MONTE PULCIANO, MONTEPULCIANO
giĂ POLICIANO (Mons Politianus) nella Val di Chiana.
CittĂ nobile decorata della residenza vescovile, e di un tribunale collegiale di Prima Istanza, capoluogo di ComunitĂ , di Vicariato Regio e di Circondario nel Compartimento di Arezzo. Risiede sulla cima di un monte omonimo facente parte della giogana che divide la Val di Chiana dallâopposta Valle dellâOrcia. Scaturisce dalle sue spalle verso ostro il torrente Tressa dellâOrcia, mente nel fianco volto a maestro sorge per varii rivi il Salarco, e scende dalla faccia dirimpetto a grecale e a levante il Salcheto, due torrenti tributarii della Chiana. Misurata la sua altezza dalla torre del palazzo pubblico fu segnalata dal P.
Inghirami a braccia 1076,7 superiore al livello del mare Mediterraneo. Trovasi fra il grado 29° 43â di longitudine e 42° 30â di latitudine, circa 11 miglia a maestro di Chiusi, 7 miglia a levante di Pienza, 18 a libeccio di Cortona, e 30 miglia a ostro di Arezzo. La cittĂ di figura bislunga è situata presso la sommitĂ del monte omonimo, dalla parte però che guarda grecale acquapendente in Val di Chiana; è circondata di mura castellane che girano circa un miglio con 4 porte e due postierle, una fortezza diruta nella parte superiore, e unâaltra nella parte inferiore. Da questa eminenza dove si respira aria salubre, e donde lâocchio si spazia sopra una grande estensione di paese, noi non salutammo, comecchè altri salutassero, Montepulciano fondato dallâetrusco re Porsenna, nè tampoco ci unimmo di animo a coloro che posero in questo monte lâArretium fidens, o agli altri che vi collocarono il Clusium novum di Plinio; essendochè le cose troppo antiche basta che abbiano un poco del verosimile, ancorchè nol siano, sogliono accettarsi generalmente per vere. Per altro la scoperta fatta nel distretto di Montepulciano di molti oggetti etrusco-romani concede a buona ragione il diritto di credere che lâorigine di questa cittĂ , qualunque fossero i nomi che ad essa si diedero, risalire debba ad unâepoca assai remota. Infatti tuttora sâignora il nome di questo paese daâtempi Etruschi e Romani sino a quelli dei barbari scesi in Italia ed in Val di Chiana; conciosiacchè il suo nome si scuopre la prima volta (se io non erro) nel principio del secolo VIII. E ciò apparisce dal processo fatto in Siena nellâanno 715 per ordine del re Liutprando a cagione di molte chiese della diocesi aretina pretese dal vescovo sanese come state di sua giurisdizione, nella quale controversia, fra le pievi che rivendicare voleva Siena, vi era annoverata la battesimale, ora cattedrale di S.
Maria di Montepulciano, cioè, S. Matris Ecclesiae in castello Politiano. A questo documento tengono dietro quattro altri, tuttora inediti, appartenuti allâAbbazia del MontâAmiata, scritti sotto i primi re Carolingi nei quali viene rammentato il castello con la pieve di Politiano , o di Montepulciano. Il primo di essi, rogato nel novembre del 790, tratta di unâofferta alla chiesa di S. Silvestro a Lanciniano manuale della badia Amiatina, fatta dal chierico Arnipert, di un pezzo di terra con vigna posta nel castello Policiano sotto la via pubblica in luogo chiamato Subrupina (forse Le Balze,) con una casa situata nel casale Feroniano. â Vedere MONTE FOLLONICA.
Col secondo documento dellâagosto 793, scritto presso la Santa Madre Chiesa del castel Policiano, due fratelli vendono per un soldo dâoro a Grossolo primicero una vigna posta nel castel di Policiano, nel vocabolo Ardene.
Col terzo istrumento stipulato da Teudilary notare e cittadino aretino di maggio dellâ806 nella S. Madre Chiesa al castel Policiano, Cuniperto del fu Teudilary nativo del castel Policiano dona ad uno deâsuoi tre figli, Agiprando, un campo con una casa situato nel casale Ovile, cui era a confine di sopra, la casa del donatore, e di sotto, la basilica di S. Stefano, da un lato le terre del Re, dallâaltro lato i beni della S. Madre Chiesa di Policiano ; dal terzo lato le terre di Agiperto e di Orso nipoti del donatore, e dal quarto lato la via pubblica. Avvertirò inoltre che fra i testimoni sottoscritti a quellâatto si legge il nome di Petrone orefice. Con un quarto istrumento, rogato nella corte di Policiano di febbrajo dellâ827, Gismari, uomo libero, insieme con Aggiperga sua moglie ottiene a livello dal prete Ansari una terra della pieve di S.
Salvadore, la quale giĂ teneva a fitto Gisperto genitore di detto Gismari, con patto di fabbricarvi sopra una casa, e di pagare annualmente alla detta pieve una pensione di tre denari dâargento con cinque congi di vino per la festa di S. Martino. Fra i testimoni si trova un tal Sasso chierico e medico. Pertanto dai documenti qui accennati resulta, che in Montepulciano sino dallâ800, abitavano orefici e medici, e che nel suo territorio si coltivavano le viti, il di cui liquore nei secoli successivi divenne famoso cotanto da qualificare questo di Montepulciano dâogni vino il re.
Non meno importanti per la storia ecclesiastica civile di Montepulciano sono le pergamene pervenute da quellâarchivio comunitativo nel Regio diplomatico di Firenze; la piĂš antica delle quali risale al 25 febbrajo dellâanno 1055. Con tuttociò sâignorano i fatti bellici guerreggiati dai Montepulcianesi anteriormente allâanno 1154, giacchè niunâaltro autore per avventura li tramandò ai posteri innanzi di Ricordano Malespini. Il quale al capitolo 80 della sua istoria fiorentina racconta per qual modo si cominciò a guerreggiare nel 1154 fra i Fiorentini e i Sanesi per cagione delle castella che confinavano fra i due contadi nel Chianti; dondechè i Fiorentini presono a difendere dai Sanesi quegli di Montepulciano, e andarono per fornire il loro castello. Ma nel 1202 la popolazione di Montepulciano, dubitando dellâanimo e delle forze deâSanesi, inviò un suo ambasciadore a Firenze per giurare e protestare nelle mani di uno dei consoli di detta cittĂ che il suo distretto non faceva parte nè del vescovado, nè del contado di Siena. Con egual sicurezza furono ricevuti in protezione della Repubblica Fiorentina i Montepulcianesi, con la promessa questi di non imporre gabelle alle merci deâFiorentin i; di offrire ognâanno il dĂŹ della festa di S. Giovan Battista in Firenze un cero di libbre 50; di pagare a titolo di tributo dieci marche dâargento, ovvero un equivalente di 50 lire di buoni denari pisani, e di far guerra e pace a piacere deâFiorentini, oltre lâobbligo di rinnovare ogni dieci anni un simile giuramento davanti ai rappresentanti del Comune di Firenze. â (AMMIRATI Istor. fior. Lib. I). Allâannunzio di cotesto trattato i Sanesi reclamarono le loro ragioni sopra Montepulciano davanti a una dieta composta di nobili di contado, e di rappresentanti delle cittĂ di Toscana, la quale fu convocata nellâaprile dellâanno 1205 nel castello di S. Quirico in Ossena (in Val dOrcia) dopo lâesame dei testimoni per decidere, se il Castello col territorio di Montepulciano era o no del contado sanese.
Infatti da quel deposto appariva, che da quaranta e piĂš anni indietro non solo Montepulciano era contemplato come parte del distretto di Siena, ma che ivi in quel tempo dominarono alcuni conti teutonici del contado sanese, come in un loro proprio castello. â (MURATORI Ant.
Med. Aevi Dissert.50). â Vedere AGELLO DI CHIUSI in Val dâOrcia.
Avvenne però che nellâanno 1207 i Sanesi avendo mosso la loro oste contro Montepulciano, i Fiorentini mandarono un esercito a guerreggiare nel contado di Siena; e fu allora che si prese e si disfece il Castello di Montalto della Berardenga in guisa che i Montepulcianesi per quella volta furono liberati dal timore di dovere piegare il collo a Siena. Ma non erano appena scorsi quattro lustri, che dopo aver osteggiato e quindi nel 15 febbrajo 1229, (stile comune) aperte delle trattattive presso il torrente Salarco sul confine del territorio di Montepulciano, venendo queste dai Montepulcianesi rifiutate, nel successivo mese di giugno la Signoria di Siena comandò nuova oste contro quel paese. Allora i magistrati di Montepulciano dâaccordo ai sindaci di Firenze contrassero amicizia con il Comune di Orvieto, sicchè per atto pubblico del 13 giugno anno 1219, gli ambasciatori Orvietani trovandosi negli accampamenti di Montefiascone, promisero a nome del loro Comune difendere il castello di Montepulciano ed i suoi abitanti da chiunque gli muovesse guerra, meno che contro il Papa, lâImperatore, i Fiorentini, gli Aretini ed i Romani. â (ARCH. DIPL. FIOR. Carte della ComunitĂ di Montepulciano). Quindi nel successivo mese di settembre i Fiorentini inviarono nuove genti aâdanni di Siena, le quali diedero il guasto intorno a venti loro castella.
Contuttociò tre anni dopo i Sanesi, avendo raccolti (1232) mo lti fuorusciti ghibellini di Montepulciano corsero insieme ad assediare questa terra. Per la qual cosa si mosse da Firenze nuovamente lâoste verso il Chianti sanese prendendo di mira i castelli di Selvoli e di Querciagrossa, i quali a forza dovettero darsi ai Fiorentini che li feciono atterrare. Allora il governo di Siena essendosi alleato coâChiusini (16 ottobre 1232) fu posto in grado di riunire un poderoso esercito, col quale assediò, assalĂŹ, e nellâottobre stesso sâimpadronĂŹ di Montepulciano, e tosto la sua rocca con le mura castellane guastò e demolĂŹ. Non corse gran tempo però senza che i Fiorentini tornassero in campo per assistere i loro amici dalla parte di Siena, dove si recarono armati; poichè nel giugno del 1234 ebbono vettovagliato Montalcino, scorsero con grandissimo danno del nemico pel contado di Siena.
Dondechè i Sanesi nel 1235 vedendosi esposti a incursioni continue, e le loro forze dopo sei anni di guerra trovandosi indebolite, ricorsero alla mediazione del Legato pontificio per venire a qualche trattativa di pace coâFiorentini. La quale fu ferma a patti, che il Comune di Siena a sue spese rifacesse le mura di Montepulciano, che non molestasse piĂš Montalcino, e che rendesse tutto ciò che le sue genti avevano tolto agli Orvietani. Allâincontro i Fiorentini dovevano restituire ai Sanesi i loro prigioni appena che le mura di Montepulciano fossero state rifatte.
Ad accrescere la quiete e la sicurezza politica ai Montepulcianesi giovò grandemente un privilegio spedito da Grosseto nel febbrajo 1243 dallâImperatore Federigo II, col quale gli accoglieva sotto la protezione imperiale, confermando loro i privilegi e le esenzioni che erano soliti godere. â Vedere GROSSETO.
Di quelle cose che succedettono in Montepulciano dalla pace del 1235 alla battaglia di Montaperto, dove restò fiaccata ed oppressa la parte Guelfa allora predominante in Toscana, non abbiamo alcuna memoria del tempo che lo dica, seppure non si voglia calcolare una fazione accaduta nel 1253 fra alcuni militi sanesi che da Montefollonica vennero alle mani con altri di Montepulciano. Ma dopo la vittoria di Montaperto anche questa Terra dovè soggiacere alla sorte e sottoporsi ai Ghibellini sanesi permettendo ai vincitori di edificare costĂ una fortezza; il cui presidio fu cacciato ben presto dallâopposto partito dopo la notizia avuta (anno 1267) della morte del re Manfredi alla battaglia di Benevento. Fu allora che i Montepulcianesi veggendo che per la vittoria del re Carlo dâAngiò gli affari deâGhibellini andavano per le rotte, mandarono i loro sindaci a raccomandarsi a quel re protettore della parte Guelfa, onde liberarsi in tutto dal dominio della fazione contraria.
Infatti nel 24 giugno del 1267 Bartolommeo del fu Viviano giudice e sindaco del Comune di Montepulciano si presentò in Monte Fiascone per prestare giuramento di fedeltĂ in nome del Comune medesimo davanti a Carlo I re di Napoli, il quale prese sotto la sua protezione la comunitĂ , uomini e beni deâMontepulcianesi, accordando loro alcuni nuovi privilegi e confermando gli antichi. â (ARCH. DIPL. FIOR. Carte della ComunitĂ di Montepulciano). Mercè tali riforme politiche e favori Montepulciano andava ogni dĂŹ piĂš acquistando mezzi di potenza e prosperitĂ , siccome lo danno a divedere le deliberazioni prese da quella popolazione allâanno 1281, poichè per conto del Comune di Montepulciano si acquistavano beni presso il Bagno di Sellena (ora di Chianciano) ed un suo ricco abitante, Angelo di Danese o Danesi, fondava lo spedale di S. Pietro, fuori della porta alle Farine. Correva lâanno 1294 quando il popolo di Montepulciano, avendo per suo potestĂ Alessandro di Bandinello cittadino di Siena, e per capitano Spinello deâGianfigliazzi di Firenze, procurò di rimettersi sotto lâaccomandigia della Signoria di Siena, con la quale per trattato del 13 giugno di detto anno convenne nelle principali condizioni seguenti:1° lâofferta da farsi alla cattedrale di Siena per la festa di S. Maria Assunta di un cero fiorito di libbre 50; 2° di mandare quando fosse richiesto due distinti cittadini al parlamento a Siena; 3° che i Montepulcianesi dovessero eleggere fra i cittadini sanesi il loro potestĂ e capitano con salario per sei mesi di 400 lire corlonesi; 4° che i detti ufiziali governassero a seconda degli statuti di Montepulciano, purchè in essi non vi fosse cosa contraria aglâinteressi deâSanesi; 5° che il Comune di Montepulciano tenesse per amici gli amici del Comune di Siena e viceversa, e dovesse far pace e guerra con esso; 6° che i Montepulcianesi non potessero percipere nel loro distretto, nè imporre dazi, gabelle e altre gravezze ai generi e uomini della cittĂ e contado di Siena, il tutto con la penale mancando di mille marche dâoro. â (ARCH. DIPL. FIOR. Carte della ComunitĂ di Montepulciano). Un effetto delle convenzioni premesse fu la riforma del governo municipale di Montepulciano, il quale consisteva in cinque governatori col titolo di difensori del Comune. Infatti mercè una deliberazione del 28 agosto 1397 fatta nel palazzo comunitativo, il consiglio generale di Montepulciano col consenso deâcinque governatori e difensori del Comune, e del loro potestĂ Mino deâMalavolti sanese, incaricò un sindaco di recarsi a presentare al Vescovo di Chiusi il nuovo parroco eletto della pieve di S. Giovanni da Villanuova del distretto di Montepulciano, come parrocchia di giuspadronato della stessa comunitĂ . â (loc. cit.). A questa suddetta epoca, quando giĂ esisteva il palazzo pubblico, risale la costruzione della chiesa e convento dei religiosi Domenicani di Montepulciano, dopo cioè di aver essi ottenuto una bolla dal Pontefice Bonifazio VIII spedita da Roma li 13 febbrajo del 1296, che concedeva facoltĂ al priore provinciale deâfrati Predicatori di erigere un convento in Montepulciano nella casa che fu di Francesco, appellato Cisporo , la quale era stata confiscata dâordine della S. Inquisizione di Roma, per avere il proprietario della medesima ivi ricevuto e protetto gli eretici. â (loc.
cit. Carte deâDomenicani di Montepulciano). Siamo alla fine del secolo XIII, quando in Montepulciano incominciò a preponderare per le sue ricchezze la famiglia del Pecora, i di cui individui nel secolo susseguente tiranneggiarono nella loro patria. â Il primo a figurarvi fu un Corrado figlio del fu Pecora , il quale per deliberazione comunitativa del 29 maggio 1304 fu eletto delegato insieme con altri Montepulcianesi per accomodare alcune vertenze insorte tra il comune di Montepulciano e quello di Chiusi. Di un Guglielmo fratello di Corrado del Pecora fanno piĂš volte menzione le carte di questa comunitĂ , sia quando egli nellâ11 settembre 1305 fu nominato procuratore della popolazione di Montepulciano, sia quando nel 30 maggio 1307 per il Comune medesimo egli prese a mutuo divesre somme di denari, sia allorchè per atto del 19 febbrajo 1310 il Comune predetto si dichiarò debitore di mille fiorini dâoro ricevuti a mutuo da Guglielmo del fu Pecora . â Il qual Guglielmo del Pecora per contratto del 18 settembre 1301 aveva acquistato per lire 90 una casa situata nel prato (Ascio) davanti la pieve, ora cattedrale di Montepulciano, e che poco dopo cangiata in palazzo servĂŹ di abitazione ai suoi discendenti innanzi che divenisse dello stato. â (ARCH. DIPL. FIOR. Carte deâCrociferi di Firenze). Nipote di esso Guglielmo del Pecora sembra che fosse quel cavalier Guglielmo Novello da Montepulciano, che nel 1338 fu scelto in capitano generale dellâarmata guelfa dalla Lega dei Comuni della Toscana. â (AMMIR. Istor. Fior. Lib. VIII). Nato da Guglielmo seniore dubito che fosse quel Ranieri del Pecora, stato eletto nel 1312 vescovo di Chiusi. E fu ad oggetto di favorire una tale elezione, che i cinque governatori del popolo di Montepulciano con deliberazione del 6 gennajo del 1312 si determinarono ad assistere in tutte le maniere il nuovo eletto vescovo acciò potesse realmente conseguire tale dignitĂ . La qual cosa ci richiama alle discordie del capitolo di Chiusi, dove due altri vescovi intrusi contemporaneamente al sopra nominato si contendevano la stessa cattedra, finchè Ranieri restò solo fra i tre concorrenti; e ad esso poi succedè un altro vescovo per nome Angelo della stessa famiglia del Pecora. Non solo il Comune di Montepulciano fu costretto di aprire alcuni imprestiti con i nobili del Pecora, ma ancora con altre case mercantili di Siena, nel mentre che i suoi abitanti per dare aiuto ai Fiorentini, allora in guerra con gli Aretini, attiravano contro le censure papali, censure che poi nel 28 settembre del 1307 di commissione del legato pontifĂŹcio Cardinale Napoleone Orsini vennero cancellate. â (ARCH. DIPL.
FIOR. loc. cit.). Anche nelle guerre contro Castruccio signor di Lucca il Comune di Montepulciano inviò la sua oste a sostegno della Fiorentina. â Che però i signori del Pecora cominciassero presto ad agire con qualche arbitrio in Montepulciano, incoraggiati forse dallâesempio deplorabile del duca di Atene, non ne lascia dubbio un documento del 10 luglio 1348 scritto davanti i priori e capitani della parte Guelfa di Montepulciano, quando messer Bertoldo Novello figlio del fu Bertoldo del Pecora si confessava debitore del Comune piĂš volte nominato di 400 fiorini dâoro, che disse di avere indebitamente percetti per cause ivi specificate, promettendo di rimborsarne la comunitĂ ad ogni richiesta. Ciò accadeva lâanno innanzi che Niccolò figlio del prenominato Bertoldo (24 maggio 1349) contraesse matrimonio con donna Fiesca figlia del Marchese Moroello Malaspina di Mulazzo e di donna Alagia del Fiesco, rimasta vedova del conte Marcovaldo di Dovadola. â Vedere DOVADOLA.
A maggiori cose peraltro miravano i del Pecora, resi ormai potenti per ricchezze e per illustri parentele, siccome lo dimostrano i fatti dopo il 1348 da Matteo Villani nella sua cronaca fiorentina registrati. Ardeva nel 1351 in Toscana la guerra fra i Fiorentini e lâArcivescovo Visconti di Milano, quando Jacopo del fu Bertoldo del Pecora, avendo dato segni manifesti di tirannia verso i suoi concittadini, trovavasi con altri esuli fuori di patria; e ciò nel tempo stesso che da Niccolò del Pecora altro di lui fratello si riformava la Terra di Montepulciano, e si escludevano dal regime gli amici ed i partitanti di messer Jacopo. Il quale ultimo signore essendo allora in Siena, ordinò grandi novitĂ a scandalo e suggezione (dice il Villani) della sua patria. Conciosiacchè Jacopo del Pecora dâaccordo con Saccone Tarlati raccolse un cento di cavalieri dellâa rmata del Visconti châera in Val di Chiana, cui ne accoppiò altri a cavallo e a pie deâsuoi amici; quindi corrotte per moneta alcune guardie di Montepulciano, la notte del 2 novembre 1352 avendo spezzata una delle porte, entrò dentro con tutta la sua gente: e levato il rumore, gli fece tosto fronte Niccolò, suo animoso rivale, il quale montato a cavallo con pochi compagni armati subitamente senzâattendere aiuto andò incontro ai nemici, che avviliti si volsero ben presto in fuga, e la maggior parte errando per la Terra, essendosi desto il popolo, furono presi, e ben presto impiccato un notaro con i soldati châerano alla guardia della porta donde Jacopo era passato, e che avevano tradito. Ma se Montepulciano per questa volta restò libero dai suoi tiranni, poco era lungi il tempo di una schiavitĂš piĂš decisa.
Avvegnachè dei signori del Pecora, divisi per ambizione e per partito, cacciati lâun lâaltro di patria e seggio, quelli châerano rimasi fra i vincitori tenevano lâamistĂ deâPerugini, mentre gli espulsi erano protetti daâSanesi.
Quindi avvenne che ben presto il governo di Siena comandò lâoste contro Montepulciano, stato giĂ soccorso e presidiato dalle genti che in quellâanno tenevano i Perugini in Val di Chiana; per modo che i Montepulcianesi con lâaiuto di questi ultimi e con i loro soldati francamente difendendosi facevano vergogna alla cavalleria degli avversari. Cosicchè a tanta altezza montò lo sdegno deâSanesi che appena ebber raccolto un maggior numero di fanti e cavalli, tornarono sotto Montepulciano, e quello di continuo assediarono infino al maggio del 1353. In questo mezzo tempo Fiorentini e Perugini mandarono i loro ambasciatori nel campo degli assedianti e agli assediati in Montepulciano per trovar modo di pacificare le parti. Lo che accadeva nel tempo stesso che dal consiglio generale del Comune di Montepulciano, nel 2 maggio 1353 si nominava un sindaco per assolvere e quietanzare i fratelli Bertoldo Novello e Niccolò, figli del fu Bertoldo del Pecora, e tutti gli altri di quella consorteria per cagione deâbeni e sostanze pervenute nelle mani loro di pertinenza del Comune e uomini di Montepulciano, per cui dal sindaco del Comune fu rilasciato ai prenominati signori del Pecora un atto pubblico di quietanza. â (ARCH. DIPL. FIOR. Carte dei Crociferi di Firenze).
Dopo lunghe pratiche i Sanesi nel 21 aprile 1353, erano venuti a questa concordia; cioè, che la Terra di Montepulciano rimanesse al governamento del popolo, e stasse ventâanni presidiata dal Comune di Siena, il quale vi avrebbe tenuto un capitano con 15 cavalieri, e 20 fanti; che i Sanesi sarebbero sempre padroni di una delle porte della Terra e di una campana; che essi fra un determinato tempo avrebbero pagato a messer Niccolò del Pecora fiorini 6000 per le spese fatte, accordando al medesimo dieci anni dâimmunitĂ personale e reale nella sua patria; e che a messer Jacopo del Pecora fuoruscito i Sanesi avrebbero sborsato tremila fiorini dâoro e fattogli avere le rendite deâsuoi beni.
In conseguenza di tale accordo, concluso con la mallevadoria dei due Comuni di Firenze e di Perugia, i Sanesi a dĂŹ 2 di maggio del 1353 presero la guardia ordinata, e levato il campo da Montepulciano, tornarono con lâoste a Siena.
Matteo Villani che registrò cotesti fatti provò risentimento e dispetto verso i Senesi per la poca fede che, al dire di lui, fu da essi tenuta. Avvegnachè raccontando nella sua cronica del modo col quale furono rotti i patti, egli scriveva in questa sentenza: Potendosi cadauno dolere con ragione in se della corrotta fede odiosa ai popoli, mercatanzia deâtiranni, cagione nascosa di gravi pericoli, ci muove a dire con vergogna, come reggendosi il Comune di Siena sotto il governamento occupato dallâordine deâNove, questi ruppero la fede promessa ai signori (priori del Comune di Montepulciano) essendone stati mezzani i Fiorentini e Perugini.
E per giustificarsi della corrotta fede, aggiunsono una corrotta dannagione, mettendo il detto messer Niccolò deâCavalieri, ossia del Pecora, senza colpa in bando per traditore, acciocchè non paressero tenuti a dargli fiorini 6000 dâoro che promessi gli avevano quando diede loro la signoria di Montepulciano. Della qual cosa turbati i due Comune di Firenze e di Perugia, furono mandati ambasciadori a Siena per far loro con preghiera addirizzare questo torto. Ma avuto sopra di ciò piĂš volte udienza e menati lungamente per parole, non solo fu mostrato con lâopere per lo detto ordine deâNove la corruzione conceputa, ma agli ambasciadori di cadaun Comune fu fatta vergogna e villania. E questo avvenne nel mese di febbrajo dellâanno stesso 1353 stile fiorentino, vale a dire nove mesi dopo la concordia stabilita. â (M. Villani, Cron. Lib. III Cap. 88).
Ma non era ancora compito lâanno dellâesilio di Niccolò, che a questi, avendo tenuto pratiche con i suoi amici e concittadini, nella notte del 21 gennajo 1354 (1355 a stile comune) riescĂŹ dâintrodursi in Montepulciano per una delle porte della Terra avendo un seguito di 200 cavalieri e di 500 fanti. I Senesi che tenevano la rocca, sentendo mess. Niccolò entrato dentro, si unirono a certi terrazzani che non erano a parte del trattato, e sbarrando le strade, intendevano francamente alla difesa; ma poco sarebbe loro valuto ciò senza il caso, che in Monte Follonico ivi vicino erano di fresco arrivate alcune bande di Senesi; le quali sentendo lo stormo di Montepulciano, corsero tosto al soccorso di quel presidio. La mischia tra i fuorusciti e i Senesi si sostenne tutta una giornata in fino sul vespro, ma vedendo mess. Niccolò e quelli châerano con lui, che non potevano rompere gli avversarj, e che si avvicinava la notte, e temendo che nel soprastare maggior gente de Senesi non lo soprendesse, presono il partito dâardere la Terra e andarsene; in guisa che mettendo prima cadauno il fuoco alla sua casa, e appresso alle altre, quandâera incendiata ogni cosa, abbandonarono il paese, sicchè quei di dentro intrigati ad estinguere le fiamme non li poterono seguire e per lâabbondanza del fuoco messo in molte parti arse senza potersi riparare tutta quanta la Terra dalla rocca del Sasso in giĂš. â (Oper. cit. Lib. IV Cap. 50.) Essendosi per lunga esperienza messo Niccolò e mess.
Jacopo deâCavalieri certificati, per la stessa cagione ma per diverso partito entrambi fuorusciti della patria, che la discordia gli aveva sbalzati dalla signoria, e cacciati in esilio da Montepulciano ed anche dalla cittĂ di Siena, si riunirono dâanimo fra loro e ridussosi a pace e concordia.
Cosicchè appena alla fine di marzo del 1355 si mutò in Siena lâordine deâsignori Nove, innanzi che nel bollore quel popolo si armasse, mess. Niccolò di consenso con mess. Jacopo deâCavalieri tornò in Montepulciano, accolto con allegrezza dai suoi concittadini, desiderosi di liberarsi dalla soggezione deâSenesi, dagli ordini deâquali dipendevano il presidio e il castellano della rocca di Montepulciano.
Frattanto che si operava ciò, mess. Jacopo deâCavalieri patrocinava in Siena davanti allâImp. Carlo IV la causa del consorto, che era pure la sua propria, informando S. M.
del torto che il governo di Siena aveva fatto ad entrambi.
Anche i grandi cittadini châerano con mess. Jacopo feciono chiaro lâimperatore che quella era la veritĂ ; e però nellâistante sua maestĂ manifestò esser contento che i signori del Pecora tenessero la Terra di Montepulciano come suoi vicarii. Quindi tre giorni appresso lâImp. Carlo IV cavalcando verso Roma volle passare da Montepulciano, dove dai nobili Jacopo e Niccolò del Pecora fu festeggiato e magnificamente trattato, dopo di che entrambi gli ospiti accompagnarono lâImperatore a Roma, lasciando in Montepulciano altra gente oltre la sanese che era alla guardia della rocca. â (Oper. cit. Lib,.
IV Cap. 85).
Ma appena si seppe la nuova della sommossa fatta dal popolo senese, che obbligò il patriarca lasciatovi dallâImp.
Carlo IV a rinunziare al comando di Siena, Niccolò e Jacopo del Pecora ritornarono tosto da Roma a Montepulciano, dove avendo raccolto una mano di soldati, con questi e con lâaiuto deglâabitanti non solo assediarono le truppe senesi châerano nella rocca, ma ributtarono con danno quelle che vennero costĂ inviate da Siena in soccorso del presidio.
Dondechè gli assediati dovettero rendere la fortezza ai Montepulcianesi, dai quali fu ben tosto deliberato di fortificare per ognâintorno le mura della Terra, unanimamente decisi di difendersi contro ogni dimostranza ostile che far volesse Siena. â (Oper. cit. Lib.
V Cap. 44).
Nè per questo i Senesi erano meno animosi per riacquistare dâogni maniera la Signoria perduta; sicchè inviarono poderosa oste contro Montepulciano, i di cui abitanti vedendosi per se soli impotenti da resistere a tanto impeto, innanzi che terminasse lâanno 1355, inviarono sollecitamente sindaci per concludere, siccome fu concluso, un trattato coi Perugini. Questâalleanza conturbò il governo di Siena, al segno che ricusò di far parte della lega che si strinse poco appresso fra i Fiorentini i Pisani e Perugini contro la compagnia del conte Lando. Sennonchè potendo ciò tornare a pericolo della loro repubblica, i di lei rappresentanti in seguito aderirono alla proposta col pigliare la loro taglia della lega.
Venuto il tempo in cui lâoste di Perugia si era posta allâassedio di Cortona, i Senesi (anno 1357) gravandosi deâPerugini che avevano aiutato a loro dispetto gli abitanti di Montepulciano, furono contenti di aver cagione di soccorrere i Cortonesi. Per la qual cosa i Signori della Balia di guerra di Siena assoldarono per un determinato tempo la compagnia deâTedeschi capitanata da Anichino di Mongardo châera in Lombardia; e fatta lĂĄ venire in Toscana, a questa si unĂŹ lâoste senese; sicchè nel di 18 marzo 1358 (stile comune) si mosse dai contorni di Siena lâesercito composto di 1200 barbute, e di gran masnade assoldate, oltre quelle del contado, per andare a soccorrere Cortona, e intanto strada facendo dare il guasto al territorio di Montepulciano, ove quellâesercito stette 4 dĂŹ.
Obbligati pertanto i Perugini di ritirarsi per poco dallâassedio, di Cortona, vi tornarono dopo aver messo insieme un buon numero di soldatesche; quindi nel di 8 aprile del 1358 valicarono la Chiana con 1800 barbute, e molta fanteria, e si accamparono a Gracciano in sul territorio di Montepulciano nel tempo che i Senesi si stavano di contro in Torrita con 1600 barbute, masnadieri e fanti assai. Il dĂŹ seguente e poi quello appresso i Perugini richiesono i Senesi di battaglia drizzandosi con tre schiere dei loro da Gracciano verso Torrita. I Senesi fidandosi della fortezza del luogo, e delle spalle naturalmente difese dalla Terra, uscirono fuori con poco ordine e senza il loro capitano Anichino di Mongardo, il quale o per sdegno o per malizia coâsuoi Tedeschi non prendeva parte, cosicchè le schiere deâSenesi furono investite infino alle barre del borgo di Torrita. Veggendo ciò lâAnichino, allora escĂŹ in campo disordinatamente coâsuoi, talchè nella mischia venne fatto prigione dal nemico insieme col maliscalco dellâoste e cinquanta cavalieri. Dopo di che i Perugini rubando e ardendo il borgo tornaronsi coâprigioni, con la preda e colle bandiere dei conestabili al loro campo di Gracciano. Finalmente dopo avere le milizie dei due avversarj acerbamente osteggiato insieme, mediante un lodo pronunziato nellâottobre del 1358, essendo fatti arbitri delle parti i Fiorentini ed il legato pontificio di Romagna, si venne alla conclusione di buona e ferma pace. Fra le condizioni della quale una era questa: che i Perugini dovessono lasciare libera ai suoi terrazzani Montepulciano, e che i Senesi per cinque anni non potessono mettere potestĂ in detta Terra, ma lasciarla in sua balia, e solamente dai cinque anni in lĂ vi dovessono inviare podestĂ , ed avere il censo usato. â (M. VILLANI, Oper. cit. Lib. VIII Cap. 41 e 102).
