MONTE S. MARIA
(Castrum Montis S. Mariae) nella Valle del Tevere.
â Castello che ha preso il nome dalla sua chiesa battesimale (S. Maria) e che ha dato per molti secoli il titolo di marchesato allâantica prosapia deâmarchesi Bourbon del Monte, una volta del Colle, attualmente capoluogo di ComunitĂ nella Giurisdizione e 3 miglia toscane a scirocco di Lippiano, Diocesi e quasi 4 miglia toscane a libeccio di CittĂ di Castello, Compartimento di Arezzo.
Risiede sulla cima di un monte, che alzasi quasi a verruca sopra i suoi vicini, ed alle cui falde meridionali scorre il torrente Aggia, mentre le sue pendici volte a ponente- maestrale sono lambite dal torrente Erchi. â La sommitĂ della sua torre trovasi a 1212 braccia superiore al livello del mare Mediterraneo, fra il grado 29° 49â di longitudine e il grado 43° 26â 5â di latitudine, 10 miglia toscane a ostro della cittĂ di Sansepolcro, altrettante a scirocco di Anghiari, e circa 16 miglia toscane a levante di Arezzo.
Senza bisogno di attenerci ai falsi diplomi deglâimperatori Carlo Magno, Lodovico e Berengario II, nè ad alcuni altri esciti probabilmente dallo scrigno dellâimpostore Alfonso Ceccherelli di Bevagna, riserberò allâappendice di questâopera i documenti atti a dimostrare, che in cotesto monte sino dal secolo X dominava una prosapia di marchesi della Toscana, di origine, ossia che viveva a legge Ripuaria, dalla qual prosapia derivarono le nobili famiglie tuttora fiorenti dei marchesi Bourbon del Monte S. Maria stabilite a Firenze, dei marchesi di Petriolo, di Petrella e di Sorbello domiciliate in Perugia, dei marchesi Montini stanziati in Ancona ec.
AllâArticolo LUCCA (Vol. II pag. 836) si vide come sul declinare della terza decade del secolo XI era marchese e duca di Toscana un Ranieri figlio del conte Guido progenitore dei marehesi del Monte S. Maria e di Sorbello. Era lo stesso personaggio a nome del quale un suo castaldo, nellâottobre del 1014, stando nel Castello di Gragnano in Val Tiberina, permutò dei beni coi rappresentanti del monastero di Popano presso Caprese e dellâabazia di S. Flora e Lucilla deâBenedettini presso Arezzo. Era quel marchese Ranieri, che nellâottobre del 1016 risedendo in Arezzo vi proferĂŹ un placito assistito da Ugo conte di detta cittĂ e da altri giudici e magnati; finalmente era quel Marchese medesimo che nel 1026 stava in Lucca con la mira di contrastare il passo alle genti di Carrado II, mentre si recavano a Roma, passando per la Toscana.
Fu figlio del primo Ranieri marchese di Toscana un Uguccione marchese esso pure, dal quele nacque un marchese Arrigo e un altro Ranieri giuniore. A questâultimo ne richiamano due lettere del cardinal S. Pier Damiano (17. e 18. del Lib. VIII); con la prima delle quali quel monaco porporato esortava il detto Marchese a fare ua viaggio in Terrasanta in sconto dei suoi peccati. Lâaltra lettera è diretta alla chiarissima contessa Guilla moglie dello stesso marchese Ranieri II per indurla a rimediare ai disordini della ricca casa in cui essa era entrata; ed è nella stessa lettera, dove si racconta un caso funesto avvenuto alla moglie del conte Uberto di Soffena, ivi qualificato per fratello uterino del Marchese Uguccione di lei suocero. â Vedere BADIA DI SOFFENA.
Agli Articoli ABAZIA DI S. TRINITAâ DELLâALPI, ANGHIARI, ALTA DI S. EGIDIO, BIBBIANO di Val Tiberina, CASTIGLION FIORENTINO, CESA, CORTONA, FIGLINE di Val di Chiana, MONCIONE, MONTEDOGLIO, MONTERCHI, PILLI e PULICIANO, RIGUTINO, ROCCA DI PIERLE ec. ec. trovansi indicati tali e cotanto autentici documenti da non lasciar piĂš dubbio, che le illustri casate dei marchesi del Monte S.
Maria, di Sorbello, di Petrella e loro consorti non siano fra le prosapie piĂš cospicue e piĂš antiche della Toscana; al governo della quale dal 1014 fino al 1027 inclusive presedeva il Marchese Ranieri figlio del conte Guido; e che tanto esso, quanto i di lui successori ebbero castello nella CittĂ di Arezzo, possessioni estesissime in Val di Chiana, e nel Val dâArno aretino, castelli e giurisdiziani nella Valle superiore del Tevere, in Cortona, a CittĂ di Castello, a Perugia e nei loro contadi.
Concorre in parte a dimostrazione di un tal vero il testamento rogato nellâottobre del 1098, meutre infermava nel suo castello di Pierle un Marchese Arrigo, figlio del Marchese Ugone, o Uguccione, e nipote di altro Marchese Arrigo. Per il restante vi suppliscono i documenti degli archivii di quella famiglia, i protocolli dellâArchivio Vescovile di CittĂ di Castello, il registro vecchio della comunitĂ di Cortona, le membrane della cattedrale o della badia deâBenedettini di Arezzo, quelle degli Eremiti di Camaldoli, per non dire di tanti altri istrumenti; molti dei quali furono pubblicati dal Muratori, dagli Annalisti Camaldolensi, dal padre Fedele Soldani, dallâabate Camici, dallâAlticozzi, dallâAvv. Coltellini, ec. ec.
Che se a tutte quelle pergamene autentiche vi fosse alcuno che volesse innestare una carta dellâanno 972, relativa a certa donazione fatta alla badia di S. Maria di Petrojo in Val Tiberina da un conte Guido figlio di un Marchese Ugone, noi avremmo qualche ragione per credere col Pieracci e col Soldani, che il conte Guido del 972 fosse stato padre del primo Ranieri marchese di Toscana nella seconda e terza decade del secolo XI. â Ma allâasserto documento che ogni appoggio tostochè manca il suo originale nella doviziosa collezione delle membrane appartenute alla badia di Passignano, dove si vuole che un dĂŹ esistesse.
Non è qui luogo di trattenersi, nè tampoco di accennare glâistrumenti spettantt agli ascendenti dei Marchesi di Colle, di Pierle, di Petrella, e di Sorbello, i quali possono dirsi altrettante diramazioni dei Marchesi del Monte S.
Maria. Scopo attuale fia piuttosto quello di riandare brevemente sulle vicende storiche del paese e sulle imprese dei dinasti che per otto secoli continui vi signoreggiarono.
AllâArticolo LIPPIANO è stata indicata lâepoca nella quale i popoli di quel territorio furono accolti in accomandigia dalla Signoria di Firenze, previa però lâannuenza dei marchesi del Monte S. Maria. â AllâArticolo poi di MONTERCHI si vedrĂ che il suo distretto comunitativo corrisponde a un dipresso a quello dellâantico pievanato di S. Antimo, i di cui popoli fino dal 1194 da un Marchese Uguccione del Monte S. Maria furono posti sotto la giurisdizione politica del Comune di Arezzo.
