MONTIGNOSO, o MONTE TIGNOSO di Lunigiana
già CASTEL D’AGHINOLFO presso la marina fra Pietrasanta e Massa.
– Villaggio con vicina rocca omonima, e chiesa antica plebana (SS. Vito e Modesto) capoluogo di Comunità e di Giurisdizione nella Diocesi attualmente di Massa Ducale, già di Luni-Sarzana, Ducato di Lucca.
Sebbene la rocca del Castel d’Aghinolfo e il villaggio di Montignoso siano due luoghi diversi, del primo de’quali restano in piedi grandiosi e pittoreschi avanzi con muri di circonvallazione sulla sommità di un poggio calcare che si avvicina più degli altri con la sua base alla riva del mare, e che il villaggio di Montignoso si trovi alle sue spalle, pure suol prendersi comunemente questo per quello, in guisa che in grazia della vicinanza e di una stessa giurisdizione, il Castel d’Aghinolfo si appella da gran tempo la Rocca o Caste di Montignoso .
Il villaggio pertanto di Montignoso risiede in un’insenatura di molti formata dai contrafforti che scendono verso il Lago di Porta dal Carchio per il Monte Folgorito lungo la faccia meridionale dell’Alpe Apuana sino alla ripa sinistra del canale di Montignoso. Esso trovasi nel gr. 27° 49’8’’ longitudine e 44° 1’ latitudine, quasi tre miglia toscane lontano dalla riva del mare e dalla torre del Cinquale posta allo sbocco del Lago di Porta; miglia toscane 4 e 1/2 a maestrale di Pietrasanta, 3 a scirocco di Massa, e circa 23 miglia toscane a maestrale ponente di Lucca.
Il titolo che fu dato di Castel d’Agilulfo , o Aghinolfo, indica per se solo la sua origine longobarda, se non fu anche fondato a’tempi del re di questo nome, o per conto dello stesso sovrano. Comunque sia, il fatto più certo è che alla corona durante il dominio longobardo appartenevano dei beni nel distretto del Castel di Aghinolfo, il qual distretto fino d’allora era compreso sotto la corte regia di Lucca. Ciò lo dà a conoscere un privilegio del re Astolfo spedito da Pavia li 10 febbrajo 753 a favore del suo cognato Anselmo primo abate e fondatore dell’augusta badia di Nonantola, confermato nel 20 maggio 1210 dall’Imperatore Ottone IV; col quale privilegio fu donato a detto monastero anche un oliveto posto presso il castello d’Aghinolfo, insieme con due poderi situati nella stessa giurisdizione.
Cotesto documento è per avventura uno dei pochi superstiti dei tempi longobardi atto a dimostrare che gli olivi sino da quell’età prosperavano nella marina di Lunigiana e della Versilia.
Il ch. Tiraboschi, che pubblicò per il primo quella con altre molte carte dell’Arhivio Nonantolano, non seppe indicare dove fosse cotesto castello d’Aghinolfo, rammentato eziandio in una carta lucchese del maggio 764, edita non ha guari nel T.V.P. II delle Memorie per servire alla storia del Ducato di Lucca. – Però da un placito pronunziato davanti all’Imperatore Arrigo II in Roncaglia li 5 maggio 1058, e reso di pubblico diritto dal Muratori, (Ant. M. Aevi T. III.) si rileva chiaramente la situazione del Castello d’Aghinolfo che ivi dichiara essere presso la Porta quae dicitur Bertam (anzi Beltrami).
Allora una terza parte del monte, della corte e del Castel d’Aghinolfo apparteneva alla mensa vescovile di Luni, a cui veniva contrastata da un tal Gandolfo del fu Arrigo di Lucca.
Per la qual cosa il vescovo lunense ed il suo avvocato proponevano a quell’augusto consesso di provar le loro ragioni col mezzo della pugna; et sic per pugnam probare volebant.
Ma il sopraddetto Gandolfo avendo ricusato di venire a quel brutale cimento, piuttosto rinunziò davanti il tribunale imperiale al controverso possesso e giurisdizione della suddetta terza porzione del castello, corte e monte di Aghinolfo, rilasciando il tutto al prelato per la chiesa di Luni, alla quale poscia l’Imperatore Federigo I con diploma del 29 luglio 1186 confermò quidquid in Castro Aghinulfi ad praedictam ecclesiam pertinet.
Sapendo però che la Porta Beltrame rammentata nel placito di Roncaglia era una specie di Chiusa situata sul confine orientale della provincia di Lunigiana con la Versilia , e che cotesta Porta collocata appunto a pié del monte, sul quale risiede la rocca del Castel d’Aghinolfo diede il titolo al vicino Lago di Porta, altrimenti appellato di Porta Beltrami , non ci resta più dubbio che quel Castello di Aghinolfo non fosse identico alla rocca di Montignoso.
Chi nel secolo XI dominasse sulle altre due porzioni di cotesto monte e castello il documento del 1058 lo tacque, né ce lo manifestano, ch’io sappia, altre pergamene di quella età. È noto soltanto che nel secolo XII vi avevano giurisdizione alcuni nobili di Versilia, per antonomasia appellata i Signori di Castello .
Che poi cotesta consorteria di nobili fu subfeudataria dei marchesi Malaspina di Lunigiana lo assicura fra gli altri documenti una sentenza pronunziata dagli arbitri nel maggio del 1202 per terminare certe controversie fra il vescovo di Luni e i marchesi Malaspina, alla quale prestarono giuramento, come feudatarii dei Malaspina, varii nobili di Corvaja, di Vallecchia e del Castello di Aghinolfo, nominandosi fra questi ultimi Truffa di Castello e i di lui fratelli . Anche in una convenzione conclusa in Modena li 29 aprile 1262 fra detto Comune da una parte e i marchesi Guglielmo, Corrado e Alberto, tutti tre della stirpe Malaspina, dall’altra parte, questi si obbligarono di far giurare anche i nobili di Gragnano, i nepoti di Truffa di Castel Aghinolfo e altri loro subfeudatarii, ecc. –(MURATORI Ant. Estens. e Ant. M.
Aevi).
