PESCIA CITTA’ (PISCIA)
in Val di Nievole.
– Città nobile e manifatturiera, già Terra cospicua, residenza di un vescovo immediatamente soggetto alla S. Sede, capoluogo di comunità e di un vicariato omonimo nel Compartimento di Firenze.
Questa città di figura quadrilunga, che il fiume Pescia in due corpi divide, trovasi ad un’elevatezza di 169 braccia sopra il livello del mare Mediterraneo, misurata trigonometricamente dal P. Inghirami dalla sommità del campanile del duomo. – È posta fra il grado 28° 31’ longitudine e il grado 43° 21’ latitudine, 11 migl. a levante di Lucca, 23 a grecale di Pisa, 15 migl. a ponente di Pistoja e 35 a maestrale di Firenze.
Se la città di Pescia non può dirsi nell’insieme molto regolare, comecché le sue strade siano quasi tutte parallele alle due sponde del fiume e in una direzione uniforme da ostro a settentrione; se proporzionatamente al vasto recinto della città alquanto disunito apparisce il suo caseggiato, cotesti difetti peraltro sono ricompensati dall’amenità dei colli che da tre lati a guisa di anfiteatro a Pescia fanno spalliera, dalle sue ubertosissime campagne, dalla frequenza delle ville e castella che la circondano, dall’attività e dall’industria manifatturiera ed agricola degli abitanti, che le acque perenni della Pescia a loro profitto con gran cura rivolgono.
La città è situata allo sbocco di un angusto vallone fiancheggiato da due diramazioni di monti che si abbassano in deliziosi colli coperti in alto da cupe selve di castagni, cui succedono a mezza costa sempre verdi e copiosi oliveti.
Dal nome Pescia e dall’emblema araldico preso dalla città, rappresentante un delfino ritto e coronato, alcuni dedussero che i suoi antichi abitanti fossero pescatori; dondechè immaginarono che a Pescia esistesse un piccolo porto mediterraneo a guisa di canale, dove s’introducevano i navicelli. Ma fia inutile il soffermarsi sopra cotesta leggenda, sapendo ognuno che la fiumana della Pescia fino sotto alla città conserva il carattere di un torrente precipitoso tanto che le sue acque staccano dai monti superiori di Vellano e di Calamecca e trascinano fino costà massi immensi di macigno.
In quanto poi al delfino tipo della città, siccome l’introduzione degli stemmi fu di molti secoli posteriore al nome di Pescia, è presumibile che quel pesce fosse adottato per arme parlante di Pescia, come per modo di esempio fu preso il fiore per Fiorenza , il monte con sopra una mano per Monsummano, un monte con sopra un catino per Montecatino , una barca per emblema della Terra di Barga situata in montagna e così di tanti altri paesi della Toscana e dell’Italia.
Comunque sia il fiume che passa in mezzo a Pescia da tempi assai remoti portava il nome di Pescia maggiore, oggi detto Pescia di Pescia , a differenza dell’altra Pescia minore, che suole appellarsi Pescia di Collodi. Fra i documenti superstiti che facciano prova di un tal vero giova citare fra gli altri un istrumento rogato in Lucca, nel 1 novembre del 913, nel quale è fatta menzione dell’antica pieve di S. Pietro in Campo posta allora fra la Pescia maggiore e la Pescia minore, mentre un’altra scrittura del 16 settembre 915 parlando del casale di Ubaca nel distretto di Vellano lo dice situato presso la Pescia maggiore. – (MEMOR. LUCCH. T. V. P.III.) Molti eruditi appoggiati alle parole del Cluverio nella sua Italia antica hanno opinato, che dov’è attualmente la città di Pescia passasse un dì la via Clodia, e che vi fosse la mansione ad Martis designata nella tavola Peutingeriana.
Ma qualora si prenda ad esaminare la situazione topografica della città posta dentro un’insenatura di delizioso, ma alquanto angusto vallone; qualora si voglia contemplare l’andamento attuale della strada postale lucchese, la quale per entrare in Pescia deve lasciare la sua direzione a ponente e volgersi quasi ad angolo retto da ponente a settentrione per internarsi un buon miglio rimontando la ripa sinistra della Pascia maggiore prima di trovare la città; qualora si rifletta che la stessa via postale appena attraversata da levante a ponente la città tostochè ha varcato il fiume sul ponte detto del Duomo, essa ripiega nella direzione da settentrione a ostro e per un migl. scendendo parallela alla ripa destra dello stesso fiume onde ritornare quasi dirimpetto al punto della prima divergenza, per quindi continuare la direzione di ponente verso Lucca, tutto ciò basterebbe a convincere chiunque che l’antica strada maestra da Lucca per Pistoja e Firenze non doveva passare come quella attuale di mezzo alla città di Pescia.
Non starò a far parola di coloro i quali prestando fede ad una ridevole tradizione suppongono essere stato riedificato costà dal re Desiderio il distrutto Fano di Marte, che quel re volle si appellasse Pescia, tostochè l’abate Placido Puccinelli nelle Memorie di Pescia sua patria fu il primo a contradirvi, fondandone la ragione in un istrumento dell’ottobre 742, esistente nell’Arch. Arciv.
di Lucca, e testé pubblicato nel Vol. V. P. II delle Memorie per servire alla storia di quel Ducato.
Avvegnaché ivi si tratta della vendita che fece un tal Mauro della Lombardia traspadana domiciliato in Pistoja, genero di un abitante di Pescia appellato Felicissimo, il quale alienò per il prezzo di soldi 35 di oro a Crispinulo di lui fratello negoziante in Pescia la sua porzione di terre che possedeva costà con due vigne ed un servo. Dal qual fatto risulta che almeno 14 anni innanzi il regno di Desiderio Pescia esisteva, e che sino d’allora abitavano costà de’negozianti. Però nei secoli intorno al mille Pescia era appena un luogo, o vico, siccome tale essa è designata in due istrumenti dell’Arch. Arciv. di Lucca scritti, uno nel novembre dell’813, e l’altro negli 11 ottobre del 1084.
Con quest’ultimo Rolando figlio di Saracino, abitante in Lombardia, essendosi infermato in Toscana nel vico qui nominatur Piscia, mentre la città di Lucca ubbidiva ad un vescovo intruso, dichiarò alla presenza di due canonici esuli da Lucca, il primicero e l’arciprete di quella cattedrale, che egli innanzi di morire riconosceva l’espulso Vesc. Anselmo di Lucca per vero domino diretto di quella porzione del castello corte e case di Montetecatini che era ad esso lui pervenuta per eredità del di lui cugino Ilebrando di Maona figlio che fu di Guido suo zio. – Vedere MAONA.
Nè tampoco camminerò sulle tracce di alcuni storici, i quali fidando sopra varj documenti de’secoli VIII, IX, X e XI dove si rammenta una qualche corte appellata Pescia, credettero quelle corti applicabili tutte alla terra, ora città di Pescia. Imperocché ho già dichiarato agli Articoli BIENTINA, CORTE e altrove, che nel medioevo soleva appellarsi castello qualunque casa torrita, e davasi l’epiteto di corte all’annessa possessione piccola o grande che fosse; dondechè sotto cotest’aspetto è facile comprendere che col vocabolo Pescia s’intendesse tutta la contrada percorsa dalle due fiumane di tal nome. A dimostrare un tal vero rammenterò innanzi tutto un’istrumento lucchese del 6 marzo anno 798, nel quale si tratta del giuspadronato di una cappella dedicata a S.
Gregorio posta in loco Piscia ubi vocabulum est Bovula, cioè Petra Bovula, corrispondente al Castello di Pietrabuona. – Ricorderò la corte di Pescia posseduta costà dal March. Adalberto il Ricco, della quale assegnò le decime al capitolo e alla mensa vescovile di Lucca unitamente ad altre quattro corti, che lo stesso toparca possedeva in Lucca, a S. Genesio, a Brancoli e in Garfagnana.
Rammenterò la corte di Pescia ai vescovi di Pistoja confermata dall’Imperatote Ottone III con privilegio del 26 febbrajo 997. Finalmente citar potrei più d’un documento per provare che anche i conti Cadolingi di Fucecchio godevano più di una corte sulla Pescia , una delle quali fu da essi donata nel 1105 alla badia di S.
Salvatore al Borgonuovo di Fucecchio, mentre ott’anni dopo un’altra corte sulla Pescia venne offerta alla chiesa di Lucca dal conte Ugo de’Cadolingi ultimo stipite di quella prosapia.
Arroge a ciò il giuramento che faceva nel 1119 la contessa Cecilia vedova del suddetto conte Ugo a Benedetto vescovo di Lucca per tutto ciò che la sua mensa vescovile aveva ricevuto in dono dal defunto di lei consorte, compresa una corte e castello sulla Pescia.
Tutto ciò armonizza con un atto di concordia concertato nell’anno 1155 fra il castaldo di Gregorio vescovo di Lucca nella sua corte di Pescia e alcuni fedeli o fittuarj di quel prelato.
Quindi è che nel diploma concesso nel 1194 dall’Imperatore Arrigo VI, e da Ottone IV e Carlo IV nel 1209 e nel 1355 confermato ai vescovi di Lucca furono rammentate le giurisdizioni temporali rilasciate ai prelati di Lucca sopra il castello di Rareglia e sulla corte di Pescia con i suoi mansi e manenti, vale a dire con i poderi e villici alle stesse corti aderenti.
A quella età pertanto il castello di Bareglia, situato dentro il recinto attuale della città sul poggio alla destra del fiume, in luogo denominato tuttora il Castello, era disgiunto dalla terra di Pescia; la quale dubito che nei primi secoli dopo il mille fosse limitata alla porzione di caseggiato situata alla sinistra del fiume, dove veggonsi tuttora il duomo e dietro l’episcopio gli avanzi del suo castello con un’alta torre ad uso di cassero. A conferma di ciò sembra prestarsi ancora il cerchio delle mura urbane e alcune porte di Pescia antica, fra le quali la porta del Duomo, che è sulla strada postale di Lucca appoggiata alla gran torre o campanile, mentre il giro della muraglia del Castello di Bareglia situato nell’opposta ripa della Pescia terminava alla coscia del ponte S. Francesco dalla parte destra del fiume, come può vedersi da una porta e dagli avanzi delle mura ivi superstiti. E infatti due rocche diverse esistevano in Pescia dopo che questa terra era stata unita al distretto della Repubblica fiorentina, siccome avrò luogo più sotto di rammentare delle rocche medesime il nome e quello di alcuni castellani.
A proporzione pertanto che la popolazione di Pescia andava aumentando fu esteso il di lei recinto di muraglie, alle quali si lavorava anche sul cadere secolo XV. Cotesto più moderno giro abbracciò in un solo corpo e con un solo nome la terra antica di Pescia posta alla sinistra, e il castello di Bareglia ch’era, come ho detto, sulla ripa destra dello stesso fiume.
Ma dovendo prima di tutto rivolgere gli occhi agli avvenimenti civili, politici e militari relativi alla terra ora città di Pescia, citerò innanzi tutto un documento inedito del luglio 1202 esistente fra le pergamene dell’archivio comunitativo di Pescia, ora nel R. Dipl. di Firenze. È una carta contenente la minuta di un concordato fra i consoli e consiglieri del Comune di Pescia, e quelli delle Comunità limitrofe di Uzzano e di Vivinaja (ora MonteCarlo) concernenti l’elezione de’consoli, qualificazione delle loro incumbenze e giurisdizioni, ad oggetto di evitare le controversie che potessero insorgere fra quelle Comunità.
Quindi sul declinare dello stesso secolo XII un fatto assai funesto per Pescia è raccontato dagl’istorici e segnatamente da due scrittori contemporanei, Tolomeo di Lucca e Giachetto Malespini di Firenze.
Il primo di essi nei suoi annali lucchesi, all’agosto del 1281 lasciò scritto, che i Lucchesi andarono a oste contro Pescia, e per battaglia l’espugnarono, e che a furia di popolo l’abbruciarono. Causa di quell’incendio (soggiunge l’autore) dicono che fosse perché quel Comune si assoggettò, che non doveva senza il consenso del Sommo Pontefice, al cancelliere dell’Imperatore Rodolfo – Ai detti di Tolomeo sono conformi quelli di Giachetto Malespini, che nella storia fiorentina di Ricordano suo zio dichiarò, qualmente nell’anno 1281 i Lucchesi Guelfi guastarono e arsono il castello di Pescia in Valdinietfole, perchè tenea parte d’imperio, e non voleano ubbidire sotto la Signoria di Lucca. E alla detta oste furono i Fiorentini molto grossi in ajuto de’Lucchesi, ecc.
Assai più fatale e desolante sarebbe stato quell’incendio se dovessimo prestar fede a chi dopo non so quanto tempo registrava in un codice membranaceo di Evangeli esistente nella pieve, ora duomo di Pescia, le seguenti parole: Tota terra Pesciatina a Lucensibus ita fuit combusta et dispersa, ut nulla domus, tam ecclesiarum, quam laicorum absque combustione manserit. Anno 1281.
XIII. Kal. Septembris.
Comunque fosse brutta la faccenda, è certo altresì che cinque anni dopo, nel 1286, il governo degli Anziani di Lucca decretò la riparazione a tanto guasto, facendo restaurare le case, i tempii e le mura della già incendiata Pescia.
A provare che questa Terra fosse tornata in buono stato da fissare meglio i confini del suo distretto territoriale, giova un compromesso tra i sindaci della Comunità di Pescia e quelli del Comune di Uzzano, fatto nel 14 marzo 1298 nel palazzo nuovo degli Anziani presso la chiesa di S.
Michele in Foro di Lucca, allorché nominarono in arbitro Carlo di Manente da Spoleto capitano del popolo di Lucca per determinare i confini comunitativi di Pescia e di Uzzano fra la strada di sotto e la strada di sopra . – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte della Comunità di Pescia).
Poscia come suddita dovè seguitare in sorte di Lucca sua madrepatria, sia allorché nel 1314 se ne impadronì Uguccione della Faggiuola cacciando dalla città e dai paesi del contado lucchese il partito Guelfo che vi dominava; sia due anni dopo quando cambiò di padrone sottentrando all’abominato dominio del Faggiuolano il cittadino Castruccio degli Antelminelli. – Variò bensì Pescia di governo e di padroni dopo la morte di Castruccio quando dovè ubbidire, ora ai soldati tedeschi del Ceruglio, ora al genovese Gherardino Spinola, ora a Giovanni re di Boemia, il quale inviò a Pescia per suo podestà Ghino de’Reali da Pistoja, che fece includere nella giurisdizione politica di Poscia anche la vicaria di Villa Basilica in Valle Ariana.
Fu allora che i Pesciatini radunarono a consiglio generale tutti i notabili della giurisdizione di Pescia, sino al numero di 773, i quali nel dì 20 novembre del 1331 elessero i loro rappresentanti nella persona di Garzone di Bartolommeo Garzoni, ed in quella di Cino di Dino Visconti, due nobili Pesciatini incaricati di recarsi a Lucca a prestar giuramento di fedeltà nelle mani di Simone de’Reali da Pistoja luogotenente del re Giovanni e del principe Carlo di Boemia suo figlio.
Dal 1332 però fino al 1339 Pescia fu soggetta a Mastino della Scala signor di Verona, il quale ottenne il governo di Lucca e del suo contado per compra fattane dal re Giovanni fino a che col trattato di Venezia del 20 gennajo 1339 Mastino fu costretto rinunziare alla Repubblica di Firenze le terre di Pescia e di Buggiano coi loro territorii e giurisdizioni.
Infatti nel dì 10 febbrajo successivo Pescia ricevè con la guarnigione il podestà da Firenze nella persona di Porcello de’Cattani da Diacceto, il quale rimise in patria tutti i Guelfi fuorusciti. Pochi giorni dopo il consiglio generale di Pescia inviò a Firenze i sindaci per fare davanti la Signoria l’atto di sottomissione con apposito giuramento in nome di questa Comunità.
Fu allora che i priori e gonfaloniere di giustizia di Firenze accordarono alcuni privilegi agli abitanti di Pescia, come da istrumento del 14 aprile 1339, il cui originale si conserva nell’Arch. Dipl. Fior. fra le carte di quella Comunità.
Cotesto fatto storico fu scolpito nel palazzo pretorio intorno all’arme del primo podestà fiorentino, così: Porcello di Recho de’Cattani da Diacceto ricevette pel Magn. Comune di Fiorenza la Terra di Pescia l’anno 1339, e fu primo Commissario nello stesso anno. Era questo quel Porcello di Reco che nel 1341 fu eletto gonfaloniere di giustizia della Signoria di Firenze, due cariche onorevoli che cento e più anni dopo cuoprì un suo discendente, Paolo di Zanobi de’Cattani da Diacceto. – Vedere PELAGO.
Lo stesso potestà Porcello da Diacceto nell’atto di accordare l’amnistia ai Guelfi fuorusciti bandì da Pescia 47 individui Ghibellini, fra ai quali primeggiavano molti della casa Garzoni, che si recarono a Lucca, dove per atto pubblico di quel governo furono tutti ammessi alla cittadinanza lucchese.
Fra i Garzoni banditi da Poscia fuvvi un Buonagiunta di Bartolommeo Garzoni, il quale bramando di levare la sua patria dal dominio de’Fiorentini, inviò un suo fedele a Pescia per aprire trattative segrete con un pesciatino (Jacopo di Nuccio) acciò dal lato delle mura della Terra ch’erano appoggiate alla sua casa in prossimità della pieve vi entrassero i congiurati. Ma il potestà de’Fiorentini Berto di Stoldo de’Frescobaldi fece arrestare il mandatario del Garzoni, che nel 23 agosto fu impiccato per la gola.
Allora la Repubblica Fiorentina ordinò la costruzione di un nuovo forte dentro Pescia, cui diede il nome di S.
Michele, diverso dalla rocca antica denominata Castel Leone. Infatti nel 27 gennajo 1342 (stile comune) fu data la consegna della rocca nuova di S. Michele di Pescia a Vanni di Guido Leone Mozzi di Firenze eletto in suo castellano, mentre nel 21 marzo dello stesso anno 1342 fu eletto dalla Signoria di Firenze un altro castellano della rocca di Castel Leone di Pescia nella persona di Tano di Tuccio.
Arroge inoltre l’atto di giuramento di fedeltà al principe Gualtieri duca d’Atene e signor di Firenze prestato nel 18 marzo 1343 (stile comune) da Venturino di Guiduccio eletto in castellano della torre di M.Michele di Pescia. – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte dell’Arch. gen.) – Forse era questa la stessa torre che domina tuttora il borgo S.
Michele situata sul poggio a cavaliere della Porta lucchese di Pescia.
Frattanto i Garzoni emigrati non si erano perduti di animo di rientrare in patria, poiché alcuni di essi nel 1341, e poi nel 1362 si unirono all’oste pisana per tentare di cacciare da Pescia i Fiorentini. Era tra loro un valente capitano, Giovanni Garzoni familiare di Carlo IV, dal quale egli ottenne la conferma del feudo di Vellano oltre l’altro feudo di Castel vecchio. È quello stesso Gio. Garzoni che i Pisani nel 1361 inviarono con un corpo d’armati ad assediare il castel di Pietra buona situato fra Pescia e Vellano, e che conquistò a patti nello stesso anno.
