dì destinata alle clamorose caccie baronali.
La quale congettura viene avvalorata dalle denominazioni di Brolio, di Avane e di Avenano, che per lunga età conservarono le primit ive pievi del Chianti, cioè, S. Felice in Avane, S. Marcellino in Avenano, S. Pietro Avenano, nomi tutti che dalla voce a Venando sembrarono originati.
– Vedere AVANE e AVENANO.
Se non fu errore dell’amanuense che scrisse Chianti invece di Campi, si potrebbe citare come la più antica memoria relativa al nome e contrada del Chianti un istrumeuto dell’anno 790 appartenuto alla badia di S.
Bartolommeo a Ripoli presso Firenze. Al qual monastero i pronipoti del suo fondatore confermarono fra le altre cose una corte in Clanti (sic) cum integro salingo. Se non che ci dà occasione di dubitare dell’equivoco di quel nome il trovare i saliceti proprj de’luoghi umidi e in pianura, mentre la regione del Chianti è asciutta e montuosa; e il sentire ripetere nell’istrumento medesimo res illa salinga in loco Campi, cioè, nella pianura palustre di Campi, che è 6 miglia a ponente di Firenze.
(SOLDANI Histor. Passinian. – LAMI. Mon. Eccl. Flor.) Meno dubbia si mostra la storia e lo stato agreste del Chianti verso il mille; sia quando il marchese Ugo, nel 998, assegnava alla badia di Poggibonsi beni che possedeva in Avenano presso Coltibuono, in Ama e a Gajole; sia allorchè il marchese Bonifazio di lui successore, nel 1004, donava alla badia fiorentina fra le altre corti le posses sioni che aveva a Brolio, a S. Regolo e a Radda.
I quali due documenti ci fanno strada per condurci ad arguire, che il distretto del Chianti, posto sul confine di cinque antiche città, doveva nei secoli X e XI servire di appannaggio ai marchesi della Toscana, mentre esercitavano essi le funzioni di vicarj dei re d'Italia; innanzi che la maggior parte della stessa contrada fosse divisa fra i conti rurali e le badie di Passignano, di Montemuro, di Coltibuono, ec.
Alle selve e alle bandite baronali del Chianti subentrarono a poco a poco coltivazioni di olivi, di gelsi e di viti basse, le quali producono una squisitissima qualità di vino, giustamente celebrato dal Redi nel suo Bacco in Toscana.
– Vedere RADDA, GAJOLE, ALBOLA (S. SALVADORE in).
Niuno scrittore, nè alcun dicastero governativo ha indicato finora quali fossero i limiti e l'estensione della provincia del Chianti. Imperocchè, dal canto loro i Senesi considerano per Chianti, non solamente una parte della Comunità di Castelnuovo della Berardenga, ma ancora di quella del Terzo di S. Martino che arriva alle porte della città; mentre dall'altro lato i Fiorentini riguardano come appendice del Chianti la parte settentrionale della Comunità di Greve e alcune frazioni delle Comunità di Barberino di Val d’Elsa e di Poggibonsi situate sul fianco, occidentale dei poggi che chiudono il Chianti dalla parte della Valle dell'Elsa.
Nell'opposto lato dei quali poggi corre ad essi parallela da maestrale a scirocco una diramazione secondaria dell'Appennino sotto nome di Monti del Chianti, la di cui criniera (da Monte Muro a Monte Fenali, dodici miglia di tragitto) costituisce la linea di demarcazione naturale la più costantemente adottata nella divisione politica fra la provincia del Chianti e quella del Val d’Arno superiore.
Arroge a ciò che la Repubblica Fiorentina divise, e il Granducato Mediceo conservò il distretto politico del Chianti in tre terzi, cioè, Terzo di Radda, Terzo di Gajole e Terzo della Castellina, conosciuti rapporto alla disposizione militare col nome di Lega della Castellina del Chianti e rapporto al potere civile dipendenti dalla potesteria di Radda, allora subalterna al Vicariato di Certaldo, mentre quella della Comunità di Greve alla stessa epoca dipendeva dal Vicario di S. Giovanni in Val d'Arno.