Fra i fedeli del vescovo Gottifredo di Luni, all’anno 1151 si accenna un Veltro di Corvaja figlio del fu Guglielmo, il quale fu testimone a un atto pubblico del 3 dicembre di detto anno dato in Amelia, quando il vescovo lunense rinunziò la pieve di Carrara al priore di S. Frediano di Lucca. – (UGHELLI In Episc. Lun.) Se non fu figlio del prenominato Veltro quel Truffa di sopra rammentato, fia da credere però che i nipoti di Truffa di Castell’Aghinolfo fossero figli de’fratelli di lui rammentati nel lodo di Sarzana. Che poi un Truffa di Castello nascesse da Mezzolombardo è provato dagli Annali lucchesi di Tolomeo, dove all’anno 1174 si rammenta un Truffa di Mezzolombardo che fu padre di tre figliuoli, cioè, Mezzolombardo, Veltro e Paganello, nominati in un trattato di consorteria concluso nell’ottobre del 1219 fra i signori di Corvaja e Vallecchia, e giurato da Mezzolombardo, non però dagli altri due fratelli, Paganello e Veltro del fu Truffa. Nella quale convenzione si prometteva da quei nobili in ogni caso di controversia di starsene all’arbitrio del vescovo di Luni, o di Guglielmo Marchese Malaspina. –(MEM. LUCCH. T.
III).
L’annalista Beverini fidandosi del suo predecessore Tolomeo lucchese, all’anno 1225, pone tra i regoli del Castello di Aghinolfo e di Montignoso quattro fratelli, niuno de’quali ebbe che fare giammai con i nobili di Castello , essendo che quelli ivi nominati erano quattro figli di un C. Guido Guerra di Modigliana. – Vedere CECINA e LARCIANO di LAMPORECCHIO.
Predominando ne’signori di Castell’Aghinolfo il partito ghibellino, avvenne nel giugno del 1244 che Veltro del fu Truffa con Mezzolombardo di lui fratello e altri consorti di Vallecchia e Corvaja fecero lega coi Pisani; e ciò dopo che per loro mediazione essi ottennero protezione dall’Imperatore Federigo II, qualmente apparisce da un diploma spedito di Pietrasanta li 22 gennajo del 1242 a favore dei valvassori di Garfagnana, di Versilia e de’signori del Castell’Aghinolfo. Quindi essendo insorta disputa a cagione di confini fra i nobili di Corvaja e quelli del Castello Aghinolfo, nel 29 gennajo del 1244, fu fatto compromesso in Sarsana nel marchese Uberto Pallavicino fra Corrado di Castello per se e per tutti i suoi consorti del Castell’Aghinolfo da una parte, cioè, per Ugolino del fu Mezzolombardo e per Orlando del fu Paganello di lui cugino, eccettuato Guglielmo Negro con alcuni altri, e dall’altra parte fra Parente, Ranieri, Tancredi e altri signori di Corvaja. Dondechè nel 14 ottobre successivo nella chiesa di S. Bartolommeo a Brancagliano fu pronunziato il lodo dagli arbitri, col quale vennero designati i confini fra i Corvajesi e i signori di Castello. – Vedere l’Articolo Comunità.
Però se il territorio della Versilia, compreso quello di Montignoso, per la mediazione dello stesso Marchese Pallavicino, due anni innanzi (12 gennajo 1242) era stato conferito con titolo di feudo ai prenominati Cattani, o Valvassori, non corse molto tempo dacchè il governo di Lucca inviasse le sue genti ad impadronirsi di Montignoso e del Castel d’Aghinolfo con tutto quel distretto.
Avvegnacchè i Lucchesi irritati da tante ribellioni di que’sudditi, dopo avere nel 1250 comandata l’oste contro i Pisani e i signori della Versilia e Lunigiana loro alleati, dovettero di nuovo nel 1254 mettere al bando come ribelli e traditori dello stato molti di quei dinasti per essersi dati proditoriamente al Comune di Pisa.
Che sebbene costoro, in grazia della vittoria riportata a Montaperto, tornassero a dominare in Montignoso e nei vicini castelli della Versilia, la loro signoria non fu di lunga durata, tostochè all’arrivo in Toscana del re Carlo d’Angiò i Lucchesi assistit i dai Fiorentini e dai Genovesi conquistarono sotto la giurisdizione di due vicarie (Camajore e Pietrasanta). – Vedere MONTUOLO.
– D’allora in poi Montignoso, col Castello Aghinolfo fu sottoposto alla giurisdizione di Pietrasanta.
Contansi fra le memorie relative ai dinasti di Castell’Aghinolfo due istrumenti del 15 ottobre 1251 e 13 settembre 1252, i quali ricordano un Ugolino figlio di Mezzolombardo da Castello e un suo cugino, Bernardino del fu Veltro, mentre un altro figlio dello stesso Mezzolombardo, cioè Bonifazio da Castello, detto anche Bonifazio Rosso , trovasi rammentato in altro istrumento del 1 aprile 1258.
Un terzo Mezzolombardo giuniore, figlio del testè rammentato Ugolino, è citato in un contratto rogato li 20 giugno 1266 nella villa di Gabbiano del nobil Vinciguerra figliuolo che fu di Veltro di Truffa da Castello. Anche un Bardo (Mezzolombardo) nato da Ugolino di Mezzolombardo, è ricordato in altre carte dell’Archivio di Stato di Lucca sotto gli anni 1278 e 1295.
Durante poi il governo di Castruccio, due cittadini lucchesi, Perotto d’Jacopo dello Strego, e Simone da Camporgiano, furono destinati giudici sopra la questione sui confini territoriali fra Massa e Montignoso, le quali vertenze restarono per allora assopite mediante un lodo del 1326.
Era uno degli arbitri in detta confinazione quello stesso Perotto dello Strego che nel 4 marzo 1329 ottenne in feudo da Lodovico il Bavaro il Lago di PortaBeltrami , detto in seguito dal suo feudatario il Lago di Perotto.