Era, io penso, cotesto marchese Uguccione lo stesso che nel 1202 unitamente al fratello suo Marchese Guido con rogito del 29 maggio di detto anno sottomise i suoi castelli di Val di Pierle allâAccomandigia del Comune di Perugia.
Il qual Marchese Uguccione nasceva dal Marchese Ranieri III di questa dinastia, e che fu avo di un altro Uguccione giuniore marchese di Valiana, o di Valiano, cui spetta un trattato concluso nel 27 dicembre del 1249 col Comune di Cortona rapporto al castello e porto di Valiano in Val di Chiana. â Vedere VALIANO in Val di Chiana.
Che il sopranominato Marchese Uguccione figlio di Ranieri III fosse il genitore di un Marchese Ranieri IV rammentato in una carta dellâanno 1226, e che da costui provenisse un Marchese Guido del Monte S. Maria, non vi sono ragioni da asserirlo nè da negarlo. Non saprei peraltro su quali basi appoggiarmi per sostenere col canonico Giulio Mancini di CittĂ di Castello, che da esso Marchese Guido si debba incominciare la branca dei toparchi del Monte S. Maria, mentre egli supponeva che fosse stato il primo Marchese, il quale dopo la morte dellâImperatore Federigo II (anno 1250) per dedizione spontanea del popolo occupò e si costituĂŹ signore di quel castello, da cui i suoi figli e discendenti presero il distintivo, e dove lo stesso Marchese Guido edificò un palazzo di residenza per se e per i di lui eredi â (G.
MANCINI Memor. sopra due monete di Lucca, nel Giornale Arcadico T. 32).
Ă quel medesimo Marchese Guido di Valiana che nel 1245 copriva la carica di potestĂ in Volterra, rieletto dallo stesso Comune per sei mesi nellâanno successivo.
Che i marchesi di Valiana, o di Valiano nella Val di Chiana, fossero del ramo dei marchesi del Monte S. Maria danno ragione di crederlo i fatti che sul conto loro si raccontano nelle storie del secolo XIV, specialmente nella cronica di Giovanni Villani, e nella storia fiorentina dellâAmmirato. Lâultimo dei quali scrittori riscontrò nellâarchivio delle Riformagioni di Firenze un trattato di alleanza pubblicato alla fine del 1323 fra i Comuni di Firenze, di Siena, Bologna, Perugia, Orvieto, Gubbio e altre comunitĂ e signori di parte Guelfa, ad oggetto precipuamente di poter ricuperare CittĂ di Castello stata presa dai Tarlati di Arezzo. Nella quale circostanza fu eletto per sei mesi in capitano generale della taglia un altro Marchese del Monte S. Maria, di nome Guido, quello stesso Guido che Giovanni Villani qualificò col tilolo di Marchese di Valiana.
Settâanni dopo il medesimo toparca fu nominato a potestĂ della Repubblica di Siena, e nel 1331 in capitan generale dalla Repubblica Fiorentina con lâonorevole incarico di riformare il governo di Pistoja, dove volle che restasse nel 1332 in qualitĂ di conservatore della pace. (Op. cit. Lib.
XIII).
Ma un Marchese Guido del Monte S. Maria non era piĂš tra i vivi nel 1335, quando il Comune di Firenze nominò a capitan generale del suo esercito Giovanni Marchese figliuolo del defunto Marchese Guido del Monte, chiamato Collotorto, cioè, in quellâanno medesimo in cui un Marchese di Valiana nellâultima notte del settembre 1335 si partĂŹ dal Monte S. Maria con molte truppe deâPerugini e di altri collegati per cacciare, come fece, i Tarlati da CittĂ di Castello. (G. VILLANI, Cronic. Lib. XI capitolo 37, e AMMIR. Stor. Fior. Lib. VIII).
Appella al medesimo Giovanni marchese del Monte S.
Maria una lettera deâ25 novembre 1336 direttagli dalla Signoria di Fireaze per invitarlo a prendere il comando dei suoi eserciti per sei mesi, nella qual carica fu poi confermato nellâanno appresso. â (AMMIR. Op. cit. Lib.
VIII).
Anche le cronache sanesi hanno conservato la memoria di un marehese Ugolino di Guido del Monte S. Maria, probabilmente fratello di Giovanni testè rammentato; il qual Marchese fece da potestĂ in Siena nellâultimo semestre dellâanno 1336.
In quel tempo però si direbbe che fossero esistiti due personaggi della stessa prosapia di marchesi col nome di Giovanni, tostochè nellâanno 1343 allâoccasione della cacciata del duca dâAtene, fu potestĂ in Firenze un Giovanni Marchese di Valiana , confermato a tutto maggio 1344, nel tempo medesimo che Giovanni Marchese del Monte S. Maria si recava ambasciatore della Repubblica Fiorentina in Arezzo per indurre quei cittadini a riconoscere e uniformarsi al governo di Firenze.
Ma che il potestĂ di Firenze a quel tempo fosse lo estesso personaggio che designavasi col doppio titolo di Marchese Giovanni del Monte S. Maria, e di marchese di Valiana, ne abbiamo la certezza da due pergamene appartenute alla badia di Passignano, ora nellâArchivio Diplomatico Fiorentino.
La prima del 4 novembre 1343 contiene una sentenza pronunziata dal Marchese Giovanni del Monte S. Maria potestĂ e difensore della libertĂ del Comune di Firenze. La seconda del 19 febbrajo 1343 (1344 stil. com.) appella ad altra sentenza emanata dal Marchese Giovanni del Monte S. Maria potestĂ di Firenze. â (loc. cit. Carte di Volterra e dellâARCHIVIO GEN.) â (G. VILLANI Lib. XII cap. 17 e 20. â AMMIR. Lib. IX).
Di due altri Marchesi del Monte S. Maria contemporanei del prenominato sâincontra qualche menzione nelle Riformagioni Fiorentine allâanno 1345, quando il Marchese Angelo di quella prosapia fu eletto capitano e difensore del popolo di Firenze, dove nove anni dopo (1353) troviamo potestĂ il nobile mess. Piero, pur esso deâmarchesi del Monte; e ciò due anni innanzi che le cronache di Siena riportassero sotto lâanno 1355 il nome di un vicario imperiale in quella cittĂ , che fu Ugolino di Ranieri deâmarchesi del Monte S. Maria.
A questo suddetto anno 1355 ci richiama un fatto accaduto nel Borgo S. Sepolcro dove il vescovo di CittĂ di Castello si era recato per battezzare un figlio nato al Marchese Piero del Monte S. Maria, di cui si trova un minuto racconto in un transunto storico della Badia del Borgo S. Sepolcro. â (ANNAL. CAMALD. T. VI allâanno 1357).
Nel 1371 cuopriva lâuffizio di capitano del popolo fiorentino un altro marchese Guido, chiamato Guiduccio del Monte S. Maria, mentre sei anni dopo (nel 1377) tornò a Firenze a far da potestĂ il Marchese Piero prenominato.
