POPULONIA
nel litorale toscano.
– Castelletto dove fu una città etrusca e poi una sede vescovile ridotta attualmente ad un piccolo castelluccio con chiesa curata (S. Croce) nella Comunità Giurisdizione e circa 5 miglia a ponente di Piombino, Diocesi di Massa Marittima, Compartimento di Grosseto, già di Pisa.
Risiede sulla cima occidentale del promontorio di Piombino, ossia di Populonia, dirimpetto all'isola d'Elba, da cui dista circa 15 miglia, a cavaliere del porto-baratto, un dì porto di Populonia, nel grado 28° 9' 2" di longitudine e 42° 59' 3" di latitudine, 10 miglia a libeccio di Campiglia, circa 20 a settentrione-grecale di Portoferrajo nell'Isola d'Elba; 26 a ponente-libeccio di Livorno, e 45 a libeccio di Volterra.
Dell'istoria di Populonia antica e dell'etimologia del suo nome diede un breve sunto Giovanni Targioni nel Vol. IV de’suoi Viaggi per la Toscana, il quale ripetendo un passo del primo commentatore di Virgilio, Servio Mauro, all'occasione che il poeta cantò (Aeneide, Libro X) del soccorso di 600 uomini di armi fornito dai Populoniesi al suo protagonista, quell'erudito chiosatore ne infermò dicendo che a'tempi suoi (quarto secolo dell'Era Volgare) alcuni credevano Populonia stata una delle 12 Lucumonie fondata in Etruria dai popoli venuti dall'isola di Corsica, mentre altri la credevano colonia de'Volterrani, e altri finalmente che i coloni Corsi fossero stati cacciati di Populonia dal popolo di Volterra.
Comunque sia aggiunge il Targioni, Populonia era una città assai possente e ricca principalmente per essere quasi l'unica dell'Etruria media posta sul mare, e conseguentemente commerciante, in special modo del ferro che da tempi immemorabili si cavava in gran copia dalle inesauste miniere dell'isola d'Elba, in guisa che i Populoniesi fornirono tutto il ferro bisognevole all'armata navale condotta da Scipione contro Cartagine. (T. LIVIO.
Decad. III. Lib. 8) Gli avanzi delle mura etrusche di macigno indicano tuttora il vasto perimetro dell'antica Populonia, sulla corona del poggio e circa un miglio distante dal sottoposto seno o porto populoniese. – Vedere PORTO BARATTO.
Ma si ignora tuttora quando precisamente e in qual modo la città di Populonia cadesse in potere dei Romani, e da chi sia stata la prima volta distrutta.
All'epoca di Strabone, che la visitò negli ultimi anni dell'impero di Augusto, la città di Populonia era quasi deserta, non rimanendo allora che pochi tempi e qualche casa, meno che nel suo piccolo porto, dov'erano ancora delle abitazioni per i marinari ed un arsenale. Inoltre lo stesso scrittore (Gergr. Lib. V.) dichiara di avere veduto ivi presso (forse nei vicini monti di Campiglia) delle miniere di ferro abbondante, ed in Populonia de’forni per fondere la vena che si trasportava costà dall'isola d'Elba, avvegnaché in questa si scarseggiava di combustibile.
Inoltre lo stesso autore trovò nel promontorio di Populonia la specola, dalla quale si poteva osservare il passaggio e la pesca dei tonni. E la specola medesima esisteva anche quattro secoli dopo Strabone, tosto che essa fu vista e rammentata nell'Itinerario marittimo da Rutilio Numaziano, che a tal proposito cantò : Sed speculam validae rupis sortita vetustas Qua fluctus domitus arduus urget apex.
Cotesta specola corrispondeva probabilmente al picco o scoglio acuto esistente sul corno orientale del Porto Baratto, chiamato tuttora la Punta della Tonnarella. – Vedere PORTO BARATTO.