Dopochè Lucca era caduta sotto il dominio dei Pisani, alcuni nipoti di Castruccio, cioè, Orlando di enrico, e Giovanni di Vallerano degli Antelminelli, mediante contratto del 6 marzo 1366, acquistarono in compra per mille fiorini d’oro, che i loro sindaci sborsarono al venditore Barduccio del fu Neri de’nobili di Castello Aghinolfo, per l’intiera metà di questo e del castello di Montignoso, compresi i terreni, giurisdizioni, vassalli, pedaggi, boschi, pascoli, caccia, ecc. dentro il distretto di quei due castelli. – (CIANELLI, Memor. Lucch. T. III.) Da questo documento frattanto resulterebbe che i nobili di Montignoso di parte ghibellina fossero tornati al dominio del nominato castello, mercè l’influenza del governo di Pisa, che resse dal 1342 al 1369 i destini della Repubblica di Lucca. Ma tostochè i Lucchesi per grazia di Carlo IV poterono redimersi da quella, ch’essi chiamarono servitù babilonica, fu riorganizzato il governo nazionale lucchese; nella quale circostanza il territorio della stessa repubblica fu repartito come ai tempi di Castruccio in tante vicarie, allora quando Montignoso col Castello Aghinolfo era compreso nella giurisdizione e vicaria di Pietrasanta.
Nel 1438 Montignoso col castell’Aghinolfo fu occupato temporariamente dalle armi della repubblica Fiorentina che lo rese al governo lucchese nella pace del 1441 insieme con gli altri paesi delle vicarie di Pietrasanta, di Camajore, ecc.
Montignoso si mantenne unito alla giurisdizione di Pietrasanta fino a che quest’ultima Terra fu staccata dal dominio di Lucca (anno 1514); dopo la qual epoca il giusdicente lucchese da Pietrasanta passò a risedere in Montignoso, limitandosi d’allora in poi alla sola giurisdizione della sua parrocchia.
Comunità di Montignoso . – Il territorio di questa comunità si stà attualmente misurando onde stimarlo categoricamente nel nuovo catasto lucchese. – Esso confina dal lato di ostro scirocco con la comunità granducale di Pietrasanta, a partire dalla Torre del Cinquale sul lido del mare e di là rimontando il canale emissario del Lago di Porta, la cui gronda occidentale lambisce il territorio di Montignoso, trapassa i lembi della medesima per quindi attraversare i prati alla sinistra della strada postale che va a Genova e di là salire lo scoglio del Salto della Cervia, cui si atterga il poggio di Palatina; e percorrendo verso la criniera del monte Folgorito arriva alla marmorea rupe del Carchio sull’Alpe Apuana. Costà viene a confine dal lato di levante la Comunità pure Granducale di Seravezza, con la quale l’altra di Montignoso seguita a salire sino a un contrafforte occidentale del Mont’Altissimo . Dirimpetto al casaluccio di Corsanico il territorio di Montignoso volta direzione da grecale a maestrale avendo allora dirimpetto la Comunità di Massa Ducale, con la quale percorre i poggi che scendono dall’Alpe della Tambura sino presso a quella di Pariana, dove piegando da maestrale a ostro, scende alle spalle del poggio di Massa vecchia, da dove poscia incamminandosi verso scirocco attraversa la strada postale di Genova per ritornare sulla riva del mare alla dis tanza di due terzi di miglia toscane dalla Torre del Cinquale, nel cui intervallo servono di confine le onde marine.
Fra i corsi d’acqua che scendono dal Montignoso contasi il canale omonimo, altrimenti appellato Pannosa , il quale entra (ERRATA: nell’emissario del) nel Lago di Porta a poco distanza dal suo sbocco in mare.
Dopo un lodo del 14 ottobre 1244 pronunziato dagli arbitri per determinare i confini fra il territorio di Montignoso de’signori di Castello Aghinolfo da una parte, e dall’altra i nobili di Corvaja e di Versilia, sembra che poca differenza sia accaduta da quell’epoca fino ad oggi. Avvegnacchè tra i luoghi ivi designati per termini fra i territorj respettivi furonvi i seguenti: Incipiendo a summo montis CARCHII, et inde descendendo per serrum montis usque ad Montem FOLGORITI e di là per quandum PENNAM, seu Grottum, quae est in Plagia etc.
Anche al tempo di Paolo Guinigi signor di Lucca, stante la morte accaduta senza eredi dei nobili di Castell’Aghinolfo , si accese lite tra i Pietrasantini ed i Montignosini a cagione del monte Palatina e di alcuni altri poggi situati a confine fra i due popoli; per cui fu proferito un lodo nel 21 aprile 1405, col quale vennero confermati i confini stessi stati già stabiliti nell’ottobre del 1244.
Dal processo fatto nel 1548 nella causa agitata fra il governo del Duca Cosimo e quello della Repubblica di Lucca relativamente ai confini fra Pietrasanta e Montignoso resulta, che il Lago di Porta si era ristretto nel corso di 40 anni di circa cento braccia dalla parte di ponente per le colmate portatevi dal canale di Montignoso, ossia della Pannosa , il cui alveo pertanto dovè variare direzione; mentre nei tempi addietro le barche arrivavano presso al luogo chiamato Porta Beltrame , e all’osteria di Montignoso, posta sulla strada maestra, dove allora si riscuoteva la gabella del pedaggio.
In conseguenza de’quali riflessi gli arbitri decisero, che l’abbandonato letto del canal di Montignoso riguardare si dovesse per il più giusto confine fra quelle deu Comunità.
Così nel lodo del 12 ottobre 1571 pronunziato dai giudici stati delegati per la stessa lite fra i governi di Firenze e di Lucca, restò convenuto, che la foce del Lago di Porta servisse di confine ai due territorii, e fu allora che il Granduca Cosimo ordinò la costruzione della Torre del Cinquale allo sbocco del Lago.
All’Articolo MASSA DUCALE (Volume III. Pag. 122) fu detto che sotto il governo di Paolo Guinigi signor di Lucca venne ordinata una legale demarcazione di confini fra il territorio di Massa e questo di Montignoso, confini già stati segnati nel 1326 per ordine di Castruccio, e pei quali si mossero di poi sino alla nostra età lagnanze, risse, fazioni ostili e ripetuti interventi di potenze mediatrici.