Nel 1376 egli esercitò in Siena lâincarico medesimo con titolo di senatore, quando a lui diresse (ERRATA: una lettera) quattro lettere S. Caterina di Siena. Nella stessa carica di potestĂ fu chiamato dai Fiorentini nel 1381, il marchese Giovanni Corazza pur esso della casa del Monte S. Maria.
Al prenominato Marchese Piero del Monte S. Maria, non che ai Marchesi Angelo e Ugolino di Guiduccio della stessa consorteria, appella un privilegio concesso nel 14 maggio 1382 dallâImperatore Carlo IV, col quale veniva confermato ad essi il titolo di marchesi del Monte S.
Maria da continuarsi nella loro linea per ordine di primogenitura.
Ma qui cominciano gli atti di accomandigia di quei marchesi alla Repubblica Fiorentina, a partire dal preaccennato marchese Piero del Monte S. Maria; il quale fu ricevuto nel 1390 insieme coi suoi figli, ville, castelli e giurisdizioni sotto la protezione della Signoria di Firenze.
Un simil atto si rinnovava nel 27 gennajo 1425 a favore dei fratelli Cerbone e Lodovico del Monte S. Maria figli del Marchese Jacopo, i qual furono ricevuti in accomandigia con tutti i loro castelli a nome del Comune dai Dieci di Balia, che distesero i capitoli. Una delle condizioni imposte era il tributo del palio alla chiesa di S.
Giovan Battista in Firenze.
Infatti fra le pergamene dellâArch. Gen., ora nel Diplomatico di Firenze, esis te un mandato di procura del Marchese Cerbone del Monte S. Maria fatto nel Castello omonimo li 20 giugno 1451 per mandare la solita offerta del palio alla Signoria di Firenze.
Dipoi nel 16 agosto 1478 la Repubblica Fiorentina volle accordare lo stesso privilegio a Giovan Matteo di Lodovico dei marchesi di Sorbello, anche in benemerenza di avere egli valorosamente combattuto in ajuto dei Fiorentini contro lâesercito napoletano del re Alfonso dâAragona. In conseguenza di ciò la Signoria di Firenze, correndo lâanno 1482, affidò alla guardia e fedeltĂ del Marchese di Sorbello lâimportante rocca di Castro Caro in Romagna. â (AMMIR. Op. cit. Lib. XXIV, e XXV).
Altra accomandigia fu fatta sotto li l0 marzo 1495 a favore del Marchese Carlo di Ugolino del Monte S. Maria, e rinnovata nel 12 gennajo 1512 ad istanza di Girolamo e Francesco figliuoli del marchese Ranieri del Monte lâultimo dei quali, il marchese Francesco, nel febbrajo dellâanno 1518 rimase ferito nel momento, in cui egli peâFiorentini difendeva CittĂ di Castello investita dalle armi del duca dâUrbino, cui dovè rendersi.
Che piĂš, allâanno 1529 le storie fiorentine ricordano un Marchese Taddeo dei marchesi del Monte S. Maria valoroso capitano alla difesa di Firenze assediata, e nel 1554 un Marchese Piero della stessa linea fra le file delle truppe imperiali e medicee per battere la cittĂ di Siena, dopo la cui resa fu a lui affida la guardia del forte a Porta Camullia. â (AMMIR. Op. cit. Lib. XXIX, XXX e XXXIV.) Non debbo tampoco omettere qui di ricordare un lodo approvato dal governo di Firenze, in data dei 25 febbrajo 1532 (1533 stil. com.), e settâanni dopo dal Duca Cosimo deâMedici, quindi nel 22 giugno 1574 dal Granduca Francesco confermato, allorchè fu decretato di aggiungere al grado della nobiltĂ e lustro della prosapia del Monte S.
Maria gli onori della cittadinanza fiorentina .
In vigore del lodo testè accennato fu deciso che il piÚ vecchio della famiglia fosse pro tempore di diritto il principe del castello e del territorio del Monte S. Maria senza pregiudizio delle ragioni del Marchese Ferrante del Monte dopo la morte del Marchese Montino di lui padre.
Nel 31 luglio 1589, e nel 22 settembre 1606 furono rinnovate le accomandigie a favore deâmarchesi Gio.
Battista, Taddeo e Orazio del Monte alle solite condizioni, piĂš una qualche limitazione rispetto alla facoltĂ di far uso dellâarmi da fuoco. Uno di quei marchesi, Gio. Battista Bourbon del Monte dopo aver militato in qualitĂ di generale, nel 20 novembre del 1601 ottenne in feudo dal Granduca Ferdinando I per se, per i suoi figli e discendenti maschi il marchesato di Pian Castagnajo. â Vedere PIAN CASTAGNAJO.
Altro simile atto di accomandigia per il marchesato del Monte S. Maria fu concesso al cardinal Francesco Maria figlio del Marchese Ranieri del Monte dal Granduca Cosimo II, con diploma dellâ11 settembre 1615; e di nuovo sotto dĂŹ 17 luglio 1641 al Marchese Fabio dal Granduca Ferdinando II, riunovato nel dĂŹ 29 novembre 1671 dal Granduca Cosimo III, a favore e a nome del marchese Francesco figlio del Marchese Fabio sopra nominato.
Lâultima conferma delle accomandigie del marchesato del Monte S. Maria sotto il governo Mediceo cadde nellâanno 1731, con lâobbligo a quei toparchi di offrire ogni anno nel giorno di S. Giovanni Battista un palio di seta della valuta almeno di dieci fiorini dâoro. Ma questo tributo terminò collâabolizione degli omaggi al principio del secolo attuale, e finalmente dopo il lungo periodo di otto secoli cessò anche il feudo marchionale, atteso lâarticolo cento della pace di Vienna (agosto del 1815). In consegeuenza di quel trattato il marchesato del Monte S.
Maria fu incorporato al Granducato di Toscana, il cui governo ne istituĂŹ una nuova Com. sotto la giurisdizione del potestĂ di Lippiano per il civile, e sotto il Vicar. Regio di San Sepolcro per il politico e per il criminale.
Non conoscendo però lo stato della sua popolazione anteriormente al 1815, ci limiteremo a riportare nel quadro seguente il movimento della medesima a tre epoche recenti; vale a dire, quelle del 1818, del 1833 e del 1839.
Esiste in Monte S. Maria di fondazione dei marchesi un frequentato monastero di monache Benedettine sotto lâinvocaziono di S. Maria Maddalena.
MOVIMENTO della Popolazione della Parrocchia del MONTE S. MARIA a tre epoche diverse, divisa per famiglie.
ANNO 1818: Impuberi maschi 38; femmine 22; adulti maschi 41, femmine 47; coniugati dei due sessi 46; ecclesiastici dei due sessi 26; numero delle famiglie 35; totale della popolazione 220.
ANNO 1833: Impuberi maschi 38; femmine 28; adulti maschi 31, femmine 43; coniugati dei due sessi 64; ecclesiastici dei due sessi 24; numero delle famiglie 39; totale della popolazione 228.
ANNO 1839: Impuberi maschi 31; femmine 30; adulti maschi 47, femmine 56; coniugati dei due sessi 80; ecclesiastici dei due sessi 25; numero delle famiglie 43; totale della popolazione 269.