Avvenne in questo frattempo che mess. Niccolò del fu Bertoldo del Pecora era restato vedovo ed erede della sua moglie donna Fiesca deâMarchcsi Malaspina, a tenore del testamento di lei del di 13 settembre 1338 scritto nella casa del marito in Montepulciano. Arroge che lo stesso Niccolò fu sommamente favorito dalla Signoria di Perugia, dalla quale, oltre di essere stato fatto cavaliere, riceve in dono il paese del distretto di Valiana, o Valiano,sulle Chiane, dove il del Pecora traeva sua vita assai onorevolmente.
Ora sentendo Niccolò di costĂ il mal contento deâsuoi concittadini, per sdegno loro contro il reggimento deâSenesi, e la disposizione che avevano a fare novitĂ , gli cercò modo per mezzo deâsuoi amici di tornare in Montepulciano.
E trovando la materia disposta allâintendimento, Niccolò raccolse segretamente brigata, e di maggio 1359, senza ostacolo entrò nella Terra, dove fu ricevuto lietamente, avendo mostrato di trattare tutti como fratelli, o ricordato loro, che la rivalitĂ fra esso lui e Jacopo del Pecora suo fratello era stata la cagione principale dellâesilio e della perduta signoria di Montepulciano.
Quasi nellâoccasione medesima che i due del Pecora tornavano a rappacificarsi ed a collegarsi insieme per tiranneggiare dâaccordo i loro concittadini, il Com. di Perugia inviava un ambasciatore a Montepulciano, affinchè davanti al consiglio generale in nome del popolo e Comune di Perugia rinunziasse, siccome infatti a dĂŹ 15 luglio 1359 fu rinunziato ad ogni ragione, giurisdizione e dominio che i Perugini in qualsivoglia modo nella Terra di Montepulciano e suo distretto avessero potuto pretendere, lasciando in tal maniera questo popolo libero di sè, in piena potestĂ e balia. â (MALAVOLTI, Istor. San. P. II.) Intanto mess, Niccolò del Pecora erasi come dissi riavvicinato con mess. Jacopo, il quale, data che ebbe la promessa di perdonare a chiunque offeso lâavesse, e di stare insieme uniti al beneficio e stato comune della patria, fu accolto con festa grande e buona volontĂ deâTerrazzani che proclamarono entrambi i del Pecora signori e difensori di Montepulciano. Nel bel principio essi con molta concordia si diedero a ben governare il paese mantenendosi amici, i Perugini, e facendo onore piĂš che potevano ai Senesi. â (Oper. cit. Lib. IX Cap. 24).
Ma le promesse di chi è uso a tirannia malamente e per corto spazio si mantengono; avvegnachè cinque anni dopo cotesta società di due persone al governo di uno stesso paese si ruppe per effetto dei maneggi segreti che mess.
Jacopo teneva coi magnati di Siena; Dondechè egli con le forze inviategli da Giovanni di Agnolino Bottoni della casa Salimbeni, Signor. del vicino castelluccio di Chiarantana nellâaprile del 1364 cacciò dal seggio e dalla patria il collega Niccolò, che poi, al dire del Villani, si ridusse in Perugia in assai debole stato, e i Perugini per non ricominciar guerra coi Senesi passarono la vergogna a occhi chiusi. â (FILIPPO VILLANI Continuazione della Cronaca di Matteo. Lib. XI Cap. 17.) Non per questo fece un miglior fine lâaltro fratello mess.
Jacopo che aveva donna Caterina sorella del conte Antonio di Palagio deâconti Guidi, tostochè nel 1368, i fuorusciti di Montepulciano, i quali tenevano intelligenza con quelli di dentro malcontenti del procedere del loro signore, introdottisi armati dentro la Terra, presero e carcerarono mess. Jacopo del Pecora. Peraltro la plebe piena dâira e di voglia di vendicarsi dellâingiurie ricevute dal suo tiranno, non si limitò a derubargli e metter fuoco alle sue case, ma il di seguente al di lui arresto, corse alla carcere, e ivi fu riformato il governo di Montepulciano barbaramente lo massacrò; dopo di che a stato popolare sotto la protezione di quello di Siena. â (MALAVOLTI Op. cit.) Che i Montepulcianesi però cosĂŹ per fretta non si acquietassero, e che i Fiorentini non li lasciassero totalmente allâarbitrio del governo di Siena, lo dice una provvisione del 15 giugno 1369, con la quale i priori, i collegi e consiglieri del Comune di Firenze elessero in giusdicente e governatore di Montepulciano Bernardo dâJacopo Beccanugi cittadino fiorentino, cui nel tempo medesimo si accordava uo giudice assessore col notaro, donzelli, cavallo e congruo onorario. â (Arch. Dipl. Fior.
Carte della Com. di Montepulciano).
Appella a questo stesso periodo lâuso introdotto in Montepulciano del postribolo delle donne pubbliche, che il cancelliere di esso Com., con atto del 19 novembre 1370, affittò per un anno ad una tale Franceschina di Martino da Milano, per il prezzo di 40 lire cortonesi, oltre la tassa solita pagarsi dalle donne di partito. â (loc.cit.) Lâanno dopo il Com. medesimo concesse al castellano, della rocca di Montepulciano, in soddisfazione di un suo credito ascendente a 146 fiorini dâoro, la metĂ dellâincasso che si faceva per interesse del detto Comune al pedaggio di Val di Chiana. Finalmente un Giovanni di Niccolò da Montepulciano, châio credo della nobil casa del Pecora, nel 1377 fu eletto dalla Rep. Fiorentina allâonorevole incarico di podestĂ di Firenze.
Che in seguito si stabilissero capitoli di lega fra il Comune di Siena e questo di Montepulciano, mercè lâinfluenza di Giovanni figlio di Niccolò, e di mess.
Gherardo figlio di mess. Jacopo del Pecora, concorrono a dimostrarlo i documenti seguenti appartenuti alla stessa ComunitĂ , dei quali si conservano gli archetipi dellâArch.
Dipl. Fior.
Sono due istrumenti di pagamenti fatti in Siena sotto di 24 agosto e 31 dicembre 1379 nellâalto che il Com. di Montepulciano restituiva al camarlingo di Bicherno 500 fiorini dâoro per una terza, e poi unâegual somma per la quinta ed ultima paga di 2500 fiorini a tenore dei capitoli di una lega, o societĂ stata stabilita tra i due comuni di Montepulciano e di Siena.
Non lasciano poi dubbio della sottomissione dei Montepulcianesi al governo di Siena, non chè della tirannia dei signori del Pecora testè nominati, molti altri istrumenti dello stesso Arch. Dipl. Fior. Uno dei quali del 23 novembre 1381 ne informa della deliberazione presa dal consiglio generale della Terra di Montepulciano nella sala del nuovo palazzo di residenza deâPriori, per la quale, avuto riflesso alla deliberazione con cui altra volta il Com. aveva conceduto a mess. Giovanni di mess.
Niccolò, e a mess. Gherardo di mess. Jacopo della casa del Pecora pienissima autoritĂ e balia per la difesa e conservazione di Montepulciano e del suo distretto, autoritĂ che era per terminare col mese di dicembre dellâanno 1381, fatto il partito nel suddetto dĂŹ 23 novembre, venne confermata ai sopraddetti del Pecora la medesima signoria e balia per tutto il tempo della loro vita con la solita provvisione, ecc. â (Arch. Dipl Fior. Carte deâCrociferi di Firenze).
Tre altri documenti, rogati tutti nella chiesa maggiore di Siena, sotto uno stesso di, cioè nel 14 ago del 1381, del 1383 e del 1384, trattano dellâofferta che facevasi dai sindaci del Comune di Montepulciano avanti il camarlingo ed i quattro provveditori della cittĂ di Siena di un cero fiorito del valore di 82 fiorini dâoro, oltre dieci altri ceri di libbra; e ciò in vigore delle convenzioni fra i due Comuni negli anni decorsi stabilite.
Lo stesso Arch. Dipl. Fior. possiede un autentico istrumento del 19 aprile 1385 fatto in Siena nel palazzo del concistoro davanti quel senato, col quale furono confermate non solo le condizioni giĂ fissate con il Com.
di Montepulciano, ma vennero accordati altri onori e privilegi a mess. Giovanni del fu Niccolò, a mess.
Gherardo del fu Jacopo e ad altri consorti della stessa prosapia del Pecora, come uomini benemeriti della patria, obbligandosi i reggitori del governo di Siena difendere la signoria deâmedesimi e gli abitanti di Montepulciano.
Non era ancora compito questo stesso anno 1385 che le ambiziose rivalitĂ e il desiderio di dominare fomentarono ben presto amare discordie fra i due principali signori della casa del Pecora, sicchè i Montepulcianesi intenti facilmente a cose nuove si divisero in due fazioni; una, châera la maggiore proteggeva mess. Giovanni di Niccolò del Pecora; lâaltra, châera la piĂš debole, teneva le parti di mess. Gherardo dâJacopo suo consorto. â Fu facile dalle contese passare alle armi, sicchè la parte piĂš numerosa del popolo, facendo fazione con mess. Giovanni, cacciò fuori della Terra mess. Gherardo ed i principali di lui fautori nel tempo stesso che si rimandavano col potestĂ le guardie e gli altri uffiziali senesi stanziati in Montepulciano.
Pretendevano quei terrazzani di aver compito il termine delle precedenti convenzioni per non piĂš riconoscere la Rep. di Siena, mentre questa insisteva che al loro governo i Montepulcianesi dovevano restare sottoposti. Fatta arbitra dalle parti la Signoria di Firenze, nel di 29 ottobre dellâanno 1387 con suo lodo si decise che tra ilComune di Siena e la famiglia Salimbeni da una parte, ed il Comune di Montepulciano e mess. Giovanni del Pecora dallâaltra, sâintendesse conchiusa buona e vera pace ai patti e condizioni seguenti: 1.° Che il Com. di Montepulciano stesse per 50 anni in accomandigia del Com. di Siena; 2.° Che ogni anno per S. Maria dâagosto i Montepulcianesi dovessero offrire alla cattedrale di Siena un cero del valore di 82 fiorini dâoro, e lire dieci di censo; 3.° Che i Senesi fossero tenuti mandare le genti dâarme a Montepulciano a seconda fosse stato richiesto per guardia della Terra; 4.° Che i Montepulcianesi dovessero eleggere ogni sei mesi per loro podestĂ un cittadino senese, partecipante de, li uffizi della cittĂ ; 5.° Che il Com. di Montepulciano si obbligasse a rimettere i fuorusciti nella patria col restituir loro il tolto eccettuati i ribelli mess.
Gherardo, Magio dâJacopo, Orlando di Currado e Jacopo di Bertoldo, tutti della casa del Pecora, con alcuni altri; 6.° Che i signori della casa Salimbeni dovessero far pace col Com. di Montepulciano, oltre diversi altri capitoli.
Finalemente dallo stesso lodo restarono annullati tutti i patti e convenzioni passate che non fossero queste concordi. â (Malavolti, Stor. Senesi P. II.) A mostrare il buon volere dei Montepulcianesi e il desiderio di eseguire quanto dal lodo dei Fiorentini era stato giudicato, non solamente egli non si elessono per podestĂ Bonaventura di Pietro Lanzi cittadino sanese, ma i rappresentanti della ComunitĂ parteciparano al Pont.
Urbano VI la pace da essi conclusa con il Comune di Siena. A congratularsi di ciò è diretta da Perugia una bolla di quel pontefice agli ufiziali del Comune di Montepulciano sotto di 6 novembre dellâanno X del suo pontificato (cioè del 1387). â (Arch. Dipl. Fior. Carte della Com. di Montepulciano).
Al dire però dellâAmmirato cotesta pace non fu di lunga durata, essendo che i Montepulcianesi nel mese di maggio dellâanno 1388 si ribellarono affatto dai Senesi, cacciando via il loro podestĂ , e gridando il nome deâFiorentini, sicchè questi mandarono a Firenze un nunzio perchè in sudditi li ricevesse. Quindi avendo i Montepulcianesi accolto nel paese trenta lance arrivate dalla parte di Firenze, si accrebbero nei Senesi i sospetti che nella sollevazione di Montepulciano, non fosse nata senza consentimento deâFiorentini. Per vendicarsi di un tale affronto i Senesi ricorsero u un rimedio peggiore assai del male, come fu quello di dare la cittĂ loro, il popolo e tutto il dominio dello Stato senese a Giovan Galeazzo Visconti signor di Milano, anzichè sopportare una maggior grandezza neâloro rivali. Per la qual cosa furono inviati ambasciato dal comune di Firenze ai governanti di Siena per dimostrare ai medesimi quali e quanti danni verrebbono a tutta Toscana, se il signor di Milano sâimpadroniva di Siena, ottenendosi la Signoria medesima a mediatrice per indurre i Montepulcianesi a tornare sotto lâobbedienza deâSenesi. Ma perchè questi ultimi sempre gridavano contro i Fiorentini rispetto a Montepulciano, i Signori spedirono Lionardo Beccanagi a Pisa e a Lucca per dar animo a quei Comuni di voler conservare la libertĂ che dal Bis cione a tutti i Toscani era minacciata e nel tempo stesso per far conoscere a quelle repubbliche, che i Fiorentini facevano quellâinvito ai Comuni della Toscana dopo aver tentato inutilmente di pacificare i Montepulcianesi con i Sanesi. Considerando poi quanto importava che il Com. di Siena si riconciliasse con Firenze, e che ciò non poteva accadere se non si operava in maniera che se gli desse Montepulciano, i Priori della Rep. Fior. fecero pregare i Pisani e i Bolognesi a volere entrare eglino mediatori a tal uopo. E perchè i Montepulcianesi non confidassero di troppo nellâappoggio deâFiorentini, furono mandati a Montepulciano due distinti cittadini ad avvertirli: che potendo ridurre i Senesi allâosservanza del lodo del 29 ott.
1387, la Signoria consigliava gli uomini di Montepulciano a volere stare a quello che su di ciò dagli ambasciatori Bolognesi e Pisani sarebbe dichiarato: altrimenti non si contentando, il Com. di Firenze non poteva piĂš con suo onore aiutarli. Tali avvertimenti servirono di forte impulso per indurre il Com. di Montepulciano ad accordarsi coâSenesi, per modo che nel maggio dellâanno 1389, fu concluso lâatto di pacificazione; in conseguenza del quale il governo, di Firenze richiamò da Montepulciano i prenominati lancieri che vi stavano a guardia.
Non per questo si addolcĂŹ il malumore dei Senesi ostinati a darsi al Visconti, per far onta ai Fiorentini, a danni del di cui contado mossero ben presto le masnade che il conte di VirtĂš teneva in Siena. Allora i Fiorentini calando la visiera corsero sopra Montepulciano, lietamente accolti dai terrazzani, e tosto comandarono al potestĂ senese che con le sue robe a casa se ne tornasse.
Correva lâanno 1390 quando gli uomini di Montepulciano inviarono a Firenze un loro sindaco incaricato di fare a quella Signoria libera e volontaria sottomissione della loro terra, il cui distretto nella stessa circostanza fu per pubblico decreto dichiarato contado fiorentino. Fra le altre condizioni allora stabilite furonvi le seguenti; 1. di levare per Montepulciano e suo territorio 800 staja di sale ognâanno (in tutto libbre 38400) a lire tre lo stajo; 2. di ricevere da Firenze il podestĂ , il capitan del popolo e il castellano della rocca; 3. Che le condanne da darsi nella Terra di Montepulciano per causa di ribellione o perturbazione di stato, e i beni che per tal conto venissero confiscati, 4; dovessero applicare in favore del fisco di Firenze.
Il primo podestĂ stato inviato dai Fiorentini a prender il possesso di Montepulciano fu Lionardo Frescobaldi, e il primo capitano del popolo fu il Cav. Francesco Rucellai.
Inoltre a Giov. del Pecora come fedele deâFiorentini fu assegnata una pensione annua di trecento fiorini dâoro, in luogo di un fiorino il giorno che gli passava la Repubblica fino da quando egli venne dichiarato cittadino fiorentino, esentandolo nel tempo stesso dalla giurisdizione del potestĂ di Montepulciano, eccettuati però i casi di omicidio.
Il prenominato Giovanni del Pecora possedeva il castelluccio di Chiarantana, giĂ signoria deâSalimbeni; tostochè nel 22 marzo del 1391 (stile comune) Baccio Galletti di Firenze, uno dei Dieci di Balia, stando in Chiarantana consegnò a nome della Rep. Fior. e dello stesso Giovanni del Pecora la rocca stessa di Chiarantana a due castellani che promisero di restituirla ad ogni richiesta del predetto Giovanni del Pecora suo proprietario. â (Arch. Dipl. Fior. loc. cit.) Frattanto in Toscana sâintroducevano sotto nome di compagnie di venturieri genti dâarme, di consentimento, se non anche pagate dal signor di Milano, le quali correvano rubando quĂ e la, arrestando e menando prigioni gli uomini del contado fiorentino.
Tale si era la compagnia del conte Alberigo di Barbiano passata a Siena con piÚ di 4000 soldati a cavallo, che baldanzosa nella sua prima fazione aveva arso e. rubato il paese della Castellina del Chianti, e di là innoltratasi per Panzano andò saccheggiando il Mercatale di Greve, donde estese le sue rapine per sino ai subborghi meridionali di Firenze.
Dopo di chè il conte Alberigo con la sua cavalleria ritorse la marcia per venire verso la Val dâOmbrone e di lĂ in Val di Chiana a danni dei Montepulcianesi e del loro contado.
Arrivato costĂŹ egli divise una parte delle sue masnade fra Asciano, Torrita e altre vicine castella, o quivi campeggiando si trattenne tutta lâestate dellâanno 1397, fino a che dopo la sconfitta di Mantova sofferta dallâarmata del Visconti il Barbiano fu richiamato a gran fretta in Lombardia, per dove si avviò col maggior numero deâsuoi cavalli, avendo lasciato alla guardia di Siena con 300 lance mess. Brogiole, altro capitano di ventura. â (Ammir. Stor. Fior, Lib,. XVII).
Aumentavano sempre piĂš nei Fiorentini i sospetti, in cui allora si viveva in Toscana per lâambizione smoderata, la forza e lâinfluenza ognor crescente del signor di Milano; il quale nel breve giro di quattro anni (dal 1396 al 1400) delle repubbliche di Siena, di Pisa e di Perugia erasi fatto padrone. A tali cose aggiungeva inquietudine la notizia della pace nel Marzo del 1401 (stile comune) conclusa tra i Veneziani ed i Visconti, nella quale senza chiederlo e senza mandato furono compresi con altri alleati i Fiorentini.
Imperocchè uno de capitoli di quel trattato stabiliva, che Montepulciano, allora posseduto dai Fiorentini e preteso daâSenesi, e che Lucignano tenuto daâSenesi e preteso daâFiorentini, stessero per dieci anni come si trovavano.
La qual pace nel dĂŹ 11 dâaprile seguente, fu poi dalla Signoria senza però alcun segno di festa, per Firenze bandita.
Finalmente nel 1404 i Senesi essendo ritornati allâantico reggimento di repubblica, dopo aver licenziato il vicario del Signore di Milano, governatore della cittĂ e dello Stato, inviarono i loro ambasciatori a Firenze con pieno mandato di fermare la pace fra i due popoli; e questa a di 6 apr. dello stesso anno fu conclusa a condizione, che ai Fiorentini restasse stabilmente Montepulciano, e ai Senesi Lucignano.
Trovavasi allora castellano della rocca di Montepulciano Brando del fu Guccio della Badessa cittadino fiorentino, il quale prossimo a terminare il suo uffizio, nel febbrajo del 1404 richiese al tribunale deâsei ufiziali delle fortificazioni del Comune di Firenze il residuo dello stipendio dovutogli dal Com. di Montepulciano, consistente in lire 1053; la qual somma fu puntualmente a lui pagata nel di 27 dello stesso mese ed anno.
Un codice della biblioteca Magliabechiana di Firenze (CI.
XXV Num. 170) contiene la lista deâpotestĂ , capitani o commissari di Montepulciano, dallâanno 1390 fino al 1632, raccolta per diligenza di Simone di Giuliano Bagnesi, che nellâanno 1615 fu iv i capitano per madama Cristina di Lorenza Granduchessa vedova, lasciata dal G.
D. Ferdinando I signore di Montepulciano sua vita durante la quale lista si riscontra concorde con la storia anche rapporto allâintervallo di tempo in cui Montepulciano, dal 1495 al 1511, tornò sotto il dominio senese.
Tra il dicembre del 1399 e il luglio del 1400 esercitò in Montepulciano lâufizio di potestĂ mess. Jacopo dâAlamanno, del quale fu dalla Signoria di Firenze, nel 15 agosto dellâanno 1404 cassata una sentenza che condannava al taglio della testa un barbiere di Montepulciano per diversi delitti da esso lui commessi. â (carte della stessa Com.) Fra le altre sentenze date dai podestĂ di Montepulciano, e poi cancellate dalla Signoria di Firenze, una fu per deliberazione del 12 marzo 1419, che assolvè dal pagamento di tremila lire cortonesi Andrea di Salimbene degli Scotti da Montepulciano; e unâaltra del 30 settembre 1420, con la quale vennero liberati dalla morte due individui di Montepulciano châerano stati condannati alla pena capitale per diversi furti da mess. Bunaccorso Pitti podestĂ di detta Terra. (loc. cit.) Con deliberazione della Signoria di Firenze del 14 dicembre 1408 fu pure ordinato che il Comune di Montepulciano dovesse retribuire per ogni sei mesi al castellano pro tempore di quella rocca cento fior. dâoro di paga; mentre con provvisione del dicembre 1412 lo stipendio semestrale del podestĂ di Montepulciano fu determinato dalla Signoria medesima in fiorini 600 dâoro da lire quattro per ciascun fiorino. Ma cotesto salario da altre deliberazioni posteriori Venne sempre piĂš ai podestĂ di Montepulciano risecato, siccome lo dimostra una provvisione del 16 novembre 1416 della Signoria di Firenze, che lo ridusse a fiorini 550 ogni sei mesi, mentre con altra riformagione dellâag. 1433 fu nuovamente diminuito sino a fior. 400 dâoro.
Frattanto il Machiavelli nella sua storia, allâanno 1440, racconta un fatto che mostra la diligenza del governo fiorentino per sorvegliare, scuoprire e punire i suoi nemici. Era di questo numero uno il Card. Giovanni Vitelleschi patriarca Alessandrino, capitano assoluto degli eserciti del Papa Eugenio IV; sicchè a lui solo e non ad altri obbidivano. Occorse che a Montepulciano furono intercettate lettere, le quali il patriarca scriveva senza il consenso del pontefice a Niccolò Piccinino che veniva dalla Lombardia in Toscana per rivoltare il governo di Firenze.
Che Montepulciano soffrisse nuovi disastri allâoccasione della guerra mossa ai Fiorentini da Alfonso dâArarona re di Napoli,(anno 1447)e piĂš apertamente nel 1479 dopo la malaugurata congiura deâPazzi dichiarata dal re Ferdinando suo figlio e dal Pont. Sisto IV, lo dimostra non tanto una provvisione della Rep. Fior. del 16 ott. 1483, quando i Signori ordinarono, che per tre anni fosse diminuito il salario ai potestĂ di Montepulciano a motivo dei danni sofferti dalle guerre passate, quanto ancora lo fa conoscere altra deliberazione del 12 aprile 1481, con la quale la Signoria di Firenze assolveva e liberava dal pagamento di 1500 fiorini dâoro larghi il Comune di Montepulciano, cui furono somministrati a mutuo, a condizione peraltro che la stessa somma nel giro di ottâanni venisse impiegata nel restaurare la rocca e le mura castellane della stessa loro Terra.
Finalmente con deliberazione del 12 marzo 1493 i capitani della parte e guelfa di Firenze esentarono dalla gabella che gli uomini e le merci del Comune di Montepulciano pagavano al passo del ponte a Valiano sulla Chiana. (loc.
Cit.) Non so poi per qual consiglio, se fu la predilezione alla casa deâMedici, o per colpa deâgovernanti, oppure incoraggiati dal fresco esempio della cittĂ di Pisa, o se mossi dagli intrighi degli esuli di Firenze, fra i quali furono primi i figli di Lorenzo il Magnifico, che gli abitanti di Montepulciano, gridando libertĂ e lupa, alla repubblica fiorentina nel marzo del 1495 si ribellarono.
Infatti una deputazione deâMontepulcianesi, alla di cui testa trovavasi mess. Lodovico Paganucci arciprete di quella chiesa collegiata, fu ben accolta in Siena, dove nel di 4 aprile 1495 vennero firmati nuovi capitoli di sottomissione di Montepulciano ai signori di Siena, i quali inviarono in detta Terra per potestĂ Antonio di Giovanni deâBichi cittadino senese, che si trovava commissario della Rep. di Siena in Chianciano, a cagione delle tante volte dibattuta controversia dei confini fra le due ComunitĂ limitrofe. â Vedere LâArticolo Com. di Montepulciano.
Un si fatto accidente promosse nel senato fiorentino lâordine a Pier Capponi, allora commissario del suo esercito, di staccare una parte di truppe dallâarmata di Pisa per inviarla tosto alla volta di Val di Chiana. Frattanto i Montepulcianesi si davano ogni premura dâinnalzare uan bastia incontro la torre che i Fiorentini avevano sul ponte a Valiano per bombardarla e insignorirsi di quel passo, da dove però vennero con loro danno ributtati. Quindi le genti armate deâSenesi e deâMontepulcianesi si raccolsero in numero di circa duemila alla villa di Gracciano, che dal ponte di Valiano tre miglia discosto; ma sentendo che i Fiorentini gli andavano a trovare, non gli aspettarono, sicchè presa da questi facilmente la villa, e messole il fuoco, tornarono negli alloggiamenti sulla testata del ponte di Valiano.
Poco dopo i Montepulcianesi si riaffacciarono una seconda volta avendo alla loro testa il general Giovanni Savello, intenzionati di venire alle mani davanti al ponte suddetto con le genti della Rep. Fior., dalle quali furon nuovamente rotti e rimastovi prigione il Savello loro capitano.
In questo frattempo peraltro lâoste fiorentina, avendo voluto di notte tempo staccarsi dai suoi ridotti di Val di Chiana per tentare di entrare nella Terra di Montepulciano, dopo breve zuffa rimisero 300 soldati degli assalitori fatti prigioni dagli assaliti. â (Malavolti Stor. San. Part. III) In questo mentre Piero deâMedici con le forze dellâOrsini e deâSenesi contava di rientrare in Firenze; sicchè nel 1496 attraversando egli con le sue genti la Val di Chiana, si provò a forzare il ponte a Valiano guardato dai Fiorentini per poi passare a Montepulciano, come paese che sosteneva la sua fazione.
Dondechè il governo di Firenze ma;ggiormente adontato dal delittuoso ardire, allo spirare di settembre di quellâanno, dopo aver dichiarato Piero deâMedici ribelle, e promesso 4000 scudi di taglia sulla sua vita, mandò il conte Rinuccio da Marciano con mille fanti e 200 uomini dâarme in Val di Chiana per respingere a viva forza ognâimpeto deglâOrsini di Pitigliano e di Piero deâMedici, siccome infatti quel capitano corrispose al desiderio della Rep. con la sconfitta deâfaziosi, che fuggirono vituperosamente con perdita di una parte delle loro artiglierie.
Ma troppi erano i nemici deâFiorentini, avendo in questo medesimo tempo contro di essi il Papa, i Senesi, i Pisani, il duca di Milano, i Lucchesi, i Veneziani, il partito Mediceo dentro e fuori della cittĂ . In vista delle quali cose i Senesi, presa occasione daâtravagli che riceveva Firenze da tanta gente volta al suo danno, comandarono alla sua oste di scendere ben provvisti da Montepulciano al ponte a Valiano per battere la bastia guardata dai soldati del Comune di Firenze. In tali frangenti i Fiorentini con poca loro dignitĂ proposero una tregua per cinque anni, promettendo ai Senesi di disfare lâaccennata bastia, e permettendo allo stesso nemico di poter edificare qualunque fortezza fra Montepulciano e le Chiane. A queste favorevoli condizioni la Rep. di Siena, che allora era governata da Pandolfo Petrucci, accettò la proposta sospensione dâarmi. â (Ammir. Stor. Fior. Lib. XXVII).
Era giĂ compito da qualche tempo il quinquennio della tregua testè accennata quando Pandolfo Petrucci, parendogli tempo opportuno di cavar qualche frutto daâFiorentini circondati da tante difficoltĂ , derivate specialmente dalla guerra di Pisa, nel principio del 1505 mandò un suo confidente al gonfaloniere perpetuo della repubblica, Pier Soderini, proferendosi di ajutare i Fiorentini di cento uomini dâarme per quellâanno e di 50 negli anni seguenti per servirsene nella guerra di Pisa, e di prestar loro ognâaltro ajuto e favore per conto di quellâimpresa, purchè il Comune di Firenze si fosse obbligato dopo riacquistata Pisa di rinunziare al governo di Siena tutte le ragioni che aveva sopra Montepulciano.
Se la proposta del Petrucci non fu accennata nei termini qui esibiti, ne conseguitò peraltro, che nellâaprile del 1506 la tregua fra i due governi fu per altri tre anni prolungata, obbligandosi i Senesi di non sâimpacciare nelle cose di Pisa, siccome il governo di Firenze promise di non volersi piĂš travagliare di quelle di Montepulciano, a costo eziandio che quei Terrazzani di lor proprio e libero movimento cercassero di darsi ai Fiorentini. â (Ammir.
Oper. cit. Lib. XXVIII).
Giunti allâanno 1511, e il tempo della prorogata tregua fra i Senesi e i Fiorentini essendo terminato, non si metteva piĂš in dubbio che questi ultimi, divenuti finalmente signori di Pisa, non rivolessero Montepulciano e giĂ per ordine dei Dieci di guerra si vedeva che molti uomini dâarme dal contado pisano andavano verso i confini di Siena intanto che Niccolò Machiavelli segretario della repubblica Fior. inviavasi a disdir la lega châerasi coi Senesi contratta. Dondechè Pandolfo Petrucci signor di Siena per non rendersi inimico il popolo, se trattava egli stesso di cedere Montepulciano ai Fiorentini, interpose il Pont. Giulio II a farsi mezzano di questa restituzione, e insiememente a concludere lega tra lâuna e lâaltra Rep. a difesa deâdue stati. Ma avendo dovuto procedere in simil pratica con molta cautela, acciocchè i Montepulcianesi, risapendo ciò, non facessero da per loro quello che intendevano di fare i Senesi, si perdè oltre un mese nelle trattative. Finalmente nel giorno 3 settembre 1511, secondo lâAmmirato, ma nel mese innanzi, secondo una lettera della Balia di guerra scritta da Firenze nel 26 agosto 1511 a Piero Guicciardini commissario a Montepulciano, restò compito il trattato di alleanza reciproca fra le due repubbliche per 95 anni col patto ivi espresso della restituzione di Montepulciano al Comune di Firenze, e di mantenere Pandolfo Petrucci coi suoi figliuoli al reggimento del governo senese.
Bentosto il Com. di Firenze fece prendere possesso di Montepulciano da Osmannozzo Deti, avolo materno di Clemente VIII Aldobrandini, il quale si trovava in quel tempo podestĂ in Arezzo, e fu a lui consegnata la Terra da Jacopo Simonetta auditor di ruota mandatovi a questâeffetto da Giulio II, siccome due giorni dopo il castellano tenutovi daâSanesi rese la consegna della rocca.
â (Ammir. Stor. Fior. Lib. XXVIII. â Riformag. di Fir.) Vennero poi a Firenze dieci ambasciadori da Montepulciano per far la sottomissione solenne alla Signoria, dalla quale ottennero onorevoli capitolazioni contenute in 27 articoli relativi alla forma civile ed economica del suo governo. â Il primo potestĂ deâFiorentini dopo la suddetta dedizione di Montepulciano è rammentato nel codice della Magliabechiana di sopra citato; il quale fu Lorenzo di Niccolò dâUgolino Martelli cittadino fiorentino, che dal novembre del 1511 al mese di maggio del 1512 vi fece ragione. Era quello stesso Lorenzo Martelli capitano di Montepulciano cui furono dirette nel 13 e 15 gennajo del 1512 due lettere dai Dieci di balia di guerra di Firenze in risposta ad altre sue circa ai lavori da farsi alla fortezza di Montepulciano secondo anche lâavviso di Antonio da San Gallo, quale dicono (scriveva Lorenzo Martelli nel 5 gennajo suddetto in una delle lettere giĂ annunziate, che fu qui, cioè, in Montepulciano â (Gaye, Carteggio inedito di Artisti T. II.
Molini 1840).
Infatti Antonio da San Gallo era stato il latore della lettera che i Dieci di balia nel 26 ago. 1511 inviarono a Piero Guicciardini commissario di Montepulciano, la quale è pubblicata nel T. II del Carteggio inedito già citato.