Finalmente con lodo del 10 dicembre, anno 1619 firmato nella chiesuola distrutta di S. Maria al Salto della Cervia , dagl’ingegneri periti dei prenominati governi fu deliberato di riaprire l’alveo al fiume di Montignoso, com’era nel 1593, in guisa da non farlo più confluire nel Lago di Porta, e conseguentemente non riempirlo di torba a danno della pesca!!– (TARGIONI TOZZETTI, Viaggi ec. T.VI.) Relativamente alla struttura fisica della porzione montuosa di questa Comunità, uniformandosi la medesima in gran parte a quelle delle descritte Comunità di CARRARA e MASSA, richiamerò il lettore a quegli articoli non che agli altri dell’ALPE APUANA e SERAVEZZA. – Essendochè i poggi del Salto della Cervia, del Castello Aghinolfo , di Folgorito e di Palatina consistono per la massima porzione visibile in rocce di calcare celluloso brecciato e semigranoso, di tinta grigia o rossastra a cagione del ferro ossidato ivi sparso in filoni e in vene; mentre nella parte superiore dei contrafforti che montano verso il Carchio la roccia calcarea diviene di mano a mano sempre più granosa epiù scolorita al punto da convertirsi in un vero marmo. – All’incontro il suolo che stendesi dalla base de’poggi del Castello Aghinolfo e di Montignoso sino al mare è formato da un profondo banco di ciottoli, di ghiaje, di rena e di terriccio, sul quale vegetano rigogliose piante di alto fusto, dal pioppo all’ulivo, pingui praterie artificiali e ubertosi campi da sementa di cereali, di mais, di legumi, di canapa e di lino, artificialmente irrigati nell’estiva stagione dal canal di Montignoso.
Rispetto alla coltivazione agraria del monte esse riducesi, nei posti più vicini al mare, a vigne maritate agli olivi e intrecciate a festoni, cui succedono nei valloni più interni o nei poggi più elevati selve di castagni, oppure rade foreste tramezzo a sterili sodaglie.
Il privilegio del re Astolfo citato in principio di quest’articolo ne istruisce, qualmente l’ulivo fruttificava in questo territorio sino dai tempi longobardici, essendo quello, come dissi, uno de’documenti più vetusti pervenuti sino alla nostra età per dimostrare, che sino dal secolo VIII, e forse molto prima l’albero di Minerva prosperava lungo il litorale toscano. Vedere PIETRASANTA.
Le acque però che fluiscono da Montignoso spagliando verso la marina rendono acquitrinosa la sua pianura per essere di poco superiore al livello del mare in tempo di reflusso.
Tale era divenuto lo stato palustre del littorale di Montignoso per la protazione progressiva della spiaggia che all’Articolo LAGO o STAGNO DI PORTA dissi, non vi essere ricordo nella storia della di lui esistenza anteriormente al secolo XIII. – Quali funesti effetti risentisse il paese di Montignoso da cotesti marazzi innanzi la costruzione della cattedrale a bilico sul canale emisario del Cinquale lo accennai in un mio scritto pubblico nell’Antologia dell’ag. 1823. Con maggior dettaglio però le circostanze furono dimostrate dal Cav.
Prof. Gaetano Giorgini in una Memotir inserita nel T.
XXIV Annales de Chimie et Physique, stampato in Parigi nel 1825. Ivi pertanto fu detto, che innanzi la costruzione delle cataratte a porte mobili sul canale del Cinquale, le acque del mare elevandosi pei flutti o per altra causa, e spingendo in senso inverso al loro cammino quelle del canale emissario del Lago di Porta, s’introducevano in quel bacino che inondavano fino a pié del monte, tutte le volte soprattutto che, durante una libecciata il mare facendosi tempestoso, spingeva i suoi flutti dentro terra.
In simili casi il miscuglio delle acque salse con le dolci che ne risultava, produceva in questo stagno, che dalle acque di terra era in estate raramente e lentamente rinnovato, tale corruttela capace di spandere nell’aere intorno alla contrada per più miglia toscane una micidiale infezione.
Tale fu la condizione di Montignoso sino all’anno 1812, colpito nella calda stagione dall’influenza deleteria del Lago di Porta, di maniera che difficilmente scampavano dalle febbri maremme e dalla morte quegl’individui che vi stavano.
Il deplorabile stato di questo paese commosse il governo di Lucca nel tempo che era retto dai principi Napoleonici, ai quali presentò un savio progetto, nell’aprile del 1807, quell’avveduto ministro Cav. Matteucci, allorché propose che, durante la deliberata apposizione delle cataratte mobili al canale emissario del Cinquale, ogn’individuo di Montignoso in tempo di malaria dovesse obbligatamente recarsi ad abitare in Massa, dove furono preparate abitazioni gratuite per i poveri.
Questa misura economica governativa produsse ottimi effetti negli anni 1809, 1810 e 1811, e divenne inutile nel 1812, all’epoca, cioè, della compiuta opera idraulica sul canale emissario; in guisa che l’aria di Montignoso, per l’innanzi fatale a che vi abitava in estate, divenne d’allora in poi innocua e salubre a segno che cessarono affatto le febbri intermittenti, e le ostruzioni orribili, delle quali quegl’inquilini erano vittime. Dondeché oggigiorno niuno benché benestante, teme di restare o di tornare tra il luglio e l’ottobre in cotesto paese, dove vive una popolazione stazionaria e robusta, che va ognor più aumentando, come può vedersi dal Quadro qui appresso.
La pieve de’SS. Vito e Modesto a Montignoso è rammentata nella bolla spedita nel 1149 dal Pontefice Eugenio III a Gottifredo Vescovo di Luni, cui confermò fra le altre chiese questa di S. Vito del Castel di Aghinolfo .
Essa ha sotto di se la cappella curata di S. Eustachio situata in una villata distante circa un miglio toscano a settentrione del capoluogo.
In Montignoso risiede un giusdicente civile, il quale instituisce i processi anche nelle cause criminali di minore entità. Il tribunale di prima e seconda Istanza, il Registo, l’Ingegnere delle acque e strade, e l’uffizio della Conservazione delle Ipoteche sono in Lucca.
QUADRO della Popolazione della Comunità di MONTIGNOSO a sei epoche diverse - nome del luogo: MONTIGNOSO con le sue ville di S.