ComunitĂ del Monte S. Maria. â Il territorio di questa comunitĂ occupa una superfĂŹcie di 20803 quadrati agrari, 497 dei quali spettano a corsi dâacqua e a strade.
Nel 1833 vi abitavano 2649 persone, a ragione ripartitamente di 104 abitanti per ogni miglio quadrato di suolo imponibile.
Confina dal lato di ostro in parte, e dal lato di libeccio con la CormunitĂ di Arezzo mediante le prime fonti dellâAggia e del Padonchia , collâultimo deâquali torrenti il territorio del Monte S. Maria va girando sul fianco del Monte Marzana a guisa di un semicerchio, fino a che dopo mezzo miglio arriva alla confluenza del fosso Riccianello. Qui la ComunitĂ del Monte S. Maria lascia fuori il torrente Padonchia e la ComunitĂ di Arezzo, trovando a maestro quella di Monterchi, e di conserva con questâultima lâaltra si dirige a grecale sino passato il Castello di Lippiano per il tragitto di circa tre miglia.
Dopo di che voltando faccia a settentrione, per termini artific iali va a trovare la ComunitĂ di CittĂ di Castello dello Stato pontificio, con la quale fronteggia di rimpetto a settentrione e a levante fino a che non ritorna a toccare dal lato di ostro il territorio comunitativo di Arezzo.
La Comunità di S. Maria a Monte è quasi tutta montuosa e senza strade rotabili, qualora si eccettui quella malagevole che dal capoluopo scende sulla strada provinciale fra Monterchi e Città di Castello.
Fra le sue prominenze montuose quella su cui è fabbricata la torre e il paese del Monte S. Maria è la piÚ alta di tutte le altre della stessa comunità .
I maggiori corsi dâacqua della ComunitĂ in discorso sono il torrente Aggia dal lato di scirocco e quello Padonchia che scende dal monte Marzana a ponente-libeccio del capoluogo.
La natura del suolo di questa contrada consiste per la massima parte in macigno, o in grès castagnolo, denominato tufo, o pietra tufina; e la sua cultura agraria si riduce a boschi, a selve di castagni, a prati naturali e a semente di granaglie.
Le due famiglie deâmarchesi Bourbon del Monte S. Maria residenti in Firenze conservano costĂ varie possessioni allodiali con case e livelli che rimontano al tempo in cui i loro antenati risedevano in quel palazzo marchionale.
Vi si raccolgono pure nella stagione invernale degli ottimi tartufi. Fra gli animali da frutto, quelli che danno una maggior risorsa sono i majali e le pecore.
Hanno luogo nella stessa ComunitĂ due meschine fiere annuali, una delle quali suol tenersi nel capoluogo il primo lunedĂŹ dopo lâAscensione, e lâaltra il giorno 16 di agosto nel villaggio di Marzana.
Il commercio di questa comunitĂ si fa specialmente nei (ERRATA: mercati di Anghiari e di Sansepolcro) mercati dâAnghiari, di Monterchi e di Sansepolcro, giacchè mancano di mercati settimanali (ERRATA : i castelli vicini di Monterchi, e di Lippiano) il castello vicino di Lippiano.
La ComunitĂ del Monte S. Maria mantiene un medico e un maestro di scuola.
Il suo potestĂ risiede in Lippiano, il Vicario Regio, la cancelleria comunitativa, lâingegnere di Circondario e lâufizio di esazione del Registro sono in Sansepolcro, la conservazione delle Ipoteche e il tribunale di Prima Istanza in Arezzo.
QUADRO della Popolazione della ComunitĂ del MONTE S. MARIA a tre epoche diverse.
- nome del luogo: Arcalena, titolo della chiesa: S. Luca (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 104, popolazione anno 1833 n° 111, popolazione anno 1839 n° 81 - nome del luogo: Ciciliano, titolo della chiesa: S.
Donnino (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 63, popolazione anno 1833 n° 126, popolazione anno 1839 n° 113 - nome del luogo: Graziano, titolo della chiesa: S. Lucia (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 55, popolazione anno 1833 n° 59, popolazione anno 1839 n° 82 - nome del luogo: Lippiano, titolo della chiesa: S. Michele (Pieve), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 305, popolazione anno 1833 n° 304, popolazione anno 1839 n° 250 - nome del luogo: Marcignano, titolo della chiesa: S.
Michele (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 106, popolazione anno 1833 n° 150, popolazione anno 1839 n° 151 - nome del luogo: Marzana, titolo della chiesa: S.
Giovanni Battista (Rettoria), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 295, popolazione anno 1833 n° 271, popolazione anno 1839 n° 393 - nome del luogo: MONTE S. MARIA, titolo della chiesa: S. Maria (Pieve), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 220, popolazione anno 1833 n° 228, popolazione anno 1839 n° 269 - nome del luogo: Paterna, titolo della chiesa: S. Pietro (Rettoria), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 128, popolazione anno 1833 n° 155, popolazione anno 1839 n° 167 - nome del luogo: Pecorata, titolo della chiesa: S. Lorenzo (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 57, popolazione anno 1833 n° 71, popolazione anno 1839 n° 74 - nome del luogo: Petena, titolo della chiesa: S. Andrea (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 66, popolazione anno 1833 n° 103, popolazione anno 1839 n° 111 - nome del luogo: Petriolo, titolo della chiesa: S.
Bartolommeo (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 59, popolazione anno 1833 n° 87, popolazione anno 1839 n° 86 - nome del luogo: Pezzano, titolo della chiesa: S. Stefano (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 62, popolazione anno 1833 n° 81, popolazione anno 1839 n° 92 - nome del luogo: Piantrano, titolo della chiesa: S.
Lorenzo (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 123, popolazione anno 1833 n° 132, popolazione anno 1839 n° 112 - nome del luogo: Prato, titolo della chiesa: S. Pietro (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 173, popolazione anno 1833 n° 193, popolazione anno 1839 n° 210 - nome del luogo: Prine, titolo della chiesa: S. Biagio (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 64, popolazione anno 1833 n° 81, popolazione anno 1839 n° 78 - nome del luogo: Ranzola, titolo della chiesa: S. Marco (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 76, popolazione anno 1833 n° 109, popolazione anno 1839 n° 121 - nome del luogo: Satriano, titolo della chiesa: S. Leone (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 30, popolazione anno 1833 n° 67, popolazione anno 1839 n° 47 - nome del luogo: Trevina, titolo della chiesa: S.
Cristofano (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 121, popolazione anno 1833 n° 185, popolazione anno 1839 n° 158 - nome del luogo: Verciano, titolo della chiesa: S.