Sennonché questo fatto diede cagione ad una nuova guerra accesasi tra i Fiorentini e i Pisani, i quali ultimi tentarono con buon numero di soldati di dare l’assalto di notte tempo alla Terra di Pescia. Mostravas i ai Pisani felice la fortuna sul principio dell’impresa, poiché molti di essi erano già saliti sulle mura castellane, quando scoperti dal capitano della guarnigione, e alzato il romore, furono gli assalitori con grand’impeto dai soldati di dentro e dai terrazzani gettati giù dalle muraglie. Arroge a ciò una supplica del 21 giugno 1368, presentata alla Signoria di Firenze per parte del Comune di Castelvecchio in Valle Ariana nel distretto fiorentino, colla quale si chiedeva un sussidio alla Repubblica Fiorentina per riparare le fortificazioni di quel castello. – (GAYE Carteggio di Artisti, Vol. I. Append. II.) Anche più gloriosa pei Pesciatini riescì la difesa che seppero opporre alle soldatesche condotte costà nel luglio del 1430 dal conte Francesco Maria Sforza dopo aver con le sue genti cacciati i Fiorentini dall’assedio di Lucca; e comecché Paolo da Diacceto, che vi era potestà, al dire del Machiavelli, senza aspettar l’assalto se ne fuggisse a Pistoja, contuttociò Pescia fu così ben difesa dalla virtù di Giovanni Malavolti che vi era alla guardia e dal coraggio de’Pesciatini e delle loro donne, che i nemici dopo cinque assalti dovettero lasciarla senza aver fatto cosa di alcun momento, e all’incontro con aver riportata vistosa perdita di soldati morti. Per tale difesa valorosa Pescia ricevè lettere di congratulazione dalla Signoria e dai Dieci di Balia di guerra del Comune di Firenze in data del dì 4 agosto 1430 che furono registrate negli statuti di Pescia del 1413 e pubblicate dall’abate Placido Puccinelli fra le Memorie della sua patria.
Non devesi ommettere però un tentativo anteriore del 1396 per ribellare la Terra di Pescia dal Comune di Firenze, il qual fatto fu in senso opposto raccontato dal Galeotti nel suo Compendio storico di Pescia, allorchè disse, come nel mese di agosto di detto anno si scoperse che Grazia di Luporo del Monte di Pescia con altri suoi compagni teneva un trattato di sorprendere Pescia col levarla dal dominio de’Fiorentini; la qual congiura fu rivelata da Puccio di Vannesco da Uzzano e da Paolo di Pino del Monte, stati perciò largamente premiati dalla Comunità. – Fin quì il Galeotti. Ma da un libro di deliberazioni de’Dieci di Balia dell’anno stesso 1396 si rileva, che il traditore fu ser Paolo di Pino da Pescia, il quale trattava di far ribellare la sua patria; e che cotesto progetto invece fu rivelato nel dì 28 gennajo del 1397 (stile comune) da Guido Fanelli del Monte, che diede prigione per fiorini 25 d’oro il traditore ser Paolo di Pino da Pescia.
Il Manni che riporta il fatto nell’illustrazione di un sigillo del Comune di Pescia (Vol. XIII Sigillo VII) parla anche di un altro trattato che fu fatto di poi per tradire i Fiorentini circa la Terra di Pescia. Ciò risulta da un codice della Strozziana, in cui si riporta il processo e la condanna eseguita nel 4 giugno del 1468 nella persona di Zanobi d’Jacopo degli Orlandi da Pescia, perché questi essendo in Roma e avendo aderito ai consigli del fuoruscito Giovanni Negroni arcivescovo di Firenze, promise di recarsi in patria, e là di contraffare le chiavi di una delle porte di Pescia, (la Porta della Fontana) la quale era già stata murata al tempo dello storico Galeotti, per introdurvi le genti d’armi del signore da Carpi con quelle di alcuni nemici di casa Medici esuli da Firenze, per sollevare e impadronirsi di Pescia. Scoperto il trattato dai partitanti de’Medici appena tornò in Pescia Zanobi Orlandi fu arrestato e condannato nel taglio della testa con la confisca de’beni.
Rispetto poi alla parte economica e politica della storia di Pescia, potrei rammentare una convenzione stabilita in Firenze nel dì 6 dicembre del 1353 in ordine ad una provvisione della Signoria emanata sino dal 16 ottobre di detto anno; nella quale si diceva, che volendo supplire alle spese fu deciso d’imporre una certa somma ai Comuni della Val di Nievole. Quindi è che i regolatori dell’entrata e uscita del Comune di Firenze e i sindaci di tutte le Comunità della provincia di Val di Nievole; cioè, di Pescia, Uzzano, Buggiano, Massa e Cozzile, Montecatini, Monte Vettolini, Monsummano, e Vellano, nel suddetto dì 6 dicembre 1353 convennero insieme per ripartire proporzionatamente le somme necessarie al salario da pagarsi al vicario e per le spese de’castellani deputati in detta provincia per il Comune di Firenze. – Dondechè il Comune di Pescia fu tassato in lire 1294; Uzzano in L.
471; Buggiano in L. 1294; Massa e Cozzile in L. 584; Montecatini in L. 1000; Monte Vettolini in L. 647; Monsummano in L. 294, e Vellano in L. 294. Inoltre fu deliberato che per il restante si facessero buoni alle comunità testé indicate i loro privilegi ed esenzioni.
Non sembra però che tutte le popolazioni della Val di Nievole si acquetassero a tale ripartizione ed aggravio, poiché nel 1386 i sindaci delle Comunità prenominate elessero in arbitro il celebre Coluccio di Piero di Coluccio Salutati cancelliere fioreniino; sicché questi nel 18 giugno dello stesso anno, stando nella chiesa di S. Pietro del Borgo a Buggiano, pronunziò un lodo sulla tassazione respettivamente assegnata a quelle Comunità onde soddisfare gli oneri ed altri servigj pubblici per interesse del Comune di Firenze.
Fra i differenti tentativi più volte fatti d’ordine della Signoria di Firenze per meglio distribuire le prestanze e il catasto, il Pagnini nella sua Opera delle Decime non rammenta il catasto nel 12 giugno 1396 determinato dai priori e gonfalonieri di giustizia e concernente una nuova descrizione delle prestanze da pagarsi al Comune di Firenze dalle persone allirate e descritte in qualunque popolo e Comunità del contado fiorentino. – Ciò che importa alla storia letteraria di conoscere nella provvisione accennata si è la determinazione presa di cancellare dal libro delle prestanze e dalla descrizione suddivisata maestro Ugolino da Montecatini di Val di Nievole dottore in medicina, stato eletto a leggere nello studio fiorentino, per la ragione che egli non possedeva beni se non che nel castello e territorio di Montecatini sua patria, e perciò fuori del contado fiorentino. – (ARCH.
DIPL. FIOR. Carte della Comunità di Pescia) Coteste prestanze o balzelli furono effetto delle grandi spese sostenute dalla Repubblica Fiorentina per il corso di un intero decennio contro Lucca, per cui, dice il Galeotti, convenne alla Comunità di Pescia, oltre il mantenimento de’soldati che essa mandava all’esercito fiorentino, pagare eziandio nel 1441 un altro balzello imposto per le spese dell’ultima guerra contro Lucca.
Finalmente la Signoria di Firenze sotto dì 13 settembre 1442, cioè un anno dopo la pace ratificata con i Lucchesi, deliberò che la Comunità di Pescia in contemplazione di aver sofferto molte spese nella guerra di Lucca e nel risarcire una parte delle sue mura castellane, invece di prendere 350 staja di sale per l’annuo consumo de’suoi abitanti, com’era stata tassata fino dall’anno 1429, fosse obbligata a prenderne solamente staja 260.
Frattanto cotesto consumo annuale di sale ci da approssimativamente la numerazione a quell’epoca della popolazione della Comunità di Pescia; giacché calcolando che ogn’individuo consuma uno per l’altro libbre dieci di sale per anno,e sapendo che ogni stajo del sale a quel tempo pesava 50 libbre, si aveva nel primo caso del 1429 sale sufficiente a 1750 persone, mentre le 260 staja assegnate nel 1442 avrebbero supplito presso a poco ad una popolazione di 1300 indiviilui.
Ora se si confronti questo fatto reale col racconto ideale di chi scriveva un dì che la sola città di Pescia innanzi l’epoca del 1281 racchiudeva dentro le sue mure 16,000 anime, stupirà di sentire che tutta la Comunità di Pescia, compresa la Terra, nel 1429 non arrivasse a 800 abitanti e che quel numero fosse diminuito di qualche centinajo nel 1442.
Dico questo per far rilevare sino a qual punto un buon governo, una lunga pace, una ben intesa industria manifatturiera ed agricola influis cano sull’economia pubblica e sul progresso di una popolazione. Avvegnaché non vi è oggi Comunità campestre in Toscana, e forse non ve n’è in tutta Europa un’altra che, rispetto alla quantità della sua popolazione in confronto del territorio possa equipararsi a questa di Pescia, la quale nel 1840 contava per ogni miglio quadrato di suolo imponibile il vistosissimo numero di 1272 abitanti!! Vedere avanti l’Articolo COMUNITA’ DI PESCIA. Nell’anno 1445 sotto dì 19 settembre, essendo vicario e potestà di Pescia Andrea di Silvestro de’Nardi, furono eletti nel palazzo di sua residenza gli arbitri per parte del Comune di Firenze da un lato e per quello degli artefici e de’lavoratori delle terre di Pescia dall’altro lato, affinchè eglino pronunziassero sentenza relativamente alle pensioni da pagarsi alla camera comunitativa di Pescia per le case, mulini, botteghe e bestiami situati nel suo disiretto. – (loc.
cit.) Sotto di 16 mano 1459 (stile comune) gli ufiziali eletti dal consiglio generale di tutto il vicariato di Val di Nievole e Valle Ariana stabilirono e riformarono i vecchi statuti relativi al governo economico e civile della provincia, e alle attribuzioni de’consiglieri e degli altri ufiziali; i quali statuti vennero approvati con qualche modificazione per 5 anni dai deputati del Comune di Firenze. – (loc. cit.) Ad un’epoca assai più antica rimontano li statuti della Terra di Pescia, mentre uno dell’anno 1308 è rammentato da Francesco Galeotti nel suo Compendio storico di Pescia, MS del 1657.
Più importante per la parte agronomica di cotesta contrada sarebbe lo statuto del 1340, il quale per asserto dell’Avv.
Gio. Baldasseroni si conservava ai tempi suoi autentico nell’archivio della stessa Comunità. Imperocché ivi si trova registrata una rubrica, che ordina la piantagione dei Mori Gelsi nel territorio pesciatino, mentre in altra rubrica di quello statuto medesimo si prescrive ai possidenti terrieri di piantare in date situazioni di quel territorio comunitativo otto pedali di fichi per ogni coltra di terra. – Da ciò pertanto apparisce come sino d’allora stasse a cuore dei Pesciatini la buona agricoltura e le moltiplicazione delle piante fruttifere, fra le quali la coltivazione del gelso , donde viene somministrata la materia prima alla seta e con questa alle sue manifatture, che sono la vita e una delle sorgenti maggiori della ricchezza de’Pesciatini.
Ora se il gelso esisteva sino dal 1340 nei campi di Pescia, come può conciliarsi ciò col bando del 3 aprile 1435 di questa stessa Comunità che ordinava, si dovessero coltivare in ciascun podere del territorio pesciatino per lo meno 5 pedali di Mori Gelsi bianchi! Come sarebbe conciliabile lo statuto del 1340 col pubblico decreto emanato dal consiglio generale della Comunità medesima, decreto che a perpetua ricordanza fu rammentato sotto l’effigie del pesciatino Francesco Buonvicini nel palazzo comunitativo; poichè dice costui di aver portato nel 1435 … alla sua patria questa pianta, Dalla qual nacque poi ricchezza tanta Che in ogni luogo si noma il Delfino: cioè l’emblema parlante di Pescia, ch’è rappresentato in un Delfino. Come spiegare quest’ultimo fatto con le premure dimostrate dai Pesciatini per la coltura dei Mori quasi un secolo anteriore al gelso recato a Lucca e a Pescia dal Buonvicini? Inoltre domanderei, se Lucca e Pescia solamente presero parte nel 1435 in cotesto traffico?... Al che mi sembra sentir rispondere di no dagli Statuti dell’Arte di Por S.
Maria, ch’era l’arte de’setajoli in Firenze, mentre ivi leggesi registrata la seguente memoria: che nel 1423 per l’Arte (di Por S. Maria) si cominciò a fare i filugelli in Firenze, e furon eletti sei cittadini a farci fare l’esercizio de’filugelli bigatti e tirarne la seta.
Arrogo a ciò una riformagione della Signoria rammentata dall’Ammirato nella sua Storia Fior. all’anno medesimo 1423, per la quale fu esente da ogni gabella l’introduzione nella città di Firenze de’filugelli e della foglia del Moro, quando fu ordinato: quod Filugelli et folia Mori mitti possint intra civitatem absque solutione gabellae. – (RIFORMAG. DI FIR.) Io non saprei meglio spiegare cotesta specie di anomalia, o anacronismo che risalterebbe tanto anteriore de’documenti di sopra citati, se non supponendo che il Buonvicini portasse in Pescia sua patria una qualità di mori esotici differenti e migliori di quelli che vi si trovavano già da cent’anni e forse prima.
Ma per tornare donde partii, cioè all’istoria di Pescia, mi si presenta una provvisione dalla Signoria di Firenze sotto dì 4 dicembre 1465, con la quale fu ordinato che tutte le condannagioni pecuniarie che vennissero fatte nel vicariato di Pescia dal 1463 in poi, fossero assegnate per dieci anni a vantaggio delle Comunità del vicariato, onde supplire alle spese nella riparazione delle mura di Pescia e di altri castelli della Val di Nievole. Lo che fu confermato nel 1473 per altri dieci anni. – (loc. cit.) Finalmente con riformagione del 6 marzo 1503 la Signoria di Firenze rinnovò la stessa concessione per un altro decennio alla Comunità di Pescia rispetto alle condannagioni pecuniarie, onde servirsene al risarcimento delle mura di detta Terra. Cotesto documento, che fu preceduto nel secolo XV da diversi altri dello stesso tenore, autorizza a credere che quegli ordini riferissero al restauro, o piuttosto all’ultimo più esteso ma più debole recinto della Terra di Pescia.
Ad oggetto poi di favorire il commercio dei prodotti del suolo di Pescia nel 4 aprile 1475 fu decretato dai governatori delle gabelle della città di Pisa, che in vigore del trattato con la Repubblica Fiorentina venisse accordata agli abitanti del Comune di Pescia facoltà di trasportare e passare liberamente per la città di Pisa e per il fiume Arno il vino e l’olio del loro territorio senza pagare alcun dazio. In conseguenza dell’esenzione predetta il tribunale de’consoli di mare nel 1 giugno del 1475 decise di concedere il libero passaggio delle merci della Comunità di Pescia per alcuni fiumi ed inclusive per il lago di Bientina.
Arrogo a ciò una deliberazione presa nel 22 marzo 1499 (stile comune) dagli ufiziali della grascia di Firenze che concedeva grazia ad alcuni mercanti di Pescia relativamente al pagamento da essi dovuto di certe gabelle.
Da quell’epoca in poi il popolo di Pescia restò tranquillo spettatore delle vicende politiche che travagliarono Firenze nei primi sei lustri del secolo XVI. Però i Pesciatini non furono degli ultimi a gridare Palle Palle innanzi che la casa de’Medici salisse sul trono della sua patria. Ciò fanno conoscere gli ordini che furono dati nel 1527 dal vicario di Pescia al cancelliere della Comu nità, cioè di levare le armi della famiglia de’Medici state poste sopra le porte all’ingresso di Pescia.
Infatti dopo la battaglia di Cavinana, nella quale restò preso e trucidato il valoroso Ferruccio, il calabrese uccisore, Fabrizio Maramaldo, tornò a stanza in Pescia con buon numero di fanti e di cavalli che distribuì per la Val di Nievole onde si dovesse vivere a discrezione di un’insolente soldatesca.
Fu solo per qualche giorno nel 1554, all’occasione dell’ultima guerra contro la Repubblica di Siena, quando i Pesciatini dovettero accogliere fra le loro mura una numerosa banda di soldati francesi comandati da Piero Strozzi, il quale vi si diresse da Siena con l’intenzione di attaccare battaglia col marchese di Marignano generale delle truppe Austro-Ispano-Medicee. Pur non ostante in quel frangente i Pesciatini non diedero allo Strozzi senza prima averne ottenuto licenza dal marchese di Marignano, cui si mostravano ligi. – In tale evento pertanto poco mancò che Pescia non fosse posta a sacco, se non era la mediazione del fiorentiuo Guglielmo Martelli, il quale militava con lo Strozzi, pregatone da Pandolfo Martelli suo germano che allora per conto di alcune sue possessioni si trovava in Pescia – (ADRIANI E AMMIR.
Istor. fior.) Infatti Pescia deve al primo pontefice di casa Medici l’erezione della sua chiesa plebana in prepositura Nullius Dioecesis.
E tanto è vero che i Pesciatini venivano contemplati fra i più fedeli sudditi della casa Medici, che Cosimo I, coll’occasione di far dipingere nel palazzo vecchio di Firenze le città e terre principali del suo dominio, diede a questa di Pescia il titolo lusinghiero di molto fedele: Piscia oppidum adeo fidele.
Finalmente il Granduca Cosimo III con motuproprio del 19 febbrajo 1698 (stile fior.) dichiarò Pescia città; e fu ad istanza del Granduca Gian Gastone che il Pontefice Benedetto XIII con breve del 17 marzo 1726 eresse la stessa prepositura in chiesa cattedrale.
Ma i miglioramenti che Pescia risente da un secolo a questa parte si debbono ai provvedimenti emanati dai Sovrani dell’Augusta dinastia Austro-Lorena felicemente regnante in Toscana.
Fra le altre savie leggi del governo di Francesco I Imperatore, diceva il Baldasseroni nelle sue Memorie di Pescia, fra le altre savie leggi utili alla libera commerciabilità dei beni stabili fuvvi nell’anno 1751 quella delle mani-morte, legge che dovrebbesi scolpire in bronzo per eternare l’epoca del’umanità! Nel 1762 si diede principio alla più grandiosa e più bella fabbrica pubblica di Pescia com’è quello dello spedale.
Essa in origine destinavasi dal suo autore Donato Maria Arcangeli vescovo di Pescia per uso di un seminario, di cui mancava la sua diocesi. Morto l’Arcangeli innanzi di veder compito l’edifizio, fu dal Granduca P. LEOPOLDO I ordinato che si terminasse e riducesse a spedale per i malati di tutta la Val di Nievole, e per ricevere i gettatelli, cui assegnò una dote sufficiente col superfluo di altri luoghi pii, o coi beni di alcuni conventi e compagnie laicali soppresse. – Fra i conventi esistiti in Pescia furonvi quello de’Chierici regolari della congregazione di S.
Paolo, chiamati Bernabiti, de’PP. Minimi di S. Francesco di Paola; i primi de’quali abitavano un locale contiguo alla chiesa della SS. Nunziata, ed i Paolotti quello annesso a S. Andrea sul poggetto superiore, detto il Castello, stati entrambi soppressi nel 1782.
Nel 1783 per sovrana munificenza fu riedificato il ponte del Duomo, detto anche di Piè di Piazza , a tre grandi arcate col disegno e direzione dell’architetto Giuseppe Vannelli da Varese assai più largo e più pianeggiante dell’antico. – L’iscrizione che vedesi ivi apposta in lapida di marmo fu dettata dal celebre matematico Boscovick.