Eustachio e di Corsanico, titolo della chiesa: SS. Vito, Modesto e Crescenzio (Pieve), diocesi cui appartiene: Grosseto, popolazione anno 1744 n° 921, popolazione anno 1811 n° 734, popolazione anno 1813 n° 763, popolazione anno 1823 n° 1241, popolazione anno 1832 n° 1268, popolazione anno 1838 n° 1582
Sebbene la rocca del Castel d’Aghinolfo e il villaggio di Montignoso siano due luoghi diversi, del primo de’quali restano in piedi grandiosi e pittoreschi avanzi con muri di circonvallazione sulla sommità di un poggio calcare che si avvicina più degli altri con la sua base alla riva del mare, e che il villaggio di Montignoso si trovi alle sue spalle, pure suol prendersi comunemente questo per quello, in guisa che in grazia della vicinanza e di una stessa giurisdizione, il Castel d’Aghinolfo si appella da gran tempo la Rocca o Caste di Montignoso .
Il villaggio pertanto di Montignoso risiede in un’insenatura di molti formata dai contrafforti che scendono verso il Lago di Porta dal Carchio per il Monte Folgorito lungo la faccia meridionale dell’Alpe Apuana sino alla ripa sinistra del canale di Montignoso. Esso trovasi nel gr. 27° 49’8’’ longitudine e 44° 1’ latitudine, quasi tre miglia toscane lontano dalla riva del mare e dalla torre del Cinquale posta allo sbocco del Lago di Porta; miglia toscane 4 e 1/2 a maestrale di Pietrasanta, 3 a scirocco di Massa, e circa 23 miglia toscane a maestrale ponente di Lucca.
Il titolo che fu dato di Castel d’Agilulfo , o Aghinolfo, indica per se solo la sua origine longobarda, se non fu anche fondato a’tempi del re di questo nome, o per conto dello stesso sovrano. Comunque sia, il fatto più certo è che alla corona durante il dominio longobardo appartenevano dei beni nel distretto del Castel di Aghinolfo, il qual distretto fino d’allora era compreso sotto la corte regia di Lucca. Ciò lo dà a conoscere un privilegio del re Astolfo spedito da Pavia li 10 febbrajo 753 a favore del suo cognato Anselmo primo abate e fondatore dell’augusta badia di Nonantola, confermato nel 20 maggio 1210 dall’Imperatore Ottone IV; col quale privilegio fu donato a detto monastero anche un oliveto posto presso il castello d’Aghinolfo, insieme con due poderi situati nella stessa giurisdizione.
Cotesto documento è per avventura uno dei pochi superstiti dei tempi longobardi atto a dimostrare che gli olivi sino da quell’età prosperavano nella marina di Lunigiana e della Versilia.
Il ch. Tiraboschi, che pubblicò per il primo quella con altre molte carte dell’Arhivio Nonantolano, non seppe indicare dove fosse cotesto castello d’Aghinolfo, rammentato eziandio in una carta lucchese del maggio 764, edita non ha guari nel T.V.P. II delle Memorie per servire alla storia del Ducato di Lucca. – Però da un placito pronunziato davanti all’Imperatore Arrigo II in Roncaglia li 5 maggio 1058, e reso di pubblico diritto dal Muratori, (Ant. M. Aevi T. III.) si rileva chiaramente la situazione del Castello d’Aghinolfo che ivi dichiara essere presso la Porta quae dicitur Bertam (anzi Beltrami).
Allora una terza parte del monte, della corte e del Castel d’Aghinolfo apparteneva alla mensa vescovile di Luni, a cui veniva contrastata da un tal Gandolfo del fu Arrigo di Lucca.
Per la qual cosa il vescovo lunense ed il suo avvocato proponevano a quell’augusto consesso di provar le loro ragioni col mezzo della pugna; et sic per pugnam probare volebant.
Ma il sopraddetto Gandolfo avendo ricusato di venire a quel brutale cimento, piuttosto rinunziò davanti il tribunale imperiale al controverso possesso e giurisdizione della suddetta terza porzione del castello, corte e monte di Aghinolfo, rilasciando il tutto al prelato per la chiesa di Luni, alla quale poscia l’Imperatore Federigo I con diploma del 29 luglio 1186 confermò quidquid in Castro Aghinulfi ad praedictam ecclesiam pertinet.
Sapendo però che la Porta Beltrame rammentata nel placito di Roncaglia era una specie di Chiusa situata sul confine orientale della provincia di Lunigiana con la Versilia , e che cotesta Porta collocata appunto a pié del monte, sul quale risiede la rocca del Castel d’Aghinolfo diede il titolo al vicino Lago di Porta, altrimenti appellato di Porta Beltrami , non ci resta più dubbio che quel Castello di Aghinolfo non fosse identico alla rocca di Montignoso.
Chi nel secolo XI dominasse sulle altre due porzioni di cotesto monte e castello il documento del 1058 lo tacque, né ce lo manifestano, ch’io sappia, altre pergamene di quella età. È noto soltanto che nel secolo XII vi avevano giurisdizione alcuni nobili di Versilia, per antonomasia appellata i Signori di Castello .
Che poi cotesta consorteria di nobili fu subfeudataria dei marchesi Malaspina di Lunigiana lo assicura fra gli altri documenti una sentenza pronunziata dagli arbitri nel maggio del 1202 per terminare certe controversie fra il vescovo di Luni e i marchesi Malaspina, alla quale prestarono giuramento, come feudatarii dei Malaspina, varii nobili di Corvaja, di Vallecchia e del Castello di Aghinolfo, nominandosi fra questi ultimi Truffa di Castello e i di lui fratelli . Anche in una convenzione conclusa in Modena li 29 aprile 1262 fra detto Comune da una parte e i marchesi Guglielmo, Corrado e Alberto, tutti tre della stirpe Malaspina, dall’altra parte, questi si obbligarono di far giurare anche i nobili di Gragnano, i nepoti di Truffa di Castel Aghinolfo e altri loro subfeudatarii, ecc. –(MURATORI Ant. Estens. e Ant. M.
Aevi).