Con essa è avvisato quel commissario che sarĂ di questa apportatore Antonio da S. Gallo, quale noi mandiamo cosĂŹ a ciò sia teco et li mostri cotesta fortezza, et senza dimostrazione veggiate quello fossi da fare per fortificazione di essa. Et veduto et esaminato bene tutto insieme, lo rimanderai in qua bene informato di quello sarete rimasto dâaccordo con fare ne rapporti una bozza, o vero modello.
Poco dopo peraltro, essendo stati riammessi in Firenze i Medici, e qualche anno appresso salito sulla cattedra di S.
Pietro il figlio di Lorenzo il Magnifico col nome di Leone X, si sospesero in Montepulciano le operazioni di guerra, mentre che costĂ sorgevano opere stupende di arte. Tale riescĂŹ il vaghissimo tempio della Madonna di S. Biagio col disegno e direzione del celebre Antonio da San Gallo, nel tempo stesso che si riedificava lâaltra devota chiesa di S. Agnese fuori di Montepulciano, e che il Card. Antonio di Monte sul modello dato dallo stesso Antonio da San Gallo faceva innalzare nella parte piĂš eminente della Terra dâavanti la piazza del Duomo di Montepulciano un sontuoso palazzo, poi deâPucci, quindi del Granduca Ferdinando I, oggi deâsigg. Contucci, il quale palazzo come opera di buonissima grazia lavorata e finita fu vantato dal Vasari, comecchè rapporto a ciò non tutti aderiscono al parere del biografo aretino.
E perchè, attesa la grandezza dellâedifizio non che del sito dove il medesimo e fabbricato, era intenzione del cardinale di Monte di congiungere con detto palazzo un portone delle mura della Terra di Montepulciano, e per via di lumaca passare a suo piacere dallâuno allâaltro, la Signoria di Firenze nel 17 novembre 1519 scrisse allo stesso Antonio di Monte Card. di S. Prassede una lettera, che fu pubblicata in gran parte nel T. Il N.Âş XCV del Carteggio di artisti di sopra rammentato.
Rispetto alle case preesisienti nel luogo dove sorse il palazzo suddetto, e come poi cotesta fabbrica fosse rivendicata da Ferdinando I per esser i Granduchi chiamati eredi di Fabiano di Monte, veggasi una sentenza del Magistrato supremo di Firenze del 10 settembre 1589.
â (Arch. della ComunitĂ di Montepulciano, e nel Segreto Mediceo, Filza deâNegozi di Montepulciano dal 1608 al 1613 sotto il governo della granduchessa Cristina madre).
Mosse le armi da Clemente VII (anno 1529) contro la patria in tale occasione andarono genti da Siena per occupare Montepulciano; ma la stessa popolazione unita al presidio fece fronte e seppe difendersi tanto che giunse in suo ajuto la compagnia di milizie condotta da Napoleone Orsini, uno deâcapitani dellâesercito fiorentino; talchè i Senesi dovettero ritirarsi di lĂ tanto piĂš presto, in quanto che lo stesso Pont. aveva mandato sotto di 24 apr. 1530 un breve ai magistrati di Montepulciano per assicurarli che non sarebbero stati molestati in modo alcano dallâesercito del Principe dâOranges, che il paese loro sarebbe rimasto esente da qualunque contribuzione a forma deâpatti promessi. â (Arch. Dipl. Fior. Carte della Com.di Montepulciano).
Ma appena accaduta la resa di Firenze, anche Montepulciano dovè seguitare la stessa sorte, e quindi ricevere lâonore di alloggiare il Pont. Clemente VII mentre si recava al gran matrimonio di Marsilia, siccome fu ricevuto costĂ 5 anni appresso il Pont. Paolo III nella sua gita al congresso di Nizza, accolto nel palazzo del Cardinale Antonio di Monte. â Qualche tempo dopo visitò Montepulciano il duca Cosimo I, quando si vuole che il Comune, liberato dalle molestie sofferte durante la guerra di Siena, innalzasse a sue spese la bella fortificazione che si vede alla porta di Gracciano; e fu ad istanza dello stesso duca, e per le incessanti premure del cardinale Giovanni Ricci Montepulcianese, che questa da lui benamata patria nellâanno 1561 venne decorata della dignitĂ vescovile, e qualificata nobile cittĂ .
In quella stessa circostanza Cosimo I pare che designasse in Montepulciano due tribunali collegiali per le prime e seconde appellagioni; in vigore della quale determinazione sovrana i magnifici componenti della magistratura civica sarebbero stati i giudici delle prime, e dal consiglio della stessa magistratura si sarebbero eletti i giudici delle seconde appellagioni. â Non meno benevolo verso i Montepulcianesi furono i due figli che succederono nel trono di Toscana a Cosimo I, ma specialmente un favore distinto ottennero dal terzo Granduca. che nel suo testamento destinò i capitanati di Montepulciano e di Pietrasanta al libero governo della Granduchessa Cristina di Lorena sua moglie. La qual principessa essendo stata arricchita da Ferdinando I di un appannaggio assai pingue, ed eziandio di sua natura assai amorevole, potè e volle esercitare molti atti di beneficenza, proteggendo precipuamente gli ecclesiastici, e favorendo tutto ciò che tendeva ad accrescere il culto e decoro della religione.
Quindi nelle Notizie del cardinal Roberto Nobili di Montepulciano da A. Parigi nellâanno 1836 pubblicate, leggesi un motuproprio dato da quella Granduchessa li 13 ott. 1612 nel tempo che la principessa medesima trovavasi in Montepulciano. Esso è relativo ai provvedimenti ordinati per il sollecito proseguimento della fabbrica del nuovo duomo di Montepulciano; e affinchè si potessero ivi al piĂš presto celebrare i divini uffizj, fu ordinato di chiudere una navata per progettare a terra il vecchio duomo onde ampliar la piazza, e con quei materiali continuare la fabbrica per terminare le altre due navate. Vi si leggono prescritti altri ordini relativi allâamministrazione economica, al cancelliere comunitativo, al consiglio generale della cittĂ , al capitan di giustizia, e a Guido deâNobili soprintendente alla stessa fabbrica, per modo che ognuno dasse aiuto e favore in qualunque siasi interesse gli sĂŹ competeva.
LâautoritĂ sovrana della Granduchessa Cristina sopra Montepulciano era libera ed estesa in guisa che di suo motuproprio nominava il capitano, il cancelliere, il comandante della piazza e della rocca, sino al punto che giunse con lâannuenza del Granduca Ferdinando II suo nipote a far coniare una moneta dâargento in Firenze. Era un testone appellato Quarto di Ducatone, che da una parte aveva una testa muliebre velata e le parole intorno:Chrrist. Loth. M. D. Etrur. D. M. P. cioè, Christina Lotaringia Magna Ducissa Etruriae Domina Montis Politiani.
Alcuni interpretarono le tre lettere D. M. P. metallis Petraesanctae, comecchè le miniere argentifere del vicariato di Pietrasanta giĂ da molti anni innanzi per ordine del governo fossero abbandonate. â Nel rovescio della moneta medesima vedevasi lâarme di Lorena inquartata alla Medicea con le seguenti parole intorno: Moneta nova Florent. cusa 1630. â (Orsini, delle Monete deâGranduchi di Toscana).
Mancata nella Granduchessa Cristina (anno, 1636) la protettrice e signora di Montepulciano, questa cittĂ con tutto il suo capitanato ritornò sotto il governo immediato deâGranduchi, dai quali al pari degli altri paesi, temporariamente fu separata dalle vicende politiche cui nel principio del sec. attuale la Toscana trovossi avvolta.
Nel tempo che cotesta contrada faceva parte del Dipartimento dellâOmbrone, Montepulciano fu dichiarato capo luogo di un circondario di sottoprefettura.
Finalmente nella stessa cittĂ con motuproprio del di 2 agosto 1838 venne eretto un tribunale collegiale di prima istanza, mentre per il corso di quattro secoli e mezzo essa era stata governata nel civile e criminale dai potestĂ châebbero poi il titolo di capitani, o di commissari, e finalmente di vicarj regj.
In quanto alla celebritĂ degli uomini nativi di Montepulciano pochi altri paesi proporzionatamente alla popolazione stanno alla pari di questa CittĂ , donde escirono dodici cardinali, un pontefice, 32 vescovi, oltre molti altri prelati, senza dire dei dotti e letterati piĂš distinti, fra i quali valgono per tutti il cardinal Roberto Bellarmino e Angiolo Cini detto il Poliziano. Di molti altri illustri uomini Montepulcianesi potrĂ , chi lo voglia, soddisfarsi nelle Notizie del Card. Roberto Nobili e dâaltri illustri Poliziani, raccolte da A. Parigi, opera in 8Âş pubblicata in Montepulciano pel Fumi nel 1836.
Chiese e Stabilimenti pii di Montepulciano. â La prima per ordine di dignitĂ la chiesa cattedrale, fabbrica grandiosa a tre navate con facciata di travertino costruita nel principio del secolo XVII accanto alla vecchia collegiata, che fu demolita per ingrandire la piazza, meno però il suo campanile, il quale fu alzato verso la metĂ del secolo XV, ed a cui riferisce un breve del Pont. Sisto IV spedito li 22 maggio 1476 a Fabiano Benci arciprete della pieve di Montepulciano. Lo stesso Pont. Quattrâanni dopo dichiarò cotesta chiesa collegiata esente dalla giurisdizione del vescovo di Arezzo, e conseguentemente sotto la protezione immediata della S. Sede, concedendo varj privilegi al suo pievano con titolo di arciprete mitrato non che al suo capitolo.
Fece il primo disegno della nuova cattedrale Bartolommeo Ammannati, quindi lo Scalzo lo ingrandĂŹ, e su questâultimo modello piĂš assai dispendioso, e in piĂš ampie dimensioni, se non almeno in migliori forme, fu innalzata la fabbrica, la quale restò compita nel 1680, e consacrata nel 19 giugno 1710.
Fra le opere di belle arti che adornano questo tempio non vi è cosa, a parer mio, che arrivi in pregio quattro statue e due basso-rilievi in marmo bianco di Carrara, che formavano parte di piÚ vasto lavoro del celebre Donatello fatto per Mons. Bartolommeo Aragazzi di Montepulciano.
Le quali statue sono lâavanzo di un grandioso cenotafio esistito nella disfatta chiesa collegiata, da lunga mano abbandonato, in gran parte rotto e disperso. Due di esse statue veggonsi attualmente allâaltar maggiore, e due altre con due bassorilievi furono poste a caso in diversi punti della stessa cattedrale.
La chiesa della Madonna di S. Biagio, se non è la prima per dignitĂ ecclesiastica, essa lo è certamente per dignitĂ architettonica. Ă opera sublime di Antonio fratello di Giuliano da Sangallo, che ne fece il disegno sotto il pontificato di Leone X, e che fu il direttore della fabbrica da esso due volte lâanno visitata. Questo tempio, tutto di travertino lavorato, è un giojello, cui forse altro non manca che una custodia, e che sarĂ sempre riguardato daglâintelligenti come un modello del piĂš appurato gusto architettonico per la forma, per le proporzioni, e per la grazia di quellâordine dorico, da cui per ogni lato con tanto gusto e soddisfacente armonia venne dal suo autore decorato. Antonio da Sangallo non, ebbe di questo tempio lavoro che meglio potesse far conoscere la sua virtĂš; ne edifizio architettonico gli si potrebbe porre a confronto se non il tempio della Madonna delle Carceri a Prato, opera divina del suo fratello Giuliano.
Lâiconografia del sacro edifizio della Madonna di S.
Biagio raffigura una chiesa greca con due campanili uniformi in linea alla facciata principale, mentre dal lato della tribuna termina con un semicircolo. I bracci della croce sono forniti di pilastri dâordine dorico accoppiati a colonne, e fra glâintercolonii sorgono le cappelle entranti nel muro con sfondo proporzionato. Introducono nel tempio tre porte aperte nelle tre facciate, che due laterali e lâaltra di mezzo. La lunghezza e larghezza totale della chiesa e di braccia 55, e 7 soldi; la grossezza deâmuri inferiori di braccia 2 e 15 soldi. Allâaltezza di braccia 16 dal pavimento gira intorno un frontone che viene coronato di una cornice, sulla quale in mezzo alla crociata poggia il tamburo della cupola contornato da 16 pilastri dâ ordine jonico, sopra il quale, sâinnalza unâelegante duomo con sua lanterna; per modo che lâaltezza totale del tempio dal cupolino a terra è braccia 82.
Volle il Sangallo che questa chiesa fosse fiancheggiata da due campanili a facce simmetriche uno dei quali fu compito sotto gli occhi del suo maestro, che differenziò ciascun ripiano con un ordine architettonico vario e sempre vago, cioè il primo dorico, il secondo jonico, il terzo e quarto corintio, terminando lâultimo con una piramide a otto facce, ornata di cornici e riquadrature.
Nè meno elegante fu con ottimo successo e felicemente eseguita la facciata posteriore, la quale dal Sangallo si volle diversa dalle tre altre, terminandola con un semicircolo adorno di quattro pilastri, che sorreggono un cornicione, sul quale gira una balaustra che serve di parapetto ad una vaghissima terrazza.
Questo tempio ebbe principio nel 1518 e fu con molta cura e sollecitudine compito e consagrato nellâanno 1537.
Con lettere patenti del 19 novembre 1519 dirette a Gio.
Maria di Monte Arciv. Sipontino (quello stesso che nel 1550 saIĂŹ sulla cattedra di S. Pietro col nome di Giulio III, e a Girolamo vescovo dâAscoli, due delegati pontificii, in aggiunta ad una precedente bolla del 2 apr. 1519, il Pont.
Leone X concedè agli operai del Comune di Montepulciano facoltĂ di erogar nella fabbrica della nuova chiesa di S. Biagio tutte le elemosine fatte e da farsi alla Madonna di quella chiesa per sostituirla allâantica che consisteva in una specie di torre posta fuori delle mura di Montepulciano, torre che per indulto pontificio il Comune medesimo fece abbattere per sostituirvi lâattuale bellissima del Sangallo.
Ă un danno che cotesto tempio sia fuori di cittĂ e a piè dâuna alquanto ripida strada; ma il forestiero che capita a Montepulciano sarĂ ben contento di far quella gita, dove oltre il soddisfare la sua curiositĂ per il lato architettonico, troverĂ pascolo anche per la parte pittorica, massimamente nel contemplare un gran quadro storico rappresentante il martirio di S. Biagio, situato in un altare a cornu epistolae, che è una delle migliori e piĂš ben conservate pitture a olio di Giovanni Mannozzi da S. Giovanni.
Nella grandiosa chiesa di S Agnese, posta fuori la porta omonima, ossia di Gracciano, sulla strada R. che dalla Val di Chiana sale alla cittĂ , si conservano le ceneri della S.
Vergine montepulcianese, di cui porta il tilolo; la quale fu eretta nel 1306 sotto lâinvocazione di S. Maria Novella con annesso claustro per abitarsi da monache della regola di S. Domenico.
Nel 1 345 subentrarono costà i religiosi dello stesso ordine, i quali vi restarono fino alla loro soppressione, accaduta nel 1783, per dar luogo ad altri religiosi; cioè a Francescani Riformati, che costà furono traslatati dal loro antico convento di Ponte Castello, posto fuori della porta di Gozzano, una volta Porta Gavina.
La chiesa di S. Francesco, giĂ di S. Margherita nel Sasso , sorse nel 1269 per le premure di Angelo del fu Danese, appellato anche Danesi da Montepulciano, quindi abitata dai Frati Minori Conventuali, che nel secolo XVII la riedificarono in piĂš ampie e regolari forme col bel convento annesso, dedicandola al Serafico loro padre S.
Francesco dâAssisi Soppressa nel 1809 questa famiglia religiosa, nel locale medesimo furono trasferite le monache Francescane dallâantichissimo convento di S.
Chiara che era nel suburbio occcidentale della cittĂ .
Infatti le Clarisse erano giĂ stabilite in Montepulciano nel 31 dicembre 1286, quando Fr. Jacopo del fu Bencivenni da Siena guardiano deâMinori di Montepulciano ed altri frati di quel convento, come esecutori lasciati da donna Imelda vedova di Bulgarello conte di Chianciano, per soddisfare alcuni legati lasciati dalla prenominata donatrice, venderono ad Angelo del fu Danese un podere posto a Petrojo e la metĂ di um mulino, entrambi compresi nel distretto di Montepulciano, per il prezzo di lire 1214 cortonesi. Quindi nel dĂŹ due del marzo, successivo, il suddetto Angelo del fu Danese rivendè al Comune di Montepulciano lo stesso podere e la metĂ , per indiviso di detto mulino, a ragione di lire mille cortonesi per il podere, e di lire 214 per la metĂ del mulino. â (Arch. Dipl. Fior. Carte della Com. di Montepulciano).
La prima chiesa deâFrati Domenicani di Montepulciano esisteva sulla fine del sec. XIII nelle vicinanze della pieve, dove in seguito fu eretto un convento nellâarea giĂ occupata della casa di un eretico stata data a quei religiosi dal Pont. Bonifazio VIII per bolla del 13 feb. 1296. La qual casa era stata confiscata dalla S. Inquisizione di Roma, a Francesco detto Cisporo, per avere in essa accolto e protetto gli eretici. â (Arch. Dipl. Fior. Carte deâDomenicani di Montepulciano).
La chiesa del GesĂš, di figura rotonda, elegante e ornata di stucchi, fu innalzata con lâannesso collegio dai PP.
Gesuiti mercè un ricco patrimonio lasciato a quella società da Alessandro Salimbeni nobile polizianese.
Appena soppressa la societĂ Gesuitica, lâImmortale Leopoldo I nel 1775 donò con la chiesa il grandioso collegio deâGesuiti al vescovo di Montepulciano; il quale 10 anni appresso vi trasferĂŹ il parroco di S. Bartolommeo, cui assegnò per canonica una parte della fabbrica, mentre la porzione maggiore fu ridotta ad uso di seminario vescovile con un liceo annesso per le pubbliche scuole.
La chiesa di S. Agostino, giĂ abitata dai religiosi Agostiniani, fu rifabbricata alla fine del sec. XIV, e chiamavasi la Chiesa nuova . Quattrocentâanni dopo venne interamente rifatta piĂš grandiosa da quei religiosi, la cui famiglia restò soppressa sotto il regime straniero (anno 1809), finchè alla ripristinazione fu data ai PP. Serviti, che ritornarono in Montepulciano dopo essere stati espulsi allâepoca della soppressione testè accennata dalla loro che convento di S. Maria, situato nel pomerio superiore della cittĂ . â Attualmente in S. Agostino è stata annessa la cura di S. Mustiola.
Anche questa chiesa di S. Mustiola conta una data piuttosto antica; poichè essa in origine era membro del monastero deâCanonici Regolari Agostiniani di S.
Mustiola di Chiusi, cui spettava la nomina del rettore, meno i casi che non lo, avesse nominato il pontefice. Tale caso, per esempio, accadde allorquando il Pont. Eugenio IV con breve del 22 gennajo 1443 conferĂŹ a Bartolommeo di Domenico da Siena dellâordine di S. Agostino la rettoria della chiesa parrocchiale di S. Mustiola in Montepulciano, della diocesi dâArezzo, di data del proposto e canonici regolari del monastero di S. Mustiola di Chiusi. â (Arch. Dipl. Flor. Carte di S. Agostino di Siena). Alla suddetta parrocchia di S. Mustiola fu unita nel 1609 lâaltra di S. Bernardo, per dare questâultima chiesa; alle monache di S. Agnese, e finalmente dopo la metĂ del passato secolo le stesse parrocchie furono riunite nella suddetta chiesa di S. Agostino.
Il convento e chiesa della Maddalena deâPadri Cappuccini conta la sua origine dal 1532, quando quei religiosi furono chiamati a Montepulciano alla custodia di un devoto eremo situato nel monte che da esso prese il nome della Maddalena.
Stabilimenti di beneficenza, ed istruzione pubblica .â Fra i primi stabilimenti di caritĂ si contavano fino dal secolo XIII, oltre lâospedale, ossia casa della Misericordia della Fraternita, non meno di quattro spedaletti neâsubborghi di Montepulciano; uno deâquali appellossi di S. Giovanni e di S. Martino fuori la porta di Gracciano; 2° un altro era chiamato lo spedale di S. Maria alla porta Gavina, ora porta a Gozzano; 3° lâospedale di Fonte del Vescovo, e il 4° lâospedale di S. Pietro fuori della porta di Cagnano , o delle Farine. â Cotesti spedaletti da lunga mano sono stati soppressi e riuniti al vasto e ben provvisto spedale di S.
Cristoforo esistente dentro la cittĂ .
Ai prenominati stabilimenti piĂš ne richiama una provvisione della Signoria di Firenze del 7, agosto 1414, la quale esentò i quattro spedali situati nel territorio di Montepulciano dal pagamento di unâimposizione messa sopra tutti i luoghi pii del territorio fiorentino; ed una consimile esenzione fu rinnovata nel 23 aprile del 1415 rispetto ai danni sofferti dai Montepulcianesi nelle passate guerre, e specialmente dallo spedale di S. Martino e da quello di S. Maria di porta Gavina.
In quanto allâistruzione letteraria e scientifica, oltre il seminario vescovile, havvi costĂ un liceo municipale, dove la gioventĂš secolare e i chierici ricevono lâistruzione scientifica da tre professori, di teologia, cioè, filosofia e istituzioni civili, dopo aver fatto il loro corso di letteratura sotto maestri di lingua latina e di rettorica pagati da una pia ereditĂ a tal uopo lasciata da Niccolò Parri giureconsulto Montepulcianese.
Un frequentato e ben regolato conservatorio per le fanciulle era in S. Girolamo, traslocato non da molto nella fortezza da basso alla porta di Gozzano. Ivi sono ricevute in convito giovincelle civili, e profittano di quelle scuole anche altre donzelle della città ; oltrechè per la classe del popolo vi sono pure le scuole normali, o Leopoldine.
Non manca tampoco a questa cittĂ un elegante teatro, disegnato dal Prof. Castagnoli. Lâaccademia letteraria deglâintrigati si aduna nelle sale dello stesso teatro.
Vi è un ricco Monte di pietĂ , la cui fondazione deve essere posteriore al rescritto del Granduca Cosimo I, quando supplicato dai Montepulcianesi a voler concedere il domicilio nella loro cittĂ a un dato numero di ebrei, siccome vi erano neâtempi andati ricusò di concederlo a motivo della loro fenerazĂŹone.
Il palazzo di residenza del magistrato civico, che con la eminente torre contasi fra le buone fabbriche della città , esisteva sino dal sec. XIII, non però nella forma grandiosa che ora si vede, perchè riedificato sul declinare del secolo XIV.
Infatti fu nella sala del nuovo palazzo di residenza deâpriori di Montepulciano; dove, che nel dĂŹ 23 novembre 1381, venne approvata una riformagione dal parlamento generale che confermava a vita a Giovanni e a Gherardo del Pecora il titolo e le attribuzioni di difensori e conservatori di Muntepulciano e di tutto quel distretto.
Fra gli edifizj privati noi giĂ abbiamo poco sopra rammentato il palazzo che fu del Card. Antonio di Monte, attualmente della nobil famiglia Contucci, situato pur esso al pari del palazzo pubblico e del Pretorio nella piazza del Duomo. Anche il pala zzo Buccelli e quello del pont.
Marcello II Cervini, passato neâsuoi eredi, contansi fra le buone fabbriche di Montepulciano. Questâultimo è stato acquistato nel secolo attuale dal C. Carradori di Macerata, da cui lâereditò lâunica sua figlia la duchessa dâAltemps di Roma che passa in Montepulciano qualche mese ad abitarlo.
CENSIMENTO della Popolazione della cittĂ di MONTEPULCIANO a quattro epoche diverse, divisa per famiglie.
ANNO 1551: Impuberi maschi -; femmine -; adulti maschi -, femmine -; coniugati dei due sessi -; ecclesiastici -; numero delle famiglie 780; totalitĂ della popolazione 3750.
ANNO 1745: Impuberi maschi 337; femmine 294; adulti maschi 261, femmine 447; coniugati dei due sessi 728; ecclesiastici 247; numero delle famiglie 553; totalitĂ della popolazione 2314.
ANNO 1833: Impuberi maschi 321; femmine 421; adulti maschi 441, femmine 563; coniugati dei due sessi 904; ecclesiastici 87; numero delle famiglie 616; totalitĂ della popolazione 2737.
ANNO 1839: Impuberi maschi 402; femmine 338; adulti maschi 426, femmine 616; coniugati dei due sessi 922; ecclesiastici 110; numero delle famiglie 652; totalitĂ della popolazione 2814.
DIOCESI DI MONTEPULCIANO.
â Ă uno deâvescovati moderni della Toscana, eretto nel secolo XVI a spese di due altre dioces i limitrofe; cioè di quella dl Arezzo cui apparteneva la chiesa sottomatrice, gia pieve Nullius di Montepulciano, e della diocesi di Chiusi, dalla quale dipendevano varii popoli della stessa ComunitĂ .
Infatti la cattedrale di questo vescovato corrisponde allâantica Madre Chiesa de Politiano, (S. Maria di Muntepulciano) della quale è fatta menzione nellâesame di testimoni in Siena nellâanno 715, allâoccasione della celebratissima causa ecclesiastica allora pendente davanti un tribunale di regio diritto. â Non si conosce lâepoca precisa in cui la chiesa maggiore di Montepulciano fu eretta in collegiata; bensĂŹ il di lei pievano fino dal principio del secolo XIII era decorato del titolo arcipretale, siccome apparisce da una bolla dei Pont.
Onorio III del di 11 ott. 1217 diretta allâarciprete della pieve di S. Maria di Montepulciano della Diocesi aretina.
Anche del suo capitolo si fa parola in una deliberazione del 26 maggio 1318, colla quale quel clero decise, che per lâavvenire il capitolo deâcanonici si sarebbe ristretto a sette, compresa la dignitĂ dellâarciprete, e ciò per lâaggravio che risentiva il patrimonio della chiesa medesima dallâeccessivo numero deâcanonici che vi si contavano. â (Arch.Dipl.Fior. Carte della Com. di Montepulciano.) Accrebbe gli onori allâarcipretura della collegiata predetta un breve del Pont. Bonifazio IX sotto di 9 aprile 1400 diretto allâarciprete Giacomo di Bartolommeo Aragazzi cui fu conferito il titolo abaziale con lâuso della mitra e del baculo. Nel 1478, 23 maggio, alle istanze dellâarciprete Fabiano Benci di Montepulciano, il Pont. Sisto IV accordò lâaumento di due canonici al capitolo della sua chiesa collegiata, e due anni dopo lo stesso pontefice con bolla diretta allâarciprete medesimo, châera pure notaro apostolico, dottore di decreti, chierico di Camera e canonico della Basilica di S. Pietro di Roma, dichiarò immediatamente soggetta alla S. Sede apostolica la chiesa arcipretura di Montepulciano col suo piviere, esentandola dalla giurisdizione del vescovo di Arezzo, oltre il privilegio che concedeva a quegli arcipreti facoltĂ di con ferire gli ordini minori e dare la benedizione episcopale al popolo tanto in chiesa quanto fuori, di usar mitra, pastorale, abito e insegne episcopali; e ciò nel tempo che accordava ai canonici di Montepulciano lâuso degli almuzzi, cappe ed altro nella stessa guisa dei canonici di Firenze e di Arezzo. â Nel 21 febb, 1528 il Pont.
Clemente VII con bolla spedita da Orvieto a Vincenzio Aragazzi, altro arciprete della chiesa collegiata di S. Maria di Montepulciano Aretinae, sine nullius Diocesis, gli dava facoltĂ di accrescere fino a dieci il numero dei canonici del suo capitolo, dove, giĂ sei anni innanzi era stato fondato un canonicato col titolo di prepositura. A queste dignitĂ si aggiunsero in seguito altre due; cioè nel 1561 lâarcidiaconato, e nel 1673 il primicerato.
A cotante onorificenze della chiesa di Montepulciano, mancava la dignitĂ episcopale, e questa si ottenne per le cure del Granduca Cosimo I e del cardinale montepulcianese Giovanni Ricci, il quale ultimo rinunziò a benefizio della nuova, mensa vescovile la doviziosa commenda che egli godeva della badia di S. Pietro a Ruoti in Val dâAmbra, allora quando nel 1561 la pieve di Montepulciano dal Pont. Pio IV fu eretta in cattedrale immediatamente soggetta alla S. Sede.
Qualora si eccettui la chiesa parrocchiale della badia a Ruoti, situata in Val dâAmbra in mezzo ai popoli della diocesi aretina, dalla quale fu staccata allâepoca dellâerezione del vescovato di Montepulciano, questa diocesi non oltrepassa i limiti del territorio nella guisa che vengono designati allâArticolo della sua ComunitĂ .
Dalle indagini che ho potuto istituire per conoscere quali fra le varie chiese parrocchiali furono staccate dalla diocesi di Arezzo, e quali altre appartenevano a quella di Chiusi prima che fossero assegnate alla cattedrale di Montepulciano, mi è sembrato di rilevare che quelle appartenute al vescovato di Chiusi fossero 11, cioè: Parrocchie appartenute alla Diocesi di Chiusi 1. S. Giovanni a Villanuova , o nel peggio di Tolle, fra Montepulciano e Monticchiello, altrimenti detto di Totonella, nel luogo appellato la Pieve (da lunga mano soppressa).
2. Pieve di S. Vincenzio a Castelnuovo, nel luogo detto la Pieveccia; (riunita alla pieve di S. Egidio a Gracciano vecchio?) 3. Pieve di S. Vittorino dâAcquaviva (esistente).
4. Prioria di S. Pietro allâAbbadia dei Caggiolari, o a Crepaldo, oggi detta la badia (esistente).
5. La distrutta pieve di S. Silvestro presso Borgo vecchio sulla Chiana.
6. La pieve tuttora esistente di S. Albino in Parcia.
7. La parrocchia di S. Ilario dâArgiano (idem) 8. La pieve di S. Lorenzo a Valiano (esistente).
9. La pieve di S. Egidio a Gracciano vecchio (idem).
10. La cura di S. Andrea di Cervognano (esistente).
11.La cura di S. Mustiola a Caggiole (esistente).
Varie membrane dellâArch. Dipl. Fior. fra quelle appartenute alla ComunitĂ di Montepulciano rammentano la pieve di S Giovanni a Villanuova nel poggio di Tolle, e lâaltra di S. Vincenzo a Castelnuovo , entrambe dipendenti dalla diocesi di Chiusi; mentre delle cure tuttora esistenti nelle ville di S. Albino, di Gracciano, di Cervognano e della vecchia badia deâCaggiolari (sic), appartenute alla stessa diocesi di Chiusi, si fa menzione in un lodo dato in Roma li 6 maggio 1551 da Francesco da Recanati di Arezzo dott. d; legge, referendario dellâuna e lâaltra segnatura presso la S. Sede, arbitro eletto da Giovanni Ricci Vescovo di Chiusi da una parte, e dagli abitanti delle 4 ville suddette dallâaltra parte, per terminare le vertenze insorte a motivo di alcune decime, le quali si credevano dovute alla chiesa ed episcopio di Chiusi,oltre quelle che pagavano alla curia romana i parrocchiani delle quattro chiese preindicate, che fino dâallora erano comprese nel distretto comunitativo di Montepulciano.
Le parrocchie antiche della diocesi di Montepulciano staccate da quella di Arezzo furono dieci, cioè: Parrocchie state della Diocesi dâArezzo.
1.Pieve di S. Madre Chiesa di Poliziano (s. Maria),ora Cattedrale di Montepulciano.
2. e 3. S. Mustiola e S. Bernardo riunite ora in S.
Agostino a Montepulciano.
3. Parrocchia di S. Bartolommeo, ora nel GesĂš a Montepulciano 4. Parrocchia di S. Maria, ora a S. Lucia in Montepulciano.
5. Parrocchia di S. Bartolommeo a Caselle, ora in S.
Biagio (suburbana).
6. Parrocchia di S. Martino, ora in S. Maria delle Grazie, sotto il borgo di S. Agnese.
7. Parrocchia di S. Maria a Nottola? 8. Pieve della soppressa Badia di S. Pietro a Ruoti in Val dâ Ambra. â Vedere ABAZIA A RUOTI.
Tutte le suddette parrocchie esistono anche oggidĂŹ.
La Diocesi di Montepulciano è fornita di un buon seminario nellâantico convento deâGesuiti, stato ampliato e migliorato nel 1831 per le cure e sollecitudini del defunto vescovo Ippolito Niccolai.
Oltre i molti conventi di religiosi e religiose di varii ordini, rammentati allâarticolo precedente, furonvi nel contado di Montepulciano celle, ospizi e badiole di Benedettini, Camaldolensi, Cistercensi ec., in guisa che costĂ i celibi per voto, e i beni immobili delle mani morte dovevano essere una volta piĂš numerosi e piĂš estesi in confronto di molti altri paesi del Granducato.
Attualmente vi restano tre conventi di religiosi; cioè, i Serviti dentro la cittĂ , i Riformati e i Cappuccini al di fuori; in tutti 44 individui. â Deâmonasteri di donne esistiti in Montepulciano, oggi è restato quello delle Clarisse oltre un conservatorio di Oblate, entrambi dentro la cittĂ , in tutto 82 individui, compreso in questo numero le fanciulle a convitto; mentre allâepoca dellâistituzione della diocesi, di sole monache se ne contavano 105 dentro Montepulciano.