Edifizi Sacri. – La cattedrale di Pescia intitolata a S.
Maria, fu riedificata come si vede nello stato attuale più grandiosa sopra l’antica pieve nel declinare del secolo XVII col disegno del fiorentino Antonio Ferri. Una parte rimasta della sua facciata antica fornisce qualche indizio dell’epoca in cui fu fatta; rapporto a che sembra quasi confermarlo la grandiosa torre ad uso di campanile situata a contatto della stessa facciata, sopra la cui porta, (ch’è pure l’unico ingresso all’episcopio) leggesi un’iscrizione in marmo che dice: AN. D. MCCCVI. Magr. Bettinus Salvabgi? fecit hoc Opus Tpre Plebani Albizs de’Bardis, et Tiri Uberti, et Dni Dei Opar.
Il duomo di Pescia è in forma di croce latina con cupola; ha una sola navata assai sfogata e grandiosa con apside o tribuna dietro l’altar maggiore.
Il cappellone della crociata a mano destra fu edificato tutto di pietra serena, rappresentante un tempietto dentro un altro maggior tempio. Al suo altare esisteva una preziosa tavola di Raffaello da Urbino, tolta di là dall’ultimo Granduca dei Medici per collocarla nella sua galleria de’Pitti dove si conserva, avendo sostituito in luogo dell’originale una mediocre copia dipinta da Ottaviano Dandini.
Il mausoleo di Mons. Baldassarre Turini ordinato dal suo esecutore testamentario, che vedesi in questa cappella, è di un bel marmo bianco statuario di Carrara. Vasari lo dice opera di Raffaello da Montelupo, comecché a chi lo esamina mostra un lavoro di tal mano da non far punto onore a chi fu esecutore testamentario e amico intrinseco del divino Raffaello.
Molti vogliono sull’asserto dello stesso Vasari che il disegno di cotesto cappellone si debba a Giuliano di Baccio d’Agnolo architetto fiorentino del secolo XVI, mentre secondo l’iscrizione ivi apposta dai fratelli Giovanni e Antonio Cardini, all’anno 1451 pro anima patris, indicherebbe un lavoro di quasi un secolo anteriore. Al che si presta anche lo stile del Brunellesco, senza però, diceva il Gaye, che l’edifizio vada esente da quella imitazione di archi trionfali, e da sovrabbondanza di ornamenti che poco dopo la morte di Filippo Brunellesco inondarono l’Italia. – (GAYE, Carteggio inedito di Artisti. Vol. I.) Nell’altro cappellone a cornu evangeli di padronato della famiglia Cecchi di Pescia la gran tavola a olio rappresentante il martirio di S. Lorenzo fu dipinta nel 1706 da Antonio Domenico Gabbiani fiorentino, il quale dopo più anni fece in tela per l’arco di detto cappellone un sottinsù rappresentante S. Maria Assunta in cielo, di cui al dire del suo biografo Humford non può vedersi cosa più grandiosa.
Fra le antichità della chiesa maggiore di Pescia, viste dall’abate Placido Puccinelli nella sua tenera età (verso il 1620), si contavano alcune statue lavorate in stile barbaro con colonne sostenute da quattro leoni, sulle quali forse posava l’antico pulpito, e che nel 1622 furono murate sotto la scala di pietra del camp anile.
La chiesa prioria collegiata de’SS. Stefano e Nicolao costruita a tre navate è la seconda per dignità fra le chiese della città di Pescia.
Il diligente storico pesciatino Ab. Placido Puccinelli non potè scuoprire in che tempo, nè da chi essa fosse fondata, poiché a uno de’suoi vetusti restauri sembra che riferisca un frammento di colonna di pietra murato in un pilastro a sinistra della navata di mezzo, in cui si legge quanto appresso: Anno MCCCXXI. Hoc opus fieri fecit Nardus Fortis pensis suis.
Ma di quel restauro o riedificazione della chiesa di S.
Stefano nel 1321 non restano che pochi avanzi nella parte esterna sulla facciata e dal lato occidentale, dove apparisce la fabbrica moderna alzata, o frapposta alla vecchia con la seguente iscrizione in macigno: Paul. Ant.
Corsini Rector a fundamentis instauravit 1748.
Se l’architetto che fornì il disegno per rifare cotesto tempio era quello medesimo che fece la scalinata doppia, per la quale si sale in chiesa, sarebbe da credersi opera del pesciatino Agostino Ceracchini, scultore distinto del secolo XVIII. – (BALDASSERONI, Memor. di Pescia).
Comunque sia la cosa, di cotesta chiesa di S. Stefano si hanno memorie fino dall’anno 1193 in un istrumento rogato da Aldrigo notaro sulla Poscia maggiore nella canonica di S. Stefano; dal quale apparisce che Aldobrando pievano della pieve di S. Pietro in Campo rilascia in affitto alcune terre al rettore dell’ospedale dell’Altopascio per l’annuo censo di 4 staja di miglio alla misura dello stajo di Pescia. (LAMI, Hodepor.) Quella espressione di canonica darebbe a sospettare che la chiesa di S. Stefano di Pecia nel secolo XII avesse avuto canonici, ossiano cappellani, Che sebbene essa nel registro delle chiese della diocesi lucchese redatto nel 1260 si trovi compresa nel pievanato di Pescia; sebbene nella bolla di PP. Leone X del 23 settembre 1519, venga qualificata col titolo di rettoria, concedendo a quel rettore la terza dignità nel capitolo della nuova cattedrale col nome di priorato, ciononostante la stessa parrocchiale di S. Stefano si trova qualificata col titolo di pieve in una pergamena originale del 25 novembre 1444 rogata dal notaro Wernerio presso la chiesa di Breslavia in Slesia nella casa del decanato. È un documento esistente fra le carte della Comunità di Pescia nell’Arch. Dipl. Fior., che può anche servire a rettificare la biografia di Baldassarre Turini seniore; avvegnaché cotesto Baldassarre in quell’istrumento si dichiara dottor di decreti, luogotenente per la S. Sede Apostolica in Slesia (e non in Polonia), e pievano della chiesa parrocchiale di S. Stefano di Pescia nella diocesi di Lucca . Egli come pievano di essa chiesa costituiva con quell’atto suoi procuratori Antonio da Pescia dottore, Leonardo di Stefano pievano di S. Maria di Pescia, Gabbriello e Turino suoi fratelli, investendo tutti questi della facoltà di rinunciare in di lui nome la rettoria che riteneva della pieve di S. Stefano di Pescia.
Terza per ordine di anzianità è la chiesa già parrocchia di S. Michele nel borgo, cui è annesso un monastero di Benedettine attualmente ridotto a conservatorio.
Essendoché di cotesto monastero gli storici pesciatini citano un contratto di compra di beni acquistati da quell’abbadessa nell’anno 1173. – Anche il catalogo delle chiese della diocesi lucchese scritto nel 1260 registra il Monastero di S. Michele nel piviere di Pescia.
Devesi inoltre aggiungere che la chiesa e Monastero di S.
Michele, da cui ha preso il nome un borgo di Pescia fuori di Porta lucchese, e che fu parrocchiale fino al declinare del secolo XVIII, non è la medesima di quella di S.
Michele e S. Maria Nuova, prima spedale, poi Monastero di Benedettine, nel cui orto è stato ora edificato un palazzo da uno de’fratelli Magnani posto presso la coscia del ponte del Duomo, ossia a Piè di Piazza.
Realmente Pescia per lunga pezza si è veduta sfoggiare in monasteri di donne, e in conventi di Religiosi. Erano fra i primi il Monastero di S. Michele delle Benedettine (ora conservatorio) il Monastero di S. Maria Madre di Dio delle Domenicane (ora soppresso); il Monastero di S.
Maria Nuova e di S. Michele (ora palazzo privato); il Monastero delle Clarisse (ora seminario); il Monastero di S. Maria del Carmine delle Carmelitane (soppresso) ed il monastero della Visitazione delle Salesiane (esistente).
Si contavano poi tra i conventi quello soppresso de’Frati Paolotti al Castello; quello de’Chierici regolari de’Bernabiti alla SS. Annunziata (soppresso); uno de’PP.
Dell’Osservanza a Colleviti fuori di Pescia (esistente), uno de’PP. Cappuccini della SS. Concezione al Torricchio fuori di Pescia (soppresso); e finalmente quello di S. Francesco de’Minori Conventuali dentro Pescia (pur esso soppresso).
La chiesa però di S. Francesco contigua al convento è una delle più antiche e più grandi di Pescia. Essa fu edificata la prima volta nel 1211 dalla famiglia Orlandi pesciatina.
La Comunità di Pescia fece costruire a contatto della medesima un vasto convento concorrendo alla spesa varie famiglie, fra le quali quella degli Obizi esuli fino del 1315 da Lucca, ed i cui discendenti si elessero la sepoltura nella chiesa medesima, dov’è pure un’iscrizione sepolcrale dell’anno 1362 di maestro Niccolò figlio di Nardo Forti da Pescia, di quel Nardo Forti cui appella la memoria del 1321 esistente nella chiesa di S. Stefano di Pescia d i sopra rammentata.
Una lapida posta a piè del tempio ricorda che la chiesa di S. Francesco nel 1720 fu riedificata più bella e più vasta di prima. – Ivi conservasi al terzo altare a mano destra entrando il ritratto di S. Francesco dipinto da Margheritone d’Arezzo, e non manca da questo lato qualche altro buon quadro de’secoli XV e XVI.
La chiesa della SS. Nunziata posta dalla parte destra del fiume è grande a una navata assai sfogata. Fu fabbricata nel 1600 a spese di alcuni preti, che nel 1623 abbracciarono la regola de’Chierici Regolari di S. Paolo denominata de’Bernabiti. Questi religiosi furono di grande utilità spirituale ai Pesciatini all’occasione del crudele contagio che nel 1630 afflisse quella popolazione, in memoria di che venne eretto nella detta chiesa l’altare di S. Carlo Borromeo patrono della Congregazione dov’esiste una bellissima tavola a olio rappresentante S.
Carlo che comunica gli appestati, dipinta da Baldassarre Franceschini, denominato dalla patria il Volterrano, e giustamente lodata nella Storia pittorica dall’Ab. Lanzi.
Stabilimenti pii . – Quasi dirimpetto alla chiesa di S.
Francesco davanti ad un vasto piazzale, e lungo la ripa sinistra della Pescia, campeggia come dissi una delle più belle fabbriche della città, l’ospedale, fondato col disegno del Vesc. Arcangeli che voleva farne un seminario, per erigere il quale cavò il denaro dalle penali che imponeva ai suoi preti. Morto F Arcangeli innanzi che restasse compita la fabbrica, il Granduca P. LEOPOLDO I destinò il soppresso monastero delle Clarisse di Pescia per seminario e ordinò al magistrato del Bigallo di Firenze che mandasse un disegno per ridurre a termine la fabbrica dell’Arcangeli da servire di ospedale per i poveri malati di tutto il vicariato di Pescia, e per ricevere i gettatelli.
Quindi il Sovrano dotò cotesto spedale col superfluo di alcuni luoghi pii, cui aggiunse altre beneficenze. Esso fu aperto ai malati nel 1781 in separate corsie, le quali fanno ala ad un interno giardino (ERRATA : con 60 letti) con 76 letti fra uomini e donne.
Non è però da dire che Pescia in tempi più antichi mancasse di ospedali, poiché uno de’primi spedalinghi della Toscana fu S. Alluccio pesciatino il quale fiorì nella prima metà del secolo XII, ed il cui spedale con chiesina annessa esisteva sull’antica strada maestra un migl. e mezzo a ostro di Pescia, nel luogo che tuttora conserva il titolo del suo fondatore. Quest’ospizio che contava una rendita, vistosa alla metà del secolo XIII fu oggetto di lunga controversia fra i pievani di Pescia ed i cavalieri Gerosolimitani, ai quali verso l’anno 1200 era stato donato dai fratelli serventi in quello spedaletto.
Inoltre un ospedale spettante alla pieve di Pescia esisteva nel 1260 come risulta dall’antico registro delle chiese della diocesi di Lucca, corrispondente probabilmente a quella Confraternita del pellegrinaggio di detta pieve rammentata in un testamento di un Pesciatino fatto nel 7 novembre 1327, il cui originale si conserva tra le carte del Monastero di S. Michele di Pescia ora nell’Arch. Dipl.
Fior. – Dell’ospedale di S. Maria Nuova fondato in Pescia nel 1332 dal prete Jacopo Rustichelli, rettore della chiesa di S. Concordio a Monzone, che l’ammensò a detto spedale, si è parlato all’Articolo MONZONE di Pescia. – Finalmente di sei spedaletti riuniti in uno col nome di S.
Michele e S. Maria Nuova tratta una bolla del 17 aprile dell’anno 1400 spedita da Roma dal Pont. Bonifazio IX alla Comunilà di Pescia. – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte della Com. di Pescia). – Ma cotesti luoghi servivano piuttosto di ricovero ai passeggeri e pellegrini anzichè al bisogno dei terrazzani. Arroge a ciò come le famiglie pesciatine più ragguardevoli intendendo giovarsi dell’entrate di quelli ospedali riuniti per convertirne il locale in un monastero di donne, e collocarvi molte loro figliuole che destinavano spose di Gesù Cristo, ottenuta che ebbero l’annuenza del proposto Giuliano Cocchi e dei canonici di Pescia, nel 28 aprile 1559 fecero istanza al duca Cosimo I di ridurre lo spedale riunito di S. Michele e S. Maria Nuova in un monastero di religiose obbligandosi a prendere quattro o sei monache dall’antico monastero di S. Michele di Pescia, ad oggetto d’istruire le fanciulle novizie nella regola di S. Benedetto.
Istruzione pubblica. – La città di Pescia proporzionatamente alla popolazione e all’agiatezza de’suoi abitanti scarseggia anziché nò di pubblica istruzione.
Non dirò dell’antica tipografia che vi fu eretta nel 1486 da due giovani pesciatini (Sebastiano e Raffaello di ser Jacopo di Gherardo Orlandi) con la direzione del tedesco tipografo Sigismondo Rodt di Bitsfeld nella Svevia, per stamparvi specialmente opere di giurisprudenza, la prima delle quali fu nel 1486 di Francesco Accolti intitolata: Commentaria super Tit. VIII Accusat. Inquisit. et Denuntiat. in V libro Decretatium, un vol. in fol. max.; e nell’anno medesimo di Mariano Soccini il Tractatus de Oblationibus; e quello di Nello da Sangimignano che porta per titolo De Bannitis. – Nel 1488 lo stesso tipografo ed editori pubblicarono in Pescia in fol.
L’Epitoma rei militaris del Vegezio, e nel 1489 le Repetitiones et disputationes Laurentii de Rodulphis, opera rarissima di questo canonista fiorentino non rammentata dal Tiraboschi. Nello stesso anno 1489 il trattato De exceptionibus, praescriptionibus et sententiis di Felino Sandeo. Quindi nell’anno 1492 fu stampato dai medesimi il Trattato di Dino del Mugello de regulis juris ed il Compendium Logicae del Padre Savonarola. Due altri opuscoli di quest’ultimo autore si stamparono posteriormente in Firenze a spese di Pietro Pacini da Pescia, cioè: De simplicitate Christianae vitae, e l’Expositio Psalmi LXXIX.
Non dirò dell’accademia letteraria de’Cheti fondata in Pescia nel 1667, perchè dopo essere stata lungo tempo arcicheta convertì il suo locale (anno 1714) in un casino per la nobiltà. Non dirò dell’istituto de’PP. Bernabiti, che stettero costà dal 1623 al 1782 senza farvi grandi allievi; non dirò del Teatro riedificato più grandioso sulla fine del secolo passato, perché poche volte vi si declamano produzioni piacevoli e di utilità nel tempo stesso. Ne anche dirò come all’età nostra per ben due volte la società fiorentina pel mutuo insegnamento prestò ajuto affinchè si aprissero in Pescia scuole ordinate secondo il suo metodo, poiché esse vi ebbero brevissima vita. Dirò bensì che i due maestri di scuole elementari e di lingua latina mantenuti dalla Comunità sembrano troppo piccola cosa in confronto al bisogno che vi sarebbe di educare ed istruire nel tempo stesso il popolo. – Rispetto all’educazione, e istruzione delle fanciulle vi sono le Salesiane nel grandioso monastero eretto nel 1722 sulla strada di Porta fiorentina con piccola chiesa dedicata alla Visitazione. Il Conservatorio di S. Michele serve all’educazione di un ristretto numero di fanciulle a convitto.
La mente del vescovo Arcangeli d’istituire un seminario coll’idea che ivi potessero avere sufficiente istruzione morale e scientifica i chierici della diocesi ed anche i secolari della città era un salutare progetto, che si procura di mettere ad effetto dal zelante vescovo attuale Mons.
Vincenzio Menchi con l’opera di otto professori di altrettante cattedre aperte nel seminario di S. Chiara; quattro delle quali per le lettere greche e latine, la quinta per la filosofia e le matematiche, la sesta per il diritto canonico e civile, la settima e l’ottava per la teologia dommatica, e la teologia morale.
Già 32 alunni convivono in cotesto seminario, dove gli estranei tanto cherici come secolari sono ammessi alle scuole testé annunziate. Non manca adunque che la cooperazione de’parrochi, degli ottimali, de’padri di famiglia e la buona volontà in chi dovrebbe, com’è sperabile, profittarne.
Industrie manifatturiere. – Eccoci al paragrafo più importante, a quello in cui si tratta delle cause maggiori di ricchezza e prosperità di questa città. Lascerò per l’articolo seguente, COMUNITA’DI PESCIA, il dire qualche parola sull’industria agraria del suo territorio. Quì ne incombe maggiormente l’industria opificiaria delle sue cartiere, delle sue filande, dei valichi e delle conce di pellami, quattro specie di mano d’opera nelle quali Pescia primeggia fra le città più manifatturiere del Granducato.
Già dissi che la fiumana della Pescia maggiore, ossia della Pescia di Pescia, porta a cotesta contrada arena d’oro, avvegnaché mediante la sua discesa quelle acque perenni sono state incanalate in varie gore per mettere in moto macini da mulini, pistoni per cartiere, ruote e rocchetti per valichi, magli per ferriere, ecc.
Dondechè solamente dentro il territorio comunitativo di Pescia, dove il fiume trapassa per il cammino di circa 5 miglia, si contano undici cartiere; la più antica delle quali, che rimonta al secolo XV, appartenne alla famiglia Turini.
Che sebbene cotesta lavorazione sembri attualmente alquanto incagliata dalla libera estrazione de’cenci, pure dentro l’anno 1840 le medesime undici cartiere hanno somministrato lavoro a circa 110 uomini, e a 170 fra donne e ragazzi col prodotto di 61,600 (ERRATA : balle di carta) risme di carta di più qualità del valore in massa di 344,000 lire fiorentine.
Ma il traffico più esteso e più perfezionato consiste nella trattura e preparazione della seta greggia, traffico che somministra materia a 14 filande e a sei valichi. Nelle quali filande mediante 224 caldaje si trae seta alla calabrese e alla romanina, ossia alla Bassa , dove per tre mesi dell’anno si occupano 480 donne a trarre seta dai bozzoli raccolti nella provincia, (oltre quelli esitati per altre vie) i quali somministrano circa 27900 libbre di seta greggia della valuta approssimativamente di 558,000 lire fiorentine.