Fra i fedeli del vescovo Gottifredo di Luni, all’anno 1151 si accenna un Veltro di Corvaja figlio del fu Guglielmo, il quale fu testimone a un atto pubblico del 3 dicembre di detto anno dato in Amelia, quando il vescovo lunense rinunziò la pieve di Carrara al priore di S. Frediano di Lucca. – (UGHELLI In Episc. Lun.) Se non fu figlio del prenominato Veltro quel Truffa di sopra rammentato, fia da credere però che i nipoti di Truffa di Castell’Aghinolfo fossero figli de’fratelli di lui rammentati nel lodo di Sarzana. Che poi un Truffa di Castello nascesse da Mezzolombardo è provato dagli Annali lucchesi di Tolomeo, dove all’anno 1174 si rammenta un Truffa di Mezzolombardo che fu padre di tre figliuoli, cioè, Mezzolombardo, Veltro e Paganello, nominati in un trattato di consorteria concluso nell’ottobre del 1219 fra i signori di Corvaja e Vallecchia, e giurato da Mezzolombardo, non però dagli altri due fratelli, Paganello e Veltro del fu Truffa. Nella quale convenzione si prometteva da quei nobili in ogni caso di controversia di starsene all’arbitrio del vescovo di Luni, o di Guglielmo Marchese Malaspina. –(MEM. LUCCH. T.
III).
L’annalista Beverini fidandosi del suo predecessore Tolomeo lucchese, all’anno 1225, pone tra i regoli del Castello di Aghinolfo e di Montignoso quattro fratelli, niuno de’quali ebbe che fare giammai con i nobili di Castello , essendo che quelli ivi nominati erano quattro figli di un C. Guido Guerra di Modigliana. – Vedere CECINA e LARCIANO di LAMPORECCHIO.
Predominando ne’signori di Castell’Aghinolfo il partito ghibellino, avvenne nel giugno del 1244 che Veltro del fu Truffa con Mezzolombardo di lui fratello e altri consorti di Vallecchia e Corvaja fecero lega coi Pisani; e ciò dopo che per loro mediazione essi ottennero protezione dall’Imperatore Federigo II, qualmente apparisce da un diploma spedito di Pietrasanta li 22 gennajo del 1242 a favore dei valvassori di Garfagnana, di Versilia e de’signori del Castell’Aghinolfo. Quindi essendo insorta disputa a cagione di confini fra i nobili di Corvaja e quelli del Castello Aghinolfo, nel 29 gennajo del 1244, fu fatto compromesso in Sarsana nel marchese Uberto Pallavicino fra Corrado di Castello per se e per tutti i suoi consorti del Castell’Aghinolfo da una parte, cioè, per Ugolino del fu Mezzolombardo e per Orlando del fu Paganello di lui cugino, eccettuato Guglielmo Negro con alcuni altri, e dall’altra parte fra Parente, Ranieri, Tancredi e altri signori di Corvaja. Dondechè nel 14 ottobre successivo nella chiesa di S. Bartolommeo a Brancagliano fu pronunziato il lodo dagli arbitri, col quale vennero designati i confini fra i Corvajesi e i signori di Castello. – Vedere l’Articolo Comunità.
Però se il territorio della Versilia, compreso quello di Montignoso, per la mediazione dello stesso Marchese Pallavicino, due anni innanzi (12 gennajo 1242) era stato conferito con titolo di feudo ai prenominati Cattani, o Valvassori, non corse molto tempo dacchè il governo di Lucca inviasse le sue genti ad impadronirsi di Montignoso e del Castel d’Aghinolfo con tutto quel distretto.
Avvegnacchè i Lucchesi irritati da tante ribellioni di que’sudditi, dopo avere nel 1250 comandata l’oste contro i Pisani e i signori della Versilia e Lunigiana loro alleati, dovettero di nuovo nel 1254 mettere al bando come ribelli e traditori dello stato molti di quei dinasti per essersi dati proditoriamente al Comune di Pisa.
Che sebbene costoro, in grazia della vittoria riportata a Montaperto, tornassero a dominare in Montignoso e nei vicini castelli della Versilia, la loro signoria non fu di lunga durata, tostochè all’arrivo in Toscana del re Carlo d’Angiò i Lucchesi assistit i dai Fiorentini e dai Genovesi conquistarono sotto la giurisdizione di due vicarie (Camajore e Pietrasanta). – Vedere MONTUOLO.
– D’allora in poi Montignoso, col Castello Aghinolfo fu sottoposto alla giurisdizione di Pietrasanta.
Contansi fra le memorie relative ai dinasti di Castell’Aghinolfo due istrumenti del 15 ottobre 1251 e 13 settembre 1252, i quali ricordano un Ugolino figlio di Mezzolombardo da Castello e un suo cugino, Bernardino del fu Veltro, mentre un altro figlio dello stesso Mezzolombardo, cioè Bonifazio da Castello, detto anche Bonifazio Rosso , trovasi rammentato in altro istrumento del 1 aprile 1258.
Un terzo Mezzolombardo giuniore, figlio del testè rammentato Ugolino, è citato in un contratto rogato li 20 giugno 1266 nella villa di Gabbiano del nobil Vinciguerra figliuolo che fu di Veltro di Truffa da Castello. Anche un Bardo (Mezzolombardo) nato da Ugolino di Mezzolombardo, è ricordato in altre carte dell’Archivio di Stato di Lucca sotto gli anni 1278 e 1295.
Durante poi il governo di Castruccio, due cittadini lucchesi, Perotto d’Jacopo dello Strego, e Simone da Camporgiano, furono destinati giudici sopra la questione sui confini territoriali fra Massa e Montignoso, le quali vertenze restarono per allora assopite mediante un lodo del 1326.
Era uno degli arbitri in detta confinazione quello stesso Perotto dello Strego che nel 4 marzo 1329 ottenne in feudo da Lodovico il Bavaro il Lago di PortaBeltrami , detto in seguito dal suo feudatario il Lago di Perotto.