Dal che ne consegue che per regione, o vogliasi dire provincia del Chianti, si dovrebbe intendere la contrada circoscritta a grecale dal crine dei monti che stendonsi da Monte Muro a Monte Luco; cioè fra le sorgenti della Greve e quelle dell'Ambra; a levante da quella stessa criniera che continua da Mone Fenale per Cita mura e S.
Gusmé dove la montuosità si dechina per aprire l'adito alle Valli dell'Ombrone e dell'Arbia; mentre a libeccio si rialza una diramazione di poggi che da Cerreto Ciampoli s'innoltra per Vagliagli alla Castellina. Ivi la giogaja biforca per dirigere un braccio a maestro verso S. Donato in Poggio, l'altro a levante-grecale per Radda e Cultibuono, dove collegasi ai monti che chiudono il Chianti dal lato di grecale.
Quest'ultimo braccio, che attraversa il centro del Chianti, divide le acque del fiume Pesa, che vuotasi nell'Arno, da quelle del fiume Arbia, che in direzione contraria a quella del fiume Pesa và a fluire nell'Ombrone senese. In guisa che il Chianti può dirsi il pernio di divisione fra due fiumi reali e fra le due Valli maggiori della Toscana.
Se incerti furono, e tuttora conservansi i confini del Chianti, assai più incerta è l'origine della sua denominazione; comecchè l'etimologia più plausibile ne sembri quella derivata dal verbo Clango, quasi nato dall’antico stato agreste della contrada coperta di selve, e forse un dì destinata alle clamorose caccie baronali.
La quale congettura viene avvalorata dalle denominazioni di Brolio, di Avane e di Avenano, che per lunga età conservarono le primit ive pievi del Chianti, cioè, S. Felice in Avane, S. Marcellino in Avenano, S. Pietro Avenano, nomi tutti che dalla voce a Venando sembrarono originati.
– Vedere AVANE e AVENANO.
Se non fu errore dell’amanuense che scrisse Chianti invece di Campi, si potrebbe citare come la più antica memoria relativa al nome e contrada del Chianti un istrumeuto dell’anno 790 appartenuto alla badia di S.
Bartolommeo a Ripoli presso Firenze. Al qual monastero i pronipoti del suo fondatore confermarono fra le altre cose una corte in Clanti (sic) cum integro salingo. Se non che ci dà occasione di dubitare dell’equivoco di quel nome il trovare i saliceti proprj de’luoghi umidi e in pianura, mentre la regione del Chianti è asciutta e montuosa; e il sentire ripetere nell’istrumento medesimo res illa salinga in loco Campi, cioè, nella pianura palustre di Campi, che è 6 miglia a ponente di Firenze.
(SOLDANI Histor. Passinian. – LAMI. Mon. Eccl. Flor.) Meno dubbia si mostra la storia e lo stato agreste del Chianti verso il mille; sia quando il marchese Ugo, nel 998, assegnava alla badia di Poggibonsi beni che possedeva in Avenano presso Coltibuono, in Ama e a Gajole; sia allorchè il marchese Bonifazio di lui successore, nel 1004, donava alla badia fiorentina fra le altre corti le posses sioni che aveva a Brolio, a S. Regolo e a Radda.
I quali due documenti ci fanno strada per condurci ad arguire, che il distretto del Chianti, posto sul confine di cinque antiche città, doveva nei secoli X e XI servire di appannaggio ai marchesi della Toscana, mentre esercitavano essi le funzioni di vicarj dei re d'Italia; innanzi che la maggior parte della stessa contrada fosse divisa fra i conti rurali e le badie di Passignano, di Montemuro, di Coltibuono, ec.
Alle selve e alle bandite baronali del Chianti subentrarono a poco a poco coltivazioni di olivi, di gelsi e di viti basse, le quali producono una squisitissima qualità di vino, giustamente celebrato dal Redi nel suo Bacco in Toscana.
– Vedere RADDA, GAJOLE, ALBOLA (S. SALVADORE in).
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1833, Volume I, p. 695.
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