Rispetto ai sei valichi attualmente esistenti in Pescia, essi agiscono in tutto il corso dell’anno per lavorarvi sete in orsoj e in trame che si spediscono, porzione agl’indrappatori e consumatori a Firenze e porzione all’estero. I tre valichi de’signori Scoti e Migeaud lavorarono nel 1840 libbre 19000 di seta in orsoj, e libbre 30,000 in trame ad una perfezione sorprendente, ed affatto nuova per la Toscana; le quali sete sogliono spedirsi per la maggior parte a Lione di Francia.
Tutti i sei valichi nell’anno 1840 somministrarono libbre 51,800 di seta in trame del valore in massa a un bel circa di 1,099,200, lire, e libbre 58,000 di seta in orsoj del valore in massa approssimativamente di 2,266,000 lire fior. dopo aver fornito lavoro fisso a 300 donne filatoraje e a cento uomini filatoraj e torcitori. – Le incannatrici poi, il cui numero oltrepassa il mille, lavorano alle proprie case.
Il terzo genere d’industria, in cui Pescia da pochi anni si distingue, consiste nella fabbricazione di marrocchini e di cuoja di tutte le qualità all’uso di Svizzera, di Francia e di Germania.
Nella concia Piacentini, la più perfezionata e più attiva delle quattro esistenti in Pescia, lavorano fissi 45 uomini, dove nel 1840 si conciarono 3000 cuoja bovine all’uso di Francia, 5000 vacchette all’uso di Moscovia, 4000 vitelli, e sopra 25000 pelli di montoni, di pecore e capre per marrocchini all’uso di Svizzera, oltre 1100 pelli di cavalli.
Tutta cotesta lavorazione ammonterebbe ad una massa di circa 354,000 lire fiorentine, mentre le altre conce non superarono tutte insieme nello stesso anno la valuta a un dipresso di 57,000 lire fiorentine.
Anche i cappelli di pelo costituiscono in Pescia una manifattura di qualche considerazione, poiché somministrano lavoro a circa 60 uomini che produssero nel 1840 da 22000 cappelli fini, e da 4000 cappelli ordinarj, per il valore in massa di circa 88,500 lire fiorentine.
Uomini illustri. – La città di Pescia per quanto vi scarseggino stabilimenti di pubblica istruzione, ha fornito in tutti i tempi personaggi distinti nelle lettere, nella toga e nella spada. Imperocché senza contare fra i primi il cardinale Jacopo Ammannati, che Lucca fa suo; senza valutare Coluccio Salutati che il castelletto di Stignano a buona ragione rivendicherebbe per sé; senza dire che dal matrimonio contratto in Pisa (ERRATA: nel 5 luglio 1562) nel 5 luglio 1561 (stile comune) fra la pesciatina Giulia di Cosimo di Ventura Ammannati ed il mercante fiorentino Vincenzo di Michelangelo Galilei nacque un anno e sette mesi dopo in quella città il Gran Galileo; contuttociò Pescia ha la gloria di contare fra i suoi figli più illustri, nel secolo XIV un Pietro Onesti che nel 1387 lesse filosofia morale nell’università di Siena; nel secolo XV Baldassarre Turini seniore che fu nunzio pontificio in Slesia e in Ungheria sotto i pontefici Pio II e Sisto IV, i due fratelli Orlandi di sopra nominati, che introdussero la prima stamperia in Pescia, e pubblicarono a loro spese opere di celebri giureconsulti. Fu di Pescia un maestro Taddeo celebre professore di grammatica a Sanminiato, donde fu chiamato nel 1452 a leggere nello studio fiorentino con l’annuo stipendio di cento fiorini d’oro.
Rispetto al qual maestro Taddeo fornisce maggior lume una lettera scritta li 7 giugno 1452 per commissione della Signoria di Firenze dal suo cancelliere Carlo Marsuppini, diretta a maestro Taddeo da Pescia ed a maestro Simone da Comano grammatici. Volendo la Rep. (diceva) provvedere alla probità e all’ammaestramento de’figliuoli invitò ed elesse quelli a maestri di grammatica e all’ufficio di educare l’animo de’giovanetti con l’annuo stipendio di cento fiorini d’oro .
Ad un Matteo da Pescia collaterale di Galeazzo Visconti signore di Milano è indiritta altra lettera del poeta fivizzanese Giovanni Manzini della Motta, della quale fu dato un sunto dal P. Lazzeri nel T. I delle sue Anecdota Romana. Discorrendo in essa il Manzini della Val di Nievole, dice di aver confabulato nella piazza di Pescia con un certo de Orlandi (forse uno de’fratelli qui sopra nominati) e di avere dal medesimo sentito far elogio di Matteo da Pescia, cui è diretta questa lettera, come pure di altro suo fratello e di Coluccio Salutati Stignanese, sicché chiude la detta epistola con la seguente frase: O felix haec patria talium productura virorum! Appartiene pure allo stesso secolo XV il fedele compagno del Padre Savonarola, Fra Domenico da Pescia, priore del convento di S. Domenico di Fiesole, uno de’due frati che morì sul patibolo col Savonarola dopo aver scritto una lettera ai suoi correligiosi che incomincia: Perchè la volontà di Dio è che noi siamo per lui morti, voi che resterete pregate per noi, ec.
Nel secolo poi XVI fiorirono fra i Pesciatini Baldassarre giuniore e maestro Andrea, entrambi della famiglia Turini, il primo de’quali essendo datario di Papa Leone X ottenne l’erezione della pieve di Pescia in collegiata e prepositura Nullius, ed il secondo non solo fu archiatro de’Pont. Clemente VII e Paolo III, ma ancora di Francesco I re di Francia, e si distinse come autore di opere mediche, delle quali fu dato il giudizio dall’Haller.
– Figurò nello stesso secolo l’archiatro del Pont. Pio V Pompeo Barba, che lasciò inedito un trattato latino sui Bagni di Montecatini pubblicato dal Targioni ne’suoi Viaggi, mentre vivente lui vide la luce in Pescia nel 1555 un libretto intitolato; Eptaplo sopra i sette giorni della Genesi di Giovanni Pico della Mirandola tradotto da mess. Buonagrazia canonico di Pescia, e da mess.
Pompeo della Barba pure di Pescia.
Appartiene al secolo medesimo il pesciatino Lorenzo Pagni che fu segretario di Cosimo I de’Medici, per ordine del quale egli adempì varie legazioni alla corte imperiale a Madrid, in Genova e a Siena.
Nel secolo XVII la storia delle belle arti parla con lode di Pier Maria da Pescia intagliatore in gemme e grande imitatore de’lavori antichi; mentre quella delle lettere conta il nobil Francesco Galeotti raccoglitore di molte memorie della sua patria, e l’Ab. D. Placido Puccinelli, che diede alle stampe la Storia di Pescia, quella del Conte Ugo, e la Cronaca della Badia fiorentina.
Nel secolo XVIII si distinsero fra gli altri Agostino Ceracchini scultore, Giuseppe Pompeo Baldasseroni figlio di un chiaro giureconsulto, Giovanni, autore della Storia di Pescia; Domenico di Filippo Giannini che fu professore nell’università di Segovia in Spagna, e autore di un corso di matematiche, e il Cav. Bartolommeo Raffaelli, il quale è stato uno de’più solenni giurisperiti del suo tempo, morto nel secolo attuale presidente della R. Consulta in Firenze.
Finalmente nel secolo attuale nel fiore dell’età fu rapito alla patria, agli amici e alle scienze della giurisprudenza e della economia pubblica un mostro di natura nell’auditore Francesco Forti Sismondi nato da una sorella dell’autore della storia delle Rep. italiane del medio evo, che ha lasciato un’insigne opera postuma, sotto i torchi col titolo d’Istituzioni civili accomodate all’uso del Foro .
CENSIMENTO della Popolazione della Città di PESCIA a tre epoche diverse, divisa per famiglie (1).
ANNO 1745: Impuberi maschi 556; femmine 558; adulti maschi 501; femmine 917; coniugati dei due sessi 1222; ecclesiastici dei due sessi 410; numero delle famiglie 925; totale della popolazione 4225.
ANNO 1833: Impuberi maschi 938; femmine 895; adulti maschi 821; femmine 1012; coniugati dei due sessi 2226; ecclesiastici dei due sessi 176; numero delle famiglie 1397; totale della popolazione 6068.
ANNO 1840: Impuberi maschi 1079; femmine 1060; adulti maschi 682, femmine 1157; coniugati dei due sessi 2189; ecclesiastici dei due sessi 191; numero delle famiglie 1459; totale della popolazione 6321 (1) Si omette la popolazione della prima epoca, cioè dell’anno 1551, perché in essa statistica non trovasi disgiunta la popolazione di Pescia e de’subborghi da quella del restante della sua Comunità, la quale tutta insieme non oltrepassava in detto anno i 4002 individui ripartiti in 783 fuochi o famiglie.
COMUNITÀ DI PESCIA. – II territorio di quella Comunità è di forma quasi piramidale alquanto curva con la base appoggiata al monte verso settentrione e la punta in pianura verso scirocco. – Esso occupa una superficie di 7644 quadrati agrarj, 314 dei quali spettano a corsi d’acqua ed a pubbliche strade; vale a dire che il suolo soggetto all’imposizione fondiaria equivale a nove miglia toscane quadrate.
Nel 1833 abitavano in tutta questa superficie 11027 persone, per modo che esistevano repartitamente in ciascun miglio quadrato 1208 individui.
Che se questo calcolo si ponga a confronto con quello dell’aprile 1840, quando la Comunità medesima noverava 11611 abitanti ne’risulta che nella stessa superficie territoriale convivevano allora 1272 abitanti per miglio quadrato, popolazione straordinaria e forse unica nell’Eurupa fra le Comunità che oltre il capoluogo hanno un territorio in campagna. – Quello della Comunità di Pescia andando da settentrione verso levante sino a libeccio confina con quattro Comunità del Granducato, e per il restante con il Ducato di Lucca. Cominciando dal lato di settentrione verso ponente del Castello di Pietrabuona, il distretto comunitativo di Pescia sul poggio della Romita alta trova i tre termini fra esso la Comunità di Villa Basilica del Ducato di Lucca e quella di Vellano del Granducato. Dal punto suddetto dirigendosi da ponente a levante la Comunità di Pescia ha di fronte quella di Vellano per una linea artificiale che sotto il castel di Pietrabuona entra nel fiume Pescia, il di cui letto rimontano verso settentrione fino ad un suo influente che scende dal lato di levante appellato rio dell’Asino.
Mediante cotesto borro i due territorj salgono contr’acqua sul poggio sino passato il mulino della Troscia, dove sottentra a confine dal lato di grecale la Comunità del Borgo a Buggiano.
Con questa, lasciando fuori il borro predetto, il distretto comunitativo di Pescia corre nella direzione d’ostro per termini artificiali sino a che giunto sul rio di Sorico incontra la Comunità di Uzzano, con la quale questa di Pescia fronteggia nella direzione medesima di ostro per il corso di circa quattro miglia scendendo insieme il poggio sul quale torreggia il Castel d’Uzzano ch’è circa migl. uno a levante di Pescia, e con esso di là inoltrandosi verso la strada postale attraversa il piano del Castellare per varcar costà la Pescia nuova. Quindi rasentando la sua ripa sinistra prosegue il cammino verso scirocco per arrivare al Mulinaccio dove trova la via di S. Piero in Campo e poco appresso quella che conduce da Pescia alla Chiesina Uzzanese, finché entra nella strada regia pistoiese della Val di Nievole. Allora ritornando nella direzione di ostro trapassa il fiume Pescia sul ponte Uzzanese per arrivare al borghetto della Chiesina Uzzanese, di là dalla quale piegando a libeccio perviene alla punta piramidale del territorio di questa Comunità dov’è il termine triplice dei confini comunitativi ili Uzzano, di Monte Carlo e di Pescia. Qui il territorio di quest’ultima Comunità voltando faccia da libeccio a maestro fa un angolo acutissimo dirimpetto all’altro di Monte Carlo, da primo mediante il fosso di Monte Carlo, che poco dopo attraversa per entrare e trapassare la Pescia di Collodi, quindi pel fossello che arriva davanti alla chiesa di S. Piero in Campo, e finalmente per la via detta del Confine sino presso il posto doganaie di Squarciabocconi che è sulla Pescia di Collodi . – A questo punto incomincia dal lato di ponente la Comunità lucchese di Villa Basilica, con la quale l’altra di Pescia rimonta sulla sinistra ripa della Pescia di Collodi, la quale scorre un quarto di miglio discosta di là passando d’appresso al Castello di Collodi. Sopra questo pittoresco paese i due territorii entrano nel torrente Dilezza , il cui alveo serve di confine sino alla via che guida a Medicina.
Mediante cotesta via mulattiera i due distretti comunitativi dirigendosi da settentrione a grecale vanno incontro al rio Cavallone e di là salgono il poggio della Romita alta, sino alla pietra de’tre termini di sopra indicata.
Rispetto ai confini stabiliti fra la Comunità di Pescia e quella di Uzzano ne tratta una pergamena del 14 marzo 1298, e quelli fra le Comunità di Pescia e di Monte Carlo furono rettificati dagli arbitri mediante un lodo degli 8 dicembre dell’anno 1463. – (Carte della Com. di Pescia nell’Arch. Dipl. Fior.) In quanto poi alla demarcazione del territorio comunitativo del Borgo a Buggiano con questo di Pescia lo storico Baldasseroni assicura, che nell’anno 1500 furono stabiliti nuovi confini nella porzione montuosa a partire cioè dal rio dell’Asino e dai boschi delle Calde.
Fra i principali corsi d’acqua che percorrono da settentrione a ostro lungo il territorio della Comunità di Pescia si contano la fiumana della Pescia di Pescia quella della Pescia nuova, che è un ramo aperto sotto la città stessa dal primo Granduca, e Pescia di Collodi, ossia minore, detta anche la Ralla, che è il vocabolo di un torrente il quale confluisce nella Pescia minore dopo che questa è entrata nel territorio granducale. Coteste tre Pescie irrigano le pianure Pesciatina, Uzzanese e Buggianese, ma la Pescia di Pescia innanzi di lasciare i massi che la corrente trascina dai monti superiori sino passata la città, trovasi diminuita di una gran parte delle sue acque mediante due gore o canali stati aperti lungo le sue ripe per mettere in moto molti edifizj, e quindi irrigare tutta la sottoposta campagna.
Fa meraviglia però che dopo le teorie idrauliche sino dal secolo XVI dall’ingegnere pratese Girolamo di Pace, e poi da tanti uomini sommi dimostrate, dopo quanto fu detto in proposito nel secolo XVIII dal ch. Gio. Targioni- Tozzetti, dopo gli esempi con felice successo nel secolo attuale lungo il torrente Agna e sull’Ombrone pistojese ottenuti mediante la costruzione di solidi ritegni o Serre per rendere meno precipitose le montuose fiumane, fa meraviglia, io diceva, di vedere oggidì nel centro della città di Pescia l’ampio letto del suo fiume imbarazzato di massi enormi di macigno rotolati sino qua dall’impeto delle sue acque; le quali oltreché danneggiano franando le superiori pendici, lasciano un’alveo estremamente ingombro che rattrista la vista del passeggero mentre attraversa cotesta città. Donde avviene che laddove la campagna pianeggia quei gran ciottoli restando abbandonati per via dalla diminuita potenza della corrente, vanno ogni giorno più colmando il letto della fiumana, sicché le sue acque nei tempi di escrescenze debbono traboccare dal rialzato suo alveo e spagliando per la campagna ricuoprire di ghiaje le coltivazioni e le pubbliche vie.
Ma se qualche volta la pianura posciatina dalle acque delle tre Pescie trovasi soggetta ad essere inondata, grandissimo altronde è il benefizio che nella stagione asciutta una gran parte delle acque arreca a quelle stesse campagne irrigabili; ed è poi sommo il vantaggio che le medesime apportano in tutto l’anno alle varie manifatture de’distretti che percorrono.
Fra le strade rotabili che attraversano questo territorio, oltre la R. postale lucchese, oltre quella detta R. Traversa della Val di Nievole, sta costruendosene una provinciale rotabile da denominarsi Traversa di Mammiano. La qual via staccandosi dalla Lucchese Roméa all’Altopascio, va a sboccare in quella postale Lucchese sotto Pescia che poi lascia in città passato il ponte del Duomo per rimontare la ripa destra del fiume e attraversare i territorii delle Comunità di Pescia, di Vellano, di Marliana e di Piteglio fino all’imbocco della strada R. Modanese che troverà a Mammiano sulla Lima.
Sono poi comunitative rotabili la strada dagli Alberghi a Squarciabocconi , quella che staccasi dalla R. postale per Torricchio e la Chiesina Uzzanese ed altre.
Rispetto alla struttura fisica del suolo di questa Comunità, essa riducesi a due sole formazioni, a quella cioè del terreno secondario stratiforme nei colli che scendono dalla montagna superiore a destra e a sinistra della città di Pescia, e al terreno di trasporto che cuopre la sua pianura.
Il primo consiste quasi generalmente di grès antico (macigno) composto di silice, argilla e calce con pagliette di mica; nella qual roccia sono impastate molte scheggiuole di schisto argilloso color turchino cupo.
Cotesta pietra è suscettibile di esser lavorata per usi architettonici e per lastrici, come è fra le altre la pietra serena delle cave lungo il rio S. Giovanni, e l’altra delle cave aperte dirimpetto al poggio di Pietrabuona, entrambe sulla ripa destra dalla Pescia di Pescia.
Rarissima mi sembrò la roccia calcarea compatta, giacché quella che affacciasi nei monti superiori di tinta specialmente rossigna spetta alle Comunità limitrofe di Vellano e di Buggiano.
All’incontro la pianura è profondamente coperta di ciottoli, di ghiaja e di rena che formano il detritus de’terreni superiori testé indicati.
In quanto ai prodotti agrarii del suolo Pesciatino, dopo quanto si è detto nell’Articolo antecedente rispetto alla coltura del moro gelso e alla produzione vistosa che ritraesi dai filugelli, dovrei parlare della ricca raccolta dell’olio, che si fa nel territorio di Pescia e in quelli delle Comunità limitrofe, dove il valore dei terreni olivati, benché d’indole sterile e sassosi suol essere il doppio di quelli di pianura per quanto grassi e coperti di sementa e di praterie. – Quindi il celebre Sismondi nella sua opera dell’AGRICOLTURA TOSCANA, ragionando dell’influenza della coltura degli olivi sulla ricchezza e la popolazione del paese, osservò che l’anno della raccolta piena dell’olio, tutti i coltivatori si affrettano a piantare degli olivi, benché questi alberi crescano lentamente, e che pochi di quelli che li hanno piantati possano sperare di vederli in pieno frutto. – La vite al pari dell’ulivo vegeta e prospera costantemente in tutti i colli delle Comunità di Pescia e di Uzzano, e perfino in quelli più elevati di Vellano sino all’altezza di 600 e più braccia sopra il livello del mare Mediterraneo.