Dai versi del poeta francese che seguono ai già riportati si rileva che nel principio del quinto secolo dell'Era Volgare in Populonia non sussistevano più tempj trovati da Strabone, ed erano cadute le sue grandiose mura : Grandia consumpsit moenia tempus edax, Sola manent interceptisvestigia muris, Ruderibus latis tecta sepulta jacent.
È noto il racconto di C. Plinio il vecchio rispetto alle acque termali Populoniesi, di che fu tenuto conto in quest'opera al Vol. I (pag. 397) Articolo CALDANA DI CAMPIGLIA.
Allo stesso Plinio dobbiamo la memoria di una statua di Giove esistita i Populonia e scolpita in un tronco di vite.
Non saprei come poi uno possa prestar fede agli storici Raffaello Volterrano, a Flavio Biondo e a Leandro Alberti che ripeterono la distruzione di Populonia da Niceta prefetto di un'armata navale costantinopolitana al tempo che regnava in Italia Bernardo, nipote di Carlo Magno, (circa l'anno 816) tostoché l'ultima distruzione di Populonia precede di due secoli la conquista fatta da Carlo Magno del regno Longobardo. Intendo richiamare alla memoria un fatto lacrimevole per questa contrada quando il duca longobardo Gammarit, essendosi inoltrato nelle Maremme di Populonia mise a ferro e fuoco quanto incontrò. Della quale desolazione ed esterminio diede solenne riprova il santo Pontefice Gregorio Magno in una lettera a Babbino vescovo di Roselle, colla quale raccomandava a quel prelato la vicina diocesi Populoniese, che compiangeva per essere già da qualche tempo senza pastore e perfino deserta di sacerdoti e parrochi che amministrassero i sacramenti ai superstiti diocesani. – Vedere CORNINO (CONTADO), PIOMBINO e MASSA MARITTIMA Diocesi.
Da quell'epoca in poi Populonia non è più risorta, né ha mai più ripreso forma di città, oppure di terra; e solamente fu conservato per qualche secolo il titolo di Populoniese al vescovo che trasportò la distrutta sua cattedrale in Massa Marittima. – D'allora in poi Populonia, benché situata sul mare e in aria salubre, fu ridotta ad un piccolo villaggio con sottoposto scalo, cui si diede il nome che tuttora conserva di Porto Baratto o Baratti .
Leandro Alberti nella sua Italia descrive le rovine di Populonia come furono viste nel secolo XV dall'antiquario volterrano Zaccaria Zacchio . Un'altra descrizione dopo la metà del secolo XVII fu fatta da Zanobio Pomi compagno di viaggio del ch. Giovanni Targioni Tozzetti.
Finalmente al principio di questo secolo Giorgio Santi destinò a Populonia un capitolo del suo terzo viaggio per le province senesi, nel quale si dà contezza del suo stato attuale, degli antichi avanzi delle sue mura, della sua piscina, de’suoi sepolcreti e di alcune medaglie a Populonia relative tanto in argento, come in rame ed anco in oro, sebbene queste ultime poco conosciute dai numismatici.
Non dirò di quella di rame attribuita dal Guarnacci alla città di Luna, e da Mionnet rivendicata a Popluna (Populonia).
Finalmente il valente archeologo toscano Domenico Sestini, nel 1812 pubblicò l'illustrazione di un vaso antico di vetro storiato scoperto nei contorni di Populonia in un sepolcreto stato disgraziatamente demolito. – Il vaso ha la forma di una caraffa, è istoriato soltanto nel suo corpo, e non ha che due terzi di braccio toscano di circonferenza. – In quattro linee scritte attorno sono le seguenti parole; I.a Anima Felix Vivas; acclamazione comune ai Cristiani e ai Gentili; nel secondo verso: Stagnum Palatiu; nella terza linea : Ostriaria Ripa , ed in un quarto verso : Pilae. Il nostro antiquario avverte che alle due prime parole della seconda linea manca la lettera finale m. Onde va letto Stagnum e Palatium. Egualmente deve correggersi nel terzo verso Ostrearia in cambio di Ostriaria.