Non starò ad annoverare gli arcipreti della collegiata di Montepulciano che hanno lasciato un qualche nome nella storia, poichè sebbene fia opera di caritĂ patria, non sarebbe però allusiva allâindole del presente lavoro. Dirò solo che nel numero deâsuoi arcipreti Montepulciano conta fra i concittadini un Cervini, che fu innalzato alla somma gerarchia col nome di Marcello II, un Giovanni Ricci, che fu arcivescovo e porporato; un Monsignor Corrado Bellarmino canonico di S. Pietro, abbreviatore sotto PP. Eugenio IV, cameriere segreto di Niccolò V e nunzio pontificio in Germania. Il quale arciprete Corrado, mentre abitava nella collegiata di Montepulciano, venne investito della qualitĂ di giudice ordinario di tutte le cause civili e criminali ecclesiastiche che attitavansi in detto luogo. E fu nella sua qualitĂ di vicario del vescovo di Arezzo, Roberto degli Asini, che nel 17 ottobre del 1443 proferĂŹ sentenza contro un tal Domenico di Riguccio da Montepulciano, che lo dichiarava eretico e lo privava della sepoltura ecclesiastica e di tutti i suoi beni. Se non che cotesta sentenza venne poi abolita dal Pontefice Eugenio IV con decreto apostolico del dĂŹ 30 dicembre dellâanno 1444. â (ARCH. DIPL. FIOR, loc.cit.) Anche il Cardinale Antonio di Monte zio del Pontefice Giulio III cuoprĂŹ la carica di arciprete in Montepulciano, che riguardò quasi seconda patria. Fra gli uomini piĂš insigni e piĂš benemeriti di questa diocesi citerò il Cardinale Giovanni Ricci di Montepulciano, alle di cui premure questa cittĂ deve lâerezione della sua chiesa in cattedrale, la renunzia a favore della nuova mensa episcopale della doviziosa commenda dellâAbbadia a Ruoti, la fondazione e dotazione del Collegio Ricci in Pisa, destinato allâeducazione scientifica, gratuita e continua di otto giovani nativi di Montepulciano.
Rammenterò Spinello Benci primo vescovo di Montepulciano, che si distinse al Concilio di Trento, e che poi accompagnò il Cardinale di Firenze Alessandro deâMedici nella di lui legazione in Francia dove il Benci morĂŹ. Non dirò del cardinale Roberto Ubaldini che fu vescovo di questa chiesa, se non per aggiungere che sotto di lui un cardinale piĂš celebre, Roberto Bellarmino, amministrò la diocesi di Montepulciano sua patria.
COMUNITAâ DI MONTEPULCIANO. â II territorio di questa ComunitĂ occupa una superficie di 48421 quadrati agrari, dai quali sono da detrarre 1176 quadrati per corsi dâacqua e pubbliche strade. â Vi stanziava nel 1833 una popolazione di 10204 abitanti, a ragione proporzionatamente di circa 175 individui per ogni miglio quadrato di suolo imponibile.
Confina da tre lati con cinque comunitĂ del Granducato, mentre dalla parte di levante tocca la ComunitĂ di Castiglion del Lago della Legazione di Perugia spettante allo Stato pontificio.
A partire dirimpetto al Passo detto della Quercia, sulla gronda orientale del Chiaro di Montepulciano, il suo territorio comunitativo passa alla sinistra della Chiana avendo dirimpetto quella di Chiusi, che presto abbandona al mulino del torrente Parcia. CostĂ sottentra la ComunitĂ di Chianciano, con la quale lâaltra fronteggia rasentando la riva sinistra del torrente predetto, che poi oltrepassa davanti al Casale di S. Savino, dove voltando la fronte da levante a scirocco passa per termini artificiali a ostro di S.
Albino, taglia la strada maestra che da Montepulciano guida a Chianciano per salire sul monte della Maddalena a ponente del Bagno di Chianciano, o di Sellena, finchè sopra il vertice del monte trova la Comunità di Pienza.
Con questa il territorio di Montepulciano cammina dirimpetto a ostro passando per termini artificiali sulla schiena del poggio Totonella presso 1âantica pieve di S.
Giovanni di Villanuova, laddove nasce la Treisa o Tressa dellâOrcia, che oltrepassa per ritornare sulla cima del monte. Da questa sommitĂ voltando la fronte a libeccio inoltrasi verso le prime scaturigini del Salarco, dove incontra il territorio della ComunitĂ di Torrita, e con essa scende il vallone omonimo, da primo nella direzione di settentrione, poi di grecale fino a che cavalca il torrente predetto al Mulin vecchio, donde ripiega a ponente lungo il fosso delle Balze. Di lĂ passato il poggio al vento taglia la strada Regia provinciale Longitudinale della Chiana rasentando la villa dâAscianello; poscia voltando la fronte a maestro, attraversa la pianura percorsa dal torrente Foenna per dirigersi nel Canal maestro della Chiana. Qui sottentra dal lato di grecale il territorio della ComunitĂ di Cortona, da primo mediante il suddetto Canal maestro che rimontano di conserva fino sotto il poggio di Valiano. A questo punto il territorio di Montepulciano lascia alla sua destra il Canale, e voltando faccia per poco da grecale a maestro passa dalla Terra Rossa per poi tornare nella precedente direzione, dopo avere attraversato dirimpetto a settentrione la strada Regia provinciale Lauretana alla base del poggio di Valiano, intorno a cui girando perviene al confine dello Stato pontificio, dove ha di fronte il territorio della ComunitĂ di Castiglion del Lago di Perugia. Con questo lâaltro di Montepulciano corre di conserva dirimpetto a levante per termini artificiali finchè arriva sul lembo orientale del Chiaro , o Lago di Montepulciano, sul confine della di cui gronda verso scirocco ritorna a confine la ComunitĂ granducale di Chiusi.
Tre possono dirsi le montuositĂ piĂš elevate di questa comunitĂ , cioè, il monte su cui risiede la cittĂ ; lâaltro di Totona, posto nella direzione di scirocco della cittĂ fra il poggio di Totonella e Montepulciano, e finalmente il terzo è quello della Maddalena, sulla sommitĂ , del quale sâincontrano i confini comunitativi di Chianciano e di Montepulciano.
Molte strade maestre e rotabili attraversano in varie direzioni questo territorio comunitativo.
Alle falde del monte verso la Chiana, a partire dalla Badia sino al Borgo vecchio rasentando il Lago di Montepulciano, percorre la Via Cassia, o la strada Regia provinciale Longitudinale della Chiana. Unâaltra, châè parimente provinciale, denominata la Traversa di Montepulciano, attraversa la cittĂ dopo essersi staccata dalla sottostante Via Cassia presso la villa di Nottola , e di lĂ proseguendo per Pienza, sbocca a S. Quirico nella strada Regia romana. â Anche un tronco della strada Regia provinciale Lauretana, dalla Badia sino al di lĂ di Valiano è tracciato sul territorio comunitativo di Montepulciano.
Fra le strade comunali rotabili contansi due vie, quella che dal suburbio settentrionale di Montepulciano mena a Torrita, e lâaltra che dal suburbio meridionale conduce a Chianciano.
Rapporto alla designazione degli antichi confini comunitativi fra Montepulciano e il territorio di Monticchiello, ora riunito alla Comunità di Pienza, cioè dalla parte australe della città , si conoscono tre arbitri pronunziati in tempi diversi; il primo nel 13 dicembre .
1297, e gli altri due nel 10 agosto 1298, e nel 31 ottobre 1308, dei quali arbitri si conservano gli originali nellâArchivio Diplomatico di Firenze fra le pergamene della ComunitĂ di Montepulciano.
Molto piĂš lunga fu la controversia rapporto ai confini fra la medesima ComunitĂ e quella di Chianciano, non ostante il compromesso del 18 agosto 1487, col quale fu destinato arbitro della questione un celebre giureconsulto sanese, Bartolommeo di Mariano di Soccino, ed un giurisperito fiorentino, Antonio di Piero Malagonnelli; e non ostante un lodo nel dĂŹ 11 febbrajo del 1491 pronunziato dagli arbitri Niccolò Orsini conte di Pitigliano, e Sinolfo deâconti di CastellâOttieri Vescovo di Chiusi; mentre un altro arbitrio venne di nuovo emanato nel dĂŹ 11 marzo 1494 da Simone del fu Jacopo Ridolfi commissario a ciò designato dalla Repubblica Fiorentina per interesse deâMontepulcianesi, e da Antonio di Giovanni Bichi incaricato dalla Repubblica di Siena per conto deâChiancianesi.
In quanto ai maggiori corsi dâacqua spettanti alla ComunitĂ di Montepulciano non rammenterò il Salarco ed il Salcheto se non per avvisare, che di questi si giova tuttora la scienza idraulica per compire il bonificamento della pianura alla sinistra de Canal maestro della Chiana fino alle larghe palustri gronde del Chiaro di Montepulciano comprese in gran parte nella Regia Tenuta di Acquaviva.
GiĂ allâArticolo ACQUA VIVA. (S. VITTORINO Dâ) fu accennato un documento scritto nellâagosto dellâanno 8o3, in cui è fatta menzione di terreni di quel distretto posti a confine con la piscina. La quale piscina probabilmente (dissi ivi) riferisce al Padule intorno al Lago di Montepulciano.
Che la pianura alla sinistra della Chiana, fra il Salarco e il Solcheto, fosse paludosa anche nel secolo XIV lo dichiarano molti documenti istorici, fra i quali citerò per tutti un istrumento del 15 settembre 1327 fatto nella villa di Ciliano, di cui feci parola allâArticolo GUARDAVALLE, e nel quale si tratta della vendita di un pezzo di terra in parte selvoso , in parte prativo e palustre, situato nella contrada di Greppo nel piano detto di S.
Vincenzio.
Non parlerò tampoco, come di cosa ancora incerta, del tempo in cui cominciò lâimpaludamento della Chiana, rapporto a che gioverebbe anche consultare un documento del 1195 citato dal ch. conte Vittorio Fossombroni nelle sue Memorie Idraulico-Storiche della Val di Chiana (Parte I. Cap. V.) quando un vescovo di Chiusi voleva recarsi a far pontificale in una sua chiesa di Montepulciano, posto che una delle ragioni fosse quella, che molti Chiusini si erano recati a stabilirsi in Montepulciano per fuggire lâaria cattiva delle paludi intorno a Chiusi.
Accennerò piuttosto rispetto al pescoso lago di Montepulciano, che la sua superficie da settentrione a ostro si dilunga per circa due miglia e mezzo, e che dilatasi un miglio nella sua maggior larghezza.
Non parlerò della ubertosa cacciarella dei germani e delle folaghe che fassi intorno al Lago e sopra il Chiaro di Montepulciano, sivvero della sua copiosa pesca, di che abbiamo fino dal medio evo le prove; tostochè il Comune di Montepulciano nel gennajo del 1417 vendè allâincanto per un anno la gabella del pesce del Lago per lire 340 di denari cortonesi. â I pesci che vi si prendono consistono in anguille grosse e delicatissime, in lucci di diversa grandezza, in tinche di pelle bianca e di eccellente sapore, in scalbatri, ecc.
Chi poi volesse esaminare la natura terreno di questa ComunitĂ , troverebbe la pianura percorsa dal Salarco e dal Salcheto costantemente ricoperta da terra di trasporto e da ghiaja, ma appena salite le prime piagge presso il bivio della strada Longitudinale con quella che mena a Torrita, si entra quasi ex abrupto nella regione delle biancane, ossia del mattajone châè una specie di argilla cretosa bigia dâorigine marina; le quali bianaone costituiscono quasi per intiero le circostanti colline frastagliate e nude anzichè no di arbusti e dâalberi dâalto fusto, qualora si eccettuino le viti.
Alla voltata però di Gracciano, e di là salendo verso il monte, alle biancane sottentrano i tufi siliceo-calcarei spesso alternanti con strati di ghiaja conglomerata. I quali strati tufacei sogliono vestirsi di una magnifica vegetazione di scelte viti basse, di castagni e di altri alberi di alto fusto, fra i quali si contano molte annose querci. A proporzione poi che si sale sul monte per avvicinarsi a Montepulciano, il tufo diviene sempre piÚ copioso di conchiglie fossili marine, consistenti in ostriche, in veneri, cardii, murici, neriti, e in pettini di piÚ varietà .
Il terreno che cuopre la faccia orientale del monte, salendo verso la fortezza, consiste in banchi di calcare tufaceo talmente indurito dal ferro idrato che diviene atto, ed è impiegato con successo nella rifioritura delle strade pubbliche del circostatnte distretto.
Anche il monte di Totona, il quale si alza a scirocco di Montepulciano a guisa di cono rovesciato, è rivestito di una lumachella tufacea, specie di panchina consimile a quella del monte di Volterra, se non che questa del monte di Totona abbonda maggiormente di ferro idrato, o limaccioso.
Il monte della Maddalena che sta fra Chianciano e il monte di Totona, e che è diviso fra le due comunitĂ , ha i suoi fianchi rivestiti in gran parte di tufo calcare e di breccia conchigliare, mentre la parte superiore è formata di un calcare semigranoso, che ha lâaspetto, e che porta perfino il nome di marmo, il quale a luoghi è bianco candido, altrove di tinta fegatosa, e talvolta tendente al nero.
La base settetrionale però di questo monte è coperta di altissime rupi di travertino, di cui ivi sono aperte delle cave. Presso le sue pendici, piegando verso maestro, si trova a ostro della strada rotabile, fra Montepulciano e Chianciano, la villa di S. Albino; dove lungo la strada medesima a settentrione della stessa villa emergono qua e là da un suolo acquitrinoso gorgoglianti zampilli gessosi conosciuti col nome di Acqua Puzzola , o di Mofeta di S.
Albino, che costituiscono varie pozzanghere, il cui scarso rifiuto va nel torrente Parcia. Questâacque emergono fuori da un terreno calcare-cavernoso sparso di potenti incrostazioni di travertini; le quali acque romoreggianti nellâinterno, esternamente affacciansi con getti spumosi per la copia del gas acido carbonico che seco portano alla luce, e che allâaria libera svapora.
Lâesperienze chimiche instituite sul posto dal Prof.
Targioni-Tozzetti nellâagosto del 1832 sembra che non concordino con quelle state fatte nel 1793 dal Prof.
Domenico Batini, e neppur con altre ripetute dal Prof.
Giuseppe Giuli di Siena; i quali trovarono lâacqua e il gas di S. Albino piĂš o meno ricchi di gas idrosolforico. E sebbene il Targioni non ottenesse dalle analisi altro che gas acido carbonico e aria atmosferica, ciò non basta, concludeva il Professore fiorentino, per credere meno vere le osservazioni fatte da altri scienziati in epoche e circostanze disparate, le quali debbono influire sul maggiore o minore sviluppo dal seno della terra dei gas acido carbonico e idrogeno-solforato. â (ANT.
TARGIONI-TOZZETTI, Analisi chimica delle acque minerali di Chianciano. Firenze 1833 pag. 140 e segg.).
Il terreno dellâadiacente campagna e della stessa formazione tufacea giĂ di sopra accennata, se non che in vicinanza della Mofeta di S. Albino esistono alcuni strati di terra silicea bianca, ruvida e minutissima, della quale il ch. Giovanni Targioni Tozzetti lasciò ricordo fra i suoi Manoscritti, notificato dal di lui nipote nellâopera testè citata (pag. 137). La quale rena, dice quel Manoscritto, sta vicino alla mofeta di S. Albino nel Montepulcianese; e che quando sia mescolata con stagno è buona per vetrina alle majoliche fini: serve per orologi a polvere e mescolata con olio è piĂš buona che lo smeriglio per pulire armi da fuoco. Anche attualmente si usa di un simile renischio per lâoggetto descritto da Giovanni Targioni; e forse è di quelle impiegata in Montepulciano in una fornace di vetri.
Se si considerano poi i prodotti di suolo di questa comunitĂ niuno ignora la celebritĂ del suo vino, del quale vi è memoria che si spediva allâestero fino dal secolo XIV, se non prima. Non però a tutti è egualmente noto, che due dei principali prodotti piĂš proficui del territorio di Montepulciano consistevano una volta nel zafferano e nel guado.
Fino dalle prime pagine di questâopera, allâArticolo ASCIANO ComunitĂ (Vol.I pag.154), fu detto che la pianticella, dalla quale si raccoglie lo zafferano, si coltivava con successo nelle crete sanesi, dove soleva seminarsi a campi. Della qual cosa fanno fede molti documenti dei secoli XIII, XIV e XV, e dopo di essi dal botanico Mattioli, il quale nel commento ai Discorsi di Dioscoride, parlando del Croco diceva: âavere il principato a Venezia il zafferano che si porta dallâAquila, cittĂ dellâAbruzzo, ma che ne nasce ancora in Toscana in alcuni luoghi, e massime in quel di Siena dellâelettissimo, il quale può stare con tutti gli altri al paragoneâ. Infatti, senza dire dei tributi che un dĂŹ si pagavano in zafferano da alcune pievi di Val dâEra ai vescovi di Lucca e di Volterra, le carte della comunitĂ di Montepulciano danno bastantemente a conoscere con quanta attivitĂ si coltivassero e si commerciassero costĂ il croco ed il guado .
Che nei secoli XIII e XIV esistessero in Montepulciano ricche societĂ di mercanti sanesi, e montepulcianesi, il cui commercio speciale raggiravasi sul guado, sul croco ed altre mercatanzie indigene, lo provano alcuni strumenti del 3 gennajo 1293, 11 febbrajo 1301, 22 giugno 1309, e 17 marzo 1387. Citerò finalmente due altre carte appartenute ai Frati Domenicani di Montepulciano. Nella prima di esse del 12 settembre 1347 trattasi della vendita fatta da una societĂ di mercanti a due negozianti di Valenza di libbre 45.000 di guado a peso pisano pel prezzo di 800 fiorini dâoro fiorentini; mentre la seconda è un contratto del 29 dicembre 1379, col quale il camarlingo del magistrato civico vendè a un Montepulcianese della contrada di Tolosa per un anno il provento della gabella dello zafferano indigeno, per cui questi pagò di appalto lire 240 â (ARCH. DIPL. FIOR.
loc. cit.).
Che un simil commercio si facesse non solo con la Spagna, ma anche con la Francia, lo da a congetturare lâuso introdotto nel principio del secolo XIV in Siena e a Montepulciano di contrattare in lire tornesi di grossi denari dâargento, moneta piĂš ideale che reale, mentre essa anzichè corrispondere alla vera lira tornese, o franco di Francia, equivaleva talvolta a 17 e perfino a 20 fiorini dâoro per ognuna di quelle lire. â (ARCH. DIPL. FIOR.
Carte della ComunitĂ di Montepulciano del 30 gennajo 1302, del 13 aprile 1303, 19 marzo e 27 agosto l304, 8 aprile l306, 20 maggio 1307, ecc.).
Rispetto al commercio del vino squisito di Montepulciano, che questo sâinviasse allâestero da tempi assai remoti, può darne qualche indizio un istrumento del 17 ottobre 1350 scritto in Montepulciano nella casa di Bertoldo Novello figlio che fu messer Bertoldo di Guglielmo del Pecora; il quale mediante quellâatto pubblico stabilĂŹ per 5 anni con Jacopo del fu Vanni da S.
Fiora una societĂ di mercatura di vino, che lo stesso Bertoldo del Pecora ritraeva dalle sue vigne poste nel distretto di Montepulciano nella contrada deâCalomelli. â (ARCH. DIPL. FIOR. Carte deâCrociferi di Firenze).
In quanto alla statistica agraria della Comunità di Montepulciano, citerò quella pubblicata nel 1828 dal Prof.
Giuseppe Giuli nella sua opera statistica della Val di Chiana. Che se quei calcoli furono prossimi al vero ne risulterebbe, che la parte montuosa, ossia la piĂš elevata del territorio di Montepulciano, corrisponde alla metĂ circa di tutta la sua superficie.
Cotesta porzione territoriale era allora quasi tutta coperta di bosco ceduo, e dâalto fusto, di selve di castagni, oppure di sodaglie, ec.; valutandosi circa la sesta parte la porzione montuosa tenuta allora a coltivazione di campi e di vigne.
La porzione poi del territorio medesimo qualificata sotto il vocabolo di colline, secondo quei calcoli occuperebbe circa 16 miglia quadrate, delle quali 12 miglia erano coltivate a viti piantate a filari, il restante a olivi, oppure sodivo e sterile.
La pianura fu valutata circa 13 miglia quadrate, defalcate due buone mig lia di spazio occupato dal Lago di Montepulciano. Quasi tutta questa porzione di suolo è destinata alla sementa deâcereali, del granturco, della canapa, del lino e dei legumi, quante volte si eccettuino mille stajate di terreno destinate per i prati naturali.
Le viti secondo un computo approssimativo del Prof.
Giuli si crede che siano N° 2.600.000 in collina, e 200.000 in pianura; gli olivi N° 8000, e i gelsi N°4520 in tutta lâarea del suo territorio.
Il bestiame da frutto e da lavoro è assai numeroso in questa Comunità , dove sopratutto grosse e ben nutrite sono le bestie bovine.
Volendo stare alla statistica fatta nel l825 dal prenominato scrittore, si trovavano allora in questa ComunitĂ 16116 capi di bestiame, distribuiti come appresso: Bovi aranti, N° 4000 Vitelli, N° 2000 Vacche,N° 3000 Pecore, N° 1700 Agnelli, N° 1000 Capre, N° 206 Majali, N° 3200 Cavalli, N° 400 Somari, N° 400 TOTALE, N° 16116 Rapporto poi alle manifatture, in Montepulciano e nel suo distretto si educano molti filugelli con le foglie dei gelsi che vegetano nelle sue campagne, e che danno un vistoso prodotto di seta. â Vi sono in cittĂ due tintorie, tre fabbriche assai buone di cappelli di feltro, tre fornaci di vasellami ordinari ed una di vetri, utile specialmente alla fabbricazione deâfiaschi, coi quali sâinvia in commercio gran parte del vino che si raccoglie nelle sue colline, e la di cui coltivazione e manifattura offre lavoro a molta gente di campagna e anche di cittĂ .
Nella villa di Acquaviva si fabbricano costantemente deârozzi cappelli di paglia per uso del contado.
In Montepulciano ha luogo un mercato settimanale nel giorno di giovedĂŹ. â Vi si praticano tre fiere annuali, nel 1 maggio, nel 28 agosto, nel 9 settembre: e due fiere di bestiami dâogni specie si tengono in Valiano nel giorno 10 agosto e nel lunedĂŹ dopo lâultima domenica di settembre.
Col motuproprio del 14 novembre 1774 relativo al regolamento economico, ordinato dal Granduca Leopoldo I per le ComunitĂ comprese nellâantico distretto fiorentino, vennero riuniti in una sola amministrazione i popoli della cittĂ di Montepulciano e delle ville, giĂ suddivise in 16 sezioni insieme alla soppressa ComunitĂ di Valiana, o Valiano il cui complesso era formato di quattro sezioni; cioè delle ville di Salvagio , di Serraglio, di Strada e di Vilardegna.
Finalmente non sarĂ discaro per il confronto della statistica economica della ComunitĂ di Montepulciano conoscere le sue rendite allâanno 1608, sul principio del governo di madama Cristina Granduchessa madre di Cosimo II, di cui riport iamo la nota estratta da copia autentica: ENTRATA DELLA COMUNITAâ DI MONTEPULCIANO ALLâANNO 1608 - Dalla gabella delle porte della cittĂ circa Lire toscane 2690.
- Dalla gabella del Macinato Lire toscane 1563.
- Dalla gabella della Carne Lire toscane 1377.
- Dalla gabella deâContratti Lire toscane 2700.
- Dalla gabella della Tratta del grano Lire toscane 380.
- Dalla gabella della Scannatura Lire toscane 1158.
- Dalla gabella del Vino Lire toscane 330.
- Dalla gabella deâFitti deâMolini Lire toscane 136.
- Dalla gabella del Ceppo civile Lire toscane 130.
- Dalla gabella della Stadera Lire toscane 200.
- Dalla gabella del Sale Lire toscane 3500.
- Dalla gabella delle Chiane Lire toscane 1400.
- Dalla gabella del Passo al Ponte di Valiano Lire toscane 200.
- Dagli Affitti di terre comunali Lire toscane 3400.
- Da Pigioni di case e botteghe comunali Lire toscane 240.
- Da Legne e frasche deâboschi comunali Lire toscane 1200.
- Da Condannagioni criminali (di parte) Lire toscane 230.
- Dal Monte del debito comune Lire toscane 230.
- Da Entrate diverse Lire toscane 220.
- Da Entrate di affitti annui Lire toscane 600.
- ENTRATA TOTALE Lire toscane 21884.
LâUscita della stessa ComunitĂ ammontava in quellâanno a lire 25842.17.4. E perchè lâUscita era superiore allâEntrata, ogni tre o quattrâanni si bilanciava il deficit con la vendita di una porzione di beni comunali. Fra i salariati e altri oneri della ComunitĂ , sono ivi designati i seguenti: - I Signori Magnifici componenti il magistrato civico di Montepulciano e donzelli Lire toscane 3707.12.4.
- Per salario al Capitano di Giustizia Lire toscane 1168.
- Per salario ai messi della corte del Capitano Lire toscane 306.
- Per salario al Cancelliere Lire toscane 1091.6.8.
- Per salario al Medico fisico Lire toscane 1376.14.
- Per salario al Cerusico comunale Lire toscane 1247.16.
- Per salario al Maestro di scrivere e abbaco che si tiene, e che da molti anni non è nativo di Montepulciano Lire toscane 413.
- Per salario al Maestro di grammatica Lire toscane 1032.10.
- E perchè i giovani vanno a scuola alli Gesuiti, e tocca al maestro il sabato a ripetere, si è aggiunto Lire toscane 165.4.
- Per la spesa delle carceri, per gli acconcimi del palazzo deâSigg. Magnifici e del Capitano di giustizia, ed altre spese Lire toscane 2410.
- Al Monte delle Graticole di Firenze Lire toscane 630.
- Ai Consoli dellâArte deâMercanti di Firenze Lire toscane 310.
- Tassa ai Capitani di Parte in Firenze Lire toscane 191.10.
- Ai Sigg. Nove conservatori del dominio fiorentino Lire toscane 2601.8.
- Ai medesimi per le tasse deâbargelli Lire toscane 115.8.
- Ai medesimi per le spese universali Lire toscane 3420.
- SOMMA Lire toscane 19186.8.4 Per il servizio della ComunitĂ e dello spedale sono mantenuti in Montepulciano due medici e due chirurghi condotti, ed un terzo chirurgo tiene stanza in Valiano.
Risiedono in Montepulciano, oltre il Vescovo, i componenti il tribunale di Prima Istanza, il commissario e il vicario Regio, un ingegnere di Circondario, ed un cancelliere comunitativo, il quale serve a questa sola ComunitĂ . â Vi è pure unâuffizio per lâesazione del Registro, e uno per la conservazione dellâIpoteche.
QUADRO della Popolazione della ComunitĂ di MONTEPULCIANO a quattro epoche diverse.
- nome del luogo: Acquaviva, titolo della chiesa: S.
Vittorino (Pieve), diocesi cui appartiene: Montepulciano (già di Chiusi), popolazione anno 1551 n° 316, popolazione anno 1745 n° 320, popolazione anno 1833 n° 857, popolazione anno 1839 n° 981 - nome del luogo: Argeano (Villa di), titolo della chiesa: S. Ilario (Cura), diocesi cui appartiene: Montepulciano (già di Chiusi), popolazione anno 1551 n° -, popolazione anno 1745 n° 261, popolazione anno 1833 n° 573, popolazione anno 1839 n° 579 - nome del luogo: Ascianello, titolo della chiesa: SS.
Vincenzio e Anastasio (giĂ Pieve), diocesi cui appartiene: Montepulciano (giĂ di Chiusi), popolazione anno 1551 n° 339, popolazione anno 1745 n° 244, popolazione anno 1833 n° 579, popolazione anno 1839 n° 411 - nome del luogo: Badia (giĂ deâCaggiolari) o in Crepaldo , titolo della chiesa: S. Pietro (Prioria), diocesi cui appartiene: Montepulciano (giĂ di Chiusi), popolazione anno 1551 n° 327, popolazione anno 1745 n° 470, popolazione anno 1833 n° 949, popolazione anno 1839 n° 1076 - nome del luogo: Caggiole o Gaggiuole, titolo della chiesa: S. Mustiola (Cura), diocesi cui appartiene: Montepulciano (giĂ di Chiusi), popolazione anno 1551 n° 521, popolazione anno 1745 n° 242, popolazione anno 1833 n° 293, popolazione anno 1839 n° 347 - nome del luogo: Caselle, titolo della chiesa: S.
Bartolommeo a S. Biagio (Cura con capitolo di cappellani), diocesi cui appartiene: Montepulciano (già di Arezzo), popolazione anno 1551 n° 530, popolazione anno 1745 n° 634, popolazione anno 1833 n° 824, popolazione anno 1839 n° 901 - nome del luogo: Cerliana o Ciarliana, titolo della chiesa: S. Michele (Cura), diocesi cui appartiene: Montepulciano (già di Chiusi), popolazione anno 1551 n° 407, popolazione anno 1745 n° 243, popolazione anno 1833 n° 359, popolazione anno 1839 n° 382 - nome del luogo: Cervognano, titolo della chiesa: S.
Andrea (Cura), diocesi cui appartiene: Montepulciano (già di Chiusi), popolazione anno 1551 n° 789, popolazione anno 1745 n° 229, popolazione anno 1833 n° 332, popolazione anno 1839 n° 360 - nome del luogo: Gracciano, titolo della chiesa: S. Egidio (Pieve), diocesi cui appartiene: Montepulciano (già di Chiusi), popolazione anno 1551 n° 669, popolazione anno 1745 n° 460, popolazione anno 1833 n° 840, popolazione anno 1839 n° 933 - nome del luogo: Grazie (S. Maria delle) o Madonna di S. Martino, titolo della chiesa: S. Martino e S. Maria delle Grazie, diocesi cui appartiene: Montepulciano (già di Arezzo), popolazione anno 1551 n° 372, popolazione anno 1745 n° 440, popolazione anno 1833 n° 644, popolazione anno 1839 n° 619 - nome del luogo: MONTEPULCIANO (*), titolo della chiesa: S. Maria Assunta (Cattedrale), diocesi cui appartiene: Montepulciano (già di Arezzo), popolazione anno 1551 n° 3750 (con S. Bartolommeo nel GesÚ, S.
Maria e S. Lucia, S. Mustiola in S. Agostino), popolazione anno 1745 n° 774, popolazione anno 1833 n° 977, popolazione anno 1839 n° 947 - nome del luogo: MONTEPULCIANO (*), titolo della chiesa: S. Bartolommeo nel GesÚ (Cura), diocesi cui appartiene: Montepulciano (già di Arezzo), popolazione anno 1551 n° 3750 (con S. Maria Assunta, S. Maria e S.
Lucia, S. Mustiola in S. Agostino), popolazione anno 1745 n° 418, popolazione anno 1833 n° 486, popolazione anno 1839 n° 503 - nome del luogo: MONTEPULCIANO (*), titolo della chiesa: S. Maria e S. Lucia (Cura), diocesi cui appartiene: Montepulciano (già di Arezzo), popolazione anno 1551 n° 3750 (con S. Maria Assunta, S. Bartolommeo nel GesÚ, S.
Mustiola in S. Agostino), popolazione anno 1745 n° 383, popolazione anno 1833 n° 467, popolazione anno 1839 n° - nome del luogo: MONTEPULCIANO (*), titolo della chiesa: S. Mustiola in S. Agostino (Cura), diocesi cui appartiene: Montepulciano (già di Arezzo), popolazione anno 1551 n° 3750 (con S. Maria Assunta, S.
Bartolommeo nel GesĂš, S. Mustiola in S. Agostino, S.
Maria e S. Lucia), popolazione anno 1745 n° 739, popolazione anno 1833 n° 807, popolazione anno 1839 n° - nome del luogo: Nottola, titolo della chiesa: S. Maria (Cura), diocesi cui appartiene: Montepulciano (giĂ di Arezzo), popolazione anno 1551 n° 170, popolazione anno 1745 n° 196, popolazione anno 1833 n° 240, popolazione anno 1839 n° 259 - nome del luogo: Parcia, titolo della chiesa: S. Albino (Pieve), diocesi cui appartiene: Montepulciano (giĂ di Chiusi), popolazione anno 1551 n° 540, popolazione anno 1745 n° 278, popolazione anno 1833 n° 393, popolazione anno 1839 n° 525 - nome del luogo: Valiano, titolo della chiesa: S. Lorenzo (Pieve), diocesi cui appartiene: Montepulciano (giĂ di Chiusi), popolazione anno 1551 n° 388, popolazione anno 1745 n° 440, popolazione anno 1833 n° 784, popolazione anno 1839 n° 800 - Totale abitanti anno 1551 n° 9125 - Totale abitanti anno 1745 n° 6771 - Totale abitanti anno 1833 n° 10204 - Totale abitanti anno 1839 n° 10987 (*) N. B. La popolazione del 1551 in città è per Contrade, nei subborghi per Camperie, in guisa che questâultima delle Camperie lâabbiamo ripartita fra le parrocchie suburbane alla cittĂ di Montepulciano.