Superiormente a un simile livello sottentrano le selve di castagni, i boschi di cerri e di quercioli ecc., mentre la pianura pesciatina è sparsa di orti, per cui i sedani, i cavoli, li sparagi, i carciofi, i fagiuoli, e tante altre piante erbacee vi abbondano al punto che si spediscono in gran copia nei paesi limitrofi. Agli orti de contorni di Pescia sottentrano più lungi i campi sativi coronati di ghirlande di viti maritate a loppi intrecciati con altri alberi da frutto, in guisa che le sue campagne sembrano vestite a festa, rallegrando cotale assetto la vista del passeggero. Nulla dirò delle frequenti piantagioni di pioppi lungo gli alvei dei fossi, delle fiumane e dei canali, ne starò a parlare delle pingui pasture che formano la risorsa delle ubertosissime campagne della Val di Nievole specialmente per la copia del bestiame bovino che ivi si nutrisce, giacché quello è un articolo più confacente alla Comunità di Buggiano, ed in special modo alla pianura del Ponte Buggianese. – Vedere PONTE BUGGIANESE.
Il regolamento del 23 gennajo 1775 rispetto alla Comunità di Pescia determinò la medesima composta de’popoli seguenti: l.° Di quello di S. Maria Maggiore, ossia del Duomo con i popoli suburbani di S. Lorenzo a Cerreto e di S. Margherita a Monzone. 2.° Del popolo dei SS.
Stefano e Niccolao della città di Pescia. 3.° Del popolo di S. Michele dentro la città (ora della SS. Nunziata). 4.° Del popolo di S. Bartolommeo del Monte di Pescia. 5.° Del popolo di S. Maria al Castellare. 6.° Del popolo di S.
Maria della Neve alla Chiesina Uzzanese, per una porzione. 7.° Del popolo della SS. Concezione al Torricchio, per un’altra porzione. – Vedere il QUADRO qui appresso .
In tutti giorni non festivi di sabato cade il mercato che suol essere di molto concorso. – Vi mancano fiere annuali sebbene di un’antica fiera che praticavasi in Pescia sino dai tempi della Repubblica Fiorentina venga fatta menzione dal Galeotti nelle sue Memorie inedite, sotto l’anno 1526, fiera che fu rinnovata da Cosimo I nel 1551 per un tempo determinato.
Infatti una delle carte della Comunità di Pescia esistenti nell’Arch. Dipl. Fior. contiene un res critto del duca Cosimo di Firenze dato il 25 settembre 1566, il quale accorda alla Comunità di Pescia la proroga di altri cinque anni per fare nel mese di ottobre una fiera libera per otto giorni.
La Comunità mantiene due medici ed (ERRATA: un chirurgo) due chirurghi con due maestri di scuola.
Risiede in Pescia, oltre il vescovo, un vicario R., un cancelliere comunitativo, un ingegnere di Circondario ed un ministro esattore del Registro. – La conservazione delle Ipoteche è (ERRATA: in Firenze) in Pescia, e il tribunale di Prima istanza in Pistoja.
QUADRO della Popolazione della Comunità di PESCIA a quattro epoche diverse - nome del luogo: Castellare, titolo della chiesa: S. Maria Assunta (Pieve), diocesi cui appartiene: Pescia (già Lucca), abitanti anno 1745 n° 1708, abitanti anno 1833 n° 2332, abitanti anno 1840 n° 2371 - nome del luogo: Cerreto e Sorico, titolo della chiesa: SS.
Lorenzo e Stefano (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pescia (già Lucca), abitanti anno 1745 n° 255, abitanti anno 1833 n° 341, abitanti anno 1840 n° 389 - nome del luogo: Collecchio, titolo della chiesa: S. Vito (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pescia (già Lucca), abitanti anno 1745 n° -, abitanti anno 1833 n° 345, abitanti anno 1840 n° 417 - nome del luogo: Monte di Pescia, t itolo della chiesa: S.
Bartolommeo (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pescia (già Lucca), abitanti anno 1745 n° 250, abitanti anno 1833 n° 295, abitanti anno 1840 n° 317 - nome del luogo: Monzone, titolo della chiesa: SS.
Margherita e Concordio (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pescia (già Lucca), abitanti anno 1745 n° -, abitanti anno 1833 n° 314, abitanti anno 1840 n° 356 - nome del luogo: PESCIA città, titolo della chiesa: S.
Maria Maggiore (Cattedrale), diocesi cui appartiene: Pescia (già Lucca), abitanti anno 1745 n° 1531, abitanti anno 1833 n° 2121, abitanti anno 1840 n° 2259 - nome del luogo: PESCIA città, titolo della chiesa: SS.
Stefano e Niccolò (Prioria e Collegiata), diocesi cui appartiene: Pescia (già Lucca), abitanti anno 1745 n° 1820, abitanti anno 1833 n° 2156, abitanti anno 1840 n° - nome del luogo: PESCIA città, titolo della chiesa: SS.
Annunziata già in S. Michele (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pescia (già Lucca), abitanti anno 1745 n° 841, abitanti anno 1833 n° 1791, abitanti anno 1840 n° 1790 - Totale abitanti anno 1551 n° 4002 - Totale abitanti anno 1745 n° 6378 Nelle due ultime epoche entravano nella Comunità di Pescia le seguenti frazioni provenienti dalle Comunità limitrofe, cioè: - nome del luogo: Chiesina Uzzanese, Co munità donde proviene: Uzzano, abitanti anno 1833 n° 923, abitanti anno 1840 n° 997 - nome del luogo: Malocchio, Comunità donde proviene: Buggiano, abitanti anno 1833 n° 33, abitanti anno 1840 n° - nome del luogo: Terrarossa, Comunità donde proviene: Uzzano, abitanti anno 1833 n° 26, abitanti anno 1840 n° - nome del luogo: Torricchio, Comunità donde proviene: Uzzano, abitanti anno 1833 n° 350, abitanti anno 1840 n° - Totale abitanti anno 1833 n° 11027 - Totale abitanti anno 1840 n° 11611 DIOCESI DI PESCIA. – La chiesa cattedrale di S. Maria Maggiore di Pescia fu una delle più antiche pievi della diocesi di Lucca, le cui memorie risalgono almeno al secolo VIII. – Nel secolo XIII essa aveva una rendita di 1350 lire moneta lucchese, corrispondente a circa 700 fiorini d’oro, ossiano a 700 gigliati fiorentini. Nel 1260 dipendevano dal piviere di Pescia le seguenti chiese: 1.
Ospedale della Pieve, situato probabilmente accosto alla chiesina rinchiusa nel fabbricato del seminario, e che impropriamente suol appellarsi il Duomo vecchio, dove esiste un affresco nella tribuna fatto dipingere nel 1386 da un Orlando da Pescia; 2. la chiesa di S. Maria Maddalena, dirimpetto al Duomo più nota attualmente sotto nome del SS. Crocifisso ; 3. la chiesa parrocchiale di S. Andrea di Stignano (esistente); 4. S. Bartolommeo al Monte, (cura esistente); 5. S.Jacopo degli Ospitalieri delll’Altopascio (forse il S. Biagio, oratorio nella piazza di Pescia, ridotto a commenda della religione de’cavalieri di S. Stefano); 6.
S. Filippo di Pescia (ospedale distrutto); 7. S. Michele di Pieve (spedale stato riunito nel 1400 a sei altri e nel secolo XVI convertito in un monastero a Piè di Piazza, soppresso e disfatto); 8. S. Pietro di Fornace (distrutta); 9. S. Lorenzo di Cerreto (rettoria esistente) 10. S.
Prospero di Sorico (distrutta e riunita alla parrocchia precedente; 11. S. Vito a Collecchio (tuttora rettoria); 12.
Monastero di S. Michele di Pescia (ora conservatorio); 13.
S. Stefano di Pescia (prioria collegiata); 14. SS. Andrea e Bartolommeo (attualmente oratorio al Castello in città); 15. S. Martino a Uzzano (arcipretura); 16. S.
Bartolommeo alla Costa (rettoria); 17. S. Matteo a Pietrabuona (arcipretura); 18. S. Concordio a Monzone (ora S. Margherita rettoria); 19. S. Stefano di Campione (riunita al Monte); 20. Ospedale di S. Alluccio (soppresso); 21 S. Quirico (fuori del borgo di Pescia, - ERRATA: distrutta - esistente).
Il territorio attuale della Diocesi di Pescia abbraccia una superficie di circa 66250 quadrati agrarj, corris pondenti a miglia 82 e 1/2 toscane, nella qual superficie all’anno 1833 abitavano familiarmente 49890 individui, a ragione di 605 persone per ogni migl. quadrato di suolo compresi tutti i corsi d’acqua e le strade. – Confina con tre altre Diocesi. – Dalla parte di grecale e levante sino a scirocco ha di fronte la Diocesi di Pistoja mediante i territorj comunitativi di Marliana, di Serravalle e di Lamporecchio. Dal lato di scirocco e di ostro fino a libeccio mediante le Cerbaje fronteggia con la Diocesi di Sanminiato, e per il lato di ponente e settentrione costeggia per una lunga traversa con la Diocesi di Lucca, alla quale ultima appartennero una volta tutte le cure dell’attual Diocesi di Pescia, meno la parrocchia di Massa Piscatoria o Massarella.
Nel 1519 il Pontefice Leone X per compiacere a Mons.
Baldassarre Turini suo datario smembrò dalla Diocesi di Lucca non solo il piviere di Pescia, ma le chiese della Val di Nievole e di Valle Ariana che fossero appartenute al distretto fiorentino; le quali tutte as soggettò alla pieve di Pescia dichiarandola prepositura immediatamente soggetta alla S. Sede apostolica. Nel tempo stesso quel Pontefice accordò facoltà al suo preposto di usare degli abiti pontificali, di fare la visita diocesana come l’ordinario nelle chiese delle anzidette Valli e nel recinto di Pescia; di poter congregare sinodi somministrare gli ordini minori con tutti gli altri privilegj che si leggono in quella bolla spedita in Roma li 15 aprile dell’anno precitato. – Quindi con altra bolla del 23 settembre 1519 lo stesso Pontefice Leone ordinò al vescovo di Pistoja di recarsi a Pescia per installare il pievano Lorenzo Cocchi in proposto della nuova prepositura Nullius. In quell’occasione fu eretto nella chiesa pesciatina un capitolo composto di 12 canonici con sette dignità, la prima delle quali dichiarò quella del proposto, seconda dell’arcidiacono, terza del rettore di S. Stefano di Pescia col titolo di priore; quarta del rettore de’SS. Matteo e Colombano a Pietrabuona con titolo di arciprete, mentre le altre tre dignità si dichiararono quelle del decano, del tesoriere e del primicero.
Finalmente con bolle del 1 novembre 1528 e del 3 novembre 1541 i Pontefici Clemente VII e Paolo III confermarono Lorenzo Cecchi in proposto della chiesa Nullius di Pescia con la giurisdizione spirituale sopra i popoli della Comunità di Pescia, Monte Calini, Buggiano, Massa e Cozzile, Monte Vettulini, Uzzano e Vellano.
Finalmente la chiesa prepositura di S. Maria Maggiore di Pescia fu eretta in cattedrale con bolla del Pontefice Benedetto XIII del 17 marzo 1726, comecché la consacrazione del primo vescovo di questa nuova sede non decadesse innanzi il 1729. – Il primo vescovo di Pescia fu monsignore Bartolommeo Pucci di Montepulciano, cui succedè nel 1738 Monsignor Gaetano Incontri, il quale fu rimpiazzato dal Vescovo Donato Maria Arcangeli di Arezzo allorché l’Incontri fu promosso alla cattedra della metropolitana fiorentina.
Sotto il Granduca P. LEOPOLDO I fu aperto nel 1784 il seminario vescovile nel soppresso Monastero di S. Chiara di Pescia, a incremento del quale si và prestando con grande operosità il Vescovo attuale.
Dalla Diocesi pesciatina nel 1745, dipendevano 29 chiese parrocchiali, giacché in quell’anno non figurava, seppure non fu omessa, la parrocchia di Malocchio nè quella dell’Altopascio appartenuta al maestro degli Ospitalieri soppressi.
Nella Tavola prima sono qui appreso registrate le 29 parrrocchie coi loro titoli speciali, la comunità cui spettano e le respettive popolazioni all’anno 1745, le quali ascendevano a 29987 individui.
Nello stato attuale la Diocesi di Pescia si compone di 37 parrocchie sotto i vocaboli e comunità descritte nella Tavola seconda che ne segue, la cui popolazione totale nell’anno 1833 ammontava a 49890 individui.
Sul declinare del secolo XVIII fu staccata dalla Diocesi di Pistoja e data a questa di Pescia la chiesa parrocchiale di Massarella, altrimenti appellata Massa piscatoria, compresa nella Comunità di Fucecchio; e furono erette in parrocchiali le chiese di Traversagna nella Co munità di Massa e Cozzile; di S. Vito a Collecchio, di S. Margherita a Monzone nella Comunità di Pescia; di S. Lucia a Terrarossa nella Comunità di Uzzano, e di S. Leopoldo a Cintolese nella Comunità delle due Terre di Monsummano e Monte Vettulini; oltre di che fu ripristinata la chiesa parrocchiale di Malocchio e riunita all’ordinario l’altra degli Ospitalieri d’Altopascio.
TAVOLA I. Stato della DIOCESI DI PESCIA all’anno 1745.
1. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Pietro al Borgo Buggiano (Pieve) nome della Comunità: Buggiano (1) 2. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Andrea di Stignano (Pieve) nome della Comunità: Buggiano (1) 3. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Lorenzo al Colle (Pieve) nome della Comunità: Buggiano (1) 4. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria Maggiore e S. Niccolò a Buggiano alto (Pieve) nome della Comunità: Buggiano (1) 5. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Michele al Ponte Buggianese (Rettoria) nome della Comunità: Buggiano (1) Numero degli abitanti della Comunità di Buggiano (1): 5813 6. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Ansano a Castelvecchio (Pieve) nome della Comunità: Castelvecchio (2) Numero degli abitanti della Comunità di Castelvecchio (2): 509 7. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria a Massa di Cozzile (Pieve) nome della Comunità: Massa e Cozzile (3) 8. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Jacopo al Cozzile (Rettoria) nome della Comunità: Massa e Cozzile (3) Numero degli abitanti della Comunità di Massa e Cozzile (3): 1794 9. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: Madonna di Monsummano basso (Pieve) nome della Comunità: Monsummano (4) 10. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Niccolò a Monsummano alto (Pieve) nome della Comunità: Monsummano (4) Numero degli abitanti della Comunità di Monsummano (4): 1427 11. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Andrea a Monte Carlo (Propositura) nome della Comunità: Monte Carlo (5) 12. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Marta a Marginone (Rettoria) nome della Comunità: Monte Carlo (5) 13. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Michele alle Spianate (Rettoria) nome della Comunità: Monte Carlo (5) Numero degli abitanti della Comunità di Monte Carlo (5): 14. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Marco alla Pieve a Nievole (Pieve) nome della Comunità: Monte Catini (6) 15. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Pietro in Monte Catini (Pieve) nome della Comunità: Monte Catini (6) Numero degli abitanti della Comunità di Monte Catini (6): 3338 16. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Michele a Monte Vettulini (Pieve) nome della Comunità: Monte Vettulini (7) Numero degli abitanti della Comunità di Monte Vettulini (7): 3338 17. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Bartolommeo del Monte (Rettoria) nome della Comunità: PESCIA città (8) 18. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Lorenzo a Cerreto (Rettoria) nome della Comunità: PESCIA città (8) 19. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria al Castellare (Rettoria) nome della Comunità: PESCIA città (8) 20. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. MARIA MAGGIORE DI PESCIA (Cattedrale) nome della Comunità: PESCIA città (8) 21. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Michele di Pescia (Rettoria) nome della Comunità: PESCIA città (8) 22. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Stefano e Niccolao di Pescia (Prioria e Collegiata) nome della Comunità: PESCIA città (8) Numero degli abitanti della Comunità di PESCIA città (8): 6378 23. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria della Neve alla Chiesina Uzzanese (Rettoria) nome della Comunità: PESCIA e Uzzano (8) Numero degli abitanti della Comunità di PESCIA e Uzzano (8): 1564 24. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Matteo di Pietra Buona (Pieve) nome della Comunità: Pietrabuona (9) Numero degli abitanti della Comunità di Pietrabuona (9): 25. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Pietro di Sorana (Pieve) nome della Comunità: Sorana (10) Numero degli abitanti della Comunità di Sorana (10): 389 26. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Bartolo e Silvestro alla Costa (Rettoria) nome della Comunità: Uzzano (11) 27. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Concezione al Torricchio (Rettoria) nome della Comunità: Uzzano (11) 28. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Jacopo e Martino a Uzzano (Pieve Arcipretura) nome della Comunità: Uzzano (11) Numero degli abitanti della Comunità di Uzzano (11): 29. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Sisto e Martino a Vellano (Pieve) nome della Comunità: Uzzano (12) Numero degli abitanti della Comunità di Vellano (12): TOTALE Abitanti n° 29987 TAVOLA II. Stato della DIOCESI DI PESCIA all’anno 1833.
1. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. MARIA MAGGIORE DI PESCIA (Cattedrale) nome della Comunità: PESCIA città (1) 2. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Stefano e Niccolao di Pescia (Prioria Collegiata) nome della Comunità: PESCIA città (1) 3. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Annunziata già in S. Michele (Rettoria) nome della Comunità: PESCIA città (1) 4. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Michele a Malocchio (Rettoria), porzione nome della Comunità: PESCIA città (1) 5. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Lorenzo a Cerreto (Rettoria) nome della Comunità: PESCIA città (1) 6. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria al Castellare (Rettoria) nome della Comunità: PESCIA città (1) 7. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Bartolommeo del Monte (Rettoria) nome della Comu nità: PESCIA città (1) 8. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria della Neve alla Chiesina (Rettoria), porzione nome della Comunità: PESCIA città (1) 9. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Margherita a Monzone (Rettoria) nome della Comunità: PESCIA città (1) 10. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Vito a Collecchio (Rettoria) nome della Comunità: PESCIA città (1) 11. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Lucia a Terrarossa (Rettoria), porzione nome della Comunità: PESCIA città (1) 12. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Concezione al Torricchio (Rettoria), porzione nome della Comunità: PESCIA città (1) Numero degli abitanti della Comunità di PESCIA città (1): 11611 13. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Pietro al Borgo Buggiano (Pieve) nome della Comunità: Buggiano (2) 14. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria Maggiore a Buggiano alto (Pieve) nome della Comunità: Buggiano (2) 15. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Lorenzo al Colle (Pieve) nome della Comunità: Buggiano (2) 16. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Andrea di Stignano (Pieve) nome della Comunità: Buggiano (2) 17. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Michele al Ponte Buggianese (Rettoria) nome della Comunità: Buggiano (2) 4. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Michele a Malocchio (Rettoria), porzione nome della Comunità: Buggiano (2) Numero degli abitanti della Comunità di Buggiano (2): 18. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Trinita a Traversagna (Rettoria), porzione nome della Comunità: Fucecchio (3) 19. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria a Masserella (Pieve), porzione nome della Comunità: Fucecchio (3) Numero degli abitanti della Comunità di Fucecchio (3): 20. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria a Massa di Cozzile (Pieve) nome della Comunità: Massa e Cozzile (4) 21. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Jacopo al Cozzile (Rettoria) nome della Comunità: Massa e Cozzile (4) 18. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Trinita a Traversagna (Rettoria), porzione nome della Comunità: Massa e Cozzile (4) Numero degli abitanti della Comunità di Massa e Cozzile (4): 2545 22. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria a Monsummano basso (Prepositura) nome della Comunità: Monsummano e Monte Vettulini (5) 23. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Niccolò a Monsummano alto (Prepositura) nome della Comunità: Monsummano e Monte Vettulini (5) 24. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Leopoldo a Cintolese (Rettoria) nome della Comunità: Monsummano e Monte Vettulini (5) 25. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Michele a Monte Vettulini (Pieve) nome della Comunità: Monsummano e Monte Vettulini (5) Numero degli abitanti della Comunità di Monsummano e Monte Vettulini (5): 5689 26. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Andrea a Monte Carlo (Propositura e Collegiata) nome della Comunità: Monte Carlo (6) 27. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Jacopo all’Altopascio (Rettoria) nome della Comunità: Monte Carlo (6) 8. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria della Neve alla Chiesina (Rettoria), porzione nome della Comunità: Monte Carlo (6) 28. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Marta a Marginone (Rettoria) nome della Comunità: Monte Carlo (6) 29. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Michele alle Spianate (Rettoria) nome della Comunità: Monte Carlo (6) 18. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Trinita a Traversagna (Rettoria), porzione nome della Comunità: Monte Carlo (6) Numero degli abitanti della Comunità di Monte Carlo (6): 30. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Marco alla Pieve a Nievole (Pieve) nome della Comunità: Monte Catini (7) 31. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Pietro a Monte Catini (Pieve) nome della Comunità: Monte Catini (7) 8. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria della Neve alla Chiesina (Rettoria), porzione nome della Comunità: Monte Catini (7) Numero degli abitanti della Comunità di Monte Catini (7): 5900 32. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Jacopo e Martino a Uzzano (Arcipretura) nome della Comunità: Uzzano (8) 33. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Bartolo e Silvestro alla Costa (Rettoria) nome della Comunità: Uzzano (8) 12. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Concezione al Torricchio (Rettoria), porzione nome della Comunità: Uzzano (8) 11. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Lucia a Terrarossa (Rettoria), porzione nome della Comunità: Uzzano (8) Numero degli abitanti della Comunità di Uzzano (8): 34. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Matteo di Pietrabuona (Arcipretura) nome della Comunità: Vellano (9) 35. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Ansano a Castelvecchio (Pieve) nome della Comunità: Vellano (9) 36. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Pietro e Paolo a Sorana (Pieve) nome della Comunità: Vellano (9) 37. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Sisto e Martino a Vellano (Pieve) nome della Comunità: Vellano (9) Numero degli abitanti della Comunità di Vellano (9): TOTALE Abitanti n° 49890
Questa città di figura quadrilunga, che il fiume Pescia in due corpi divide, trovasi ad un’elevatezza di 169 braccia sopra il livello del mare Mediterraneo, misurata trigonometricamente dal P. Inghirami dalla sommità del campanile del duomo. – È posta fra il grado 28° 31’ longitudine e il grado 43° 21’ latitudine, 11 migl. a levante di Lucca, 23 a grecale di Pisa, 15 migl. a ponente di Pistoja e 35 a maestrale di Firenze.