Nell'edifizio poi dipinto nel vaso di vetro apparisce un fabbricato di qualche magnificenza con due porte principali, tra le quali è frapposta una galleria coperta, sotto cui si legge: Ostriaria, per denotare un qualche serbatojo di ostriche, invenzione, al dir di Plinio (Hist.
nat. Lib. IX. c. 54), di un tal Sergio Orafa che edificò la prima nel seno Bajano in tempo di L. Crasso Oratore.
Stagnu per Stagnum non fu impresso, a parere del Sestini, nel vaso cinerario per indicare un'acqua stagnante, ma piuttosto una specie di naumachia, come lo dimostrano le altre due parole Ripa e Pilae, non che un arco con 4 mezzi cavalli marini situati sopra la galleria e la forma tutta di quell'edifizio rappresentante una nave indicata dal rostro esistente in una sua estremità.
"Se il sepolcro che conteneva cotesto vaso storiato fosse stato contrassegnato da una iscrizione, resterebbe dileguato, soggiunge il Sestini, quel dubbio che tuttavia ci rimane intorno a un sì raro monumento." "Ella ci avrebbe parlato di qualche personaggio illustre, e forsanco di un ghiottone che teneva nei contorni di Populonia delle conserve d'ostriche, un palazzo ed una naumachia." "Qualunque si fosse, conclude il Sestini, il costui nome, dal vaso di quel sepolcreto si ha una prova luminosa dell'amor suo verso la città di Populonia per gli edifizi che l'uomo ivi sepolto dovette innalzarvi per abbellirla, forse nel secondo o terzo secolo dell'Era Volgare, edifizi tutti, i quali sebbene di solida architettura, ai tempi di Rutilio però dovevano essere caduti in rovina." Contuttoché Populonia fosse rimasta povera e deserta di abitanti, non le mancò più di una volta l'opportuna visita de’Barbareschi, sicché i principi di Piombino furono costretti, ad oggetto di riparare quei pochi abitatori, di costruire sopra la punta del promontorio di Populonia una torre e di circondare di mura il piccolo con una porta, la quale a maggior cautela soleva chiudersi di notte. – Vedere PIOMBINO.
La cura di S. Croce a Populonia nel 1833 contava 108 abitanti.
Risiede sulla cima occidentale del promontorio di Piombino, ossia di Populonia, dirimpetto all'isola d'Elba, da cui dista circa 15 miglia, a cavaliere del porto-baratto, un dì porto di Populonia, nel grado 28° 9' 2" di longitudine e 42° 59' 3" di latitudine, 10 miglia a libeccio di Campiglia, circa 20 a settentrione-grecale di Portoferrajo nell'Isola d'Elba; 26 a ponente-libeccio di Livorno, e 45 a libeccio di Volterra.
Dell'istoria di Populonia antica e dell'etimologia del suo nome diede un breve sunto Giovanni Targioni nel Vol. IV de’suoi Viaggi per la Toscana, il quale ripetendo un passo del primo commentatore di Virgilio, Servio Mauro, all'occasione che il poeta cantò (Aeneide, Libro X) del soccorso di 600 uomini di armi fornito dai Populoniesi al suo protagonista, quell'erudito chiosatore ne infermò dicendo che a'tempi suoi (quarto secolo dell'Era Volgare) alcuni credevano Populonia stata una delle 12 Lucumonie fondata in Etruria dai popoli venuti dall'isola di Corsica, mentre altri la credevano colonia de'Volterrani, e altri finalmente che i coloni Corsi fossero stati cacciati di Populonia dal popolo di Volterra.
Comunque sia aggiunge il Targioni, Populonia era una città assai possente e ricca principalmente per essere quasi l'unica dell'Etruria media posta sul mare, e conseguentemente commerciante, in special modo del ferro che da tempi immemorabili si cavava in gran copia dalle inesauste miniere dell'isola d'Elba, in guisa che i Populoniesi fornirono tutto il ferro bisognevole all'armata navale condotta da Scipione contro Cartagine. (T. LIVIO.