Inghirami a braccia 1076,7 superiore al livello del mare Mediterraneo. Trovasi fra il grado 29° 43â di longitudine e 42° 30â di latitudine, circa 11 miglia a maestro di Chiusi, 7 miglia a levante di Pienza, 18 a libeccio di Cortona, e 30 miglia a ostro di Arezzo. La cittĂ di figura bislunga è situata presso la sommitĂ del monte omonimo, dalla parte però che guarda grecale acquapendente in Val di Chiana; è circondata di mura castellane che girano circa un miglio con 4 porte e due postierle, una fortezza diruta nella parte superiore, e unâaltra nella parte inferiore. Da questa eminenza dove si respira aria salubre, e donde lâocchio si spazia sopra una grande estensione di paese, noi non salutammo, comecchè altri salutassero, Montepulciano fondato dallâetrusco re Porsenna, nè tampoco ci unimmo di animo a coloro che posero in questo monte lâArretium fidens, o agli altri che vi collocarono il Clusium novum di Plinio; essendochè le cose troppo antiche basta che abbiano un poco del verosimile, ancorchè nol siano, sogliono accettarsi generalmente per vere. Per altro la scoperta fatta nel distretto di Montepulciano di molti oggetti etrusco-romani concede a buona ragione il diritto di credere che lâorigine di questa cittĂ , qualunque fossero i nomi che ad essa si diedero, risalire debba ad unâepoca assai remota. Infatti tuttora sâignora il nome di questo paese daâtempi Etruschi e Romani sino a quelli dei barbari scesi in Italia ed in Val di Chiana; conciosiacchè il suo nome si scuopre la prima volta (se io non erro) nel principio del secolo VIII. E ciò apparisce dal processo fatto in Siena nellâanno 715 per ordine del re Liutprando a cagione di molte chiese della diocesi aretina pretese dal vescovo sanese come state di sua giurisdizione, nella quale controversia, fra le pievi che rivendicare voleva Siena, vi era annoverata la battesimale, ora cattedrale di S.
Maria di Montepulciano, cioè, S. Matris Ecclesiae in castello Politiano. A questo documento tengono dietro quattro altri, tuttora inediti, appartenuti allâAbbazia del MontâAmiata, scritti sotto i primi re Carolingi nei quali viene rammentato il castello con la pieve di Politiano , o di Montepulciano. Il primo di essi, rogato nel novembre del 790, tratta di unâofferta alla chiesa di S. Silvestro a Lanciniano manuale della badia Amiatina, fatta dal chierico Arnipert, di un pezzo di terra con vigna posta nel castello Policiano sotto la via pubblica in luogo chiamato Subrupina (forse Le Balze,) con una casa situata nel casale Feroniano. â Vedere MONTE FOLLONICA.
Col secondo documento dellâagosto 793, scritto presso la Santa Madre Chiesa del castel Policiano, due fratelli vendono per un soldo dâoro a Grossolo primicero una vigna posta nel castel di Policiano, nel vocabolo Ardene.
Col terzo istrumento stipulato da Teudilary notare e cittadino aretino di maggio dellâ806 nella S. Madre Chiesa al castel Policiano, Cuniperto del fu Teudilary nativo del castel Policiano dona ad uno deâsuoi tre figli, Agiprando, un campo con una casa situato nel casale Ovile, cui era a confine di sopra, la casa del donatore, e di sotto, la basilica di S. Stefano, da un lato le terre del Re, dallâaltro lato i beni della S. Madre Chiesa di Policiano ; dal terzo lato le terre di Agiperto e di Orso nipoti del donatore, e dal quarto lato la via pubblica. Avvertirò inoltre che fra i testimoni sottoscritti a quellâatto si legge il nome di Petrone orefice. Con un quarto istrumento, rogato nella corte di Policiano di febbrajo dellâ827, Gismari, uomo libero, insieme con Aggiperga sua moglie ottiene a livello dal prete Ansari una terra della pieve di S.
Salvadore, la quale giĂ teneva a fitto Gisperto genitore di detto Gismari, con patto di fabbricarvi sopra una casa, e di pagare annualmente alla detta pieve una pensione di tre denari dâargento con cinque congi di vino per la festa di S. Martino. Fra i testimoni si trova un tal Sasso chierico e medico. Pertanto dai documenti qui accennati resulta, che in Montepulciano sino dallâ800, abitavano orefici e medici, e che nel suo territorio si coltivavano le viti, il di cui liquore nei secoli successivi divenne famoso cotanto da qualificare questo di Montepulciano dâogni vino il re.
Non meno importanti per la storia ecclesiastica civile di Montepulciano sono le pergamene pervenute da quellâarchivio comunitativo nel Regio diplomatico di Firenze; la piĂš antica delle quali risale al 25 febbrajo dellâanno 1055. Con tuttociò sâignorano i fatti bellici guerreggiati dai Montepulcianesi anteriormente allâanno 1154, giacchè niunâaltro autore per avventura li tramandò ai posteri innanzi di Ricordano Malespini. Il quale al capitolo 80 della sua istoria fiorentina racconta per qual modo si cominciò a guerreggiare nel 1154 fra i Fiorentini e i Sanesi per cagione delle castella che confinavano fra i due contadi nel Chianti; dondechè i Fiorentini presono a difendere dai Sanesi quegli di Montepulciano, e andarono per fornire il loro castello. Ma nel 1202 la popolazione di Montepulciano, dubitando dellâanimo e delle forze deâSanesi, inviò un suo ambasciadore a Firenze per giurare e protestare nelle mani di uno dei consoli di detta cittĂ che il suo distretto non faceva parte nè del vescovado, nè del contado di Siena. Con egual sicurezza furono ricevuti in protezione della Repubblica Fiorentina i Montepulcianesi, con la promessa questi di non imporre gabelle alle merci deâFiorentin i; di offrire ognâanno il dĂŹ della festa di S. Giovan Battista in Firenze un cero di libbre 50; di pagare a titolo di tributo dieci marche dâargento, ovvero un equivalente di 50 lire di buoni denari pisani, e di far guerra e pace a piacere deâFiorentini, oltre lâobbligo di rinnovare ogni dieci anni un simile giuramento davanti ai rappresentanti del Comune di Firenze. â (AMMIRATI Istor. fior. Lib. I). Allâannunzio di cotesto trattato i Sanesi reclamarono le loro ragioni sopra Montepulciano davanti a una dieta composta di nobili di contado, e di rappresentanti delle cittĂ di Toscana, la quale fu convocata nellâaprile dellâanno 1205 nel castello di S. Quirico in Ossena (in Val dOrcia) dopo lâesame dei testimoni per decidere, se il Castello col territorio di Montepulciano era o no del contado sanese.
Infatti da quel deposto appariva, che da quaranta e piĂš anni indietro non solo Montepulciano era contemplato come parte del distretto di Siena, ma che ivi in quel tempo dominarono alcuni conti teutonici del contado sanese, come in un loro proprio castello. â (MURATORI Ant.
Med. Aevi Dissert.50). â Vedere AGELLO DI CHIUSI in Val dâOrcia.
Avvenne però che nellâanno 1207 i Sanesi avendo mosso la loro oste contro Montepulciano, i Fiorentini mandarono un esercito a guerreggiare nel contado di Siena; e fu allora che si prese e si disfece il Castello di Montalto della Berardenga in guisa che i Montepulcianesi per quella volta furono liberati dal timore di dovere piegare il collo a Siena. Ma non erano appena scorsi quattro lustri, che dopo aver osteggiato e quindi nel 15 febbrajo 1229, (stile comune) aperte delle trattattive presso il torrente Salarco sul confine del territorio di Montepulciano, venendo queste dai Montepulcianesi rifiutate, nel successivo mese di giugno la Signoria di Siena comandò nuova oste contro quel paese. Allora i magistrati di Montepulciano dâaccordo ai sindaci di Firenze contrassero amicizia con il Comune di Orvieto, sicchè per atto pubblico del 13 giugno anno 1219, gli ambasciatori Orvietani trovandosi negli accampamenti di Montefiascone, promisero a nome del loro Comune difendere il castello di Montepulciano ed i suoi abitanti da chiunque gli muovesse guerra, meno che contro il Papa, lâImperatore, i Fiorentini, gli Aretini ed i Romani. â (ARCH. DIPL. FIOR. Carte della ComunitĂ di Montepulciano). Quindi nel successivo mese di settembre i Fiorentini inviarono nuove genti aâdanni di Siena, le quali diedero il guasto intorno a venti loro castella.
Contuttociò tre anni dopo i Sanesi, avendo raccolti (1232) mo lti fuorusciti ghibellini di Montepulciano corsero insieme ad assediare questa terra. Per la qual cosa si mosse da Firenze nuovamente lâoste verso il Chianti sanese prendendo di mira i castelli di Selvoli e di Querciagrossa, i quali a forza dovettero darsi ai Fiorentini che li feciono atterrare. Allora il governo di Siena essendosi alleato coâChiusini (16 ottobre 1232) fu posto in grado di riunire un poderoso esercito, col quale assediò, assalĂŹ, e nellâottobre stesso sâimpadronĂŹ di Montepulciano, e tosto la sua rocca con le mura castellane guastò e demolĂŹ. Non corse gran tempo però senza che i Fiorentini tornassero in campo per assistere i loro amici dalla parte di Siena, dove si recarono armati; poichè nel giugno del 1234 ebbono vettovagliato Montalcino, scorsero con grandissimo danno del nemico pel contado di Siena.
Dondechè i Sanesi nel 1235 vedendosi esposti a incursioni continue, e le loro forze dopo sei anni di guerra trovandosi indebolite, ricorsero alla mediazione del Legato pontificio per venire a qualche trattativa di pace coâFiorentini. La quale fu ferma a patti, che il Comune di Siena a sue spese rifacesse le mura di Montepulciano, che non molestasse piĂš Montalcino, e che rendesse tutto ciò che le sue genti avevano tolto agli Orvietani. Allâincontro i Fiorentini dovevano restituire ai Sanesi i loro prigioni appena che le mura di Montepulciano fossero state rifatte.
Ad accrescere la quiete e la sicurezza politica ai Montepulcianesi giovò grandemente un privilegio spedito da Grosseto nel febbrajo 1243 dallâImperatore Federigo II, col quale gli accoglieva sotto la protezione imperiale, confermando loro i privilegi e le esenzioni che erano soliti godere. â Vedere GROSSETO.
Di quelle cose che succedettono in Montepulciano dalla pace del 1235 alla battaglia di Montaperto, dove restò fiaccata ed oppressa la parte Guelfa allora predominante in Toscana, non abbiamo alcuna memoria del tempo che lo dica, seppure non si voglia calcolare una fazione accaduta nel 1253 fra alcuni militi sanesi che da Montefollonica vennero alle mani con altri di Montepulciano. Ma dopo la vittoria di Montaperto anche questa Terra dovè soggiacere alla sorte e sottoporsi ai Ghibellini sanesi permettendo ai vincitori di edificare costĂ una fortezza; il cui presidio fu cacciato ben presto dallâopposto partito dopo la notizia avuta (anno 1267) della morte del re Manfredi alla battaglia di Benevento. Fu allora che i Montepulcianesi veggendo che per la vittoria del re Carlo dâAngiò gli affari deâGhibellini andavano per le rotte, mandarono i loro sindaci a raccomandarsi a quel re protettore della parte Guelfa, onde liberarsi in tutto dal dominio della fazione contraria.
Infatti nel 24 giugno del 1267 Bartolommeo del fu Viviano giudice e sindaco del Comune di Montepulciano si presentò in Monte Fiascone per prestare giuramento di fedeltĂ in nome del Comune medesimo davanti a Carlo I re di Napoli, il quale prese sotto la sua protezione la comunitĂ , uomini e beni deâMontepulcianesi, accordando loro alcuni nuovi privilegi e confermando gli antichi. â (ARCH. DIPL. FIOR. Carte della ComunitĂ di Montepulciano). Mercè tali riforme politiche e favori Montepulciano andava ogni dĂŹ piĂš acquistando mezzi di potenza e prosperitĂ , siccome lo danno a divedere le deliberazioni prese da quella popolazione allâanno 1281, poichè per conto del Comune di Montepulciano si acquistavano beni presso il Bagno di Sellena (ora di Chianciano) ed un suo ricco abitante, Angelo di Danese o Danesi, fondava lo spedale di S. Pietro, fuori della porta alle Farine. Correva lâanno 1294 quando il popolo di Montepulciano, avendo per suo potestĂ Alessandro di Bandinello cittadino di Siena, e per capitano Spinello deâGianfigliazzi di Firenze, procurò di rimettersi sotto lâaccomandigia della Signoria di Siena, con la quale per trattato del 13 giugno di detto anno convenne nelle principali condizioni seguenti:1° lâofferta da farsi alla cattedrale di Siena per la festa di S. Maria Assunta di un cero fiorito di libbre 50; 2° di mandare quando fosse richiesto due distinti cittadini al parlamento a Siena; 3° che i Montepulcianesi dovessero eleggere fra i cittadini sanesi il loro potestĂ e capitano con salario per sei mesi di 400 lire corlonesi; 4° che i detti ufiziali governassero a seconda degli statuti di Montepulciano, purchè in essi non vi fosse cosa contraria aglâinteressi deâSanesi; 5° che il Comune di Montepulciano tenesse per amici gli amici del Comune di Siena e viceversa, e dovesse far pace e guerra con esso; 6° che i Montepulcianesi non potessero percipere nel loro distretto, nè imporre dazi, gabelle e altre gravezze ai generi e uomini della cittĂ e contado di Siena, il tutto con la penale mancando di mille marche dâoro. â (ARCH. DIPL. FIOR. Carte della ComunitĂ di Montepulciano). Un effetto delle convenzioni premesse fu la riforma del governo municipale di Montepulciano, il quale consisteva in cinque governatori col titolo di difensori del Comune. Infatti mercè una deliberazione del 28 agosto 1397 fatta nel palazzo comunitativo, il consiglio generale di Montepulciano col consenso deâcinque governatori e difensori del Comune, e del loro potestĂ Mino deâMalavolti sanese, incaricò un sindaco di recarsi a presentare al Vescovo di Chiusi il nuovo parroco eletto della pieve di S. Giovanni da Villanuova del distretto di Montepulciano, come parrocchia di giuspadronato della stessa comunitĂ . â (loc. cit.). A questa suddetta epoca, quando giĂ esisteva il palazzo pubblico, risale la costruzione della chiesa e convento dei religiosi Domenicani di Montepulciano, dopo cioè di aver essi ottenuto una bolla dal Pontefice Bonifazio VIII spedita da Roma li 13 febbrajo del 1296, che concedeva facoltĂ al priore provinciale deâfrati Predicatori di erigere un convento in Montepulciano nella casa che fu di Francesco, appellato Cisporo , la quale era stata confiscata dâordine della S. Inquisizione di Roma, per avere il proprietario della medesima ivi ricevuto e protetto gli eretici. â (loc.
cit. Carte deâDomenicani di Montepulciano). Siamo alla fine del secolo XIII, quando in Montepulciano incominciò a preponderare per le sue ricchezze la famiglia del Pecora, i di cui individui nel secolo susseguente tiranneggiarono nella loro patria. â Il primo a figurarvi fu un Corrado figlio del fu Pecora , il quale per deliberazione comunitativa del 29 maggio 1304 fu eletto delegato insieme con altri Montepulcianesi per accomodare alcune vertenze insorte tra il comune di Montepulciano e quello di Chiusi. Di un Guglielmo fratello di Corrado del Pecora fanno piĂš volte menzione le carte di questa comunitĂ , sia quando egli nellâ11 settembre 1305 fu nominato procuratore della popolazione di Montepulciano, sia quando nel 30 maggio 1307 per il Comune medesimo egli prese a mutuo divesre somme di denari, sia allorchè per atto del 19 febbrajo 1310 il Comune predetto si dichiarò debitore di mille fiorini dâoro ricevuti a mutuo da Guglielmo del fu Pecora . â Il qual Guglielmo del Pecora per contratto del 18 settembre 1301 aveva acquistato per lire 90 una casa situata nel prato (Ascio) davanti la pieve, ora cattedrale di Montepulciano, e che poco dopo cangiata in palazzo servĂŹ di abitazione ai suoi discendenti innanzi che divenisse dello stato. â (ARCH. DIPL. FIOR. Carte deâCrociferi di Firenze). Nipote di esso Guglielmo del Pecora sembra che fosse quel cavalier Guglielmo Novello da Montepulciano, che nel 1338 fu scelto in capitano generale dellâarmata guelfa dalla Lega dei Comuni della Toscana. â (AMMIR. Istor. Fior. Lib. VIII). Nato da Guglielmo seniore dubito che fosse quel Ranieri del Pecora, stato eletto nel 1312 vescovo di Chiusi. E fu ad oggetto di favorire una tale elezione, che i cinque governatori del popolo di Montepulciano con deliberazione del 6 gennajo del 1312 si determinarono ad assistere in tutte le maniere il nuovo eletto vescovo acciò potesse realmente conseguire tale dignitĂ . La qual cosa ci richiama alle discordie del capitolo di Chiusi, dove due altri vescovi intrusi contemporaneamente al sopra nominato si contendevano la stessa cattedra, finchè Ranieri restò solo fra i tre concorrenti; e ad esso poi succedè un altro vescovo per nome Angelo della stessa famiglia del Pecora. Non solo il Comune di Montepulciano fu costretto di aprire alcuni imprestiti con i nobili del Pecora, ma ancora con altre case mercantili di Siena, nel mentre che i suoi abitanti per dare aiuto ai Fiorentini, allora in guerra con gli Aretini, attiravano contro le censure papali, censure che poi nel 28 settembre del 1307 di commissione del legato pontifĂŹcio Cardinale Napoleone Orsini vennero cancellate. â (ARCH. DIPL.
FIOR. loc. cit.). Anche nelle guerre contro Castruccio signor di Lucca il Comune di Montepulciano inviò la sua oste a sostegno della Fiorentina. â Che però i signori del Pecora cominciassero presto ad agire con qualche arbitrio in Montepulciano, incoraggiati forse dallâesempio deplorabile del duca di Atene, non ne lascia dubbio un documento del 10 luglio 1348 scritto davanti i priori e capitani della parte Guelfa di Montepulciano, quando messer Bertoldo Novello figlio del fu Bertoldo del Pecora si confessava debitore del Comune piĂš volte nominato di 400 fiorini dâoro, che disse di avere indebitamente percetti per cause ivi specificate, promettendo di rimborsarne la comunitĂ ad ogni richiesta. Ciò accadeva lâanno innanzi che Niccolò figlio del prenominato Bertoldo (24 maggio 1349) contraesse matrimonio con donna Fiesca figlia del Marchese Moroello Malaspina di Mulazzo e di donna Alagia del Fiesco, rimasta vedova del conte Marcovaldo di Dovadola. â Vedere DOVADOLA.
A maggiori cose peraltro miravano i del Pecora, resi ormai potenti per ricchezze e per illustri parentele, siccome lo dimostrano i fatti dopo il 1348 da Matteo Villani nella sua cronaca fiorentina registrati. Ardeva nel 1351 in Toscana la guerra fra i Fiorentini e lâArcivescovo Visconti di Milano, quando Jacopo del fu Bertoldo del Pecora, avendo dato segni manifesti di tirannia verso i suoi concittadini, trovavasi con altri esuli fuori di patria; e ciò nel tempo stesso che da Niccolò del Pecora altro di lui fratello si riformava la Terra di Montepulciano, e si escludevano dal regime gli amici ed i partitanti di messer Jacopo. Il quale ultimo signore essendo allora in Siena, ordinò grandi novitĂ a scandalo e suggezione (dice il Villani) della sua patria. Conciosiacchè Jacopo del Pecora dâaccordo con Saccone Tarlati raccolse un cento di cavalieri dellâa rmata del Visconti châera in Val di Chiana, cui ne accoppiò altri a cavallo e a pie deâsuoi amici; quindi corrotte per moneta alcune guardie di Montepulciano, la notte del 2 novembre 1352 avendo spezzata una delle porte, entrò dentro con tutta la sua gente: e levato il rumore, gli fece tosto fronte Niccolò, suo animoso rivale, il quale montato a cavallo con pochi compagni armati subitamente senzâattendere aiuto andò incontro ai nemici, che avviliti si volsero ben presto in fuga, e la maggior parte errando per la Terra, essendosi desto il popolo, furono presi, e ben presto impiccato un notaro con i soldati châerano alla guardia della porta donde Jacopo era passato, e che avevano tradito. Ma se Montepulciano per questa volta restò libero dai suoi tiranni, poco era lungi il tempo di una schiavitĂš piĂš decisa.
Avvegnachè dei signori del Pecora, divisi per ambizione e per partito, cacciati lâun lâaltro di patria e seggio, quelli châerano rimasi fra i vincitori tenevano lâamistĂ deâPerugini, mentre gli espulsi erano protetti daâSanesi.
Quindi avvenne che ben presto il governo di Siena comandò lâoste contro Montepulciano, stato giĂ soccorso e presidiato dalle genti che in quellâanno tenevano i Perugini in Val di Chiana; per modo che i Montepulcianesi con lâaiuto di questi ultimi e con i loro soldati francamente difendendosi facevano vergogna alla cavalleria degli avversari. Cosicchè a tanta altezza montò lo sdegno deâSanesi che appena ebber raccolto un maggior numero di fanti e cavalli, tornarono sotto Montepulciano, e quello di continuo assediarono infino al maggio del 1353. In questo mezzo tempo Fiorentini e Perugini mandarono i loro ambasciatori nel campo degli assedianti e agli assediati in Montepulciano per trovar modo di pacificare le parti. Lo che accadeva nel tempo stesso che dal consiglio generale del Comune di Montepulciano, nel 2 maggio 1353 si nominava un sindaco per assolvere e quietanzare i fratelli Bertoldo Novello e Niccolò, figli del fu Bertoldo del Pecora, e tutti gli altri di quella consorteria per cagione deâbeni e sostanze pervenute nelle mani loro di pertinenza del Comune e uomini di Montepulciano, per cui dal sindaco del Comune fu rilasciato ai prenominati signori del Pecora un atto pubblico di quietanza. â (ARCH. DIPL. FIOR. Carte dei Crociferi di Firenze).
Dopo lunghe pratiche i Sanesi nel 21 aprile 1353, erano venuti a questa concordia; cioè, che la Terra di Montepulciano rimanesse al governamento del popolo, e stasse ventâanni presidiata dal Comune di Siena, il quale vi avrebbe tenuto un capitano con 15 cavalieri, e 20 fanti; che i Sanesi sarebbero sempre padroni di una delle porte della Terra e di una campana; che essi fra un determinato tempo avrebbero pagato a messer Niccolò del Pecora fiorini 6000 per le spese fatte, accordando al medesimo dieci anni dâimmunitĂ personale e reale nella sua patria; e che a messer Jacopo del Pecora fuoruscito i Sanesi avrebbero sborsato tremila fiorini dâoro e fattogli avere le rendite deâsuoi beni.
In conseguenza di tale accordo, concluso con la mallevadoria dei due Comuni di Firenze e di Perugia, i Sanesi a dĂŹ 2 di maggio del 1353 presero la guardia ordinata, e levato il campo da Montepulciano, tornarono con lâoste a Siena.
Matteo Villani che registrò cotesti fatti provò risentimento e dispetto verso i Senesi per la poca fede che, al dire di lui, fu da essi tenuta. Avvegnachè raccontando nella sua cronica del modo col quale furono rotti i patti, egli scriveva in questa sentenza: Potendosi cadauno dolere con ragione in se della corrotta fede odiosa ai popoli, mercatanzia deâtiranni, cagione nascosa di gravi pericoli, ci muove a dire con vergogna, come reggendosi il Comune di Siena sotto il governamento occupato dallâordine deâNove, questi ruppero la fede promessa ai signori (priori del Comune di Montepulciano) essendone stati mezzani i Fiorentini e Perugini.
E per giustificarsi della corrotta fede, aggiunsono una corrotta dannagione, mettendo il detto messer Niccolò deâCavalieri, ossia del Pecora, senza colpa in bando per traditore, acciocchè non paressero tenuti a dargli fiorini 6000 dâoro che promessi gli avevano quando diede loro la signoria di Montepulciano. Della qual cosa turbati i due Comune di Firenze e di Perugia, furono mandati ambasciadori a Siena per far loro con preghiera addirizzare questo torto. Ma avuto sopra di ciò piĂš volte udienza e menati lungamente per parole, non solo fu mostrato con lâopere per lo detto ordine deâNove la corruzione conceputa, ma agli ambasciadori di cadaun Comune fu fatta vergogna e villania. E questo avvenne nel mese di febbrajo dellâanno stesso 1353 stile fiorentino, vale a dire nove mesi dopo la concordia stabilita. â (M. Villani, Cron. Lib. III Cap. 88).
Ma non era ancora compito lâanno dellâesilio di Niccolò, che a questi, avendo tenuto pratiche con i suoi amici e concittadini, nella notte del 21 gennajo 1354 (1355 a stile comune) riescĂŹ dâintrodursi in Montepulciano per una delle porte della Terra avendo un seguito di 200 cavalieri e di 500 fanti. I Senesi che tenevano la rocca, sentendo mess. Niccolò entrato dentro, si unirono a certi terrazzani che non erano a parte del trattato, e sbarrando le strade, intendevano francamente alla difesa; ma poco sarebbe loro valuto ciò senza il caso, che in Monte Follonico ivi vicino erano di fresco arrivate alcune bande di Senesi; le quali sentendo lo stormo di Montepulciano, corsero tosto al soccorso di quel presidio. La mischia tra i fuorusciti e i Senesi si sostenne tutta una giornata in fino sul vespro, ma vedendo mess. Niccolò e quelli châerano con lui, che non potevano rompere gli avversarj, e che si avvicinava la notte, e temendo che nel soprastare maggior gente de Senesi non lo soprendesse, presono il partito dâardere la Terra e andarsene; in guisa che mettendo prima cadauno il fuoco alla sua casa, e appresso alle altre, quandâera incendiata ogni cosa, abbandonarono il paese, sicchè quei di dentro intrigati ad estinguere le fiamme non li poterono seguire e per lâabbondanza del fuoco messo in molte parti arse senza potersi riparare tutta quanta la Terra dalla rocca del Sasso in giĂš. â (Oper. cit. Lib. IV Cap. 50.) Essendosi per lunga esperienza messo Niccolò e mess.
Jacopo deâCavalieri certificati, per la stessa cagione ma per diverso partito entrambi fuorusciti della patria, che la discordia gli aveva sbalzati dalla signoria, e cacciati in esilio da Montepulciano ed anche dalla cittĂ di Siena, si riunirono dâanimo fra loro e ridussosi a pace e concordia.
Cosicchè appena alla fine di marzo del 1355 si mutò in Siena lâordine deâsignori Nove, innanzi che nel bollore quel popolo si armasse, mess. Niccolò di consenso con mess. Jacopo deâCavalieri tornò in Montepulciano, accolto con allegrezza dai suoi concittadini, desiderosi di liberarsi dalla soggezione deâSenesi, dagli ordini deâquali dipendevano il presidio e il castellano della rocca di Montepulciano.
Frattanto che si operava ciò, mess. Jacopo deâCavalieri patrocinava in Siena davanti allâImp. Carlo IV la causa del consorto, che era pure la sua propria, informando S. M.
del torto che il governo di Siena aveva fatto ad entrambi.
Anche i grandi cittadini châerano con mess. Jacopo feciono chiaro lâimperatore che quella era la veritĂ ; e però nellâistante sua maestĂ manifestò esser contento che i signori del Pecora tenessero la Terra di Montepulciano come suoi vicarii. Quindi tre giorni appresso lâImp. Carlo IV cavalcando verso Roma volle passare da Montepulciano, dove dai nobili Jacopo e Niccolò del Pecora fu festeggiato e magnificamente trattato, dopo di che entrambi gli ospiti accompagnarono lâImperatore a Roma, lasciando in Montepulciano altra gente oltre la sanese che era alla guardia della rocca. â (Oper. cit. Lib,.
IV Cap. 85).
Ma appena si seppe la nuova della sommossa fatta dal popolo senese, che obbligò il patriarca lasciatovi dallâImp.
Carlo IV a rinunziare al comando di Siena, Niccolò e Jacopo del Pecora ritornarono tosto da Roma a Montepulciano, dove avendo raccolto una mano di soldati, con questi e con lâaiuto deglâabitanti non solo assediarono le truppe senesi châerano nella rocca, ma ributtarono con danno quelle che vennero costĂ inviate da Siena in soccorso del presidio.
Dondechè gli assediati dovettero rendere la fortezza ai Montepulcianesi, dai quali fu ben tosto deliberato di fortificare per ognâintorno le mura della Terra, unanimamente decisi di difendersi contro ogni dimostranza ostile che far volesse Siena. â (Oper. cit. Lib.
V Cap. 44).
Nè per questo i Senesi erano meno animosi per riacquistare dâogni maniera la Signoria perduta; sicchè inviarono poderosa oste contro Montepulciano, i di cui abitanti vedendosi per se soli impotenti da resistere a tanto impeto, innanzi che terminasse lâanno 1355, inviarono sollecitamente sindaci per concludere, siccome fu concluso, un trattato coi Perugini. Questâalleanza conturbò il governo di Siena, al segno che ricusò di far parte della lega che si strinse poco appresso fra i Fiorentini i Pisani e Perugini contro la compagnia del conte Lando. Sennonchè potendo ciò tornare a pericolo della loro repubblica, i di lei rappresentanti in seguito aderirono alla proposta col pigliare la loro taglia della lega.
Venuto il tempo in cui lâoste di Perugia si era posta allâassedio di Cortona, i Senesi (anno 1357) gravandosi deâPerugini che avevano aiutato a loro dispetto gli abitanti di Montepulciano, furono contenti di aver cagione di soccorrere i Cortonesi. Per la qual cosa i Signori della Balia di guerra di Siena assoldarono per un determinato tempo la compagnia deâTedeschi capitanata da Anichino di Mongardo châera in Lombardia; e fatta lĂĄ venire in Toscana, a questa si unĂŹ lâoste senese; sicchè nel di 18 marzo 1358 (stile comune) si mosse dai contorni di Siena lâesercito composto di 1200 barbute, e di gran masnade assoldate, oltre quelle del contado, per andare a soccorrere Cortona, e intanto strada facendo dare il guasto al territorio di Montepulciano, ove quellâesercito stette 4 dĂŹ.
Obbligati pertanto i Perugini di ritirarsi per poco dallâassedio, di Cortona, vi tornarono dopo aver messo insieme un buon numero di soldatesche; quindi nel di 8 aprile del 1358 valicarono la Chiana con 1800 barbute, e molta fanteria, e si accamparono a Gracciano in sul territorio di Montepulciano nel tempo che i Senesi si stavano di contro in Torrita con 1600 barbute, masnadieri e fanti assai. Il dĂŹ seguente e poi quello appresso i Perugini richiesono i Senesi di battaglia drizzandosi con tre schiere dei loro da Gracciano verso Torrita. I Senesi fidandosi della fortezza del luogo, e delle spalle naturalmente difese dalla Terra, uscirono fuori con poco ordine e senza il loro capitano Anichino di Mongardo, il quale o per sdegno o per malizia coâsuoi Tedeschi non prendeva parte, cosicchè le schiere deâSenesi furono investite infino alle barre del borgo di Torrita. Veggendo ciò lâAnichino, allora escĂŹ in campo disordinatamente coâsuoi, talchè nella mischia venne fatto prigione dal nemico insieme col maliscalco dellâoste e cinquanta cavalieri. Dopo di che i Perugini rubando e ardendo il borgo tornaronsi coâprigioni, con la preda e colle bandiere dei conestabili al loro campo di Gracciano. Finalmente dopo avere le milizie dei due avversarj acerbamente osteggiato insieme, mediante un lodo pronunziato nellâottobre del 1358, essendo fatti arbitri delle parti i Fiorentini ed il legato pontificio di Romagna, si venne alla conclusione di buona e ferma pace. Fra le condizioni della quale una era questa: che i Perugini dovessono lasciare libera ai suoi terrazzani Montepulciano, e che i Senesi per cinque anni non potessono mettere potestĂ in detta Terra, ma lasciarla in sua balia, e solamente dai cinque anni in lĂ vi dovessono inviare podestĂ , ed avere il censo usato. â (M. VILLANI, Oper. cit. Lib. VIII Cap. 41 e 102).
Avvenne in questo frattempo che mess. Niccolò del fu Bertoldo del Pecora era restato vedovo ed erede della sua moglie donna Fiesca deâMarchcsi Malaspina, a tenore del testamento di lei del di 13 settembre 1338 scritto nella casa del marito in Montepulciano. Arroge che lo stesso Niccolò fu sommamente favorito dalla Signoria di Perugia, dalla quale, oltre di essere stato fatto cavaliere, riceve in dono il paese del distretto di Valiana, o Valiano,sulle Chiane, dove il del Pecora traeva sua vita assai onorevolmente.