Se la città di Pescia non può dirsi nell’insieme molto regolare, comecché le sue strade siano quasi tutte parallele alle due sponde del fiume e in una direzione uniforme da ostro a settentrione; se proporzionatamente al vasto recinto della città alquanto disunito apparisce il suo caseggiato, cotesti difetti peraltro sono ricompensati dall’amenità dei colli che da tre lati a guisa di anfiteatro a Pescia fanno spalliera, dalle sue ubertosissime campagne, dalla frequenza delle ville e castella che la circondano, dall’attività e dall’industria manifatturiera ed agricola degli abitanti, che le acque perenni della Pescia a loro profitto con gran cura rivolgono.
La città è situata allo sbocco di un angusto vallone fiancheggiato da due diramazioni di monti che si abbassano in deliziosi colli coperti in alto da cupe selve di castagni, cui succedono a mezza costa sempre verdi e copiosi oliveti.
Dal nome Pescia e dall’emblema araldico preso dalla città, rappresentante un delfino ritto e coronato, alcuni dedussero che i suoi antichi abitanti fossero pescatori; dondechè immaginarono che a Pescia esistesse un piccolo porto mediterraneo a guisa di canale, dove s’introducevano i navicelli. Ma fia inutile il soffermarsi sopra cotesta leggenda, sapendo ognuno che la fiumana della Pescia fino sotto alla città conserva il carattere di un torrente precipitoso tanto che le sue acque staccano dai monti superiori di Vellano e di Calamecca e trascinano fino costà massi immensi di macigno.
In quanto poi al delfino tipo della città, siccome l’introduzione degli stemmi fu di molti secoli posteriore al nome di Pescia, è presumibile che quel pesce fosse adottato per arme parlante di Pescia, come per modo di esempio fu preso il fiore per Fiorenza , il monte con sopra una mano per Monsummano, un monte con sopra un catino per Montecatino , una barca per emblema della Terra di Barga situata in montagna e così di tanti altri paesi della Toscana e dell’Italia.
Comunque sia il fiume che passa in mezzo a Pescia da tempi assai remoti portava il nome di Pescia maggiore, oggi detto Pescia di Pescia , a differenza dell’altra Pescia minore, che suole appellarsi Pescia di Collodi. Fra i documenti superstiti che facciano prova di un tal vero giova citare fra gli altri un istrumento rogato in Lucca, nel 1 novembre del 913, nel quale è fatta menzione dell’antica pieve di S. Pietro in Campo posta allora fra la Pescia maggiore e la Pescia minore, mentre un’altra scrittura del 16 settembre 915 parlando del casale di Ubaca nel distretto di Vellano lo dice situato presso la Pescia maggiore. – (MEMOR. LUCCH. T. V. P.III.) Molti eruditi appoggiati alle parole del Cluverio nella sua Italia antica hanno opinato, che dov’è attualmente la città di Pescia passasse un dì la via Clodia, e che vi fosse la mansione ad Martis designata nella tavola Peutingeriana.
Ma qualora si prenda ad esaminare la situazione topografica della città posta dentro un’insenatura di delizioso, ma alquanto angusto vallone; qualora si voglia contemplare l’andamento attuale della strada postale lucchese, la quale per entrare in Pescia deve lasciare la sua direzione a ponente e volgersi quasi ad angolo retto da ponente a settentrione per internarsi un buon miglio rimontando la ripa sinistra della Pascia maggiore prima di trovare la città; qualora si rifletta che la stessa via postale appena attraversata da levante a ponente la città tostochè ha varcato il fiume sul ponte detto del Duomo, essa ripiega nella direzione da settentrione a ostro e per un migl. scendendo parallela alla ripa destra dello stesso fiume onde ritornare quasi dirimpetto al punto della prima divergenza, per quindi continuare la direzione di ponente verso Lucca, tutto ciò basterebbe a convincere chiunque che l’antica strada maestra da Lucca per Pistoja e Firenze non doveva passare come quella attuale di mezzo alla città di Pescia.
Non starò a far parola di coloro i quali prestando fede ad una ridevole tradizione suppongono essere stato riedificato costà dal re Desiderio il distrutto Fano di Marte, che quel re volle si appellasse Pescia, tostochè l’abate Placido Puccinelli nelle Memorie di Pescia sua patria fu il primo a contradirvi, fondandone la ragione in un istrumento dell’ottobre 742, esistente nell’Arch. Arciv.
di Lucca, e testé pubblicato nel Vol. V. P. II delle Memorie per servire alla storia di quel Ducato.
Avvegnaché ivi si tratta della vendita che fece un tal Mauro della Lombardia traspadana domiciliato in Pistoja, genero di un abitante di Pescia appellato Felicissimo, il quale alienò per il prezzo di soldi 35 di oro a Crispinulo di lui fratello negoziante in Pescia la sua porzione di terre che possedeva costà con due vigne ed un servo. Dal qual fatto risulta che almeno 14 anni innanzi il regno di Desiderio Pescia esisteva, e che sino d’allora abitavano costà de’negozianti. Però nei secoli intorno al mille Pescia era appena un luogo, o vico, siccome tale essa è designata in due istrumenti dell’Arch. Arciv. di Lucca scritti, uno nel novembre dell’813, e l’altro negli 11 ottobre del 1084.
Con quest’ultimo Rolando figlio di Saracino, abitante in Lombardia, essendosi infermato in Toscana nel vico qui nominatur Piscia, mentre la città di Lucca ubbidiva ad un vescovo intruso, dichiarò alla presenza di due canonici esuli da Lucca, il primicero e l’arciprete di quella cattedrale, che egli innanzi di morire riconosceva l’espulso Vesc. Anselmo di Lucca per vero domino diretto di quella porzione del castello corte e case di Montetecatini che era ad esso lui pervenuta per eredità del di lui cugino Ilebrando di Maona figlio che fu di Guido suo zio. – Vedere MAONA.
Nè tampoco camminerò sulle tracce di alcuni storici, i quali fidando sopra varj documenti de’secoli VIII, IX, X e XI dove si rammenta una qualche corte appellata Pescia, credettero quelle corti applicabili tutte alla terra, ora città di Pescia. Imperocché ho già dichiarato agli Articoli BIENTINA, CORTE e altrove, che nel medioevo soleva appellarsi castello qualunque casa torrita, e davasi l’epiteto di corte all’annessa possessione piccola o grande che fosse; dondechè sotto cotest’aspetto è facile comprendere che col vocabolo Pescia s’intendesse tutta la contrada percorsa dalle due fiumane di tal nome. A dimostrare un tal vero rammenterò innanzi tutto un’istrumento lucchese del 6 marzo anno 798, nel quale si tratta del giuspadronato di una cappella dedicata a S.
Gregorio posta in loco Piscia ubi vocabulum est Bovula, cioè Petra Bovula, corrispondente al Castello di Pietrabuona. – Ricorderò la corte di Pescia posseduta costà dal March. Adalberto il Ricco, della quale assegnò le decime al capitolo e alla mensa vescovile di Lucca unitamente ad altre quattro corti, che lo stesso toparca possedeva in Lucca, a S. Genesio, a Brancoli e in Garfagnana.
Rammenterò la corte di Pescia ai vescovi di Pistoja confermata dall’Imperatote Ottone III con privilegio del 26 febbrajo 997. Finalmente citar potrei più d’un documento per provare che anche i conti Cadolingi di Fucecchio godevano più di una corte sulla Pescia , una delle quali fu da essi donata nel 1105 alla badia di S.
Salvatore al Borgonuovo di Fucecchio, mentre ott’anni dopo un’altra corte sulla Pescia venne offerta alla chiesa di Lucca dal conte Ugo de’Cadolingi ultimo stipite di quella prosapia.
Arroge a ciò il giuramento che faceva nel 1119 la contessa Cecilia vedova del suddetto conte Ugo a Benedetto vescovo di Lucca per tutto ciò che la sua mensa vescovile aveva ricevuto in dono dal defunto di lei consorte, compresa una corte e castello sulla Pescia.
Tutto ciò armonizza con un atto di concordia concertato nell’anno 1155 fra il castaldo di Gregorio vescovo di Lucca nella sua corte di Pescia e alcuni fedeli o fittuarj di quel prelato.
Quindi è che nel diploma concesso nel 1194 dall’Imperatore Arrigo VI, e da Ottone IV e Carlo IV nel 1209 e nel 1355 confermato ai vescovi di Lucca furono rammentate le giurisdizioni temporali rilasciate ai prelati di Lucca sopra il castello di Rareglia e sulla corte di Pescia con i suoi mansi e manenti, vale a dire con i poderi e villici alle stesse corti aderenti.
A quella età pertanto il castello di Bareglia, situato dentro il recinto attuale della città sul poggio alla destra del fiume, in luogo denominato tuttora il Castello, era disgiunto dalla terra di Pescia; la quale dubito che nei primi secoli dopo il mille fosse limitata alla porzione di caseggiato situata alla sinistra del fiume, dove veggonsi tuttora il duomo e dietro l’episcopio gli avanzi del suo castello con un’alta torre ad uso di cassero. A conferma di ciò sembra prestarsi ancora il cerchio delle mura urbane e alcune porte di Pescia antica, fra le quali la porta del Duomo, che è sulla strada postale di Lucca appoggiata alla gran torre o campanile, mentre il giro della muraglia del Castello di Bareglia situato nell’opposta ripa della Pescia terminava alla coscia del ponte S. Francesco dalla parte destra del fiume, come può vedersi da una porta e dagli avanzi delle mura ivi superstiti. E infatti due rocche diverse esistevano in Pescia dopo che questa terra era stata unita al distretto della Repubblica fiorentina, siccome avrò luogo più sotto di rammentare delle rocche medesime il nome e quello di alcuni castellani.
A proporzione pertanto che la popolazione di Pescia andava aumentando fu esteso il di lei recinto di muraglie, alle quali si lavorava anche sul cadere secolo XV. Cotesto più moderno giro abbracciò in un solo corpo e con un solo nome la terra antica di Pescia posta alla sinistra, e il castello di Bareglia ch’era, come ho detto, sulla ripa destra dello stesso fiume.
Ma dovendo prima di tutto rivolgere gli occhi agli avvenimenti civili, politici e militari relativi alla terra ora città di Pescia, citerò innanzi tutto un documento inedito del luglio 1202 esistente fra le pergamene dell’archivio comunitativo di Pescia, ora nel R. Dipl. di Firenze. È una carta contenente la minuta di un concordato fra i consoli e consiglieri del Comune di Pescia, e quelli delle Comunità limitrofe di Uzzano e di Vivinaja (ora MonteCarlo) concernenti l’elezione de’consoli, qualificazione delle loro incumbenze e giurisdizioni, ad oggetto di evitare le controversie che potessero insorgere fra quelle Comunità.
Quindi sul declinare dello stesso secolo XII un fatto assai funesto per Pescia è raccontato dagl’istorici e segnatamente da due scrittori contemporanei, Tolomeo di Lucca e Giachetto Malespini di Firenze.
Il primo di essi nei suoi annali lucchesi, all’agosto del 1281 lasciò scritto, che i Lucchesi andarono a oste contro Pescia, e per battaglia l’espugnarono, e che a furia di popolo l’abbruciarono. Causa di quell’incendio (soggiunge l’autore) dicono che fosse perché quel Comune si assoggettò, che non doveva senza il consenso del Sommo Pontefice, al cancelliere dell’Imperatore Rodolfo – Ai detti di Tolomeo sono conformi quelli di Giachetto Malespini, che nella storia fiorentina di Ricordano suo zio dichiarò, qualmente nell’anno 1281 i Lucchesi Guelfi guastarono e arsono il castello di Pescia in Valdinietfole, perchè tenea parte d’imperio, e non voleano ubbidire sotto la Signoria di Lucca. E alla detta oste furono i Fiorentini molto grossi in ajuto de’Lucchesi, ecc.
Assai più fatale e desolante sarebbe stato quell’incendio se dovessimo prestar fede a chi dopo non so quanto tempo registrava in un codice membranaceo di Evangeli esistente nella pieve, ora duomo di Pescia, le seguenti parole: Tota terra Pesciatina a Lucensibus ita fuit combusta et dispersa, ut nulla domus, tam ecclesiarum, quam laicorum absque combustione manserit. Anno 1281.
XIII. Kal. Septembris.
Comunque fosse brutta la faccenda, è certo altresì che cinque anni dopo, nel 1286, il governo degli Anziani di Lucca decretò la riparazione a tanto guasto, facendo restaurare le case, i tempii e le mura della già incendiata Pescia.
A provare che questa Terra fosse tornata in buono stato da fissare meglio i confini del suo distretto territoriale, giova un compromesso tra i sindaci della Comunità di Pescia e quelli del Comune di Uzzano, fatto nel 14 marzo 1298 nel palazzo nuovo degli Anziani presso la chiesa di S.
Michele in Foro di Lucca, allorché nominarono in arbitro Carlo di Manente da Spoleto capitano del popolo di Lucca per determinare i confini comunitativi di Pescia e di Uzzano fra la strada di sotto e la strada di sopra . – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte della Comunità di Pescia).
Poscia come suddita dovè seguitare in sorte di Lucca sua madrepatria, sia allorché nel 1314 se ne impadronì Uguccione della Faggiuola cacciando dalla città e dai paesi del contado lucchese il partito Guelfo che vi dominava; sia due anni dopo quando cambiò di padrone sottentrando all’abominato dominio del Faggiuolano il cittadino Castruccio degli Antelminelli. – Variò bensì Pescia di governo e di padroni dopo la morte di Castruccio quando dovè ubbidire, ora ai soldati tedeschi del Ceruglio, ora al genovese Gherardino Spinola, ora a Giovanni re di Boemia, il quale inviò a Pescia per suo podestà Ghino de’Reali da Pistoja, che fece includere nella giurisdizione politica di Poscia anche la vicaria di Villa Basilica in Valle Ariana.
Fu allora che i Pesciatini radunarono a consiglio generale tutti i notabili della giurisdizione di Pescia, sino al numero di 773, i quali nel dì 20 novembre del 1331 elessero i loro rappresentanti nella persona di Garzone di Bartolommeo Garzoni, ed in quella di Cino di Dino Visconti, due nobili Pesciatini incaricati di recarsi a Lucca a prestar giuramento di fedeltà nelle mani di Simone de’Reali da Pistoja luogotenente del re Giovanni e del principe Carlo di Boemia suo figlio.
Dal 1332 però fino al 1339 Pescia fu soggetta a Mastino della Scala signor di Verona, il quale ottenne il governo di Lucca e del suo contado per compra fattane dal re Giovanni fino a che col trattato di Venezia del 20 gennajo 1339 Mastino fu costretto rinunziare alla Repubblica di Firenze le terre di Pescia e di Buggiano coi loro territorii e giurisdizioni.
Infatti nel dì 10 febbrajo successivo Pescia ricevè con la guarnigione il podestà da Firenze nella persona di Porcello de’Cattani da Diacceto, il quale rimise in patria tutti i Guelfi fuorusciti. Pochi giorni dopo il consiglio generale di Pescia inviò a Firenze i sindaci per fare davanti la Signoria l’atto di sottomissione con apposito giuramento in nome di questa Comunità.
Fu allora che i priori e gonfaloniere di giustizia di Firenze accordarono alcuni privilegi agli abitanti di Pescia, come da istrumento del 14 aprile 1339, il cui originale si conserva nell’Arch. Dipl. Fior. fra le carte di quella Comunità.
Cotesto fatto storico fu scolpito nel palazzo pretorio intorno all’arme del primo podestà fiorentino, così: Porcello di Recho de’Cattani da Diacceto ricevette pel Magn. Comune di Fiorenza la Terra di Pescia l’anno 1339, e fu primo Commissario nello stesso anno. Era questo quel Porcello di Reco che nel 1341 fu eletto gonfaloniere di giustizia della Signoria di Firenze, due cariche onorevoli che cento e più anni dopo cuoprì un suo discendente, Paolo di Zanobi de’Cattani da Diacceto. – Vedere PELAGO.
Lo stesso potestà Porcello da Diacceto nell’atto di accordare l’amnistia ai Guelfi fuorusciti bandì da Pescia 47 individui Ghibellini, fra ai quali primeggiavano molti della casa Garzoni, che si recarono a Lucca, dove per atto pubblico di quel governo furono tutti ammessi alla cittadinanza lucchese.
Fra i Garzoni banditi da Poscia fuvvi un Buonagiunta di Bartolommeo Garzoni, il quale bramando di levare la sua patria dal dominio de’Fiorentini, inviò un suo fedele a Pescia per aprire trattative segrete con un pesciatino (Jacopo di Nuccio) acciò dal lato delle mura della Terra ch’erano appoggiate alla sua casa in prossimità della pieve vi entrassero i congiurati. Ma il potestà de’Fiorentini Berto di Stoldo de’Frescobaldi fece arrestare il mandatario del Garzoni, che nel 23 agosto fu impiccato per la gola.