Decad. III. Lib. 8) Gli avanzi delle mura etrusche di macigno indicano tuttora il vasto perimetro dell'antica Populonia, sulla corona del poggio e circa un miglio distante dal sottoposto seno o porto populoniese. – Vedere PORTO BARATTO.
Ma si ignora tuttora quando precisamente e in qual modo la città di Populonia cadesse in potere dei Romani, e da chi sia stata la prima volta distrutta.
All'epoca di Strabone, che la visitò negli ultimi anni dell'impero di Augusto, la città di Populonia era quasi deserta, non rimanendo allora che pochi tempi e qualche casa, meno che nel suo piccolo porto, dov'erano ancora delle abitazioni per i marinari ed un arsenale. Inoltre lo stesso scrittore (Gergr. Lib. V.) dichiara di avere veduto ivi presso (forse nei vicini monti di Campiglia) delle miniere di ferro abbondante, ed in Populonia de’forni per fondere la vena che si trasportava costà dall'isola d'Elba, avvegnaché in questa si scarseggiava di combustibile.
Inoltre lo stesso autore trovò nel promontorio di Populonia la specola, dalla quale si poteva osservare il passaggio e la pesca dei tonni. E la specola medesima esisteva anche quattro secoli dopo Strabone, tosto che essa fu vista e rammentata nell'Itinerario marittimo da Rutilio Numaziano, che a tal proposito cantò : Sed speculam validae rupis sortita vetustas Qua fluctus domitus arduus urget apex.
Cotesta specola corrispondeva probabilmente al picco o scoglio acuto esistente sul corno orientale del Porto Baratto, chiamato tuttora la Punta della Tonnarella. – Vedere PORTO BARATTO.
Dai versi del poeta francese che seguono ai già riportati si rileva che nel principio del quinto secolo dell'Era Volgare in Populonia non sussistevano più tempj trovati da Strabone, ed erano cadute le sue grandiose mura : Grandia consumpsit moenia tempus edax, Sola manent interceptisvestigia muris, Ruderibus latis tecta sepulta jacent.
È noto il racconto di C. Plinio il vecchio rispetto alle acque termali Populoniesi, di che fu tenuto conto in quest'opera al Vol. I (pag. 397) Articolo CALDANA DI CAMPIGLIA.
Allo stesso Plinio dobbiamo la memoria di una statua di Giove esistita i Populonia e scolpita in un tronco di vite.
Non saprei come poi uno possa prestar fede agli storici Raffaello Volterrano, a Flavio Biondo e a Leandro Alberti che ripeterono la distruzione di Populonia da Niceta prefetto di un'armata navale costantinopolitana al tempo che regnava in Italia Bernardo, nipote di Carlo Magno, (circa l'anno 816) tostoché l'ultima distruzione di Populonia precede di due secoli la conquista fatta da Carlo Magno del regno Longobardo. Intendo richiamare alla memoria un fatto lacrimevole per questa contrada quando il duca longobardo Gammarit, essendosi inoltrato nelle Maremme di Populonia mise a ferro e fuoco quanto incontrò. Della quale desolazione ed esterminio diede solenne riprova il santo Pontefice Gregorio Magno in una lettera a Babbino vescovo di Roselle, colla quale raccomandava a quel prelato la vicina diocesi Populoniese, che compiangeva per essere già da qualche tempo senza pastore e perfino deserta di sacerdoti e parrochi che amministrassero i sacramenti ai superstiti diocesani. – Vedere CORNINO (CONTADO), PIOMBINO e MASSA MARITTIMA Diocesi.
Da quell'epoca in poi Populonia non è più risorta, né ha mai più ripreso forma di città, oppure di terra; e solamente fu conservato per qualche secolo il titolo di Populoniese al vescovo che trasportò la distrutta sua cattedrale in Massa Marittima. – D'allora in poi Populonia, benché situata sul mare e in aria salubre, fu ridotta ad un piccolo villaggio con sottoposto scalo, cui si diede il nome che tuttora conserva di Porto Baratto o Baratti .