Ora sentendo Niccolò di costĂ il mal contento deâsuoi concittadini, per sdegno loro contro il reggimento deâSenesi, e la disposizione che avevano a fare novitĂ , gli cercò modo per mezzo deâsuoi amici di tornare in Montepulciano.
E trovando la materia disposta allâintendimento, Niccolò raccolse segretamente brigata, e di maggio 1359, senza ostacolo entrò nella Terra, dove fu ricevuto lietamente, avendo mostrato di trattare tutti como fratelli, o ricordato loro, che la rivalitĂ fra esso lui e Jacopo del Pecora suo fratello era stata la cagione principale dellâesilio e della perduta signoria di Montepulciano.
Quasi nellâoccasione medesima che i due del Pecora tornavano a rappacificarsi ed a collegarsi insieme per tiranneggiare dâaccordo i loro concittadini, il Com. di Perugia inviava un ambasciatore a Montepulciano, affinchè davanti al consiglio generale in nome del popolo e Comune di Perugia rinunziasse, siccome infatti a dĂŹ 15 luglio 1359 fu rinunziato ad ogni ragione, giurisdizione e dominio che i Perugini in qualsivoglia modo nella Terra di Montepulciano e suo distretto avessero potuto pretendere, lasciando in tal maniera questo popolo libero di sè, in piena potestĂ e balia. â (MALAVOLTI, Istor. San. P. II.) Intanto mess, Niccolò del Pecora erasi come dissi riavvicinato con mess. Jacopo, il quale, data che ebbe la promessa di perdonare a chiunque offeso lâavesse, e di stare insieme uniti al beneficio e stato comune della patria, fu accolto con festa grande e buona volontĂ deâTerrazzani che proclamarono entrambi i del Pecora signori e difensori di Montepulciano. Nel bel principio essi con molta concordia si diedero a ben governare il paese mantenendosi amici, i Perugini, e facendo onore piĂš che potevano ai Senesi. â (Oper. cit. Lib. IX Cap. 24).
Ma le promesse di chi è uso a tirannia malamente e per corto spazio si mantengono; avvegnachè cinque anni dopo cotesta società di due persone al governo di uno stesso paese si ruppe per effetto dei maneggi segreti che mess.
Jacopo teneva coi magnati di Siena; Dondechè egli con le forze inviategli da Giovanni di Agnolino Bottoni della casa Salimbeni, Signor. del vicino castelluccio di Chiarantana nellâaprile del 1364 cacciò dal seggio e dalla patria il collega Niccolò, che poi, al dire del Villani, si ridusse in Perugia in assai debole stato, e i Perugini per non ricominciar guerra coi Senesi passarono la vergogna a occhi chiusi. â (FILIPPO VILLANI Continuazione della Cronaca di Matteo. Lib. XI Cap. 17.) Non per questo fece un miglior fine lâaltro fratello mess.
Jacopo che aveva donna Caterina sorella del conte Antonio di Palagio deâconti Guidi, tostochè nel 1368, i fuorusciti di Montepulciano, i quali tenevano intelligenza con quelli di dentro malcontenti del procedere del loro signore, introdottisi armati dentro la Terra, presero e carcerarono mess. Jacopo del Pecora. Peraltro la plebe piena dâira e di voglia di vendicarsi dellâingiurie ricevute dal suo tiranno, non si limitò a derubargli e metter fuoco alle sue case, ma il di seguente al di lui arresto, corse alla carcere, e ivi fu riformato il governo di Montepulciano barbaramente lo massacrò; dopo di che a stato popolare sotto la protezione di quello di Siena. â (MALAVOLTI Op. cit.) Che i Montepulcianesi però cosĂŹ per fretta non si acquietassero, e che i Fiorentini non li lasciassero totalmente allâarbitrio del governo di Siena, lo dice una provvisione del 15 giugno 1369, con la quale i priori, i collegi e consiglieri del Comune di Firenze elessero in giusdicente e governatore di Montepulciano Bernardo dâJacopo Beccanugi cittadino fiorentino, cui nel tempo medesimo si accordava uo giudice assessore col notaro, donzelli, cavallo e congruo onorario. â (Arch. Dipl. Fior.
Carte della Com. di Montepulciano).
Appella a questo stesso periodo lâuso introdotto in Montepulciano del postribolo delle donne pubbliche, che il cancelliere di esso Com., con atto del 19 novembre 1370, affittò per un anno ad una tale Franceschina di Martino da Milano, per il prezzo di 40 lire cortonesi, oltre la tassa solita pagarsi dalle donne di partito. â (loc.cit.) Lâanno dopo il Com. medesimo concesse al castellano, della rocca di Montepulciano, in soddisfazione di un suo credito ascendente a 146 fiorini dâoro, la metĂ dellâincasso che si faceva per interesse del detto Comune al pedaggio di Val di Chiana. Finalmente un Giovanni di Niccolò da Montepulciano, châio credo della nobil casa del Pecora, nel 1377 fu eletto dalla Rep. Fiorentina allâonorevole incarico di podestĂ di Firenze.
Che in seguito si stabilissero capitoli di lega fra il Comune di Siena e questo di Montepulciano, mercè lâinfluenza di Giovanni figlio di Niccolò, e di mess.
Gherardo figlio di mess. Jacopo del Pecora, concorrono a dimostrarlo i documenti seguenti appartenuti alla stessa ComunitĂ , dei quali si conservano gli archetipi dellâArch.
Dipl. Fior.
Sono due istrumenti di pagamenti fatti in Siena sotto di 24 agosto e 31 dicembre 1379 nellâalto che il Com. di Montepulciano restituiva al camarlingo di Bicherno 500 fiorini dâoro per una terza, e poi unâegual somma per la quinta ed ultima paga di 2500 fiorini a tenore dei capitoli di una lega, o societĂ stata stabilita tra i due comuni di Montepulciano e di Siena.
Non lasciano poi dubbio della sottomissione dei Montepulcianesi al governo di Siena, non chè della tirannia dei signori del Pecora testè nominati, molti altri istrumenti dello stesso Arch. Dipl. Fior. Uno dei quali del 23 novembre 1381 ne informa della deliberazione presa dal consiglio generale della Terra di Montepulciano nella sala del nuovo palazzo di residenza deâPriori, per la quale, avuto riflesso alla deliberazione con cui altra volta il Com. aveva conceduto a mess. Giovanni di mess.
Niccolò, e a mess. Gherardo di mess. Jacopo della casa del Pecora pienissima autoritĂ e balia per la difesa e conservazione di Montepulciano e del suo distretto, autoritĂ che era per terminare col mese di dicembre dellâanno 1381, fatto il partito nel suddetto dĂŹ 23 novembre, venne confermata ai sopraddetti del Pecora la medesima signoria e balia per tutto il tempo della loro vita con la solita provvisione, ecc. â (Arch. Dipl Fior. Carte deâCrociferi di Firenze).
Tre altri documenti, rogati tutti nella chiesa maggiore di Siena, sotto uno stesso di, cioè nel 14 ago del 1381, del 1383 e del 1384, trattano dellâofferta che facevasi dai sindaci del Comune di Montepulciano avanti il camarlingo ed i quattro provveditori della cittĂ di Siena di un cero fiorito del valore di 82 fiorini dâoro, oltre dieci altri ceri di libbra; e ciò in vigore delle convenzioni fra i due Comuni negli anni decorsi stabilite.
Lo stesso Arch. Dipl. Fior. possiede un autentico istrumento del 19 aprile 1385 fatto in Siena nel palazzo del concistoro davanti quel senato, col quale furono confermate non solo le condizioni giĂ fissate con il Com.
di Montepulciano, ma vennero accordati altri onori e privilegi a mess. Giovanni del fu Niccolò, a mess.
Gherardo del fu Jacopo e ad altri consorti della stessa prosapia del Pecora, come uomini benemeriti della patria, obbligandosi i reggitori del governo di Siena difendere la signoria deâmedesimi e gli abitanti di Montepulciano.
Non era ancora compito questo stesso anno 1385 che le ambiziose rivalitĂ e il desiderio di dominare fomentarono ben presto amare discordie fra i due principali signori della casa del Pecora, sicchè i Montepulcianesi intenti facilmente a cose nuove si divisero in due fazioni; una, châera la maggiore proteggeva mess. Giovanni di Niccolò del Pecora; lâaltra, châera la piĂš debole, teneva le parti di mess. Gherardo dâJacopo suo consorto. â Fu facile dalle contese passare alle armi, sicchè la parte piĂš numerosa del popolo, facendo fazione con mess. Giovanni, cacciò fuori della Terra mess. Gherardo ed i principali di lui fautori nel tempo stesso che si rimandavano col potestĂ le guardie e gli altri uffiziali senesi stanziati in Montepulciano.
Pretendevano quei terrazzani di aver compito il termine delle precedenti convenzioni per non piĂš riconoscere la Rep. di Siena, mentre questa insisteva che al loro governo i Montepulcianesi dovevano restare sottoposti. Fatta arbitra dalle parti la Signoria di Firenze, nel di 29 ottobre dellâanno 1387 con suo lodo si decise che tra ilComune di Siena e la famiglia Salimbeni da una parte, ed il Comune di Montepulciano e mess. Giovanni del Pecora dallâaltra, sâintendesse conchiusa buona e vera pace ai patti e condizioni seguenti: 1.° Che il Com. di Montepulciano stesse per 50 anni in accomandigia del Com. di Siena; 2.° Che ogni anno per S. Maria dâagosto i Montepulcianesi dovessero offrire alla cattedrale di Siena un cero del valore di 82 fiorini dâoro, e lire dieci di censo; 3.° Che i Senesi fossero tenuti mandare le genti dâarme a Montepulciano a seconda fosse stato richiesto per guardia della Terra; 4.° Che i Montepulcianesi dovessero eleggere ogni sei mesi per loro podestĂ un cittadino senese, partecipante de, li uffizi della cittĂ ; 5.° Che il Com. di Montepulciano si obbligasse a rimettere i fuorusciti nella patria col restituir loro il tolto eccettuati i ribelli mess.
Gherardo, Magio dâJacopo, Orlando di Currado e Jacopo di Bertoldo, tutti della casa del Pecora, con alcuni altri; 6.° Che i signori della casa Salimbeni dovessero far pace col Com. di Montepulciano, oltre diversi altri capitoli.
Finalemente dallo stesso lodo restarono annullati tutti i patti e convenzioni passate che non fossero queste concordi. â (Malavolti, Stor. Senesi P. II.) A mostrare il buon volere dei Montepulcianesi e il desiderio di eseguire quanto dal lodo dei Fiorentini era stato giudicato, non solamente egli non si elessono per podestĂ Bonaventura di Pietro Lanzi cittadino sanese, ma i rappresentanti della ComunitĂ parteciparano al Pont.
Urbano VI la pace da essi conclusa con il Comune di Siena. A congratularsi di ciò è diretta da Perugia una bolla di quel pontefice agli ufiziali del Comune di Montepulciano sotto di 6 novembre dellâanno X del suo pontificato (cioè del 1387). â (Arch. Dipl. Fior. Carte della Com. di Montepulciano).
Al dire però dellâAmmirato cotesta pace non fu di lunga durata, essendo che i Montepulcianesi nel mese di maggio dellâanno 1388 si ribellarono affatto dai Senesi, cacciando via il loro podestĂ , e gridando il nome deâFiorentini, sicchè questi mandarono a Firenze un nunzio perchè in sudditi li ricevesse. Quindi avendo i Montepulcianesi accolto nel paese trenta lance arrivate dalla parte di Firenze, si accrebbero nei Senesi i sospetti che nella sollevazione di Montepulciano, non fosse nata senza consentimento deâFiorentini. Per vendicarsi di un tale affronto i Senesi ricorsero u un rimedio peggiore assai del male, come fu quello di dare la cittĂ loro, il popolo e tutto il dominio dello Stato senese a Giovan Galeazzo Visconti signor di Milano, anzichè sopportare una maggior grandezza neâloro rivali. Per la qual cosa furono inviati ambasciato dal comune di Firenze ai governanti di Siena per dimostrare ai medesimi quali e quanti danni verrebbono a tutta Toscana, se il signor di Milano sâimpadroniva di Siena, ottenendosi la Signoria medesima a mediatrice per indurre i Montepulcianesi a tornare sotto lâobbedienza deâSenesi. Ma perchè questi ultimi sempre gridavano contro i Fiorentini rispetto a Montepulciano, i Signori spedirono Lionardo Beccanagi a Pisa e a Lucca per dar animo a quei Comuni di voler conservare la libertĂ che dal Bis cione a tutti i Toscani era minacciata e nel tempo stesso per far conoscere a quelle repubbliche, che i Fiorentini facevano quellâinvito ai Comuni della Toscana dopo aver tentato inutilmente di pacificare i Montepulcianesi con i Sanesi. Considerando poi quanto importava che il Com. di Siena si riconciliasse con Firenze, e che ciò non poteva accadere se non si operava in maniera che se gli desse Montepulciano, i Priori della Rep. Fior. fecero pregare i Pisani e i Bolognesi a volere entrare eglino mediatori a tal uopo. E perchè i Montepulcianesi non confidassero di troppo nellâappoggio deâFiorentini, furono mandati a Montepulciano due distinti cittadini ad avvertirli: che potendo ridurre i Senesi allâosservanza del lodo del 29 ott.
1387, la Signoria consigliava gli uomini di Montepulciano a volere stare a quello che su di ciò dagli ambasciatori Bolognesi e Pisani sarebbe dichiarato: altrimenti non si contentando, il Com. di Firenze non poteva piĂš con suo onore aiutarli. Tali avvertimenti servirono di forte impulso per indurre il Com. di Montepulciano ad accordarsi coâSenesi, per modo che nel maggio dellâanno 1389, fu concluso lâatto di pacificazione; in conseguenza del quale il governo, di Firenze richiamò da Montepulciano i prenominati lancieri che vi stavano a guardia.
Non per questo si addolcĂŹ il malumore dei Senesi ostinati a darsi al Visconti, per far onta ai Fiorentini, a danni del di cui contado mossero ben presto le masnade che il conte di VirtĂš teneva in Siena. Allora i Fiorentini calando la visiera corsero sopra Montepulciano, lietamente accolti dai terrazzani, e tosto comandarono al potestĂ senese che con le sue robe a casa se ne tornasse.
Correva lâanno 1390 quando gli uomini di Montepulciano inviarono a Firenze un loro sindaco incaricato di fare a quella Signoria libera e volontaria sottomissione della loro terra, il cui distretto nella stessa circostanza fu per pubblico decreto dichiarato contado fiorentino. Fra le altre condizioni allora stabilite furonvi le seguenti; 1. di levare per Montepulciano e suo territorio 800 staja di sale ognâanno (in tutto libbre 38400) a lire tre lo stajo; 2. di ricevere da Firenze il podestĂ , il capitan del popolo e il castellano della rocca; 3. Che le condanne da darsi nella Terra di Montepulciano per causa di ribellione o perturbazione di stato, e i beni che per tal conto venissero confiscati, 4; dovessero applicare in favore del fisco di Firenze.
Il primo podestĂ stato inviato dai Fiorentini a prender il possesso di Montepulciano fu Lionardo Frescobaldi, e il primo capitano del popolo fu il Cav. Francesco Rucellai.
Inoltre a Giov. del Pecora come fedele deâFiorentini fu assegnata una pensione annua di trecento fiorini dâoro, in luogo di un fiorino il giorno che gli passava la Repubblica fino da quando egli venne dichiarato cittadino fiorentino, esentandolo nel tempo stesso dalla giurisdizione del potestĂ di Montepulciano, eccettuati però i casi di omicidio.
Il prenominato Giovanni del Pecora possedeva il castelluccio di Chiarantana, giĂ signoria deâSalimbeni; tostochè nel 22 marzo del 1391 (stile comune) Baccio Galletti di Firenze, uno dei Dieci di Balia, stando in Chiarantana consegnò a nome della Rep. Fior. e dello stesso Giovanni del Pecora la rocca stessa di Chiarantana a due castellani che promisero di restituirla ad ogni richiesta del predetto Giovanni del Pecora suo proprietario. â (Arch. Dipl. Fior. loc. cit.) Frattanto in Toscana sâintroducevano sotto nome di compagnie di venturieri genti dâarme, di consentimento, se non anche pagate dal signor di Milano, le quali correvano rubando quĂ e la, arrestando e menando prigioni gli uomini del contado fiorentino.
Tale si era la compagnia del conte Alberigo di Barbiano passata a Siena con piÚ di 4000 soldati a cavallo, che baldanzosa nella sua prima fazione aveva arso e. rubato il paese della Castellina del Chianti, e di là innoltratasi per Panzano andò saccheggiando il Mercatale di Greve, donde estese le sue rapine per sino ai subborghi meridionali di Firenze.
Dopo di chè il conte Alberigo con la sua cavalleria ritorse la marcia per venire verso la Val dâOmbrone e di lĂ in Val di Chiana a danni dei Montepulcianesi e del loro contado.
Arrivato costĂŹ egli divise una parte delle sue masnade fra Asciano, Torrita e altre vicine castella, o quivi campeggiando si trattenne tutta lâestate dellâanno 1397, fino a che dopo la sconfitta di Mantova sofferta dallâarmata del Visconti il Barbiano fu richiamato a gran fretta in Lombardia, per dove si avviò col maggior numero deâsuoi cavalli, avendo lasciato alla guardia di Siena con 300 lance mess. Brogiole, altro capitano di ventura. â (Ammir. Stor. Fior, Lib,. XVII).
Aumentavano sempre piĂš nei Fiorentini i sospetti, in cui allora si viveva in Toscana per lâambizione smoderata, la forza e lâinfluenza ognor crescente del signor di Milano; il quale nel breve giro di quattro anni (dal 1396 al 1400) delle repubbliche di Siena, di Pisa e di Perugia erasi fatto padrone. A tali cose aggiungeva inquietudine la notizia della pace nel Marzo del 1401 (stile comune) conclusa tra i Veneziani ed i Visconti, nella quale senza chiederlo e senza mandato furono compresi con altri alleati i Fiorentini.
Imperocchè uno de capitoli di quel trattato stabiliva, che Montepulciano, allora posseduto dai Fiorentini e preteso daâSenesi, e che Lucignano tenuto daâSenesi e preteso daâFiorentini, stessero per dieci anni come si trovavano.
La qual pace nel dĂŹ 11 dâaprile seguente, fu poi dalla Signoria senza però alcun segno di festa, per Firenze bandita.
Finalmente nel 1404 i Senesi essendo ritornati allâantico reggimento di repubblica, dopo aver licenziato il vicario del Signore di Milano, governatore della cittĂ e dello Stato, inviarono i loro ambasciatori a Firenze con pieno mandato di fermare la pace fra i due popoli; e questa a di 6 apr. dello stesso anno fu conclusa a condizione, che ai Fiorentini restasse stabilmente Montepulciano, e ai Senesi Lucignano.
Trovavasi allora castellano della rocca di Montepulciano Brando del fu Guccio della Badessa cittadino fiorentino, il quale prossimo a terminare il suo uffizio, nel febbrajo del 1404 richiese al tribunale deâsei ufiziali delle fortificazioni del Comune di Firenze il residuo dello stipendio dovutogli dal Com. di Montepulciano, consistente in lire 1053; la qual somma fu puntualmente a lui pagata nel di 27 dello stesso mese ed anno.
Un codice della biblioteca Magliabechiana di Firenze (CI.
XXV Num. 170) contiene la lista deâpotestĂ , capitani o commissari di Montepulciano, dallâanno 1390 fino al 1632, raccolta per diligenza di Simone di Giuliano Bagnesi, che nellâanno 1615 fu iv i capitano per madama Cristina di Lorenza Granduchessa vedova, lasciata dal G.
D. Ferdinando I signore di Montepulciano sua vita durante la quale lista si riscontra concorde con la storia anche rapporto allâintervallo di tempo in cui Montepulciano, dal 1495 al 1511, tornò sotto il dominio senese.
Tra il dicembre del 1399 e il luglio del 1400 esercitò in Montepulciano lâufizio di potestĂ mess. Jacopo dâAlamanno, del quale fu dalla Signoria di Firenze, nel 15 agosto dellâanno 1404 cassata una sentenza che condannava al taglio della testa un barbiere di Montepulciano per diversi delitti da esso lui commessi. â (carte della stessa Com.) Fra le altre sentenze date dai podestĂ di Montepulciano, e poi cancellate dalla Signoria di Firenze, una fu per deliberazione del 12 marzo 1419, che assolvè dal pagamento di tremila lire cortonesi Andrea di Salimbene degli Scotti da Montepulciano; e unâaltra del 30 settembre 1420, con la quale vennero liberati dalla morte due individui di Montepulciano châerano stati condannati alla pena capitale per diversi furti da mess. Bunaccorso Pitti podestĂ di detta Terra. (loc. cit.) Con deliberazione della Signoria di Firenze del 14 dicembre 1408 fu pure ordinato che il Comune di Montepulciano dovesse retribuire per ogni sei mesi al castellano pro tempore di quella rocca cento fior. dâoro di paga; mentre con provvisione del dicembre 1412 lo stipendio semestrale del podestĂ di Montepulciano fu determinato dalla Signoria medesima in fiorini 600 dâoro da lire quattro per ciascun fiorino. Ma cotesto salario da altre deliberazioni posteriori Venne sempre piĂš ai podestĂ di Montepulciano risecato, siccome lo dimostra una provvisione del 16 novembre 1416 della Signoria di Firenze, che lo ridusse a fiorini 550 ogni sei mesi, mentre con altra riformagione dellâag. 1433 fu nuovamente diminuito sino a fior. 400 dâoro.
Frattanto il Machiavelli nella sua storia, allâanno 1440, racconta un fatto che mostra la diligenza del governo fiorentino per sorvegliare, scuoprire e punire i suoi nemici. Era di questo numero uno il Card. Giovanni Vitelleschi patriarca Alessandrino, capitano assoluto degli eserciti del Papa Eugenio IV; sicchè a lui solo e non ad altri obbidivano. Occorse che a Montepulciano furono intercettate lettere, le quali il patriarca scriveva senza il consenso del pontefice a Niccolò Piccinino che veniva dalla Lombardia in Toscana per rivoltare il governo di Firenze.
Che Montepulciano soffrisse nuovi disastri allâoccasione della guerra mossa ai Fiorentini da Alfonso dâArarona re di Napoli,(anno 1447)e piĂš apertamente nel 1479 dopo la malaugurata congiura deâPazzi dichiarata dal re Ferdinando suo figlio e dal Pont. Sisto IV, lo dimostra non tanto una provvisione della Rep. Fior. del 16 ott. 1483, quando i Signori ordinarono, che per tre anni fosse diminuito il salario ai potestĂ di Montepulciano a motivo dei danni sofferti dalle guerre passate, quanto ancora lo fa conoscere altra deliberazione del 12 aprile 1481, con la quale la Signoria di Firenze assolveva e liberava dal pagamento di 1500 fiorini dâoro larghi il Comune di Montepulciano, cui furono somministrati a mutuo, a condizione peraltro che la stessa somma nel giro di ottâanni venisse impiegata nel restaurare la rocca e le mura castellane della stessa loro Terra.
Finalmente con deliberazione del 12 marzo 1493 i capitani della parte e guelfa di Firenze esentarono dalla gabella che gli uomini e le merci del Comune di Montepulciano pagavano al passo del ponte a Valiano sulla Chiana. (loc.
Cit.) Non so poi per qual consiglio, se fu la predilezione alla casa deâMedici, o per colpa deâgovernanti, oppure incoraggiati dal fresco esempio della cittĂ di Pisa, o se mossi dagli intrighi degli esuli di Firenze, fra i quali furono primi i figli di Lorenzo il Magnifico, che gli abitanti di Montepulciano, gridando libertĂ e lupa, alla repubblica fiorentina nel marzo del 1495 si ribellarono.
Infatti una deputazione deâMontepulcianesi, alla di cui testa trovavasi mess. Lodovico Paganucci arciprete di quella chiesa collegiata, fu ben accolta in Siena, dove nel di 4 aprile 1495 vennero firmati nuovi capitoli di sottomissione di Montepulciano ai signori di Siena, i quali inviarono in detta Terra per potestĂ Antonio di Giovanni deâBichi cittadino senese, che si trovava commissario della Rep. di Siena in Chianciano, a cagione delle tante volte dibattuta controversia dei confini fra le due ComunitĂ limitrofe. â Vedere LâArticolo Com. di Montepulciano.
Un si fatto accidente promosse nel senato fiorentino lâordine a Pier Capponi, allora commissario del suo esercito, di staccare una parte di truppe dallâarmata di Pisa per inviarla tosto alla volta di Val di Chiana. Frattanto i Montepulcianesi si davano ogni premura dâinnalzare uan bastia incontro la torre che i Fiorentini avevano sul ponte a Valiano per bombardarla e insignorirsi di quel passo, da dove però vennero con loro danno ributtati. Quindi le genti armate deâSenesi e deâMontepulcianesi si raccolsero in numero di circa duemila alla villa di Gracciano, che dal ponte di Valiano tre miglia discosto; ma sentendo che i Fiorentini gli andavano a trovare, non gli aspettarono, sicchè presa da questi facilmente la villa, e messole il fuoco, tornarono negli alloggiamenti sulla testata del ponte di Valiano.
Poco dopo i Montepulcianesi si riaffacciarono una seconda volta avendo alla loro testa il general Giovanni Savello, intenzionati di venire alle mani davanti al ponte suddetto con le genti della Rep. Fior., dalle quali furon nuovamente rotti e rimastovi prigione il Savello loro capitano.
In questo frattempo peraltro lâoste fiorentina, avendo voluto di notte tempo staccarsi dai suoi ridotti di Val di Chiana per tentare di entrare nella Terra di Montepulciano, dopo breve zuffa rimisero 300 soldati degli assalitori fatti prigioni dagli assaliti. â (Malavolti Stor. San. Part. III) In questo mentre Piero deâMedici con le forze dellâOrsini e deâSenesi contava di rientrare in Firenze; sicchè nel 1496 attraversando egli con le sue genti la Val di Chiana, si provò a forzare il ponte a Valiano guardato dai Fiorentini per poi passare a Montepulciano, come paese che sosteneva la sua fazione.
Dondechè il governo di Firenze ma;ggiormente adontato dal delittuoso ardire, allo spirare di settembre di quellâanno, dopo aver dichiarato Piero deâMedici ribelle, e promesso 4000 scudi di taglia sulla sua vita, mandò il conte Rinuccio da Marciano con mille fanti e 200 uomini dâarme in Val di Chiana per respingere a viva forza ognâimpeto deglâOrsini di Pitigliano e di Piero deâMedici, siccome infatti quel capitano corrispose al desiderio della Rep. con la sconfitta deâfaziosi, che fuggirono vituperosamente con perdita di una parte delle loro artiglierie.
Ma troppi erano i nemici deâFiorentini, avendo in questo medesimo tempo contro di essi il Papa, i Senesi, i Pisani, il duca di Milano, i Lucchesi, i Veneziani, il partito Mediceo dentro e fuori della cittĂ . In vista delle quali cose i Senesi, presa occasione daâtravagli che riceveva Firenze da tanta gente volta al suo danno, comandarono alla sua oste di scendere ben provvisti da Montepulciano al ponte a Valiano per battere la bastia guardata dai soldati del Comune di Firenze. In tali frangenti i Fiorentini con poca loro dignitĂ proposero una tregua per cinque anni, promettendo ai Senesi di disfare lâaccennata bastia, e permettendo allo stesso nemico di poter edificare qualunque fortezza fra Montepulciano e le Chiane. A queste favorevoli condizioni la Rep. di Siena, che allora era governata da Pandolfo Petrucci, accettò la proposta sospensione dâarmi. â (Ammir. Stor. Fior. Lib. XXVII).
Era giĂ compito da qualche tempo il quinquennio della tregua testè accennata quando Pandolfo Petrucci, parendogli tempo opportuno di cavar qualche frutto daâFiorentini circondati da tante difficoltĂ , derivate specialmente dalla guerra di Pisa, nel principio del 1505 mandò un suo confidente al gonfaloniere perpetuo della repubblica, Pier Soderini, proferendosi di ajutare i Fiorentini di cento uomini dâarme per quellâanno e di 50 negli anni seguenti per servirsene nella guerra di Pisa, e di prestar loro ognâaltro ajuto e favore per conto di quellâimpresa, purchè il Comune di Firenze si fosse obbligato dopo riacquistata Pisa di rinunziare al governo di Siena tutte le ragioni che aveva sopra Montepulciano.
Se la proposta del Petrucci non fu accennata nei termini qui esibiti, ne conseguitò peraltro, che nellâaprile del 1506 la tregua fra i due governi fu per altri tre anni prolungata, obbligandosi i Senesi di non sâimpacciare nelle cose di Pisa, siccome il governo di Firenze promise di non volersi piĂš travagliare di quelle di Montepulciano, a costo eziandio che quei Terrazzani di lor proprio e libero movimento cercassero di darsi ai Fiorentini. â (Ammir.
Oper. cit. Lib. XXVIII).
Giunti allâanno 1511, e il tempo della prorogata tregua fra i Senesi e i Fiorentini essendo terminato, non si metteva piĂš in dubbio che questi ultimi, divenuti finalmente signori di Pisa, non rivolessero Montepulciano e giĂ per ordine dei Dieci di guerra si vedeva che molti uomini dâarme dal contado pisano andavano verso i confini di Siena intanto che Niccolò Machiavelli segretario della repubblica Fior. inviavasi a disdir la lega châerasi coi Senesi contratta. Dondechè Pandolfo Petrucci signor di Siena per non rendersi inimico il popolo, se trattava egli stesso di cedere Montepulciano ai Fiorentini, interpose il Pont. Giulio II a farsi mezzano di questa restituzione, e insiememente a concludere lega tra lâuna e lâaltra Rep. a difesa deâdue stati. Ma avendo dovuto procedere in simil pratica con molta cautela, acciocchè i Montepulcianesi, risapendo ciò, non facessero da per loro quello che intendevano di fare i Senesi, si perdè oltre un mese nelle trattative. Finalmente nel giorno 3 settembre 1511, secondo lâAmmirato, ma nel mese innanzi, secondo una lettera della Balia di guerra scritta da Firenze nel 26 agosto 1511 a Piero Guicciardini commissario a Montepulciano, restò compito il trattato di alleanza reciproca fra le due repubbliche per 95 anni col patto ivi espresso della restituzione di Montepulciano al Comune di Firenze, e di mantenere Pandolfo Petrucci coi suoi figliuoli al reggimento del governo senese.
Bentosto il Com. di Firenze fece prendere possesso di Montepulciano da Osmannozzo Deti, avolo materno di Clemente VIII Aldobrandini, il quale si trovava in quel tempo podestĂ in Arezzo, e fu a lui consegnata la Terra da Jacopo Simonetta auditor di ruota mandatovi a questâeffetto da Giulio II, siccome due giorni dopo il castellano tenutovi daâSanesi rese la consegna della rocca.
â (Ammir. Stor. Fior. Lib. XXVIII. â Riformag. di Fir.) Vennero poi a Firenze dieci ambasciadori da Montepulciano per far la sottomissione solenne alla Signoria, dalla quale ottennero onorevoli capitolazioni contenute in 27 articoli relativi alla forma civile ed economica del suo governo. â Il primo potestĂ deâFiorentini dopo la suddetta dedizione di Montepulciano è rammentato nel codice della Magliabechiana di sopra citato; il quale fu Lorenzo di Niccolò dâUgolino Martelli cittadino fiorentino, che dal novembre del 1511 al mese di maggio del 1512 vi fece ragione. Era quello stesso Lorenzo Martelli capitano di Montepulciano cui furono dirette nel 13 e 15 gennajo del 1512 due lettere dai Dieci di balia di guerra di Firenze in risposta ad altre sue circa ai lavori da farsi alla fortezza di Montepulciano secondo anche lâavviso di Antonio da San Gallo, quale dicono (scriveva Lorenzo Martelli nel 5 gennajo suddetto in una delle lettere giĂ annunziate, che fu qui, cioè, in Montepulciano â (Gaye, Carteggio inedito di Artisti T. II.
Molini 1840).
Infatti Antonio da San Gallo era stato il latore della lettera che i Dieci di balia nel 26 ago. 1511 inviarono a Piero Guicciardini commissario di Montepulciano, la quale è pubblicata nel T. II del Carteggio inedito già citato.
Con essa è avvisato quel commissario che sarĂ di questa apportatore Antonio da S. Gallo, quale noi mandiamo cosĂŹ a ciò sia teco et li mostri cotesta fortezza, et senza dimostrazione veggiate quello fossi da fare per fortificazione di essa. Et veduto et esaminato bene tutto insieme, lo rimanderai in qua bene informato di quello sarete rimasto dâaccordo con fare ne rapporti una bozza, o vero modello.
Poco dopo peraltro, essendo stati riammessi in Firenze i Medici, e qualche anno appresso salito sulla cattedra di S.