Dopochè Lucca era caduta sotto il dominio dei Pisani, alcuni nipoti di Castruccio, cioè, Orlando di enrico, e Giovanni di Vallerano degli Antelminelli, mediante contratto del 6 marzo 1366, acquistarono in compra per mille fiorini d’oro, che i loro sindaci sborsarono al venditore Barduccio del fu Neri de’nobili di Castello Aghinolfo, per l’intiera metà di questo e del castello di Montignoso, compresi i terreni, giurisdizioni, vassalli, pedaggi, boschi, pascoli, caccia, ecc. dentro il distretto di quei due castelli. – (CIANELLI, Memor. Lucch. T. III.) Da questo documento frattanto resulterebbe che i nobili di Montignoso di parte ghibellina fossero tornati al dominio del nominato castello, mercè l’influenza del governo di Pisa, che resse dal 1342 al 1369 i destini della Repubblica di Lucca. Ma tostochè i Lucchesi per grazia di Carlo IV poterono redimersi da quella, ch’essi chiamarono servitù babilonica, fu riorganizzato il governo nazionale lucchese; nella quale circostanza il territorio della stessa repubblica fu repartito come ai tempi di Castruccio in tante vicarie, allora quando Montignoso col Castello Aghinolfo era compreso nella giurisdizione e vicaria di Pietrasanta.
Nel 1438 Montignoso col castell’Aghinolfo fu occupato temporariamente dalle armi della repubblica Fiorentina che lo rese al governo lucchese nella pace del 1441 insieme con gli altri paesi delle vicarie di Pietrasanta, di Camajore, ecc.
Montignoso si mantenne unito alla giurisdizione di Pietrasanta fino a che quest’ultima Terra fu staccata dal dominio di Lucca (anno 1514); dopo la qual epoca il giusdicente lucchese da Pietrasanta passò a risedere in Montignoso, limitandosi d’allora in poi alla sola giurisdizione della sua parrocchia.
Comunità di Montignoso . – Il territorio di questa comunità si stà attualmente misurando onde stimarlo categoricamente nel nuovo catasto lucchese. – Esso confina dal lato di ostro scirocco con la comunità granducale di Pietrasanta, a partire dalla Torre del Cinquale sul lido del mare e di là rimontando il canale emissario del Lago di Porta, la cui gronda occidentale lambisce il territorio di Montignoso, trapassa i lembi della medesima per quindi attraversare i prati alla sinistra della strada postale che va a Genova e di là salire lo scoglio del Salto della Cervia, cui si atterga il poggio di Palatina; e percorrendo verso la criniera del monte Folgorito arriva alla marmorea rupe del Carchio sull’Alpe Apuana. Costà viene a confine dal lato di levante la Comunità pure Granducale di Seravezza, con la quale l’altra di Montignoso seguita a salire sino a un contrafforte occidentale del Mont’Altissimo . Dirimpetto al casaluccio di Corsanico il territorio di Montignoso volta direzione da grecale a maestrale avendo allora dirimpetto la Comunità di Massa Ducale, con la quale percorre i poggi che scendono dall’Alpe della Tambura sino presso a quella di Pariana, dove piegando da maestrale a ostro, scende alle spalle del poggio di Massa vecchia, da dove poscia incamminandosi verso scirocco attraversa la strada postale di Genova per ritornare sulla riva del mare alla dis tanza di due terzi di miglia toscane dalla Torre del Cinquale, nel cui intervallo servono di confine le onde marine.
Fra i corsi d’acqua che scendono dal Montignoso contasi il canale omonimo, altrimenti appellato Pannosa , il quale entra (ERRATA: nell’emissario del) nel Lago di Porta a poco distanza dal suo sbocco in mare.
Dopo un lodo del 14 ottobre 1244 pronunziato dagli arbitri per determinare i confini fra il territorio di Montignoso de’signori di Castello Aghinolfo da una parte, e dall’altra i nobili di Corvaja e di Versilia, sembra che poca differenza sia accaduta da quell’epoca fino ad oggi. Avvegnacchè tra i luoghi ivi designati per termini fra i territorj respettivi furonvi i seguenti: Incipiendo a summo montis CARCHII, et inde descendendo per serrum montis usque ad Montem FOLGORITI e di là per quandum PENNAM, seu Grottum, quae est in Plagia etc.
Anche al tempo di Paolo Guinigi signor di Lucca, stante la morte accaduta senza eredi dei nobili di Castell’Aghinolfo , si accese lite tra i Pietrasantini ed i Montignosini a cagione del monte Palatina e di alcuni altri poggi situati a confine fra i due popoli; per cui fu proferito un lodo nel 21 aprile 1405, col quale vennero confermati i confini stessi stati già stabiliti nell’ottobre del 1244.
Dal processo fatto nel 1548 nella causa agitata fra il governo del Duca Cosimo e quello della Repubblica di Lucca relativamente ai confini fra Pietrasanta e Montignoso resulta, che il Lago di Porta si era ristretto nel corso di 40 anni di circa cento braccia dalla parte di ponente per le colmate portatevi dal canale di Montignoso, ossia della Pannosa , il cui alveo pertanto dovè variare direzione; mentre nei tempi addietro le barche arrivavano presso al luogo chiamato Porta Beltrame , e all’osteria di Montignoso, posta sulla strada maestra, dove allora si riscuoteva la gabella del pedaggio.
In conseguenza de’quali riflessi gli arbitri decisero, che l’abbandonato letto del canal di Montignoso riguardare si dovesse per il più giusto confine fra quelle deu Comunità.
Così nel lodo del 12 ottobre 1571 pronunziato dai giudici stati delegati per la stessa lite fra i governi di Firenze e di Lucca, restò convenuto, che la foce del Lago di Porta servisse di confine ai due territorii, e fu allora che il Granduca Cosimo ordinò la costruzione della Torre del Cinquale allo sbocco del Lago.
All’Articolo MASSA DUCALE (Volume III. Pag. 122) fu detto che sotto il governo di Paolo Guinigi signor di Lucca venne ordinata una legale demarcazione di confini fra il territorio di Massa e questo di Montignoso, confini già stati segnati nel 1326 per ordine di Castruccio, e pei quali si mossero di poi sino alla nostra età lagnanze, risse, fazioni ostili e ripetuti interventi di potenze mediatrici.