Michele (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 67, popolazione anno 1833 n° 78, popolazione anno 1839 n° 69 - Totale popolazione anno 1818 n° 2175 Entrano nella Comunità di Monte S. Maria le seguenti frazioni - nome del luogo: Cagnano, Comunità donde proviene: dalla Comunità estera di Città di Castello, abitanti anno 1833 n° 38, abitanti anno 1839 n° 39 - nome del luogo: Val di Petrina, Comunità donde proviene: dalla Comunità estera di Città di Castello, abitanti anno 1833 n° 12, abitanti anno 1839 n° 14 - Totale abitanti anno 1833 n° 2649 - Totale abitanti anno 1839 n° 2713
Risiede sulla cima di un monte, che alzasi quasi a verruca sopra i suoi vicini, ed alle cui falde meridionali scorre il torrente Aggia, mentre le sue pendici volte a ponente- maestrale sono lambite dal torrente Erchi. â La sommitĂ della sua torre trovasi a 1212 braccia superiore al livello del mare Mediterraneo, fra il grado 29° 49â di longitudine e il grado 43° 26â 5â di latitudine, 10 miglia toscane a ostro della cittĂ di Sansepolcro, altrettante a scirocco di Anghiari, e circa 16 miglia toscane a levante di Arezzo.
Senza bisogno di attenerci ai falsi diplomi deglâimperatori Carlo Magno, Lodovico e Berengario II, nè ad alcuni altri esciti probabilmente dallo scrigno dellâimpostore Alfonso Ceccherelli di Bevagna, riserberò allâappendice di questâopera i documenti atti a dimostrare, che in cotesto monte sino dal secolo X dominava una prosapia di marchesi della Toscana, di origine, ossia che viveva a legge Ripuaria, dalla qual prosapia derivarono le nobili famiglie tuttora fiorenti dei marchesi Bourbon del Monte S. Maria stabilite a Firenze, dei marchesi di Petriolo, di Petrella e di Sorbello domiciliate in Perugia, dei marchesi Montini stanziati in Ancona ec.
AllâArticolo LUCCA (Vol. II pag. 836) si vide come sul declinare della terza decade del secolo XI era marchese e duca di Toscana un Ranieri figlio del conte Guido progenitore dei marehesi del Monte S. Maria e di Sorbello. Era lo stesso personaggio a nome del quale un suo castaldo, nellâottobre del 1014, stando nel Castello di Gragnano in Val Tiberina, permutò dei beni coi rappresentanti del monastero di Popano presso Caprese e dellâabazia di S. Flora e Lucilla deâBenedettini presso Arezzo. Era quel marchese Ranieri, che nellâottobre del 1016 risedendo in Arezzo vi proferĂŹ un placito assistito da Ugo conte di detta cittĂ e da altri giudici e magnati; finalmente era quel Marchese medesimo che nel 1026 stava in Lucca con la mira di contrastare il passo alle genti di Carrado II, mentre si recavano a Roma, passando per la Toscana.
Fu figlio del primo Ranieri marchese di Toscana un Uguccione marchese esso pure, dal quele nacque un marchese Arrigo e un altro Ranieri giuniore. A questâultimo ne richiamano due lettere del cardinal S. Pier Damiano (17. e 18. del Lib. VIII); con la prima delle quali quel monaco porporato esortava il detto Marchese a fare ua viaggio in Terrasanta in sconto dei suoi peccati. Lâaltra lettera è diretta alla chiarissima contessa Guilla moglie dello stesso marchese Ranieri II per indurla a rimediare ai disordini della ricca casa in cui essa era entrata; ed è nella stessa lettera, dove si racconta un caso funesto avvenuto alla moglie del conte Uberto di Soffena, ivi qualificato per fratello uterino del Marchese Uguccione di lei suocero. â Vedere BADIA DI SOFFENA.
Agli Articoli ABAZIA DI S. TRINITAâ DELLâALPI, ANGHIARI, ALTA DI S. EGIDIO, BIBBIANO di Val Tiberina, CASTIGLION FIORENTINO, CESA, CORTONA, FIGLINE di Val di Chiana, MONCIONE, MONTEDOGLIO, MONTERCHI, PILLI e PULICIANO, RIGUTINO, ROCCA DI PIERLE ec. ec. trovansi indicati tali e cotanto autentici documenti da non lasciar piĂš dubbio, che le illustri casate dei marchesi del Monte S.
Maria, di Sorbello, di Petrella e loro consorti non siano fra le prosapie piĂš cospicue e piĂš antiche della Toscana; al governo della quale dal 1014 fino al 1027 inclusive presedeva il Marchese Ranieri figlio del conte Guido; e che tanto esso, quanto i di lui successori ebbero castello nella CittĂ di Arezzo, possessioni estesissime in Val di Chiana, e nel Val dâArno aretino, castelli e giurisdiziani nella Valle superiore del Tevere, in Cortona, a CittĂ di Castello, a Perugia e nei loro contadi.
Concorre in parte a dimostrazione di un tal vero il testamento rogato nellâottobre del 1098, meutre infermava nel suo castello di Pierle un Marchese Arrigo, figlio del Marchese Ugone, o Uguccione, e nipote di altro Marchese Arrigo. Per il restante vi suppliscono i documenti degli archivii di quella famiglia, i protocolli dellâArchivio Vescovile di CittĂ di Castello, il registro vecchio della comunitĂ di Cortona, le membrane della cattedrale o della badia deâBenedettini di Arezzo, quelle degli Eremiti di Camaldoli, per non dire di tanti altri istrumenti; molti dei quali furono pubblicati dal Muratori, dagli Annalisti Camaldolensi, dal padre Fedele Soldani, dallâabate Camici, dallâAlticozzi, dallâAvv. Coltellini, ec. ec.
Che se a tutte quelle pergamene autentiche vi fosse alcuno che volesse innestare una carta dellâanno 972, relativa a certa donazione fatta alla badia di S. Maria di Petrojo in Val Tiberina da un conte Guido figlio di un Marchese Ugone, noi avremmo qualche ragione per credere col Pieracci e col Soldani, che il conte Guido del 972 fosse stato padre del primo Ranieri marchese di Toscana nella seconda e terza decade del secolo XI. â Ma allâasserto documento che ogni appoggio tostochè manca il suo originale nella doviziosa collezione delle membrane appartenute alla badia di Passignano, dove si vuole che un dĂŹ esistesse.
Non è qui luogo di trattenersi, nè tampoco di accennare glâistrumenti spettantt agli ascendenti dei Marchesi di Colle, di Pierle, di Petrella, e di Sorbello, i quali possono dirsi altrettante diramazioni dei Marchesi del Monte S.
Maria. Scopo attuale fia piuttosto quello di riandare brevemente sulle vicende storiche del paese e sulle imprese dei dinasti che per otto secoli continui vi signoreggiarono.
AllâArticolo LIPPIANO è stata indicata lâepoca nella quale i popoli di quel territorio furono accolti in accomandigia dalla Signoria di Firenze, previa però lâannuenza dei marchesi del Monte S. Maria. â AllâArticolo poi di MONTERCHI si vedrĂ che il suo distretto comunitativo corrisponde a un dipresso a quello dellâantico pievanato di S. Antimo, i di cui popoli fino dal 1194 da un Marchese Uguccione del Monte S. Maria furono posti sotto la giurisdizione politica del Comune di Arezzo.
Era, io penso, cotesto marchese Uguccione lo stesso che nel 1202 unitamente al fratello suo Marchese Guido con rogito del 29 maggio di detto anno sottomise i suoi castelli di Val di Pierle allâAccomandigia del Comune di Perugia.