Allora la Repubblica Fiorentina ordinò la costruzione di un nuovo forte dentro Pescia, cui diede il nome di S.
Michele, diverso dalla rocca antica denominata Castel Leone. Infatti nel 27 gennajo 1342 (stile comune) fu data la consegna della rocca nuova di S. Michele di Pescia a Vanni di Guido Leone Mozzi di Firenze eletto in suo castellano, mentre nel 21 marzo dello stesso anno 1342 fu eletto dalla Signoria di Firenze un altro castellano della rocca di Castel Leone di Pescia nella persona di Tano di Tuccio.
Arroge inoltre l’atto di giuramento di fedeltà al principe Gualtieri duca d’Atene e signor di Firenze prestato nel 18 marzo 1343 (stile comune) da Venturino di Guiduccio eletto in castellano della torre di M.Michele di Pescia. – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte dell’Arch. gen.) – Forse era questa la stessa torre che domina tuttora il borgo S.
Michele situata sul poggio a cavaliere della Porta lucchese di Pescia.
Frattanto i Garzoni emigrati non si erano perduti di animo di rientrare in patria, poiché alcuni di essi nel 1341, e poi nel 1362 si unirono all’oste pisana per tentare di cacciare da Pescia i Fiorentini. Era tra loro un valente capitano, Giovanni Garzoni familiare di Carlo IV, dal quale egli ottenne la conferma del feudo di Vellano oltre l’altro feudo di Castel vecchio. È quello stesso Gio. Garzoni che i Pisani nel 1361 inviarono con un corpo d’armati ad assediare il castel di Pietra buona situato fra Pescia e Vellano, e che conquistò a patti nello stesso anno.
Sennonché questo fatto diede cagione ad una nuova guerra accesasi tra i Fiorentini e i Pisani, i quali ultimi tentarono con buon numero di soldati di dare l’assalto di notte tempo alla Terra di Pescia. Mostravas i ai Pisani felice la fortuna sul principio dell’impresa, poiché molti di essi erano già saliti sulle mura castellane, quando scoperti dal capitano della guarnigione, e alzato il romore, furono gli assalitori con grand’impeto dai soldati di dentro e dai terrazzani gettati giù dalle muraglie. Arroge a ciò una supplica del 21 giugno 1368, presentata alla Signoria di Firenze per parte del Comune di Castelvecchio in Valle Ariana nel distretto fiorentino, colla quale si chiedeva un sussidio alla Repubblica Fiorentina per riparare le fortificazioni di quel castello. – (GAYE Carteggio di Artisti, Vol. I. Append. II.) Anche più gloriosa pei Pesciatini riescì la difesa che seppero opporre alle soldatesche condotte costà nel luglio del 1430 dal conte Francesco Maria Sforza dopo aver con le sue genti cacciati i Fiorentini dall’assedio di Lucca; e comecché Paolo da Diacceto, che vi era potestà, al dire del Machiavelli, senza aspettar l’assalto se ne fuggisse a Pistoja, contuttociò Pescia fu così ben difesa dalla virtù di Giovanni Malavolti che vi era alla guardia e dal coraggio de’Pesciatini e delle loro donne, che i nemici dopo cinque assalti dovettero lasciarla senza aver fatto cosa di alcun momento, e all’incontro con aver riportata vistosa perdita di soldati morti. Per tale difesa valorosa Pescia ricevè lettere di congratulazione dalla Signoria e dai Dieci di Balia di guerra del Comune di Firenze in data del dì 4 agosto 1430 che furono registrate negli statuti di Pescia del 1413 e pubblicate dall’abate Placido Puccinelli fra le Memorie della sua patria.
Non devesi ommettere però un tentativo anteriore del 1396 per ribellare la Terra di Pescia dal Comune di Firenze, il qual fatto fu in senso opposto raccontato dal Galeotti nel suo Compendio storico di Pescia, allorchè disse, come nel mese di agosto di detto anno si scoperse che Grazia di Luporo del Monte di Pescia con altri suoi compagni teneva un trattato di sorprendere Pescia col levarla dal dominio de’Fiorentini; la qual congiura fu rivelata da Puccio di Vannesco da Uzzano e da Paolo di Pino del Monte, stati perciò largamente premiati dalla Comunità. – Fin quì il Galeotti. Ma da un libro di deliberazioni de’Dieci di Balia dell’anno stesso 1396 si rileva, che il traditore fu ser Paolo di Pino da Pescia, il quale trattava di far ribellare la sua patria; e che cotesto progetto invece fu rivelato nel dì 28 gennajo del 1397 (stile comune) da Guido Fanelli del Monte, che diede prigione per fiorini 25 d’oro il traditore ser Paolo di Pino da Pescia.
Il Manni che riporta il fatto nell’illustrazione di un sigillo del Comune di Pescia (Vol. XIII Sigillo VII) parla anche di un altro trattato che fu fatto di poi per tradire i Fiorentini circa la Terra di Pescia. Ciò risulta da un codice della Strozziana, in cui si riporta il processo e la condanna eseguita nel 4 giugno del 1468 nella persona di Zanobi d’Jacopo degli Orlandi da Pescia, perché questi essendo in Roma e avendo aderito ai consigli del fuoruscito Giovanni Negroni arcivescovo di Firenze, promise di recarsi in patria, e là di contraffare le chiavi di una delle porte di Pescia, (la Porta della Fontana) la quale era già stata murata al tempo dello storico Galeotti, per introdurvi le genti d’armi del signore da Carpi con quelle di alcuni nemici di casa Medici esuli da Firenze, per sollevare e impadronirsi di Pescia. Scoperto il trattato dai partitanti de’Medici appena tornò in Pescia Zanobi Orlandi fu arrestato e condannato nel taglio della testa con la confisca de’beni.
Rispetto poi alla parte economica e politica della storia di Pescia, potrei rammentare una convenzione stabilita in Firenze nel dì 6 dicembre del 1353 in ordine ad una provvisione della Signoria emanata sino dal 16 ottobre di detto anno; nella quale si diceva, che volendo supplire alle spese fu deciso d’imporre una certa somma ai Comuni della Val di Nievole. Quindi è che i regolatori dell’entrata e uscita del Comune di Firenze e i sindaci di tutte le Comunità della provincia di Val di Nievole; cioè, di Pescia, Uzzano, Buggiano, Massa e Cozzile, Montecatini, Monte Vettolini, Monsummano, e Vellano, nel suddetto dì 6 dicembre 1353 convennero insieme per ripartire proporzionatamente le somme necessarie al salario da pagarsi al vicario e per le spese de’castellani deputati in detta provincia per il Comune di Firenze. – Dondechè il Comune di Pescia fu tassato in lire 1294; Uzzano in L.
471; Buggiano in L. 1294; Massa e Cozzile in L. 584; Montecatini in L. 1000; Monte Vettolini in L. 647; Monsummano in L. 294, e Vellano in L. 294. Inoltre fu deliberato che per il restante si facessero buoni alle comunità testé indicate i loro privilegi ed esenzioni.
Non sembra però che tutte le popolazioni della Val di Nievole si acquetassero a tale ripartizione ed aggravio, poiché nel 1386 i sindaci delle Comunità prenominate elessero in arbitro il celebre Coluccio di Piero di Coluccio Salutati cancelliere fioreniino; sicché questi nel 18 giugno dello stesso anno, stando nella chiesa di S. Pietro del Borgo a Buggiano, pronunziò un lodo sulla tassazione respettivamente assegnata a quelle Comunità onde soddisfare gli oneri ed altri servigj pubblici per interesse del Comune di Firenze.
Fra i differenti tentativi più volte fatti d’ordine della Signoria di Firenze per meglio distribuire le prestanze e il catasto, il Pagnini nella sua Opera delle Decime non rammenta il catasto nel 12 giugno 1396 determinato dai priori e gonfalonieri di giustizia e concernente una nuova descrizione delle prestanze da pagarsi al Comune di Firenze dalle persone allirate e descritte in qualunque popolo e Comunità del contado fiorentino. – Ciò che importa alla storia letteraria di conoscere nella provvisione accennata si è la determinazione presa di cancellare dal libro delle prestanze e dalla descrizione suddivisata maestro Ugolino da Montecatini di Val di Nievole dottore in medicina, stato eletto a leggere nello studio fiorentino, per la ragione che egli non possedeva beni se non che nel castello e territorio di Montecatini sua patria, e perciò fuori del contado fiorentino. – (ARCH.
DIPL. FIOR. Carte della Comunità di Pescia) Coteste prestanze o balzelli furono effetto delle grandi spese sostenute dalla Repubblica Fiorentina per il corso di un intero decennio contro Lucca, per cui, dice il Galeotti, convenne alla Comunità di Pescia, oltre il mantenimento de’soldati che essa mandava all’esercito fiorentino, pagare eziandio nel 1441 un altro balzello imposto per le spese dell’ultima guerra contro Lucca.
Finalmente la Signoria di Firenze sotto dì 13 settembre 1442, cioè un anno dopo la pace ratificata con i Lucchesi, deliberò che la Comunità di Pescia in contemplazione di aver sofferto molte spese nella guerra di Lucca e nel risarcire una parte delle sue mura castellane, invece di prendere 350 staja di sale per l’annuo consumo de’suoi abitanti, com’era stata tassata fino dall’anno 1429, fosse obbligata a prenderne solamente staja 260.
Frattanto cotesto consumo annuale di sale ci da approssimativamente la numerazione a quell’epoca della popolazione della Comunità di Pescia; giacché calcolando che ogn’individuo consuma uno per l’altro libbre dieci di sale per anno,e sapendo che ogni stajo del sale a quel tempo pesava 50 libbre, si aveva nel primo caso del 1429 sale sufficiente a 1750 persone, mentre le 260 staja assegnate nel 1442 avrebbero supplito presso a poco ad una popolazione di 1300 indiviilui.
Ora se si confronti questo fatto reale col racconto ideale di chi scriveva un dì che la sola città di Pescia innanzi l’epoca del 1281 racchiudeva dentro le sue mure 16,000 anime, stupirà di sentire che tutta la Comunità di Pescia, compresa la Terra, nel 1429 non arrivasse a 800 abitanti e che quel numero fosse diminuito di qualche centinajo nel 1442.
Dico questo per far rilevare sino a qual punto un buon governo, una lunga pace, una ben intesa industria manifatturiera ed agricola influis cano sull’economia pubblica e sul progresso di una popolazione. Avvegnaché non vi è oggi Comunità campestre in Toscana, e forse non ve n’è in tutta Europa un’altra che, rispetto alla quantità della sua popolazione in confronto del territorio possa equipararsi a questa di Pescia, la quale nel 1840 contava per ogni miglio quadrato di suolo imponibile il vistosissimo numero di 1272 abitanti!! Vedere avanti l’Articolo COMUNITA’ DI PESCIA. Nell’anno 1445 sotto dì 19 settembre, essendo vicario e potestà di Pescia Andrea di Silvestro de’Nardi, furono eletti nel palazzo di sua residenza gli arbitri per parte del Comune di Firenze da un lato e per quello degli artefici e de’lavoratori delle terre di Pescia dall’altro lato, affinchè eglino pronunziassero sentenza relativamente alle pensioni da pagarsi alla camera comunitativa di Pescia per le case, mulini, botteghe e bestiami situati nel suo disiretto. – (loc.
cit.) Sotto di 16 mano 1459 (stile comune) gli ufiziali eletti dal consiglio generale di tutto il vicariato di Val di Nievole e Valle Ariana stabilirono e riformarono i vecchi statuti relativi al governo economico e civile della provincia, e alle attribuzioni de’consiglieri e degli altri ufiziali; i quali statuti vennero approvati con qualche modificazione per 5 anni dai deputati del Comune di Firenze. – (loc. cit.) Ad un’epoca assai più antica rimontano li statuti della Terra di Pescia, mentre uno dell’anno 1308 è rammentato da Francesco Galeotti nel suo Compendio storico di Pescia, MS del 1657.
Più importante per la parte agronomica di cotesta contrada sarebbe lo statuto del 1340, il quale per asserto dell’Avv.
Gio. Baldasseroni si conservava ai tempi suoi autentico nell’archivio della stessa Comunità. Imperocché ivi si trova registrata una rubrica, che ordina la piantagione dei Mori Gelsi nel territorio pesciatino, mentre in altra rubrica di quello statuto medesimo si prescrive ai possidenti terrieri di piantare in date situazioni di quel territorio comunitativo otto pedali di fichi per ogni coltra di terra. – Da ciò pertanto apparisce come sino d’allora stasse a cuore dei Pesciatini la buona agricoltura e le moltiplicazione delle piante fruttifere, fra le quali la coltivazione del gelso , donde viene somministrata la materia prima alla seta e con questa alle sue manifatture, che sono la vita e una delle sorgenti maggiori della ricchezza de’Pesciatini.
Ora se il gelso esisteva sino dal 1340 nei campi di Pescia, come può conciliarsi ciò col bando del 3 aprile 1435 di questa stessa Comunità che ordinava, si dovessero coltivare in ciascun podere del territorio pesciatino per lo meno 5 pedali di Mori Gelsi bianchi! Come sarebbe conciliabile lo statuto del 1340 col pubblico decreto emanato dal consiglio generale della Comunità medesima, decreto che a perpetua ricordanza fu rammentato sotto l’effigie del pesciatino Francesco Buonvicini nel palazzo comunitativo; poichè dice costui di aver portato nel 1435 … alla sua patria questa pianta, Dalla qual nacque poi ricchezza tanta Che in ogni luogo si noma il Delfino: cioè l’emblema parlante di Pescia, ch’è rappresentato in un Delfino. Come spiegare quest’ultimo fatto con le premure dimostrate dai Pesciatini per la coltura dei Mori quasi un secolo anteriore al gelso recato a Lucca e a Pescia dal Buonvicini? Inoltre domanderei, se Lucca e Pescia solamente presero parte nel 1435 in cotesto traffico?... Al che mi sembra sentir rispondere di no dagli Statuti dell’Arte di Por S.
Maria, ch’era l’arte de’setajoli in Firenze, mentre ivi leggesi registrata la seguente memoria: che nel 1423 per l’Arte (di Por S. Maria) si cominciò a fare i filugelli in Firenze, e furon eletti sei cittadini a farci fare l’esercizio de’filugelli bigatti e tirarne la seta.
Arrogo a ciò una riformagione della Signoria rammentata dall’Ammirato nella sua Storia Fior. all’anno medesimo 1423, per la quale fu esente da ogni gabella l’introduzione nella città di Firenze de’filugelli e della foglia del Moro, quando fu ordinato: quod Filugelli et folia Mori mitti possint intra civitatem absque solutione gabellae. – (RIFORMAG. DI FIR.) Io non saprei meglio spiegare cotesta specie di anomalia, o anacronismo che risalterebbe tanto anteriore de’documenti di sopra citati, se non supponendo che il Buonvicini portasse in Pescia sua patria una qualità di mori esotici differenti e migliori di quelli che vi si trovavano già da cent’anni e forse prima.
Ma per tornare donde partii, cioè all’istoria di Pescia, mi si presenta una provvisione dalla Signoria di Firenze sotto dì 4 dicembre 1465, con la quale fu ordinato che tutte le condannagioni pecuniarie che vennissero fatte nel vicariato di Pescia dal 1463 in poi, fossero assegnate per dieci anni a vantaggio delle Comunità del vicariato, onde supplire alle spese nella riparazione delle mura di Pescia e di altri castelli della Val di Nievole. Lo che fu confermato nel 1473 per altri dieci anni. – (loc. cit.) Finalmente con riformagione del 6 marzo 1503 la Signoria di Firenze rinnovò la stessa concessione per un altro decennio alla Comunità di Pescia rispetto alle condannagioni pecuniarie, onde servirsene al risarcimento delle mura di detta Terra. Cotesto documento, che fu preceduto nel secolo XV da diversi altri dello stesso tenore, autorizza a credere che quegli ordini riferissero al restauro, o piuttosto all’ultimo più esteso ma più debole recinto della Terra di Pescia.
Ad oggetto poi di favorire il commercio dei prodotti del suolo di Pescia nel 4 aprile 1475 fu decretato dai governatori delle gabelle della città di Pisa, che in vigore del trattato con la Repubblica Fiorentina venisse accordata agli abitanti del Comune di Pescia facoltà di trasportare e passare liberamente per la città di Pisa e per il fiume Arno il vino e l’olio del loro territorio senza pagare alcun dazio. In conseguenza dell’esenzione predetta il tribunale de’consoli di mare nel 1 giugno del 1475 decise di concedere il libero passaggio delle merci della Comunità di Pescia per alcuni fiumi ed inclusive per il lago di Bientina.
Arrogo a ciò una deliberazione presa nel 22 marzo 1499 (stile comune) dagli ufiziali della grascia di Firenze che concedeva grazia ad alcuni mercanti di Pescia relativamente al pagamento da essi dovuto di certe gabelle.
Da quell’epoca in poi il popolo di Pescia restò tranquillo spettatore delle vicende politiche che travagliarono Firenze nei primi sei lustri del secolo XVI. Però i Pesciatini non furono degli ultimi a gridare Palle Palle innanzi che la casa de’Medici salisse sul trono della sua patria. Ciò fanno conoscere gli ordini che furono dati nel 1527 dal vicario di Pescia al cancelliere della Comu nità, cioè di levare le armi della famiglia de’Medici state poste sopra le porte all’ingresso di Pescia.
Infatti dopo la battaglia di Cavinana, nella quale restò preso e trucidato il valoroso Ferruccio, il calabrese uccisore, Fabrizio Maramaldo, tornò a stanza in Pescia con buon numero di fanti e di cavalli che distribuì per la Val di Nievole onde si dovesse vivere a discrezione di un’insolente soldatesca.
Fu solo per qualche giorno nel 1554, all’occasione dell’ultima guerra contro la Repubblica di Siena, quando i Pesciatini dovettero accogliere fra le loro mura una numerosa banda di soldati francesi comandati da Piero Strozzi, il quale vi si diresse da Siena con l’intenzione di attaccare battaglia col marchese di Marignano generale delle truppe Austro-Ispano-Medicee. Pur non ostante in quel frangente i Pesciatini non diedero allo Strozzi senza prima averne ottenuto licenza dal marchese di Marignano, cui si mostravano ligi. – In tale evento pertanto poco mancò che Pescia non fosse posta a sacco, se non era la mediazione del fiorentiuo Guglielmo Martelli, il quale militava con lo Strozzi, pregatone da Pandolfo Martelli suo germano che allora per conto di alcune sue possessioni si trovava in Pescia – (ADRIANI E AMMIR.
Istor. fior.) Infatti Pescia deve al primo pontefice di casa Medici l’erezione della sua chiesa plebana in prepositura Nullius Dioecesis.
E tanto è vero che i Pesciatini venivano contemplati fra i più fedeli sudditi della casa Medici, che Cosimo I, coll’occasione di far dipingere nel palazzo vecchio di Firenze le città e terre principali del suo dominio, diede a questa di Pescia il titolo lusinghiero di molto fedele: Piscia oppidum adeo fidele.
Finalmente il Granduca Cosimo III con motuproprio del 19 febbrajo 1698 (stile fior.) dichiarò Pescia città; e fu ad istanza del Granduca Gian Gastone che il Pontefice Benedetto XIII con breve del 17 marzo 1726 eresse la stessa prepositura in chiesa cattedrale.