Pietro il figlio di Lorenzo il Magnifico col nome di Leone X, si sospesero in Montepulciano le operazioni di guerra, mentre che costĂ sorgevano opere stupende di arte. Tale riescĂŹ il vaghissimo tempio della Madonna di S. Biagio col disegno e direzione del celebre Antonio da San Gallo, nel tempo stesso che si riedificava lâaltra devota chiesa di S. Agnese fuori di Montepulciano, e che il Card. Antonio di Monte sul modello dato dallo stesso Antonio da San Gallo faceva innalzare nella parte piĂš eminente della Terra dâavanti la piazza del Duomo di Montepulciano un sontuoso palazzo, poi deâPucci, quindi del Granduca Ferdinando I, oggi deâsigg. Contucci, il quale palazzo come opera di buonissima grazia lavorata e finita fu vantato dal Vasari, comecchè rapporto a ciò non tutti aderiscono al parere del biografo aretino.
E perchè, attesa la grandezza dellâedifizio non che del sito dove il medesimo e fabbricato, era intenzione del cardinale di Monte di congiungere con detto palazzo un portone delle mura della Terra di Montepulciano, e per via di lumaca passare a suo piacere dallâuno allâaltro, la Signoria di Firenze nel 17 novembre 1519 scrisse allo stesso Antonio di Monte Card. di S. Prassede una lettera, che fu pubblicata in gran parte nel T. Il N.Âş XCV del Carteggio di artisti di sopra rammentato.
Rispetto alle case preesisienti nel luogo dove sorse il palazzo suddetto, e come poi cotesta fabbrica fosse rivendicata da Ferdinando I per esser i Granduchi chiamati eredi di Fabiano di Monte, veggasi una sentenza del Magistrato supremo di Firenze del 10 settembre 1589.
â (Arch. della ComunitĂ di Montepulciano, e nel Segreto Mediceo, Filza deâNegozi di Montepulciano dal 1608 al 1613 sotto il governo della granduchessa Cristina madre).
Mosse le armi da Clemente VII (anno 1529) contro la patria in tale occasione andarono genti da Siena per occupare Montepulciano; ma la stessa popolazione unita al presidio fece fronte e seppe difendersi tanto che giunse in suo ajuto la compagnia di milizie condotta da Napoleone Orsini, uno deâcapitani dellâesercito fiorentino; talchè i Senesi dovettero ritirarsi di lĂ tanto piĂš presto, in quanto che lo stesso Pont. aveva mandato sotto di 24 apr. 1530 un breve ai magistrati di Montepulciano per assicurarli che non sarebbero stati molestati in modo alcano dallâesercito del Principe dâOranges, che il paese loro sarebbe rimasto esente da qualunque contribuzione a forma deâpatti promessi. â (Arch. Dipl. Fior. Carte della Com.di Montepulciano).
Ma appena accaduta la resa di Firenze, anche Montepulciano dovè seguitare la stessa sorte, e quindi ricevere lâonore di alloggiare il Pont. Clemente VII mentre si recava al gran matrimonio di Marsilia, siccome fu ricevuto costĂ 5 anni appresso il Pont. Paolo III nella sua gita al congresso di Nizza, accolto nel palazzo del Cardinale Antonio di Monte. â Qualche tempo dopo visitò Montepulciano il duca Cosimo I, quando si vuole che il Comune, liberato dalle molestie sofferte durante la guerra di Siena, innalzasse a sue spese la bella fortificazione che si vede alla porta di Gracciano; e fu ad istanza dello stesso duca, e per le incessanti premure del cardinale Giovanni Ricci Montepulcianese, che questa da lui benamata patria nellâanno 1561 venne decorata della dignitĂ vescovile, e qualificata nobile cittĂ .
In quella stessa circostanza Cosimo I pare che designasse in Montepulciano due tribunali collegiali per le prime e seconde appellagioni; in vigore della quale determinazione sovrana i magnifici componenti della magistratura civica sarebbero stati i giudici delle prime, e dal consiglio della stessa magistratura si sarebbero eletti i giudici delle seconde appellagioni. â Non meno benevolo verso i Montepulcianesi furono i due figli che succederono nel trono di Toscana a Cosimo I, ma specialmente un favore distinto ottennero dal terzo Granduca. che nel suo testamento destinò i capitanati di Montepulciano e di Pietrasanta al libero governo della Granduchessa Cristina di Lorena sua moglie. La qual principessa essendo stata arricchita da Ferdinando I di un appannaggio assai pingue, ed eziandio di sua natura assai amorevole, potè e volle esercitare molti atti di beneficenza, proteggendo precipuamente gli ecclesiastici, e favorendo tutto ciò che tendeva ad accrescere il culto e decoro della religione.
Quindi nelle Notizie del cardinal Roberto Nobili di Montepulciano da A. Parigi nellâanno 1836 pubblicate, leggesi un motuproprio dato da quella Granduchessa li 13 ott. 1612 nel tempo che la principessa medesima trovavasi in Montepulciano. Esso è relativo ai provvedimenti ordinati per il sollecito proseguimento della fabbrica del nuovo duomo di Montepulciano; e affinchè si potessero ivi al piĂš presto celebrare i divini uffizj, fu ordinato di chiudere una navata per progettare a terra il vecchio duomo onde ampliar la piazza, e con quei materiali continuare la fabbrica per terminare le altre due navate. Vi si leggono prescritti altri ordini relativi allâamministrazione economica, al cancelliere comunitativo, al consiglio generale della cittĂ , al capitan di giustizia, e a Guido deâNobili soprintendente alla stessa fabbrica, per modo che ognuno dasse aiuto e favore in qualunque siasi interesse gli sĂŹ competeva.
LâautoritĂ sovrana della Granduchessa Cristina sopra Montepulciano era libera ed estesa in guisa che di suo motuproprio nominava il capitano, il cancelliere, il comandante della piazza e della rocca, sino al punto che giunse con lâannuenza del Granduca Ferdinando II suo nipote a far coniare una moneta dâargento in Firenze. Era un testone appellato Quarto di Ducatone, che da una parte aveva una testa muliebre velata e le parole intorno:Chrrist. Loth. M. D. Etrur. D. M. P. cioè, Christina Lotaringia Magna Ducissa Etruriae Domina Montis Politiani.
Alcuni interpretarono le tre lettere D. M. P. metallis Petraesanctae, comecchè le miniere argentifere del vicariato di Pietrasanta giĂ da molti anni innanzi per ordine del governo fossero abbandonate. â Nel rovescio della moneta medesima vedevasi lâarme di Lorena inquartata alla Medicea con le seguenti parole intorno: Moneta nova Florent. cusa 1630. â (Orsini, delle Monete deâGranduchi di Toscana).
Mancata nella Granduchessa Cristina (anno, 1636) la protettrice e signora di Montepulciano, questa cittĂ con tutto il suo capitanato ritornò sotto il governo immediato deâGranduchi, dai quali al pari degli altri paesi, temporariamente fu separata dalle vicende politiche cui nel principio del sec. attuale la Toscana trovossi avvolta.
Nel tempo che cotesta contrada faceva parte del Dipartimento dellâOmbrone, Montepulciano fu dichiarato capo luogo di un circondario di sottoprefettura.
Finalmente nella stessa cittĂ con motuproprio del di 2 agosto 1838 venne eretto un tribunale collegiale di prima istanza, mentre per il corso di quattro secoli e mezzo essa era stata governata nel civile e criminale dai potestĂ châebbero poi il titolo di capitani, o di commissari, e finalmente di vicarj regj.
In quanto alla celebritĂ degli uomini nativi di Montepulciano pochi altri paesi proporzionatamente alla popolazione stanno alla pari di questa CittĂ , donde escirono dodici cardinali, un pontefice, 32 vescovi, oltre molti altri prelati, senza dire dei dotti e letterati piĂš distinti, fra i quali valgono per tutti il cardinal Roberto Bellarmino e Angiolo Cini detto il Poliziano. Di molti altri illustri uomini Montepulcianesi potrĂ , chi lo voglia, soddisfarsi nelle Notizie del Card. Roberto Nobili e dâaltri illustri Poliziani, raccolte da A. Parigi, opera in 8Âş pubblicata in Montepulciano pel Fumi nel 1836.
Chiese e Stabilimenti pii di Montepulciano. â La prima per ordine di dignitĂ la chiesa cattedrale, fabbrica grandiosa a tre navate con facciata di travertino costruita nel principio del secolo XVII accanto alla vecchia collegiata, che fu demolita per ingrandire la piazza, meno però il suo campanile, il quale fu alzato verso la metĂ del secolo XV, ed a cui riferisce un breve del Pont. Sisto IV spedito li 22 maggio 1476 a Fabiano Benci arciprete della pieve di Montepulciano. Lo stesso Pont. Quattrâanni dopo dichiarò cotesta chiesa collegiata esente dalla giurisdizione del vescovo di Arezzo, e conseguentemente sotto la protezione immediata della S. Sede, concedendo varj privilegi al suo pievano con titolo di arciprete mitrato non che al suo capitolo.
Fece il primo disegno della nuova cattedrale Bartolommeo Ammannati, quindi lo Scalzo lo ingrandĂŹ, e su questâultimo modello piĂš assai dispendioso, e in piĂš ampie dimensioni, se non almeno in migliori forme, fu innalzata la fabbrica, la quale restò compita nel 1680, e consacrata nel 19 giugno 1710.
Fra le opere di belle arti che adornano questo tempio non vi è cosa, a parer mio, che arrivi in pregio quattro statue e due basso-rilievi in marmo bianco di Carrara, che formavano parte di piÚ vasto lavoro del celebre Donatello fatto per Mons. Bartolommeo Aragazzi di Montepulciano.
Le quali statue sono lâavanzo di un grandioso cenotafio esistito nella disfatta chiesa collegiata, da lunga mano abbandonato, in gran parte rotto e disperso. Due di esse statue veggonsi attualmente allâaltar maggiore, e due altre con due bassorilievi furono poste a caso in diversi punti della stessa cattedrale.
La chiesa della Madonna di S. Biagio, se non è la prima per dignitĂ ecclesiastica, essa lo è certamente per dignitĂ architettonica. Ă opera sublime di Antonio fratello di Giuliano da Sangallo, che ne fece il disegno sotto il pontificato di Leone X, e che fu il direttore della fabbrica da esso due volte lâanno visitata. Questo tempio, tutto di travertino lavorato, è un giojello, cui forse altro non manca che una custodia, e che sarĂ sempre riguardato daglâintelligenti come un modello del piĂš appurato gusto architettonico per la forma, per le proporzioni, e per la grazia di quellâordine dorico, da cui per ogni lato con tanto gusto e soddisfacente armonia venne dal suo autore decorato. Antonio da Sangallo non, ebbe di questo tempio lavoro che meglio potesse far conoscere la sua virtĂš; ne edifizio architettonico gli si potrebbe porre a confronto se non il tempio della Madonna delle Carceri a Prato, opera divina del suo fratello Giuliano.
Lâiconografia del sacro edifizio della Madonna di S.
Biagio raffigura una chiesa greca con due campanili uniformi in linea alla facciata principale, mentre dal lato della tribuna termina con un semicircolo. I bracci della croce sono forniti di pilastri dâordine dorico accoppiati a colonne, e fra glâintercolonii sorgono le cappelle entranti nel muro con sfondo proporzionato. Introducono nel tempio tre porte aperte nelle tre facciate, che due laterali e lâaltra di mezzo. La lunghezza e larghezza totale della chiesa e di braccia 55, e 7 soldi; la grossezza deâmuri inferiori di braccia 2 e 15 soldi. Allâaltezza di braccia 16 dal pavimento gira intorno un frontone che viene coronato di una cornice, sulla quale in mezzo alla crociata poggia il tamburo della cupola contornato da 16 pilastri dâ ordine jonico, sopra il quale, sâinnalza unâelegante duomo con sua lanterna; per modo che lâaltezza totale del tempio dal cupolino a terra è braccia 82.
Volle il Sangallo che questa chiesa fosse fiancheggiata da due campanili a facce simmetriche uno dei quali fu compito sotto gli occhi del suo maestro, che differenziò ciascun ripiano con un ordine architettonico vario e sempre vago, cioè il primo dorico, il secondo jonico, il terzo e quarto corintio, terminando lâultimo con una piramide a otto facce, ornata di cornici e riquadrature.
Nè meno elegante fu con ottimo successo e felicemente eseguita la facciata posteriore, la quale dal Sangallo si volle diversa dalle tre altre, terminandola con un semicircolo adorno di quattro pilastri, che sorreggono un cornicione, sul quale gira una balaustra che serve di parapetto ad una vaghissima terrazza.
Questo tempio ebbe principio nel 1518 e fu con molta cura e sollecitudine compito e consagrato nellâanno 1537.
Con lettere patenti del 19 novembre 1519 dirette a Gio.
Maria di Monte Arciv. Sipontino (quello stesso che nel 1550 saIĂŹ sulla cattedra di S. Pietro col nome di Giulio III, e a Girolamo vescovo dâAscoli, due delegati pontificii, in aggiunta ad una precedente bolla del 2 apr. 1519, il Pont.
Leone X concedè agli operai del Comune di Montepulciano facoltĂ di erogar nella fabbrica della nuova chiesa di S. Biagio tutte le elemosine fatte e da farsi alla Madonna di quella chiesa per sostituirla allâantica che consisteva in una specie di torre posta fuori delle mura di Montepulciano, torre che per indulto pontificio il Comune medesimo fece abbattere per sostituirvi lâattuale bellissima del Sangallo.
Ă un danno che cotesto tempio sia fuori di cittĂ e a piè dâuna alquanto ripida strada; ma il forestiero che capita a Montepulciano sarĂ ben contento di far quella gita, dove oltre il soddisfare la sua curiositĂ per il lato architettonico, troverĂ pascolo anche per la parte pittorica, massimamente nel contemplare un gran quadro storico rappresentante il martirio di S. Biagio, situato in un altare a cornu epistolae, che è una delle migliori e piĂš ben conservate pitture a olio di Giovanni Mannozzi da S. Giovanni.
Nella grandiosa chiesa di S Agnese, posta fuori la porta omonima, ossia di Gracciano, sulla strada R. che dalla Val di Chiana sale alla cittĂ , si conservano le ceneri della S.
Vergine montepulcianese, di cui porta il tilolo; la quale fu eretta nel 1306 sotto lâinvocazione di S. Maria Novella con annesso claustro per abitarsi da monache della regola di S. Domenico.
Nel 1 345 subentrarono costà i religiosi dello stesso ordine, i quali vi restarono fino alla loro soppressione, accaduta nel 1783, per dar luogo ad altri religiosi; cioè a Francescani Riformati, che costà furono traslatati dal loro antico convento di Ponte Castello, posto fuori della porta di Gozzano, una volta Porta Gavina.
La chiesa di S. Francesco, giĂ di S. Margherita nel Sasso , sorse nel 1269 per le premure di Angelo del fu Danese, appellato anche Danesi da Montepulciano, quindi abitata dai Frati Minori Conventuali, che nel secolo XVII la riedificarono in piĂš ampie e regolari forme col bel convento annesso, dedicandola al Serafico loro padre S.
Francesco dâAssisi Soppressa nel 1809 questa famiglia religiosa, nel locale medesimo furono trasferite le monache Francescane dallâantichissimo convento di S.
Chiara che era nel suburbio occcidentale della cittĂ .
Infatti le Clarisse erano giĂ stabilite in Montepulciano nel 31 dicembre 1286, quando Fr. Jacopo del fu Bencivenni da Siena guardiano deâMinori di Montepulciano ed altri frati di quel convento, come esecutori lasciati da donna Imelda vedova di Bulgarello conte di Chianciano, per soddisfare alcuni legati lasciati dalla prenominata donatrice, venderono ad Angelo del fu Danese un podere posto a Petrojo e la metĂ di um mulino, entrambi compresi nel distretto di Montepulciano, per il prezzo di lire 1214 cortonesi. Quindi nel dĂŹ due del marzo, successivo, il suddetto Angelo del fu Danese rivendè al Comune di Montepulciano lo stesso podere e la metĂ , per indiviso di detto mulino, a ragione di lire mille cortonesi per il podere, e di lire 214 per la metĂ del mulino. â (Arch. Dipl. Fior. Carte della Com. di Montepulciano).
La prima chiesa deâFrati Domenicani di Montepulciano esisteva sulla fine del sec. XIII nelle vicinanze della pieve, dove in seguito fu eretto un convento nellâarea giĂ occupata della casa di un eretico stata data a quei religiosi dal Pont. Bonifazio VIII per bolla del 13 feb. 1296. La qual casa era stata confiscata dalla S. Inquisizione di Roma, a Francesco detto Cisporo, per avere in essa accolto e protetto gli eretici. â (Arch. Dipl. Fior. Carte deâDomenicani di Montepulciano).
La chiesa del GesĂš, di figura rotonda, elegante e ornata di stucchi, fu innalzata con lâannesso collegio dai PP.
Gesuiti mercè un ricco patrimonio lasciato a quella società da Alessandro Salimbeni nobile polizianese.
Appena soppressa la societĂ Gesuitica, lâImmortale Leopoldo I nel 1775 donò con la chiesa il grandioso collegio deâGesuiti al vescovo di Montepulciano; il quale 10 anni appresso vi trasferĂŹ il parroco di S. Bartolommeo, cui assegnò per canonica una parte della fabbrica, mentre la porzione maggiore fu ridotta ad uso di seminario vescovile con un liceo annesso per le pubbliche scuole.
La chiesa di S. Agostino, giĂ abitata dai religiosi Agostiniani, fu rifabbricata alla fine del sec. XIV, e chiamavasi la Chiesa nuova . Quattrocentâanni dopo venne interamente rifatta piĂš grandiosa da quei religiosi, la cui famiglia restò soppressa sotto il regime straniero (anno 1809), finchè alla ripristinazione fu data ai PP. Serviti, che ritornarono in Montepulciano dopo essere stati espulsi allâepoca della soppressione testè accennata dalla loro che convento di S. Maria, situato nel pomerio superiore della cittĂ . â Attualmente in S. Agostino è stata annessa la cura di S. Mustiola.
Anche questa chiesa di S. Mustiola conta una data piuttosto antica; poichè essa in origine era membro del monastero deâCanonici Regolari Agostiniani di S.
Mustiola di Chiusi, cui spettava la nomina del rettore, meno i casi che non lo, avesse nominato il pontefice. Tale caso, per esempio, accadde allorquando il Pont. Eugenio IV con breve del 22 gennajo 1443 conferĂŹ a Bartolommeo di Domenico da Siena dellâordine di S. Agostino la rettoria della chiesa parrocchiale di S. Mustiola in Montepulciano, della diocesi dâArezzo, di data del proposto e canonici regolari del monastero di S. Mustiola di Chiusi. â (Arch. Dipl. Flor. Carte di S. Agostino di Siena). Alla suddetta parrocchia di S. Mustiola fu unita nel 1609 lâaltra di S. Bernardo, per dare questâultima chiesa; alle monache di S. Agnese, e finalmente dopo la metĂ del passato secolo le stesse parrocchie furono riunite nella suddetta chiesa di S. Agostino.
Il convento e chiesa della Maddalena deâPadri Cappuccini conta la sua origine dal 1532, quando quei religiosi furono chiamati a Montepulciano alla custodia di un devoto eremo situato nel monte che da esso prese il nome della Maddalena.
Stabilimenti di beneficenza, ed istruzione pubblica .â Fra i primi stabilimenti di caritĂ si contavano fino dal secolo XIII, oltre lâospedale, ossia casa della Misericordia della Fraternita, non meno di quattro spedaletti neâsubborghi di Montepulciano; uno deâquali appellossi di S. Giovanni e di S. Martino fuori la porta di Gracciano; 2° un altro era chiamato lo spedale di S. Maria alla porta Gavina, ora porta a Gozzano; 3° lâospedale di Fonte del Vescovo, e il 4° lâospedale di S. Pietro fuori della porta di Cagnano , o delle Farine. â Cotesti spedaletti da lunga mano sono stati soppressi e riuniti al vasto e ben provvisto spedale di S.
Cristoforo esistente dentro la cittĂ .
Ai prenominati stabilimenti piĂš ne richiama una provvisione della Signoria di Firenze del 7, agosto 1414, la quale esentò i quattro spedali situati nel territorio di Montepulciano dal pagamento di unâimposizione messa sopra tutti i luoghi pii del territorio fiorentino; ed una consimile esenzione fu rinnovata nel 23 aprile del 1415 rispetto ai danni sofferti dai Montepulcianesi nelle passate guerre, e specialmente dallo spedale di S. Martino e da quello di S. Maria di porta Gavina.
In quanto allâistruzione letteraria e scientifica, oltre il seminario vescovile, havvi costĂ un liceo municipale, dove la gioventĂš secolare e i chierici ricevono lâistruzione scientifica da tre professori, di teologia, cioè, filosofia e istituzioni civili, dopo aver fatto il loro corso di letteratura sotto maestri di lingua latina e di rettorica pagati da una pia ereditĂ a tal uopo lasciata da Niccolò Parri giureconsulto Montepulcianese.
Un frequentato e ben regolato conservatorio per le fanciulle era in S. Girolamo, traslocato non da molto nella fortezza da basso alla porta di Gozzano. Ivi sono ricevute in convito giovincelle civili, e profittano di quelle scuole anche altre donzelle della città ; oltrechè per la classe del popolo vi sono pure le scuole normali, o Leopoldine.
Non manca tampoco a questa cittĂ un elegante teatro, disegnato dal Prof. Castagnoli. Lâaccademia letteraria deglâintrigati si aduna nelle sale dello stesso teatro.
Vi è un ricco Monte di pietĂ , la cui fondazione deve essere posteriore al rescritto del Granduca Cosimo I, quando supplicato dai Montepulcianesi a voler concedere il domicilio nella loro cittĂ a un dato numero di ebrei, siccome vi erano neâtempi andati ricusò di concederlo a motivo della loro fenerazĂŹone.
Il palazzo di residenza del magistrato civico, che con la eminente torre contasi fra le buone fabbriche della città , esisteva sino dal sec. XIII, non però nella forma grandiosa che ora si vede, perchè riedificato sul declinare del secolo XIV.
Infatti fu nella sala del nuovo palazzo di residenza deâpriori di Montepulciano; dove, che nel dĂŹ 23 novembre 1381, venne approvata una riformagione dal parlamento generale che confermava a vita a Giovanni e a Gherardo del Pecora il titolo e le attribuzioni di difensori e conservatori di Muntepulciano e di tutto quel distretto.
Fra gli edifizj privati noi giĂ abbiamo poco sopra rammentato il palazzo che fu del Card. Antonio di Monte, attualmente della nobil famiglia Contucci, situato pur esso al pari del palazzo pubblico e del Pretorio nella piazza del Duomo. Anche il pala zzo Buccelli e quello del pont.
Marcello II Cervini, passato neâsuoi eredi, contansi fra le buone fabbriche di Montepulciano. Questâultimo è stato acquistato nel secolo attuale dal C. Carradori di Macerata, da cui lâereditò lâunica sua figlia la duchessa dâAltemps di Roma che passa in Montepulciano qualche mese ad abitarlo.
CENSIMENTO della Popolazione della cittĂ di MONTEPULCIANO a quattro epoche diverse, divisa per famiglie.
ANNO 1551: Impuberi maschi -; femmine -; adulti maschi -, femmine -; coniugati dei due sessi -; ecclesiastici -; numero delle famiglie 780; totalitĂ della popolazione 3750.
ANNO 1745: Impuberi maschi 337; femmine 294; adulti maschi 261, femmine 447; coniugati dei due sessi 728; ecclesiastici 247; numero delle famiglie 553; totalitĂ della popolazione 2314.
ANNO 1833: Impuberi maschi 321; femmine 421; adulti maschi 441, femmine 563; coniugati dei due sessi 904; ecclesiastici 87; numero delle famiglie 616; totalitĂ della popolazione 2737.
ANNO 1839: Impuberi maschi 402; femmine 338; adulti maschi 426, femmine 616; coniugati dei due sessi 922; ecclesiastici 110; numero delle famiglie 652; totalitĂ della popolazione 2814.
DIOCESI DI MONTEPULCIANO.
â Ă uno deâvescovati moderni della Toscana, eretto nel secolo XVI a spese di due altre dioces i limitrofe; cioè di quella dl Arezzo cui apparteneva la chiesa sottomatrice, gia pieve Nullius di Montepulciano, e della diocesi di Chiusi, dalla quale dipendevano varii popoli della stessa ComunitĂ .
Infatti la cattedrale di questo vescovato corrisponde allâantica Madre Chiesa de Politiano, (S. Maria di Muntepulciano) della quale è fatta menzione nellâesame di testimoni in Siena nellâanno 715, allâoccasione della celebratissima causa ecclesiastica allora pendente davanti un tribunale di regio diritto. â Non si conosce lâepoca precisa in cui la chiesa maggiore di Montepulciano fu eretta in collegiata; bensĂŹ il di lei pievano fino dal principio del secolo XIII era decorato del titolo arcipretale, siccome apparisce da una bolla dei Pont.
Onorio III del di 11 ott. 1217 diretta allâarciprete della pieve di S. Maria di Montepulciano della Diocesi aretina.
Anche del suo capitolo si fa parola in una deliberazione del 26 maggio 1318, colla quale quel clero decise, che per lâavvenire il capitolo deâcanonici si sarebbe ristretto a sette, compresa la dignitĂ dellâarciprete, e ciò per lâaggravio che risentiva il patrimonio della chiesa medesima dallâeccessivo numero deâcanonici che vi si contavano. â (Arch.Dipl.Fior. Carte della Com. di Montepulciano.) Accrebbe gli onori allâarcipretura della collegiata predetta un breve del Pont. Bonifazio IX sotto di 9 aprile 1400 diretto allâarciprete Giacomo di Bartolommeo Aragazzi cui fu conferito il titolo abaziale con lâuso della mitra e del baculo. Nel 1478, 23 maggio, alle istanze dellâarciprete Fabiano Benci di Montepulciano, il Pont. Sisto IV accordò lâaumento di due canonici al capitolo della sua chiesa collegiata, e due anni dopo lo stesso pontefice con bolla diretta allâarciprete medesimo, châera pure notaro apostolico, dottore di decreti, chierico di Camera e canonico della Basilica di S. Pietro di Roma, dichiarò immediatamente soggetta alla S. Sede apostolica la chiesa arcipretura di Montepulciano col suo piviere, esentandola dalla giurisdizione del vescovo di Arezzo, oltre il privilegio che concedeva a quegli arcipreti facoltĂ di con ferire gli ordini minori e dare la benedizione episcopale al popolo tanto in chiesa quanto fuori, di usar mitra, pastorale, abito e insegne episcopali; e ciò nel tempo che accordava ai canonici di Montepulciano lâuso degli almuzzi, cappe ed altro nella stessa guisa dei canonici di Firenze e di Arezzo. â Nel 21 febb, 1528 il Pont.
Clemente VII con bolla spedita da Orvieto a Vincenzio Aragazzi, altro arciprete della chiesa collegiata di S. Maria di Montepulciano Aretinae, sine nullius Diocesis, gli dava facoltĂ di accrescere fino a dieci il numero dei canonici del suo capitolo, dove, giĂ sei anni innanzi era stato fondato un canonicato col titolo di prepositura. A queste dignitĂ si aggiunsero in seguito altre due; cioè nel 1561 lâarcidiaconato, e nel 1673 il primicerato.
A cotante onorificenze della chiesa di Montepulciano, mancava la dignitĂ episcopale, e questa si ottenne per le cure del Granduca Cosimo I e del cardinale montepulcianese Giovanni Ricci, il quale ultimo rinunziò a benefizio della nuova, mensa vescovile la doviziosa commenda che egli godeva della badia di S. Pietro a Ruoti in Val dâAmbra, allora quando nel 1561 la pieve di Montepulciano dal Pont. Pio IV fu eretta in cattedrale immediatamente soggetta alla S. Sede.
Qualora si eccettui la chiesa parrocchiale della badia a Ruoti, situata in Val dâAmbra in mezzo ai popoli della diocesi aretina, dalla quale fu staccata allâepoca dellâerezione del vescovato di Montepulciano, questa diocesi non oltrepassa i limiti del territorio nella guisa che vengono designati allâArticolo della sua ComunitĂ .
Dalle indagini che ho potuto istituire per conoscere quali fra le varie chiese parrocchiali furono staccate dalla diocesi di Arezzo, e quali altre appartenevano a quella di Chiusi prima che fossero assegnate alla cattedrale di Montepulciano, mi è sembrato di rilevare che quelle appartenute al vescovato di Chiusi fossero 11, cioè: Parrocchie appartenute alla Diocesi di Chiusi 1. S. Giovanni a Villanuova , o nel peggio di Tolle, fra Montepulciano e Monticchiello, altrimenti detto di Totonella, nel luogo appellato la Pieve (da lunga mano soppressa).
2. Pieve di S. Vincenzio a Castelnuovo, nel luogo detto la Pieveccia; (riunita alla pieve di S. Egidio a Gracciano vecchio?) 3. Pieve di S. Vittorino dâAcquaviva (esistente).
4. Prioria di S. Pietro allâAbbadia dei Caggiolari, o a Crepaldo, oggi detta la badia (esistente).
5. La distrutta pieve di S. Silvestro presso Borgo vecchio sulla Chiana.
6. La pieve tuttora esistente di S. Albino in Parcia.
7. La parrocchia di S. Ilario dâArgiano (idem) 8. La pieve di S. Lorenzo a Valiano (esistente).
9. La pieve di S. Egidio a Gracciano vecchio (idem).
10. La cura di S. Andrea di Cervognano (esistente).
11.La cura di S. Mustiola a Caggiole (esistente).
Varie membrane dellâArch. Dipl. Fior. fra quelle appartenute alla ComunitĂ di Montepulciano rammentano la pieve di S Giovanni a Villanuova nel poggio di Tolle, e lâaltra di S. Vincenzo a Castelnuovo , entrambe dipendenti dalla diocesi di Chiusi; mentre delle cure tuttora esistenti nelle ville di S. Albino, di Gracciano, di Cervognano e della vecchia badia deâCaggiolari (sic), appartenute alla stessa diocesi di Chiusi, si fa menzione in un lodo dato in Roma li 6 maggio 1551 da Francesco da Recanati di Arezzo dott. d; legge, referendario dellâuna e lâaltra segnatura presso la S. Sede, arbitro eletto da Giovanni Ricci Vescovo di Chiusi da una parte, e dagli abitanti delle 4 ville suddette dallâaltra parte, per terminare le vertenze insorte a motivo di alcune decime, le quali si credevano dovute alla chiesa ed episcopio di Chiusi,oltre quelle che pagavano alla curia romana i parrocchiani delle quattro chiese preindicate, che fino dâallora erano comprese nel distretto comunitativo di Montepulciano.
Le parrocchie antiche della diocesi di Montepulciano staccate da quella di Arezzo furono dieci, cioè: Parrocchie state della Diocesi dâArezzo.
1.Pieve di S. Madre Chiesa di Poliziano (s. Maria),ora Cattedrale di Montepulciano.
2. e 3. S. Mustiola e S. Bernardo riunite ora in S.
Agostino a Montepulciano.
3. Parrocchia di S. Bartolommeo, ora nel GesĂš a Montepulciano 4. Parrocchia di S. Maria, ora a S. Lucia in Montepulciano.
5. Parrocchia di S. Bartolommeo a Caselle, ora in S.
Biagio (suburbana).
6. Parrocchia di S. Martino, ora in S. Maria delle Grazie, sotto il borgo di S. Agnese.
7. Parrocchia di S. Maria a Nottola? 8. Pieve della soppressa Badia di S. Pietro a Ruoti in Val dâ Ambra. â Vedere ABAZIA A RUOTI.
Tutte le suddette parrocchie esistono anche oggidĂŹ.
La Diocesi di Montepulciano è fornita di un buon seminario nellâantico convento deâGesuiti, stato ampliato e migliorato nel 1831 per le cure e sollecitudini del defunto vescovo Ippolito Niccolai.
Oltre i molti conventi di religiosi e religiose di varii ordini, rammentati allâarticolo precedente, furonvi nel contado di Montepulciano celle, ospizi e badiole di Benedettini, Camaldolensi, Cistercensi ec., in guisa che costĂ i celibi per voto, e i beni immobili delle mani morte dovevano essere una volta piĂš numerosi e piĂš estesi in confronto di molti altri paesi del Granducato.
Attualmente vi restano tre conventi di religiosi; cioè, i Serviti dentro la cittĂ , i Riformati e i Cappuccini al di fuori; in tutti 44 individui. â Deâmonasteri di donne esistiti in Montepulciano, oggi è restato quello delle Clarisse oltre un conservatorio di Oblate, entrambi dentro la cittĂ , in tutto 82 individui, compreso in questo numero le fanciulle a convitto; mentre allâepoca dellâistituzione della diocesi, di sole monache se ne contavano 105 dentro Montepulciano.