Il qual Marchese Uguccione nasceva dal Marchese Ranieri III di questa dinastia, e che fu avo di un altro Uguccione giuniore marchese di Valiana, o di Valiano, cui spetta un trattato concluso nel 27 dicembre del 1249 col Comune di Cortona rapporto al castello e porto di Valiano in Val di Chiana. â Vedere VALIANO in Val di Chiana.
Che il sopranominato Marchese Uguccione figlio di Ranieri III fosse il genitore di un Marchese Ranieri IV rammentato in una carta dellâanno 1226, e che da costui provenisse un Marchese Guido del Monte S. Maria, non vi sono ragioni da asserirlo nè da negarlo. Non saprei peraltro su quali basi appoggiarmi per sostenere col canonico Giulio Mancini di CittĂ di Castello, che da esso Marchese Guido si debba incominciare la branca dei toparchi del Monte S. Maria, mentre egli supponeva che fosse stato il primo Marchese, il quale dopo la morte dellâImperatore Federigo II (anno 1250) per dedizione spontanea del popolo occupò e si costituĂŹ signore di quel castello, da cui i suoi figli e discendenti presero il distintivo, e dove lo stesso Marchese Guido edificò un palazzo di residenza per se e per i di lui eredi â (G.
MANCINI Memor. sopra due monete di Lucca, nel Giornale Arcadico T. 32).
Ă quel medesimo Marchese Guido di Valiana che nel 1245 copriva la carica di potestĂ in Volterra, rieletto dallo stesso Comune per sei mesi nellâanno successivo.
Che i marchesi di Valiana, o di Valiano nella Val di Chiana, fossero del ramo dei marchesi del Monte S. Maria danno ragione di crederlo i fatti che sul conto loro si raccontano nelle storie del secolo XIV, specialmente nella cronica di Giovanni Villani, e nella storia fiorentina dellâAmmirato. Lâultimo dei quali scrittori riscontrò nellâarchivio delle Riformagioni di Firenze un trattato di alleanza pubblicato alla fine del 1323 fra i Comuni di Firenze, di Siena, Bologna, Perugia, Orvieto, Gubbio e altre comunitĂ e signori di parte Guelfa, ad oggetto precipuamente di poter ricuperare CittĂ di Castello stata presa dai Tarlati di Arezzo. Nella quale circostanza fu eletto per sei mesi in capitano generale della taglia un altro Marchese del Monte S. Maria, di nome Guido, quello stesso Guido che Giovanni Villani qualificò col tilolo di Marchese di Valiana.
Settâanni dopo il medesimo toparca fu nominato a potestĂ della Repubblica di Siena, e nel 1331 in capitan generale dalla Repubblica Fiorentina con lâonorevole incarico di riformare il governo di Pistoja, dove volle che restasse nel 1332 in qualitĂ di conservatore della pace. (Op. cit. Lib.
XIII).
Ma un Marchese Guido del Monte S. Maria non era piĂš tra i vivi nel 1335, quando il Comune di Firenze nominò a capitan generale del suo esercito Giovanni Marchese figliuolo del defunto Marchese Guido del Monte, chiamato Collotorto, cioè, in quellâanno medesimo in cui un Marchese di Valiana nellâultima notte del settembre 1335 si partĂŹ dal Monte S. Maria con molte truppe deâPerugini e di altri collegati per cacciare, come fece, i Tarlati da CittĂ di Castello. (G. VILLANI, Cronic. Lib. XI capitolo 37, e AMMIR. Stor. Fior. Lib. VIII).
Appella al medesimo Giovanni marchese del Monte S.
Maria una lettera deâ25 novembre 1336 direttagli dalla Signoria di Fireaze per invitarlo a prendere il comando dei suoi eserciti per sei mesi, nella qual carica fu poi confermato nellâanno appresso. â (AMMIR. Op. cit. Lib.
VIII).
Anche le cronache sanesi hanno conservato la memoria di un marehese Ugolino di Guido del Monte S. Maria, probabilmente fratello di Giovanni testè rammentato; il qual Marchese fece da potestĂ in Siena nellâultimo semestre dellâanno 1336.
In quel tempo però si direbbe che fossero esistiti due personaggi della stessa prosapia di marchesi col nome di Giovanni, tostochè nellâanno 1343 allâoccasione della cacciata del duca dâAtene, fu potestĂ in Firenze un Giovanni Marchese di Valiana , confermato a tutto maggio 1344, nel tempo medesimo che Giovanni Marchese del Monte S. Maria si recava ambasciatore della Repubblica Fiorentina in Arezzo per indurre quei cittadini a riconoscere e uniformarsi al governo di Firenze.
Ma che il potestĂ di Firenze a quel tempo fosse lo estesso personaggio che designavasi col doppio titolo di Marchese Giovanni del Monte S. Maria, e di marchese di Valiana, ne abbiamo la certezza da due pergamene appartenute alla badia di Passignano, ora nellâArchivio Diplomatico Fiorentino.
La prima del 4 novembre 1343 contiene una sentenza pronunziata dal Marchese Giovanni del Monte S. Maria potestĂ e difensore della libertĂ del Comune di Firenze. La seconda del 19 febbrajo 1343 (1344 stil. com.) appella ad altra sentenza emanata dal Marchese Giovanni del Monte S. Maria potestĂ di Firenze. â (loc. cit. Carte di Volterra e dellâARCHIVIO GEN.) â (G. VILLANI Lib. XII cap. 17 e 20. â AMMIR. Lib. IX).
Di due altri Marchesi del Monte S. Maria contemporanei del prenominato sâincontra qualche menzione nelle Riformagioni Fiorentine allâanno 1345, quando il Marchese Angelo di quella prosapia fu eletto capitano e difensore del popolo di Firenze, dove nove anni dopo (1353) troviamo potestĂ il nobile mess. Piero, pur esso deâmarchesi del Monte; e ciò due anni innanzi che le cronache di Siena riportassero sotto lâanno 1355 il nome di un vicario imperiale in quella cittĂ , che fu Ugolino di Ranieri deâmarchesi del Monte S. Maria.
A questo suddetto anno 1355 ci richiama un fatto accaduto nel Borgo S. Sepolcro dove il vescovo di CittĂ di Castello si era recato per battezzare un figlio nato al Marchese Piero del Monte S. Maria, di cui si trova un minuto racconto in un transunto storico della Badia del Borgo S. Sepolcro. â (ANNAL. CAMALD. T. VI allâanno 1357).
Nel 1371 cuopriva lâuffizio di capitano del popolo fiorentino un altro marchese Guido, chiamato Guiduccio del Monte S. Maria, mentre sei anni dopo (nel 1377) tornò a Firenze a far da potestĂ il Marchese Piero prenominato.
Nel 1376 egli esercitò in Siena lâincarico medesimo con titolo di senatore, quando a lui diresse (ERRATA: una lettera) quattro lettere S. Caterina di Siena. Nella stessa carica di potestĂ fu chiamato dai Fiorentini nel 1381, il marchese Giovanni Corazza pur esso della casa del Monte S. Maria.