Leandro Alberti nella sua Italia descrive le rovine di Populonia come furono viste nel secolo XV dall'antiquario volterrano Zaccaria Zacchio . Un'altra descrizione dopo la metà del secolo XVII fu fatta da Zanobio Pomi compagno di viaggio del ch. Giovanni Targioni Tozzetti.
Finalmente al principio di questo secolo Giorgio Santi destinò a Populonia un capitolo del suo terzo viaggio per le province senesi, nel quale si dà contezza del suo stato attuale, degli antichi avanzi delle sue mura, della sua piscina, de’suoi sepolcreti e di alcune medaglie a Populonia relative tanto in argento, come in rame ed anco in oro, sebbene queste ultime poco conosciute dai numismatici.
Non dirò di quella di rame attribuita dal Guarnacci alla città di Luna, e da Mionnet rivendicata a Popluna (Populonia).
Finalmente il valente archeologo toscano Domenico Sestini, nel 1812 pubblicò l'illustrazione di un vaso antico di vetro storiato scoperto nei contorni di Populonia in un sepolcreto stato disgraziatamente demolito. – Il vaso ha la forma di una caraffa, è istoriato soltanto nel suo corpo, e non ha che due terzi di braccio toscano di circonferenza. – In quattro linee scritte attorno sono le seguenti parole; I.a Anima Felix Vivas; acclamazione comune ai Cristiani e ai Gentili; nel secondo verso: Stagnum Palatiu; nella terza linea : Ostriaria Ripa , ed in un quarto verso : Pilae. Il nostro antiquario avverte che alle due prime parole della seconda linea manca la lettera finale m. Onde va letto Stagnum e Palatium. Egualmente deve correggersi nel terzo verso Ostrearia in cambio di Ostriaria.
Nell'edifizio poi dipinto nel vaso di vetro apparisce un fabbricato di qualche magnificenza con due porte principali, tra le quali è frapposta una galleria coperta, sotto cui si legge: Ostriaria, per denotare un qualche serbatojo di ostriche, invenzione, al dir di Plinio (Hist.
nat. Lib. IX. c. 54), di un tal Sergio Orafa che edificò la prima nel seno Bajano in tempo di L. Crasso Oratore.
Stagnu per Stagnum non fu impresso, a parere del Sestini, nel vaso cinerario per indicare un'acqua stagnante, ma piuttosto una specie di naumachia, come lo dimostrano le altre due parole Ripa e Pilae, non che un arco con 4 mezzi cavalli marini situati sopra la galleria e la forma tutta di quell'edifizio rappresentante una nave indicata dal rostro esistente in una sua estremità.
"Se il sepolcro che conteneva cotesto vaso storiato fosse stato contrassegnato da una iscrizione, resterebbe dileguato, soggiunge il Sestini, quel dubbio che tuttavia ci rimane intorno a un sì raro monumento." "Ella ci avrebbe parlato di qualche personaggio illustre, e forsanco di un ghiottone che teneva nei contorni di Populonia delle conserve d'ostriche, un palazzo ed una naumachia." "Qualunque si fosse, conclude il Sestini, il costui nome, dal vaso di quel sepolcreto si ha una prova luminosa dell'amor suo verso la città di Populonia per gli edifizi che l'uomo ivi sepolto dovette innalzarvi per abbellirla, forse nel secondo o terzo secolo dell'Era Volgare, edifizi tutti, i quali sebbene di solida architettura, ai tempi di Rutilio però dovevano essere caduti in rovina." Contuttoché Populonia fosse rimasta povera e deserta di abitanti, non le mancò più di una volta l'opportuna visita de’Barbareschi, sicché i principi di Piombino furono costretti, ad oggetto di riparare quei pochi abitatori, di costruire sopra la punta del promontorio di Populonia una torre e di circondare di mura il piccolo con una porta, la quale a maggior cautela soleva chiudersi di notte. – Vedere PIOMBINO.
La cura di S. Croce a Populonia nel 1833 contava 108 abitanti.
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1841, Volume IV, p. 579.
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