Non starò ad annoverare gli arcipreti della collegiata di Montepulciano che hanno lasciato un qualche nome nella storia, poichè sebbene fia opera di caritĂ patria, non sarebbe però allusiva allâindole del presente lavoro. Dirò solo che nel numero deâsuoi arcipreti Montepulciano conta fra i concittadini un Cervini, che fu innalzato alla somma gerarchia col nome di Marcello II, un Giovanni Ricci, che fu arcivescovo e porporato; un Monsignor Corrado Bellarmino canonico di S. Pietro, abbreviatore sotto PP. Eugenio IV, cameriere segreto di Niccolò V e nunzio pontificio in Germania. Il quale arciprete Corrado, mentre abitava nella collegiata di Montepulciano, venne investito della qualitĂ di giudice ordinario di tutte le cause civili e criminali ecclesiastiche che attitavansi in detto luogo. E fu nella sua qualitĂ di vicario del vescovo di Arezzo, Roberto degli Asini, che nel 17 ottobre del 1443 proferĂŹ sentenza contro un tal Domenico di Riguccio da Montepulciano, che lo dichiarava eretico e lo privava della sepoltura ecclesiastica e di tutti i suoi beni. Se non che cotesta sentenza venne poi abolita dal Pontefice Eugenio IV con decreto apostolico del dĂŹ 30 dicembre dellâanno 1444. â (ARCH. DIPL. FIOR, loc.cit.) Anche il Cardinale Antonio di Monte zio del Pontefice Giulio III cuoprĂŹ la carica di arciprete in Montepulciano, che riguardò quasi seconda patria. Fra gli uomini piĂš insigni e piĂš benemeriti di questa diocesi citerò il Cardinale Giovanni Ricci di Montepulciano, alle di cui premure questa cittĂ deve lâerezione della sua chiesa in cattedrale, la renunzia a favore della nuova mensa episcopale della doviziosa commenda dellâAbbadia a Ruoti, la fondazione e dotazione del Collegio Ricci in Pisa, destinato allâeducazione scientifica, gratuita e continua di otto giovani nativi di Montepulciano.
Rammenterò Spinello Benci primo vescovo di Montepulciano, che si distinse al Concilio di Trento, e che poi accompagnò il Cardinale di Firenze Alessandro deâMedici nella di lui legazione in Francia dove il Benci morĂŹ. Non dirò del cardinale Roberto Ubaldini che fu vescovo di questa chiesa, se non per aggiungere che sotto di lui un cardinale piĂš celebre, Roberto Bellarmino, amministrò la diocesi di Montepulciano sua patria.
COMUNITAâ DI MONTEPULCIANO. â II territorio di questa ComunitĂ occupa una superficie di 48421 quadrati agrari, dai quali sono da detrarre 1176 quadrati per corsi dâacqua e pubbliche strade. â Vi stanziava nel 1833 una popolazione di 10204 abitanti, a ragione proporzionatamente di circa 175 individui per ogni miglio quadrato di suolo imponibile.
Confina da tre lati con cinque comunitĂ del Granducato, mentre dalla parte di levante tocca la ComunitĂ di Castiglion del Lago della Legazione di Perugia spettante allo Stato pontificio.
A partire dirimpetto al Passo detto della Quercia, sulla gronda orientale del Chiaro di Montepulciano, il suo territorio comunitativo passa alla sinistra della Chiana avendo dirimpetto quella di Chiusi, che presto abbandona al mulino del torrente Parcia. CostĂ sottentra la ComunitĂ di Chianciano, con la quale lâaltra fronteggia rasentando la riva sinistra del torrente predetto, che poi oltrepassa davanti al Casale di S. Savino, dove voltando la fronte da levante a scirocco passa per termini artificiali a ostro di S.
Albino, taglia la strada maestra che da Montepulciano guida a Chianciano per salire sul monte della Maddalena a ponente del Bagno di Chianciano, o di Sellena, finchè sopra il vertice del monte trova la Comunità di Pienza.
Con questa il territorio di Montepulciano cammina dirimpetto a ostro passando per termini artificiali sulla schiena del poggio Totonella presso 1âantica pieve di S.
Giovanni di Villanuova, laddove nasce la Treisa o Tressa dellâOrcia, che oltrepassa per ritornare sulla cima del monte. Da questa sommitĂ voltando la fronte a libeccio inoltrasi verso le prime scaturigini del Salarco, dove incontra il territorio della ComunitĂ di Torrita, e con essa scende il vallone omonimo, da primo nella direzione di settentrione, poi di grecale fino a che cavalca il torrente predetto al Mulin vecchio, donde ripiega a ponente lungo il fosso delle Balze. Di lĂ passato il poggio al vento taglia la strada Regia provinciale Longitudinale della Chiana rasentando la villa dâAscianello; poscia voltando la fronte a maestro, attraversa la pianura percorsa dal torrente Foenna per dirigersi nel Canal maestro della Chiana. Qui sottentra dal lato di grecale il territorio della ComunitĂ di Cortona, da primo mediante il suddetto Canal maestro che rimontano di conserva fino sotto il poggio di Valiano. A questo punto il territorio di Montepulciano lascia alla sua destra il Canale, e voltando faccia per poco da grecale a maestro passa dalla Terra Rossa per poi tornare nella precedente direzione, dopo avere attraversato dirimpetto a settentrione la strada Regia provinciale Lauretana alla base del poggio di Valiano, intorno a cui girando perviene al confine dello Stato pontificio, dove ha di fronte il territorio della ComunitĂ di Castiglion del Lago di Perugia. Con questo lâaltro di Montepulciano corre di conserva dirimpetto a levante per termini artificiali finchè arriva sul lembo orientale del Chiaro , o Lago di Montepulciano, sul confine della di cui gronda verso scirocco ritorna a confine la ComunitĂ granducale di Chiusi.
Tre possono dirsi le montuositĂ piĂš elevate di questa comunitĂ , cioè, il monte su cui risiede la cittĂ ; lâaltro di Totona, posto nella direzione di scirocco della cittĂ fra il poggio di Totonella e Montepulciano, e finalmente il terzo è quello della Maddalena, sulla sommitĂ , del quale sâincontrano i confini comunitativi di Chianciano e di Montepulciano.
Molte strade maestre e rotabili attraversano in varie direzioni questo territorio comunitativo.
Alle falde del monte verso la Chiana, a partire dalla Badia sino al Borgo vecchio rasentando il Lago di Montepulciano, percorre la Via Cassia, o la strada Regia provinciale Longitudinale della Chiana. Unâaltra, châè parimente provinciale, denominata la Traversa di Montepulciano, attraversa la cittĂ dopo essersi staccata dalla sottostante Via Cassia presso la villa di Nottola , e di lĂ proseguendo per Pienza, sbocca a S. Quirico nella strada Regia romana. â Anche un tronco della strada Regia provinciale Lauretana, dalla Badia sino al di lĂ di Valiano è tracciato sul territorio comunitativo di Montepulciano.
Fra le strade comunali rotabili contansi due vie, quella che dal suburbio settentrionale di Montepulciano mena a Torrita, e lâaltra che dal suburbio meridionale conduce a Chianciano.
Rapporto alla designazione degli antichi confini comunitativi fra Montepulciano e il territorio di Monticchiello, ora riunito alla Comunità di Pienza, cioè dalla parte australe della città , si conoscono tre arbitri pronunziati in tempi diversi; il primo nel 13 dicembre .
1297, e gli altri due nel 10 agosto 1298, e nel 31 ottobre 1308, dei quali arbitri si conservano gli originali nellâArchivio Diplomatico di Firenze fra le pergamene della ComunitĂ di Montepulciano.
Molto piĂš lunga fu la controversia rapporto ai confini fra la medesima ComunitĂ e quella di Chianciano, non ostante il compromesso del 18 agosto 1487, col quale fu destinato arbitro della questione un celebre giureconsulto sanese, Bartolommeo di Mariano di Soccino, ed un giurisperito fiorentino, Antonio di Piero Malagonnelli; e non ostante un lodo nel dĂŹ 11 febbrajo del 1491 pronunziato dagli arbitri Niccolò Orsini conte di Pitigliano, e Sinolfo deâconti di CastellâOttieri Vescovo di Chiusi; mentre un altro arbitrio venne di nuovo emanato nel dĂŹ 11 marzo 1494 da Simone del fu Jacopo Ridolfi commissario a ciò designato dalla Repubblica Fiorentina per interesse deâMontepulcianesi, e da Antonio di Giovanni Bichi incaricato dalla Repubblica di Siena per conto deâChiancianesi.
In quanto ai maggiori corsi dâacqua spettanti alla ComunitĂ di Montepulciano non rammenterò il Salarco ed il Salcheto se non per avvisare, che di questi si giova tuttora la scienza idraulica per compire il bonificamento della pianura alla sinistra de Canal maestro della Chiana fino alle larghe palustri gronde del Chiaro di Montepulciano comprese in gran parte nella Regia Tenuta di Acquaviva.
GiĂ allâArticolo ACQUA VIVA. (S. VITTORINO Dâ) fu accennato un documento scritto nellâagosto dellâanno 8o3, in cui è fatta menzione di terreni di quel distretto posti a confine con la piscina. La quale piscina probabilmente (dissi ivi) riferisce al Padule intorno al Lago di Montepulciano.
Che la pianura alla sinistra della Chiana, fra il Salarco e il Solcheto, fosse paludosa anche nel secolo XIV lo dichiarano molti documenti istorici, fra i quali citerò per tutti un istrumento del 15 settembre 1327 fatto nella villa di Ciliano, di cui feci parola allâArticolo GUARDAVALLE, e nel quale si tratta della vendita di un pezzo di terra in parte selvoso , in parte prativo e palustre, situato nella contrada di Greppo nel piano detto di S.
Vincenzio.
Non parlerò tampoco, come di cosa ancora incerta, del tempo in cui cominciò lâimpaludamento della Chiana, rapporto a che gioverebbe anche consultare un documento del 1195 citato dal ch. conte Vittorio Fossombroni nelle sue Memorie Idraulico-Storiche della Val di Chiana (Parte I. Cap. V.) quando un vescovo di Chiusi voleva recarsi a far pontificale in una sua chiesa di Montepulciano, posto che una delle ragioni fosse quella, che molti Chiusini si erano recati a stabilirsi in Montepulciano per fuggire lâaria cattiva delle paludi intorno a Chiusi.
Accennerò piuttosto rispetto al pescoso lago di Montepulciano, che la sua superficie da settentrione a ostro si dilunga per circa due miglia e mezzo, e che dilatasi un miglio nella sua maggior larghezza.
Non parlerò della ubertosa cacciarella dei germani e delle folaghe che fassi intorno al Lago e sopra il Chiaro di Montepulciano, sivvero della sua copiosa pesca, di che abbiamo fino dal medio evo le prove; tostochè il Comune di Montepulciano nel gennajo del 1417 vendè allâincanto per un anno la gabella del pesce del Lago per lire 340 di denari cortonesi. â I pesci che vi si prendono consistono in anguille grosse e delicatissime, in lucci di diversa grandezza, in tinche di pelle bianca e di eccellente sapore, in scalbatri, ecc.
Chi poi volesse esaminare la natura terreno di questa ComunitĂ , troverebbe la pianura percorsa dal Salarco e dal Salcheto costantemente ricoperta da terra di trasporto e da ghiaja, ma appena salite le prime piagge presso il bivio della strada Longitudinale con quella che mena a Torrita, si entra quasi ex abrupto nella regione delle biancane, ossia del mattajone châè una specie di argilla cretosa bigia dâorigine marina; le quali bianaone costituiscono quasi per intiero le circostanti colline frastagliate e nude anzichè no di arbusti e dâalberi dâalto fusto, qualora si eccettuino le viti.
Alla voltata però di Gracciano, e di là salendo verso il monte, alle biancane sottentrano i tufi siliceo-calcarei spesso alternanti con strati di ghiaja conglomerata. I quali strati tufacei sogliono vestirsi di una magnifica vegetazione di scelte viti basse, di castagni e di altri alberi di alto fusto, fra i quali si contano molte annose querci. A proporzione poi che si sale sul monte per avvicinarsi a Montepulciano, il tufo diviene sempre piÚ copioso di conchiglie fossili marine, consistenti in ostriche, in veneri, cardii, murici, neriti, e in pettini di piÚ varietà .
Il terreno che cuopre la faccia orientale del monte, salendo verso la fortezza, consiste in banchi di calcare tufaceo talmente indurito dal ferro idrato che diviene atto, ed è impiegato con successo nella rifioritura delle strade pubbliche del circostatnte distretto.
Anche il monte di Totona, il quale si alza a scirocco di Montepulciano a guisa di cono rovesciato, è rivestito di una lumachella tufacea, specie di panchina consimile a quella del monte di Volterra, se non che questa del monte di Totona abbonda maggiormente di ferro idrato, o limaccioso.
Il monte della Maddalena che sta fra Chianciano e il monte di Totona, e che è diviso fra le due comunitĂ , ha i suoi fianchi rivestiti in gran parte di tufo calcare e di breccia conchigliare, mentre la parte superiore è formata di un calcare semigranoso, che ha lâaspetto, e che porta perfino il nome di marmo, il quale a luoghi è bianco candido, altrove di tinta fegatosa, e talvolta tendente al nero.
La base settetrionale però di questo monte è coperta di altissime rupi di travertino, di cui ivi sono aperte delle cave. Presso le sue pendici, piegando verso maestro, si trova a ostro della strada rotabile, fra Montepulciano e Chianciano, la villa di S. Albino; dove lungo la strada medesima a settentrione della stessa villa emergono qua e là da un suolo acquitrinoso gorgoglianti zampilli gessosi conosciuti col nome di Acqua Puzzola , o di Mofeta di S.
Albino, che costituiscono varie pozzanghere, il cui scarso rifiuto va nel torrente Parcia. Questâacque emergono fuori da un terreno calcare-cavernoso sparso di potenti incrostazioni di travertini; le quali acque romoreggianti nellâinterno, esternamente affacciansi con getti spumosi per la copia del gas acido carbonico che seco portano alla luce, e che allâaria libera svapora.
Lâesperienze chimiche instituite sul posto dal Prof.
Targioni-Tozzetti nellâagosto del 1832 sembra che non concordino con quelle state fatte nel 1793 dal Prof.
Domenico Batini, e neppur con altre ripetute dal Prof.
Giuseppe Giuli di Siena; i quali trovarono lâacqua e il gas di S. Albino piĂš o meno ricchi di gas idrosolforico. E sebbene il Targioni non ottenesse dalle analisi altro che gas acido carbonico e aria atmosferica, ciò non basta, concludeva il Professore fiorentino, per credere meno vere le osservazioni fatte da altri scienziati in epoche e circostanze disparate, le quali debbono influire sul maggiore o minore sviluppo dal seno della terra dei gas acido carbonico e idrogeno-solforato. â (ANT.
TARGIONI-TOZZETTI, Analisi chimica delle acque minerali di Chianciano. Firenze 1833 pag. 140 e segg.).
Il terreno dellâadiacente campagna e della stessa formazione tufacea giĂ di sopra accennata, se non che in vicinanza della Mofeta di S. Albino esistono alcuni strati di terra silicea bianca, ruvida e minutissima, della quale il ch. Giovanni Targioni Tozzetti lasciò ricordo fra i suoi Manoscritti, notificato dal di lui nipote nellâopera testè citata (pag. 137). La quale rena, dice quel Manoscritto, sta vicino alla mofeta di S. Albino nel Montepulcianese; e che quando sia mescolata con stagno è buona per vetrina alle majoliche fini: serve per orologi a polvere e mescolata con olio è piĂš buona che lo smeriglio per pulire armi da fuoco. Anche attualmente si usa di un simile renischio per lâoggetto descritto da Giovanni Targioni; e forse è di quelle impiegata in Montepulciano in una fornace di vetri.
Se si considerano poi i prodotti di suolo di questa comunitĂ niuno ignora la celebritĂ del suo vino, del quale vi è memoria che si spediva allâestero fino dal secolo XIV, se non prima. Non però a tutti è egualmente noto, che due dei principali prodotti piĂš proficui del territorio di Montepulciano consistevano una volta nel zafferano e nel guado.
Fino dalle prime pagine di questâopera, allâArticolo ASCIANO ComunitĂ (Vol.I pag.154), fu detto che la pianticella, dalla quale si raccoglie lo zafferano, si coltivava con successo nelle crete sanesi, dove soleva seminarsi a campi. Della qual cosa fanno fede molti documenti dei secoli XIII, XIV e XV, e dopo di essi dal botanico Mattioli, il quale nel commento ai Discorsi di Dioscoride, parlando del Croco diceva: âavere il principato a Venezia il zafferano che si porta dallâAquila, cittĂ dellâAbruzzo, ma che ne nasce ancora in Toscana in alcuni luoghi, e massime in quel di Siena dellâelettissimo, il quale può stare con tutti gli altri al paragoneâ. Infatti, senza dire dei tributi che un dĂŹ si pagavano in zafferano da alcune pievi di Val dâEra ai vescovi di Lucca e di Volterra, le carte della comunitĂ di Montepulciano danno bastantemente a conoscere con quanta attivitĂ si coltivassero e si commerciassero costĂ il croco ed il guado .
Che nei secoli XIII e XIV esistessero in Montepulciano ricche societĂ di mercanti sanesi, e montepulcianesi, il cui commercio speciale raggiravasi sul guado, sul croco ed altre mercatanzie indigene, lo provano alcuni strumenti del 3 gennajo 1293, 11 febbrajo 1301, 22 giugno 1309, e 17 marzo 1387. Citerò finalmente due altre carte appartenute ai Frati Domenicani di Montepulciano. Nella prima di esse del 12 settembre 1347 trattasi della vendita fatta da una societĂ di mercanti a due negozianti di Valenza di libbre 45.000 di guado a peso pisano pel prezzo di 800 fiorini dâoro fiorentini; mentre la seconda è un contratto del 29 dicembre 1379, col quale il camarlingo del magistrato civico vendè a un Montepulcianese della contrada di Tolosa per un anno il provento della gabella dello zafferano indigeno, per cui questi pagò di appalto lire 240 â (ARCH. DIPL. FIOR.
loc. cit.).
Che un simil commercio si facesse non solo con la Spagna, ma anche con la Francia, lo da a congetturare lâuso introdotto nel principio del secolo XIV in Siena e a Montepulciano di contrattare in lire tornesi di grossi denari dâargento, moneta piĂš ideale che reale, mentre essa anzichè corrispondere alla vera lira tornese, o franco di Francia, equivaleva talvolta a 17 e perfino a 20 fiorini dâoro per ognuna di quelle lire. â (ARCH. DIPL. FIOR.
Carte della ComunitĂ di Montepulciano del 30 gennajo 1302, del 13 aprile 1303, 19 marzo e 27 agosto l304, 8 aprile l306, 20 maggio 1307, ecc.).
Rispetto al commercio del vino squisito di Montepulciano, che questo sâinviasse allâestero da tempi assai remoti, può darne qualche indizio un istrumento del 17 ottobre 1350 scritto in Montepulciano nella casa di Bertoldo Novello figlio che fu messer Bertoldo di Guglielmo del Pecora; il quale mediante quellâatto pubblico stabilĂŹ per 5 anni con Jacopo del fu Vanni da S.
Fiora una societĂ di mercatura di vino, che lo stesso Bertoldo del Pecora ritraeva dalle sue vigne poste nel distretto di Montepulciano nella contrada deâCalomelli. â (ARCH. DIPL. FIOR. Carte deâCrociferi di Firenze).
In quanto alla statistica agraria della Comunità di Montepulciano, citerò quella pubblicata nel 1828 dal Prof.
Giuseppe Giuli nella sua opera statistica della Val di Chiana. Che se quei calcoli furono prossimi al vero ne risulterebbe, che la parte montuosa, ossia la piĂš elevata del territorio di Montepulciano, corrisponde alla metĂ circa di tutta la sua superficie.
Cotesta porzione territoriale era allora quasi tutta coperta di bosco ceduo, e dâalto fusto, di selve di castagni, oppure di sodaglie, ec.; valutandosi circa la sesta parte la porzione montuosa tenuta allora a coltivazione di campi e di vigne.
La porzione poi del territorio medesimo qualificata sotto il vocabolo di colline, secondo quei calcoli occuperebbe circa 16 miglia quadrate, delle quali 12 miglia erano coltivate a viti piantate a filari, il restante a olivi, oppure sodivo e sterile.
La pianura fu valutata circa 13 miglia quadrate, defalcate due buone mig lia di spazio occupato dal Lago di Montepulciano. Quasi tutta questa porzione di suolo è destinata alla sementa deâcereali, del granturco, della canapa, del lino e dei legumi, quante volte si eccettuino mille stajate di terreno destinate per i prati naturali.
Le viti secondo un computo approssimativo del Prof.
Giuli si crede che siano N° 2.600.000 in collina, e 200.000 in pianura; gli olivi N° 8000, e i gelsi N°4520 in tutta lâarea del suo territorio.
Il bestiame da frutto e da lavoro è assai numeroso in questa Comunità , dove sopratutto grosse e ben nutrite sono le bestie bovine.
Volendo stare alla statistica fatta nel l825 dal prenominato scrittore, si trovavano allora in questa ComunitĂ 16116 capi di bestiame, distribuiti come appresso: Bovi aranti, N° 4000 Vitelli, N° 2000 Vacche,N° 3000 Pecore, N° 1700 Agnelli, N° 1000 Capre, N° 206 Majali, N° 3200 Cavalli, N° 400 Somari, N° 400 TOTALE, N° 16116 Rapporto poi alle manifatture, in Montepulciano e nel suo distretto si educano molti filugelli con le foglie dei gelsi che vegetano nelle sue campagne, e che danno un vistoso prodotto di seta. â Vi sono in cittĂ due tintorie, tre fabbriche assai buone di cappelli di feltro, tre fornaci di vasellami ordinari ed una di vetri, utile specialmente alla fabbricazione deâfiaschi, coi quali sâinvia in commercio gran parte del vino che si raccoglie nelle sue colline, e la di cui coltivazione e manifattura offre lavoro a molta gente di campagna e anche di cittĂ .
Nella villa di Acquaviva si fabbricano costantemente deârozzi cappelli di paglia per uso del contado.
In Montepulciano ha luogo un mercato settimanale nel giorno di giovedĂŹ. â Vi si praticano tre fiere annuali, nel 1 maggio, nel 28 agosto, nel 9 settembre: e due fiere di bestiami dâogni specie si tengono in Valiano nel giorno 10 agosto e nel lunedĂŹ dopo lâultima domenica di settembre.
Col motuproprio del 14 novembre 1774 relativo al regolamento economico, ordinato dal Granduca Leopoldo I per le ComunitĂ comprese nellâantico distretto fiorentino, vennero riuniti in una sola amministrazione i popoli della cittĂ di Montepulciano e delle ville, giĂ suddivise in 16 sezioni insieme alla soppressa ComunitĂ di Valiana, o Valiano il cui complesso era formato di quattro sezioni; cioè delle ville di Salvagio , di Serraglio, di Strada e di Vilardegna.
Finalmente non sarĂ discaro per il confronto della statistica economica della ComunitĂ di Montepulciano conoscere le sue rendite allâanno 1608, sul principio del governo di madama Cristina Granduchessa madre di Cosimo II, di cui riport iamo la nota estratta da copia autentica: ENTRATA DELLA COMUNITAâ DI MONTEPULCIANO ALLâANNO 1608 - Dalla gabella delle porte della cittĂ circa Lire toscane 2690.
- Dalla gabella del Macinato Lire toscane 1563.
- Dalla gabella della Carne Lire toscane 1377.
- Dalla gabella deâContratti Lire toscane 2700.
- Dalla gabella della Tratta del grano Lire toscane 380.
- Dalla gabella della Scannatura Lire toscane 1158.
- Dalla gabella del Vino Lire toscane 330.
- Dalla gabella deâFitti deâMolini Lire toscane 136.
- Dalla gabella del Ceppo civile Lire toscane 130.
- Dalla gabella della Stadera Lire toscane 200.
- Dalla gabella del Sale Lire toscane 3500.
- Dalla gabella delle Chiane Lire toscane 1400.
- Dalla gabella del Passo al Ponte di Valiano Lire toscane 200.
- Dagli Affitti di terre comunali Lire toscane 3400.
- Da Pigioni di case e botteghe comunali Lire toscane 240.
- Da Legne e frasche deâboschi comunali Lire toscane 1200.
- Da Condannagioni criminali (di parte) Lire toscane 230.
- Dal Monte del debito comune Lire toscane 230.
- Da Entrate diverse Lire toscane 220.
- Da Entrate di affitti annui Lire toscane 600.
- ENTRATA TOTALE Lire toscane 21884.
LâUscita della stessa ComunitĂ ammontava in quellâanno a lire 25842.17.4. E perchè lâUscita era superiore allâEntrata, ogni tre o quattrâanni si bilanciava il deficit con la vendita di una porzione di beni comunali. Fra i salariati e altri oneri della ComunitĂ , sono ivi designati i seguenti: - I Signori Magnifici componenti il magistrato civico di Montepulciano e donzelli Lire toscane 3707.12.4.
- Per salario al Capitano di Giustizia Lire toscane 1168.
- Per salario ai messi della corte del Capitano Lire toscane 306.
- Per salario al Cancelliere Lire toscane 1091.6.8.
- Per salario al Medico fisico Lire toscane 1376.14.
- Per salario al Cerusico comunale Lire toscane 1247.16.
- Per salario al Maestro di scrivere e abbaco che si tiene, e che da molti anni non è nativo di Montepulciano Lire toscane 413.
- Per salario al Maestro di grammatica Lire toscane 1032.10.
- E perchè i giovani vanno a scuola alli Gesuiti, e tocca al maestro il sabato a ripetere, si è aggiunto Lire toscane 165.4.
- Per la spesa delle carceri, per gli acconcimi del palazzo deâSigg. Magnifici e del Capitano di giustizia, ed altre spese Lire toscane 2410.
- Al Monte delle Graticole di Firenze Lire toscane 630.
- Ai Consoli dellâArte deâMercanti di Firenze Lire toscane 310.
- Tassa ai Capitani di Parte in Firenze Lire toscane 191.10.
- Ai Sigg. Nove conservatori del dominio fiorentino Lire toscane 2601.8.
- Ai medesimi per le tasse deâbargelli Lire toscane 115.8.
- Ai medesimi per le spese universali Lire toscane 3420.
- SOMMA Lire toscane 19186.8.4 Per il servizio della ComunitĂ e dello spedale sono mantenuti in Montepulciano due medici e due chirurghi condotti, ed un terzo chirurgo tiene stanza in Valiano.
Risiedono in Montepulciano, oltre il Vescovo, i componenti il tribunale di Prima Istanza, il commissario e il vicario Regio, un ingegnere di Circondario, ed un cancelliere comunitativo, il quale serve a questa sola ComunitĂ . â Vi è pure unâuffizio per lâesazione del Registro, e uno per la conservazione dellâIpoteche.
QUADRO della Popolazione della ComunitĂ di MONTEPULCIANO a quattro epoche diverse.
- nome del luogo: Acquaviva, titolo della chiesa: S.
Vittorino (Pieve), diocesi cui appartiene: Montepulciano (già di Chiusi), popolazione anno 1551 n° 316, popolazione anno 1745 n° 320, popolazione anno 1833 n° 857, popolazione anno 1839 n° 981 - nome del luogo: Argeano (Villa di), titolo della chiesa: S. Ilario (Cura), diocesi cui appartiene: Montepulciano (già di Chiusi), popolazione anno 1551 n° -, popolazione anno 1745 n° 261, popolazione anno 1833 n° 573, popolazione anno 1839 n° 579 - nome del luogo: Ascianello, titolo della chiesa: SS.
Vincenzio e Anastasio (giĂ Pieve), diocesi cui appartiene: Montepulciano (giĂ di Chiusi), popolazione anno 1551 n° 339, popolazione anno 1745 n° 244, popolazione anno 1833 n° 579, popolazione anno 1839 n° 411 - nome del luogo: Badia (giĂ deâCaggiolari) o in Crepaldo , titolo della chiesa: S. Pietro (Prioria), diocesi cui appartiene: Montepulciano (giĂ di Chiusi), popolazione anno 1551 n° 327, popolazione anno 1745 n° 470, popolazione anno 1833 n° 949, popolazione anno 1839 n° 1076 - nome del luogo: Caggiole o Gaggiuole, titolo della chiesa: S. Mustiola (Cura), diocesi cui appartiene: Montepulciano (giĂ di Chiusi), popolazione anno 1551 n° 521, popolazione anno 1745 n° 242, popolazione anno 1833 n° 293, popolazione anno 1839 n° 347 - nome del luogo: Caselle, titolo della chiesa: S.
Bartolommeo a S. Biagio (Cura con capitolo di cappellani), diocesi cui appartiene: Montepulciano (già di Arezzo), popolazione anno 1551 n° 530, popolazione anno 1745 n° 634, popolazione anno 1833 n° 824, popolazione anno 1839 n° 901 - nome del luogo: Cerliana o Ciarliana, titolo della chiesa: S. Michele (Cura), diocesi cui appartiene: Montepulciano (già di Chiusi), popolazione anno 1551 n° 407, popolazione anno 1745 n° 243, popolazione anno 1833 n° 359, popolazione anno 1839 n° 382 - nome del luogo: Cervognano, titolo della chiesa: S.
Andrea (Cura), diocesi cui appartiene: Montepulciano (già di Chiusi), popolazione anno 1551 n° 789, popolazione anno 1745 n° 229, popolazione anno 1833 n° 332, popolazione anno 1839 n° 360 - nome del luogo: Gracciano, titolo della chiesa: S. Egidio (Pieve), diocesi cui appartiene: Montepulciano (già di Chiusi), popolazione anno 1551 n° 669, popolazione anno 1745 n° 460, popolazione anno 1833 n° 840, popolazione anno 1839 n° 933 - nome del luogo: Grazie (S. Maria delle) o Madonna di S. Martino, titolo della chiesa: S. Martino e S. Maria delle Grazie, diocesi cui appartiene: Montepulciano (già di Arezzo), popolazione anno 1551 n° 372, popolazione anno 1745 n° 440, popolazione anno 1833 n° 644, popolazione anno 1839 n° 619 - nome del luogo: MONTEPULCIANO (*), titolo della chiesa: S. Maria Assunta (Cattedrale), diocesi cui appartiene: Montepulciano (già di Arezzo), popolazione anno 1551 n° 3750 (con S. Bartolommeo nel GesÚ, S.
Maria e S. Lucia, S. Mustiola in S. Agostino), popolazione anno 1745 n° 774, popolazione anno 1833 n° 977, popolazione anno 1839 n° 947 - nome del luogo: MONTEPULCIANO (*), titolo della chiesa: S. Bartolommeo nel GesÚ (Cura), diocesi cui appartiene: Montepulciano (già di Arezzo), popolazione anno 1551 n° 3750 (con S. Maria Assunta, S. Maria e S.
Lucia, S. Mustiola in S. Agostino), popolazione anno 1745 n° 418, popolazione anno 1833 n° 486, popolazione anno 1839 n° 503 - nome del luogo: MONTEPULCIANO (*), titolo della chiesa: S. Maria e S. Lucia (Cura), diocesi cui appartiene: Montepulciano (già di Arezzo), popolazione anno 1551 n° 3750 (con S. Maria Assunta, S. Bartolommeo nel GesÚ, S.
Mustiola in S. Agostino), popolazione anno 1745 n° 383, popolazione anno 1833 n° 467, popolazione anno 1839 n° - nome del luogo: MONTEPULCIANO (*), titolo della chiesa: S. Mustiola in S. Agostino (Cura), diocesi cui appartiene: Montepulciano (già di Arezzo), popolazione anno 1551 n° 3750 (con S. Maria Assunta, S.
Bartolommeo nel GesĂš, S. Mustiola in S. Agostino, S.
Maria e S. Lucia), popolazione anno 1745 n° 739, popolazione anno 1833 n° 807, popolazione anno 1839 n° - nome del luogo: Nottola, titolo della chiesa: S. Maria (Cura), diocesi cui appartiene: Montepulciano (giĂ di Arezzo), popolazione anno 1551 n° 170, popolazione anno 1745 n° 196, popolazione anno 1833 n° 240, popolazione anno 1839 n° 259 - nome del luogo: Parcia, titolo della chiesa: S. Albino (Pieve), diocesi cui appartiene: Montepulciano (giĂ di Chiusi), popolazione anno 1551 n° 540, popolazione anno 1745 n° 278, popolazione anno 1833 n° 393, popolazione anno 1839 n° 525 - nome del luogo: Valiano, titolo della chiesa: S. Lorenzo (Pieve), diocesi cui appartiene: Montepulciano (giĂ di Chiusi), popolazione anno 1551 n° 388, popolazione anno 1745 n° 440, popolazione anno 1833 n° 784, popolazione anno 1839 n° 800 - Totale abitanti anno 1551 n° 9125 - Totale abitanti anno 1745 n° 6771 - Totale abitanti anno 1833 n° 10204 - Totale abitanti anno 1839 n° 10987 (*) N. B. La popolazione del 1551 in città è per Contrade, nei subborghi per Camperie, in guisa che questâultima delle Camperie lâabbiamo ripartita fra le parrocchie suburbane alla cittĂ di Montepulciano.
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1839, Volume III, p. 464.
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