Al prenominato Marchese Piero del Monte S. Maria, non che ai Marchesi Angelo e Ugolino di Guiduccio della stessa consorteria, appella un privilegio concesso nel 14 maggio 1382 dallâImperatore Carlo IV, col quale veniva confermato ad essi il titolo di marchesi del Monte S.
Maria da continuarsi nella loro linea per ordine di primogenitura.
Ma qui cominciano gli atti di accomandigia di quei marchesi alla Repubblica Fiorentina, a partire dal preaccennato marchese Piero del Monte S. Maria; il quale fu ricevuto nel 1390 insieme coi suoi figli, ville, castelli e giurisdizioni sotto la protezione della Signoria di Firenze.
Un simil atto si rinnovava nel 27 gennajo 1425 a favore dei fratelli Cerbone e Lodovico del Monte S. Maria figli del Marchese Jacopo, i qual furono ricevuti in accomandigia con tutti i loro castelli a nome del Comune dai Dieci di Balia, che distesero i capitoli. Una delle condizioni imposte era il tributo del palio alla chiesa di S.
Giovan Battista in Firenze.
Infatti fra le pergamene dellâArch. Gen., ora nel Diplomatico di Firenze, esis te un mandato di procura del Marchese Cerbone del Monte S. Maria fatto nel Castello omonimo li 20 giugno 1451 per mandare la solita offerta del palio alla Signoria di Firenze.
Dipoi nel 16 agosto 1478 la Repubblica Fiorentina volle accordare lo stesso privilegio a Giovan Matteo di Lodovico dei marchesi di Sorbello, anche in benemerenza di avere egli valorosamente combattuto in ajuto dei Fiorentini contro lâesercito napoletano del re Alfonso dâAragona. In conseguenza di ciò la Signoria di Firenze, correndo lâanno 1482, affidò alla guardia e fedeltĂ del Marchese di Sorbello lâimportante rocca di Castro Caro in Romagna. â (AMMIR. Op. cit. Lib. XXIV, e XXV).
Altra accomandigia fu fatta sotto li l0 marzo 1495 a favore del Marchese Carlo di Ugolino del Monte S. Maria, e rinnovata nel 12 gennajo 1512 ad istanza di Girolamo e Francesco figliuoli del marchese Ranieri del Monte lâultimo dei quali, il marchese Francesco, nel febbrajo dellâanno 1518 rimase ferito nel momento, in cui egli peâFiorentini difendeva CittĂ di Castello investita dalle armi del duca dâUrbino, cui dovè rendersi.
Che piĂš, allâanno 1529 le storie fiorentine ricordano un Marchese Taddeo dei marchesi del Monte S. Maria valoroso capitano alla difesa di Firenze assediata, e nel 1554 un Marchese Piero della stessa linea fra le file delle truppe imperiali e medicee per battere la cittĂ di Siena, dopo la cui resa fu a lui affida la guardia del forte a Porta Camullia. â (AMMIR. Op. cit. Lib. XXIX, XXX e XXXIV.) Non debbo tampoco omettere qui di ricordare un lodo approvato dal governo di Firenze, in data dei 25 febbrajo 1532 (1533 stil. com.), e settâanni dopo dal Duca Cosimo deâMedici, quindi nel 22 giugno 1574 dal Granduca Francesco confermato, allorchè fu decretato di aggiungere al grado della nobiltĂ e lustro della prosapia del Monte S.
Maria gli onori della cittadinanza fiorentina .
In vigore del lodo testè accennato fu deciso che il piÚ vecchio della famiglia fosse pro tempore di diritto il principe del castello e del territorio del Monte S. Maria senza pregiudizio delle ragioni del Marchese Ferrante del Monte dopo la morte del Marchese Montino di lui padre.
Nel 31 luglio 1589, e nel 22 settembre 1606 furono rinnovate le accomandigie a favore deâmarchesi Gio.
Battista, Taddeo e Orazio del Monte alle solite condizioni, piĂš una qualche limitazione rispetto alla facoltĂ di far uso dellâarmi da fuoco. Uno di quei marchesi, Gio. Battista Bourbon del Monte dopo aver militato in qualitĂ di generale, nel 20 novembre del 1601 ottenne in feudo dal Granduca Ferdinando I per se, per i suoi figli e discendenti maschi il marchesato di Pian Castagnajo. â Vedere PIAN CASTAGNAJO.
Altro simile atto di accomandigia per il marchesato del Monte S. Maria fu concesso al cardinal Francesco Maria figlio del Marchese Ranieri del Monte dal Granduca Cosimo II, con diploma dellâ11 settembre 1615; e di nuovo sotto dĂŹ 17 luglio 1641 al Marchese Fabio dal Granduca Ferdinando II, riunovato nel dĂŹ 29 novembre 1671 dal Granduca Cosimo III, a favore e a nome del marchese Francesco figlio del Marchese Fabio sopra nominato.
Lâultima conferma delle accomandigie del marchesato del Monte S. Maria sotto il governo Mediceo cadde nellâanno 1731, con lâobbligo a quei toparchi di offrire ogni anno nel giorno di S. Giovanni Battista un palio di seta della valuta almeno di dieci fiorini dâoro. Ma questo tributo terminò collâabolizione degli omaggi al principio del secolo attuale, e finalmente dopo il lungo periodo di otto secoli cessò anche il feudo marchionale, atteso lâarticolo cento della pace di Vienna (agosto del 1815). In consegeuenza di quel trattato il marchesato del Monte S.
Maria fu incorporato al Granducato di Toscana, il cui governo ne istituĂŹ una nuova Com. sotto la giurisdizione del potestĂ di Lippiano per il civile, e sotto il Vicar. Regio di San Sepolcro per il politico e per il criminale.
Non conoscendo però lo stato della sua popolazione anteriormente al 1815, ci limiteremo a riportare nel quadro seguente il movimento della medesima a tre epoche recenti; vale a dire, quelle del 1818, del 1833 e del 1839.
Esiste in Monte S. Maria di fondazione dei marchesi un frequentato monastero di monache Benedettine sotto lâinvocaziono di S. Maria Maddalena.
MOVIMENTO della Popolazione della Parrocchia del MONTE S. MARIA a tre epoche diverse, divisa per famiglie.
ANNO 1818: Impuberi maschi 38; femmine 22; adulti maschi 41, femmine 47; coniugati dei due sessi 46; ecclesiastici dei due sessi 26; numero delle famiglie 35; totale della popolazione 220.
ANNO 1833: Impuberi maschi 38; femmine 28; adulti maschi 31, femmine 43; coniugati dei due sessi 64; ecclesiastici dei due sessi 24; numero delle famiglie 39; totale della popolazione 228.
ANNO 1839: Impuberi maschi 31; femmine 30; adulti maschi 47, femmine 56; coniugati dei due sessi 80; ecclesiastici dei due sessi 25; numero delle famiglie 43; totale della popolazione 269.
ComunitĂ del Monte S. Maria. â Il territorio di questa comunitĂ occupa una superfĂŹcie di 20803 quadrati agrari, 497 dei quali spettano a corsi dâacqua e a strade.