Finalmente con lodo del 10 dicembre, anno 1619 firmato nella chiesuola distrutta di S. Maria al Salto della Cervia , dagl’ingegneri periti dei prenominati governi fu deliberato di riaprire l’alveo al fiume di Montignoso, com’era nel 1593, in guisa da non farlo più confluire nel Lago di Porta, e conseguentemente non riempirlo di torba a danno della pesca!!– (TARGIONI TOZZETTI, Viaggi ec. T.VI.) Relativamente alla struttura fisica della porzione montuosa di questa Comunità, uniformandosi la medesima in gran parte a quelle delle descritte Comunità di CARRARA e MASSA, richiamerò il lettore a quegli articoli non che agli altri dell’ALPE APUANA e SERAVEZZA. – Essendochè i poggi del Salto della Cervia, del Castello Aghinolfo , di Folgorito e di Palatina consistono per la massima porzione visibile in rocce di calcare celluloso brecciato e semigranoso, di tinta grigia o rossastra a cagione del ferro ossidato ivi sparso in filoni e in vene; mentre nella parte superiore dei contrafforti che montano verso il Carchio la roccia calcarea diviene di mano a mano sempre più granosa epiù scolorita al punto da convertirsi in un vero marmo. – All’incontro il suolo che stendesi dalla base de’poggi del Castello Aghinolfo e di Montignoso sino al mare è formato da un profondo banco di ciottoli, di ghiaje, di rena e di terriccio, sul quale vegetano rigogliose piante di alto fusto, dal pioppo all’ulivo, pingui praterie artificiali e ubertosi campi da sementa di cereali, di mais, di legumi, di canapa e di lino, artificialmente irrigati nell’estiva stagione dal canal di Montignoso.
Rispetto alla coltivazione agraria del monte esse riducesi, nei posti più vicini al mare, a vigne maritate agli olivi e intrecciate a festoni, cui succedono nei valloni più interni o nei poggi più elevati selve di castagni, oppure rade foreste tramezzo a sterili sodaglie.
Il privilegio del re Astolfo citato in principio di quest’articolo ne istruisce, qualmente l’ulivo fruttificava in questo territorio sino dai tempi longobardici, essendo quello, come dissi, uno de’documenti più vetusti pervenuti sino alla nostra età per dimostrare, che sino dal secolo VIII, e forse molto prima l’albero di Minerva prosperava lungo il litorale toscano. Vedere PIETRASANTA.
Le acque però che fluiscono da Montignoso spagliando verso la marina rendono acquitrinosa la sua pianura per essere di poco superiore al livello del mare in tempo di reflusso.
Tale era divenuto lo stato palustre del littorale di Montignoso per la protazione progressiva della spiaggia che all’Articolo LAGO o STAGNO DI PORTA dissi, non vi essere ricordo nella storia della di lui esistenza anteriormente al secolo XIII. – Quali funesti effetti risentisse il paese di Montignoso da cotesti marazzi innanzi la costruzione della cattedrale a bilico sul canale emisario del Cinquale lo accennai in un mio scritto pubblico nell’Antologia dell’ag. 1823. Con maggior dettaglio però le circostanze furono dimostrate dal Cav.
Prof. Gaetano Giorgini in una Memotir inserita nel T.
XXIV Annales de Chimie et Physique, stampato in Parigi nel 1825. Ivi pertanto fu detto, che innanzi la costruzione delle cataratte a porte mobili sul canale del Cinquale, le acque del mare elevandosi pei flutti o per altra causa, e spingendo in senso inverso al loro cammino quelle del canale emissario del Lago di Porta, s’introducevano in quel bacino che inondavano fino a pié del monte, tutte le volte soprattutto che, durante una libecciata il mare facendosi tempestoso, spingeva i suoi flutti dentro terra.
In simili casi il miscuglio delle acque salse con le dolci che ne risultava, produceva in questo stagno, che dalle acque di terra era in estate raramente e lentamente rinnovato, tale corruttela capace di spandere nell’aere intorno alla contrada per più miglia toscane una micidiale infezione.
Tale fu la condizione di Montignoso sino all’anno 1812, colpito nella calda stagione dall’influenza deleteria del Lago di Porta, di maniera che difficilmente scampavano dalle febbri maremme e dalla morte quegl’individui che vi stavano.
Il deplorabile stato di questo paese commosse il governo di Lucca nel tempo che era retto dai principi Napoleonici, ai quali presentò un savio progetto, nell’aprile del 1807, quell’avveduto ministro Cav. Matteucci, allorché propose che, durante la deliberata apposizione delle cataratte mobili al canale emissario del Cinquale, ogn’individuo di Montignoso in tempo di malaria dovesse obbligatamente recarsi ad abitare in Massa, dove furono preparate abitazioni gratuite per i poveri.
Questa misura economica governativa produsse ottimi effetti negli anni 1809, 1810 e 1811, e divenne inutile nel 1812, all’epoca, cioè, della compiuta opera idraulica sul canale emissario; in guisa che l’aria di Montignoso, per l’innanzi fatale a che vi abitava in estate, divenne d’allora in poi innocua e salubre a segno che cessarono affatto le febbri intermittenti, e le ostruzioni orribili, delle quali quegl’inquilini erano vittime. Dondeché oggigiorno niuno benché benestante, teme di restare o di tornare tra il luglio e l’ottobre in cotesto paese, dove vive una popolazione stazionaria e robusta, che va ognor più aumentando, come può vedersi dal Quadro qui appresso.
La pieve de’SS. Vito e Modesto a Montignoso è rammentata nella bolla spedita nel 1149 dal Pontefice Eugenio III a Gottifredo Vescovo di Luni, cui confermò fra le altre chiese questa di S. Vito del Castel di Aghinolfo .
Essa ha sotto di se la cappella curata di S. Eustachio situata in una villata distante circa un miglio toscano a settentrione del capoluogo.
In Montignoso risiede un giusdicente civile, il quale instituisce i processi anche nelle cause criminali di minore entità. Il tribunale di prima e seconda Istanza, il Registo, l’Ingegnere delle acque e strade, e l’uffizio della Conservazione delle Ipoteche sono in Lucca.
QUADRO della Popolazione della Comunità di MONTIGNOSO a sei epoche diverse - nome del luogo: MONTIGNOSO con le sue ville di S.
Eustachio e di Corsanico, titolo della chiesa: SS. Vito, Modesto e Crescenzio (Pieve), diocesi cui appartiene: Grosseto, popolazione anno 1744 n° 921, popolazione anno 1811 n° 734, popolazione anno 1813 n° 763, popolazione anno 1823 n° 1241, popolazione anno 1832 n° 1268, popolazione anno 1838 n° 1582
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1839, Volume III, p. 581.
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