Nel 1833 vi abitavano 2649 persone, a ragione ripartitamente di 104 abitanti per ogni miglio quadrato di suolo imponibile.
Confina dal lato di ostro in parte, e dal lato di libeccio con la CormunitĂ di Arezzo mediante le prime fonti dellâAggia e del Padonchia , collâultimo deâquali torrenti il territorio del Monte S. Maria va girando sul fianco del Monte Marzana a guisa di un semicerchio, fino a che dopo mezzo miglio arriva alla confluenza del fosso Riccianello. Qui la ComunitĂ del Monte S. Maria lascia fuori il torrente Padonchia e la ComunitĂ di Arezzo, trovando a maestro quella di Monterchi, e di conserva con questâultima lâaltra si dirige a grecale sino passato il Castello di Lippiano per il tragitto di circa tre miglia.
Dopo di che voltando faccia a settentrione, per termini artific iali va a trovare la ComunitĂ di CittĂ di Castello dello Stato pontificio, con la quale fronteggia di rimpetto a settentrione e a levante fino a che non ritorna a toccare dal lato di ostro il territorio comunitativo di Arezzo.
La Comunità di S. Maria a Monte è quasi tutta montuosa e senza strade rotabili, qualora si eccettui quella malagevole che dal capoluopo scende sulla strada provinciale fra Monterchi e Città di Castello.
Fra le sue prominenze montuose quella su cui è fabbricata la torre e il paese del Monte S. Maria è la piÚ alta di tutte le altre della stessa comunità .
I maggiori corsi dâacqua della ComunitĂ in discorso sono il torrente Aggia dal lato di scirocco e quello Padonchia che scende dal monte Marzana a ponente-libeccio del capoluogo.
La natura del suolo di questa contrada consiste per la massima parte in macigno, o in grès castagnolo, denominato tufo, o pietra tufina; e la sua cultura agraria si riduce a boschi, a selve di castagni, a prati naturali e a semente di granaglie.
Le due famiglie deâmarchesi Bourbon del Monte S. Maria residenti in Firenze conservano costĂ varie possessioni allodiali con case e livelli che rimontano al tempo in cui i loro antenati risedevano in quel palazzo marchionale.
Vi si raccolgono pure nella stagione invernale degli ottimi tartufi. Fra gli animali da frutto, quelli che danno una maggior risorsa sono i majali e le pecore.
Hanno luogo nella stessa ComunitĂ due meschine fiere annuali, una delle quali suol tenersi nel capoluogo il primo lunedĂŹ dopo lâAscensione, e lâaltra il giorno 16 di agosto nel villaggio di Marzana.
Il commercio di questa comunitĂ si fa specialmente nei (ERRATA: mercati di Anghiari e di Sansepolcro) mercati dâAnghiari, di Monterchi e di Sansepolcro, giacchè mancano di mercati settimanali (ERRATA : i castelli vicini di Monterchi, e di Lippiano) il castello vicino di Lippiano.
La ComunitĂ del Monte S. Maria mantiene un medico e un maestro di scuola.
Il suo potestĂ risiede in Lippiano, il Vicario Regio, la cancelleria comunitativa, lâingegnere di Circondario e lâufizio di esazione del Registro sono in Sansepolcro, la conservazione delle Ipoteche e il tribunale di Prima Istanza in Arezzo.
QUADRO della Popolazione della ComunitĂ del MONTE S. MARIA a tre epoche diverse.
- nome del luogo: Arcalena, titolo della chiesa: S. Luca (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 104, popolazione anno 1833 n° 111, popolazione anno 1839 n° 81 - nome del luogo: Ciciliano, titolo della chiesa: S.
Donnino (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 63, popolazione anno 1833 n° 126, popolazione anno 1839 n° 113 - nome del luogo: Graziano, titolo della chiesa: S. Lucia (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 55, popolazione anno 1833 n° 59, popolazione anno 1839 n° 82 - nome del luogo: Lippiano, titolo della chiesa: S. Michele (Pieve), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 305, popolazione anno 1833 n° 304, popolazione anno 1839 n° 250 - nome del luogo: Marcignano, titolo della chiesa: S.
Michele (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 106, popolazione anno 1833 n° 150, popolazione anno 1839 n° 151 - nome del luogo: Marzana, titolo della chiesa: S.
Giovanni Battista (Rettoria), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 295, popolazione anno 1833 n° 271, popolazione anno 1839 n° 393 - nome del luogo: MONTE S. MARIA, titolo della chiesa: S. Maria (Pieve), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 220, popolazione anno 1833 n° 228, popolazione anno 1839 n° 269 - nome del luogo: Paterna, titolo della chiesa: S. Pietro (Rettoria), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 128, popolazione anno 1833 n° 155, popolazione anno 1839 n° 167 - nome del luogo: Pecorata, titolo della chiesa: S. Lorenzo (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 57, popolazione anno 1833 n° 71, popolazione anno 1839 n° 74 - nome del luogo: Petena, titolo della chiesa: S. Andrea (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 66, popolazione anno 1833 n° 103, popolazione anno 1839 n° 111 - nome del luogo: Petriolo, titolo della chiesa: S.
Bartolommeo (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 59, popolazione anno 1833 n° 87, popolazione anno 1839 n° 86 - nome del luogo: Pezzano, titolo della chiesa: S. Stefano (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 62, popolazione anno 1833 n° 81, popolazione anno 1839 n° 92 - nome del luogo: Piantrano, titolo della chiesa: S.
Lorenzo (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 123, popolazione anno 1833 n° 132, popolazione anno 1839 n° 112 - nome del luogo: Prato, titolo della chiesa: S. Pietro (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 173, popolazione anno 1833 n° 193, popolazione anno 1839 n° 210 - nome del luogo: Prine, titolo della chiesa: S. Biagio (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 64, popolazione anno 1833 n° 81, popolazione anno 1839 n° 78 - nome del luogo: Ranzola, titolo della chiesa: S. Marco (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 76, popolazione anno 1833 n° 109, popolazione anno 1839 n° 121 - nome del luogo: Satriano, titolo della chiesa: S. Leone (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 30, popolazione anno 1833 n° 67, popolazione anno 1839 n° 47 - nome del luogo: Trevina, titolo della chiesa: S.
Cristofano (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 121, popolazione anno 1833 n° 185, popolazione anno 1839 n° 158 - nome del luogo: Verciano, titolo della chiesa: S.
Michele (Cura), diocesi cui appartiene: Città di Castello, popolazione anno 1818 n° 67, popolazione anno 1833 n° 78, popolazione anno 1839 n° 69 - Totale popolazione anno 1818 n° 2175 Entrano nella Comunità di Monte S. Maria le seguenti frazioni - nome del luogo: Cagnano, Comunità donde proviene: dalla Comunità estera di Città di Castello, abitanti anno 1833 n° 38, abitanti anno 1839 n° 39 - nome del luogo: Val di Petrina, Comunità donde proviene: dalla Comunità estera di Città di Castello, abitanti anno 1833 n° 12, abitanti anno 1839 n° 14 - Totale abitanti anno 1833 n° 2649 - Totale abitanti anno 1839 n° 2713
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1839, Volume III, p. 423.
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