Ma i miglioramenti che Pescia risente da un secolo a questa parte si debbono ai provvedimenti emanati dai Sovrani dell’Augusta dinastia Austro-Lorena felicemente regnante in Toscana.
Fra le altre savie leggi del governo di Francesco I Imperatore, diceva il Baldasseroni nelle sue Memorie di Pescia, fra le altre savie leggi utili alla libera commerciabilità dei beni stabili fuvvi nell’anno 1751 quella delle mani-morte, legge che dovrebbesi scolpire in bronzo per eternare l’epoca del’umanità! Nel 1762 si diede principio alla più grandiosa e più bella fabbrica pubblica di Pescia com’è quello dello spedale.
Essa in origine destinavasi dal suo autore Donato Maria Arcangeli vescovo di Pescia per uso di un seminario, di cui mancava la sua diocesi. Morto l’Arcangeli innanzi di veder compito l’edifizio, fu dal Granduca P. LEOPOLDO I ordinato che si terminasse e riducesse a spedale per i malati di tutta la Val di Nievole, e per ricevere i gettatelli, cui assegnò una dote sufficiente col superfluo di altri luoghi pii, o coi beni di alcuni conventi e compagnie laicali soppresse. – Fra i conventi esistiti in Pescia furonvi quello de’Chierici regolari della congregazione di S.
Paolo, chiamati Bernabiti, de’PP. Minimi di S. Francesco di Paola; i primi de’quali abitavano un locale contiguo alla chiesa della SS. Nunziata, ed i Paolotti quello annesso a S. Andrea sul poggetto superiore, detto il Castello, stati entrambi soppressi nel 1782.
Nel 1783 per sovrana munificenza fu riedificato il ponte del Duomo, detto anche di Piè di Piazza , a tre grandi arcate col disegno e direzione dell’architetto Giuseppe Vannelli da Varese assai più largo e più pianeggiante dell’antico. – L’iscrizione che vedesi ivi apposta in lapida di marmo fu dettata dal celebre matematico Boscovick.
Edifizi Sacri. – La cattedrale di Pescia intitolata a S.
Maria, fu riedificata come si vede nello stato attuale più grandiosa sopra l’antica pieve nel declinare del secolo XVII col disegno del fiorentino Antonio Ferri. Una parte rimasta della sua facciata antica fornisce qualche indizio dell’epoca in cui fu fatta; rapporto a che sembra quasi confermarlo la grandiosa torre ad uso di campanile situata a contatto della stessa facciata, sopra la cui porta, (ch’è pure l’unico ingresso all’episcopio) leggesi un’iscrizione in marmo che dice: AN. D. MCCCVI. Magr. Bettinus Salvabgi? fecit hoc Opus Tpre Plebani Albizs de’Bardis, et Tiri Uberti, et Dni Dei Opar.
Il duomo di Pescia è in forma di croce latina con cupola; ha una sola navata assai sfogata e grandiosa con apside o tribuna dietro l’altar maggiore.
Il cappellone della crociata a mano destra fu edificato tutto di pietra serena, rappresentante un tempietto dentro un altro maggior tempio. Al suo altare esisteva una preziosa tavola di Raffaello da Urbino, tolta di là dall’ultimo Granduca dei Medici per collocarla nella sua galleria de’Pitti dove si conserva, avendo sostituito in luogo dell’originale una mediocre copia dipinta da Ottaviano Dandini.
Il mausoleo di Mons. Baldassarre Turini ordinato dal suo esecutore testamentario, che vedesi in questa cappella, è di un bel marmo bianco statuario di Carrara. Vasari lo dice opera di Raffaello da Montelupo, comecché a chi lo esamina mostra un lavoro di tal mano da non far punto onore a chi fu esecutore testamentario e amico intrinseco del divino Raffaello.
Molti vogliono sull’asserto dello stesso Vasari che il disegno di cotesto cappellone si debba a Giuliano di Baccio d’Agnolo architetto fiorentino del secolo XVI, mentre secondo l’iscrizione ivi apposta dai fratelli Giovanni e Antonio Cardini, all’anno 1451 pro anima patris, indicherebbe un lavoro di quasi un secolo anteriore. Al che si presta anche lo stile del Brunellesco, senza però, diceva il Gaye, che l’edifizio vada esente da quella imitazione di archi trionfali, e da sovrabbondanza di ornamenti che poco dopo la morte di Filippo Brunellesco inondarono l’Italia. – (GAYE, Carteggio inedito di Artisti. Vol. I.) Nell’altro cappellone a cornu evangeli di padronato della famiglia Cecchi di Pescia la gran tavola a olio rappresentante il martirio di S. Lorenzo fu dipinta nel 1706 da Antonio Domenico Gabbiani fiorentino, il quale dopo più anni fece in tela per l’arco di detto cappellone un sottinsù rappresentante S. Maria Assunta in cielo, di cui al dire del suo biografo Humford non può vedersi cosa più grandiosa.
Fra le antichità della chiesa maggiore di Pescia, viste dall’abate Placido Puccinelli nella sua tenera età (verso il 1620), si contavano alcune statue lavorate in stile barbaro con colonne sostenute da quattro leoni, sulle quali forse posava l’antico pulpito, e che nel 1622 furono murate sotto la scala di pietra del camp anile.
La chiesa prioria collegiata de’SS. Stefano e Nicolao costruita a tre navate è la seconda per dignità fra le chiese della città di Pescia.
Il diligente storico pesciatino Ab. Placido Puccinelli non potè scuoprire in che tempo, nè da chi essa fosse fondata, poiché a uno de’suoi vetusti restauri sembra che riferisca un frammento di colonna di pietra murato in un pilastro a sinistra della navata di mezzo, in cui si legge quanto appresso: Anno MCCCXXI. Hoc opus fieri fecit Nardus Fortis pensis suis.
Ma di quel restauro o riedificazione della chiesa di S.
Stefano nel 1321 non restano che pochi avanzi nella parte esterna sulla facciata e dal lato occidentale, dove apparisce la fabbrica moderna alzata, o frapposta alla vecchia con la seguente iscrizione in macigno: Paul. Ant.
Corsini Rector a fundamentis instauravit 1748.
Se l’architetto che fornì il disegno per rifare cotesto tempio era quello medesimo che fece la scalinata doppia, per la quale si sale in chiesa, sarebbe da credersi opera del pesciatino Agostino Ceracchini, scultore distinto del secolo XVIII. – (BALDASSERONI, Memor. di Pescia).
Comunque sia la cosa, di cotesta chiesa di S. Stefano si hanno memorie fino dall’anno 1193 in un istrumento rogato da Aldrigo notaro sulla Poscia maggiore nella canonica di S. Stefano; dal quale apparisce che Aldobrando pievano della pieve di S. Pietro in Campo rilascia in affitto alcune terre al rettore dell’ospedale dell’Altopascio per l’annuo censo di 4 staja di miglio alla misura dello stajo di Pescia. (LAMI, Hodepor.) Quella espressione di canonica darebbe a sospettare che la chiesa di S. Stefano di Pecia nel secolo XII avesse avuto canonici, ossiano cappellani, Che sebbene essa nel registro delle chiese della diocesi lucchese redatto nel 1260 si trovi compresa nel pievanato di Pescia; sebbene nella bolla di PP. Leone X del 23 settembre 1519, venga qualificata col titolo di rettoria, concedendo a quel rettore la terza dignità nel capitolo della nuova cattedrale col nome di priorato, ciononostante la stessa parrocchiale di S. Stefano si trova qualificata col titolo di pieve in una pergamena originale del 25 novembre 1444 rogata dal notaro Wernerio presso la chiesa di Breslavia in Slesia nella casa del decanato. È un documento esistente fra le carte della Comunità di Pescia nell’Arch. Dipl. Fior., che può anche servire a rettificare la biografia di Baldassarre Turini seniore; avvegnaché cotesto Baldassarre in quell’istrumento si dichiara dottor di decreti, luogotenente per la S. Sede Apostolica in Slesia (e non in Polonia), e pievano della chiesa parrocchiale di S. Stefano di Pescia nella diocesi di Lucca . Egli come pievano di essa chiesa costituiva con quell’atto suoi procuratori Antonio da Pescia dottore, Leonardo di Stefano pievano di S. Maria di Pescia, Gabbriello e Turino suoi fratelli, investendo tutti questi della facoltà di rinunciare in di lui nome la rettoria che riteneva della pieve di S. Stefano di Pescia.
Terza per ordine di anzianità è la chiesa già parrocchia di S. Michele nel borgo, cui è annesso un monastero di Benedettine attualmente ridotto a conservatorio.
Essendoché di cotesto monastero gli storici pesciatini citano un contratto di compra di beni acquistati da quell’abbadessa nell’anno 1173. – Anche il catalogo delle chiese della diocesi lucchese scritto nel 1260 registra il Monastero di S. Michele nel piviere di Pescia.
Devesi inoltre aggiungere che la chiesa e Monastero di S.
Michele, da cui ha preso il nome un borgo di Pescia fuori di Porta lucchese, e che fu parrocchiale fino al declinare del secolo XVIII, non è la medesima di quella di S.
Michele e S. Maria Nuova, prima spedale, poi Monastero di Benedettine, nel cui orto è stato ora edificato un palazzo da uno de’fratelli Magnani posto presso la coscia del ponte del Duomo, ossia a Piè di Piazza.
Realmente Pescia per lunga pezza si è veduta sfoggiare in monasteri di donne, e in conventi di Religiosi. Erano fra i primi il Monastero di S. Michele delle Benedettine (ora conservatorio) il Monastero di S. Maria Madre di Dio delle Domenicane (ora soppresso); il Monastero di S.
Maria Nuova e di S. Michele (ora palazzo privato); il Monastero delle Clarisse (ora seminario); il Monastero di S. Maria del Carmine delle Carmelitane (soppresso) ed il monastero della Visitazione delle Salesiane (esistente).
Si contavano poi tra i conventi quello soppresso de’Frati Paolotti al Castello; quello de’Chierici regolari de’Bernabiti alla SS. Annunziata (soppresso); uno de’PP.
Dell’Osservanza a Colleviti fuori di Pescia (esistente), uno de’PP. Cappuccini della SS. Concezione al Torricchio fuori di Pescia (soppresso); e finalmente quello di S. Francesco de’Minori Conventuali dentro Pescia (pur esso soppresso).
La chiesa però di S. Francesco contigua al convento è una delle più antiche e più grandi di Pescia. Essa fu edificata la prima volta nel 1211 dalla famiglia Orlandi pesciatina.
La Comunità di Pescia fece costruire a contatto della medesima un vasto convento concorrendo alla spesa varie famiglie, fra le quali quella degli Obizi esuli fino del 1315 da Lucca, ed i cui discendenti si elessero la sepoltura nella chiesa medesima, dov’è pure un’iscrizione sepolcrale dell’anno 1362 di maestro Niccolò figlio di Nardo Forti da Pescia, di quel Nardo Forti cui appella la memoria del 1321 esistente nella chiesa di S. Stefano di Pescia d i sopra rammentata.
Una lapida posta a piè del tempio ricorda che la chiesa di S. Francesco nel 1720 fu riedificata più bella e più vasta di prima. – Ivi conservasi al terzo altare a mano destra entrando il ritratto di S. Francesco dipinto da Margheritone d’Arezzo, e non manca da questo lato qualche altro buon quadro de’secoli XV e XVI.
La chiesa della SS. Nunziata posta dalla parte destra del fiume è grande a una navata assai sfogata. Fu fabbricata nel 1600 a spese di alcuni preti, che nel 1623 abbracciarono la regola de’Chierici Regolari di S. Paolo denominata de’Bernabiti. Questi religiosi furono di grande utilità spirituale ai Pesciatini all’occasione del crudele contagio che nel 1630 afflisse quella popolazione, in memoria di che venne eretto nella detta chiesa l’altare di S. Carlo Borromeo patrono della Congregazione dov’esiste una bellissima tavola a olio rappresentante S.
Carlo che comunica gli appestati, dipinta da Baldassarre Franceschini, denominato dalla patria il Volterrano, e giustamente lodata nella Storia pittorica dall’Ab. Lanzi.
Stabilimenti pii . – Quasi dirimpetto alla chiesa di S.
Francesco davanti ad un vasto piazzale, e lungo la ripa sinistra della Pescia, campeggia come dissi una delle più belle fabbriche della città, l’ospedale, fondato col disegno del Vesc. Arcangeli che voleva farne un seminario, per erigere il quale cavò il denaro dalle penali che imponeva ai suoi preti. Morto F Arcangeli innanzi che restasse compita la fabbrica, il Granduca P. LEOPOLDO I destinò il soppresso monastero delle Clarisse di Pescia per seminario e ordinò al magistrato del Bigallo di Firenze che mandasse un disegno per ridurre a termine la fabbrica dell’Arcangeli da servire di ospedale per i poveri malati di tutto il vicariato di Pescia, e per ricevere i gettatelli.
Quindi il Sovrano dotò cotesto spedale col superfluo di alcuni luoghi pii, cui aggiunse altre beneficenze. Esso fu aperto ai malati nel 1781 in separate corsie, le quali fanno ala ad un interno giardino (ERRATA : con 60 letti) con 76 letti fra uomini e donne.
Non è però da dire che Pescia in tempi più antichi mancasse di ospedali, poiché uno de’primi spedalinghi della Toscana fu S. Alluccio pesciatino il quale fiorì nella prima metà del secolo XII, ed il cui spedale con chiesina annessa esisteva sull’antica strada maestra un migl. e mezzo a ostro di Pescia, nel luogo che tuttora conserva il titolo del suo fondatore. Quest’ospizio che contava una rendita, vistosa alla metà del secolo XIII fu oggetto di lunga controversia fra i pievani di Pescia ed i cavalieri Gerosolimitani, ai quali verso l’anno 1200 era stato donato dai fratelli serventi in quello spedaletto.
Inoltre un ospedale spettante alla pieve di Pescia esisteva nel 1260 come risulta dall’antico registro delle chiese della diocesi di Lucca, corrispondente probabilmente a quella Confraternita del pellegrinaggio di detta pieve rammentata in un testamento di un Pesciatino fatto nel 7 novembre 1327, il cui originale si conserva tra le carte del Monastero di S. Michele di Pescia ora nell’Arch. Dipl.
Fior. – Dell’ospedale di S. Maria Nuova fondato in Pescia nel 1332 dal prete Jacopo Rustichelli, rettore della chiesa di S. Concordio a Monzone, che l’ammensò a detto spedale, si è parlato all’Articolo MONZONE di Pescia. – Finalmente di sei spedaletti riuniti in uno col nome di S.
Michele e S. Maria Nuova tratta una bolla del 17 aprile dell’anno 1400 spedita da Roma dal Pont. Bonifazio IX alla Comunilà di Pescia. – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte della Com. di Pescia). – Ma cotesti luoghi servivano piuttosto di ricovero ai passeggeri e pellegrini anzichè al bisogno dei terrazzani. Arroge a ciò come le famiglie pesciatine più ragguardevoli intendendo giovarsi dell’entrate di quelli ospedali riuniti per convertirne il locale in un monastero di donne, e collocarvi molte loro figliuole che destinavano spose di Gesù Cristo, ottenuta che ebbero l’annuenza del proposto Giuliano Cocchi e dei canonici di Pescia, nel 28 aprile 1559 fecero istanza al duca Cosimo I di ridurre lo spedale riunito di S. Michele e S. Maria Nuova in un monastero di religiose obbligandosi a prendere quattro o sei monache dall’antico monastero di S. Michele di Pescia, ad oggetto d’istruire le fanciulle novizie nella regola di S. Benedetto.
Istruzione pubblica. – La città di Pescia proporzionatamente alla popolazione e all’agiatezza de’suoi abitanti scarseggia anziché nò di pubblica istruzione.
Non dirò dell’antica tipografia che vi fu eretta nel 1486 da due giovani pesciatini (Sebastiano e Raffaello di ser Jacopo di Gherardo Orlandi) con la direzione del tedesco tipografo Sigismondo Rodt di Bitsfeld nella Svevia, per stamparvi specialmente opere di giurisprudenza, la prima delle quali fu nel 1486 di Francesco Accolti intitolata: Commentaria super Tit. VIII Accusat. Inquisit. et Denuntiat. in V libro Decretatium, un vol. in fol. max.; e nell’anno medesimo di Mariano Soccini il Tractatus de Oblationibus; e quello di Nello da Sangimignano che porta per titolo De Bannitis. – Nel 1488 lo stesso tipografo ed editori pubblicarono in Pescia in fol.
L’Epitoma rei militaris del Vegezio, e nel 1489 le Repetitiones et disputationes Laurentii de Rodulphis, opera rarissima di questo canonista fiorentino non rammentata dal Tiraboschi. Nello stesso anno 1489 il trattato De exceptionibus, praescriptionibus et sententiis di Felino Sandeo. Quindi nell’anno 1492 fu stampato dai medesimi il Trattato di Dino del Mugello de regulis juris ed il Compendium Logicae del Padre Savonarola. Due altri opuscoli di quest’ultimo autore si stamparono posteriormente in Firenze a spese di Pietro Pacini da Pescia, cioè: De simplicitate Christianae vitae, e l’Expositio Psalmi LXXIX.
Non dirò dell’accademia letteraria de’Cheti fondata in Pescia nel 1667, perchè dopo essere stata lungo tempo arcicheta convertì il suo locale (anno 1714) in un casino per la nobiltà. Non dirò dell’istituto de’PP. Bernabiti, che stettero costà dal 1623 al 1782 senza farvi grandi allievi; non dirò del Teatro riedificato più grandioso sulla fine del secolo passato, perché poche volte vi si declamano produzioni piacevoli e di utilità nel tempo stesso. Ne anche dirò come all’età nostra per ben due volte la società fiorentina pel mutuo insegnamento prestò ajuto affinchè si aprissero in Pescia scuole ordinate secondo il suo metodo, poiché esse vi ebbero brevissima vita. Dirò bensì che i due maestri di scuole elementari e di lingua latina mantenuti dalla Comunità sembrano troppo piccola cosa in confronto al bisogno che vi sarebbe di educare ed istruire nel tempo stesso il popolo. – Rispetto all’educazione, e istruzione delle fanciulle vi sono le Salesiane nel grandioso monastero eretto nel 1722 sulla strada di Porta fiorentina con piccola chiesa dedicata alla Visitazione. Il Conservatorio di S. Michele serve all’educazione di un ristretto numero di fanciulle a convitto.
La mente del vescovo Arcangeli d’istituire un seminario coll’idea che ivi potessero avere sufficiente istruzione morale e scientifica i chierici della diocesi ed anche i secolari della città era un salutare progetto, che si procura di mettere ad effetto dal zelante vescovo attuale Mons.
Vincenzio Menchi con l’opera di otto professori di altrettante cattedre aperte nel seminario di S. Chiara; quattro delle quali per le lettere greche e latine, la quinta per la filosofia e le matematiche, la sesta per il diritto canonico e civile, la settima e l’ottava per la teologia dommatica, e la teologia morale.
Già 32 alunni convivono in cotesto seminario, dove gli estranei tanto cherici come secolari sono ammessi alle scuole testé annunziate. Non manca adunque che la cooperazione de’parrochi, degli ottimali, de’padri di famiglia e la buona volontà in chi dovrebbe, com’è sperabile, profittarne.
Industrie manifatturiere. – Eccoci al paragrafo più importante, a quello in cui si tratta delle cause maggiori di ricchezza e prosperità di questa città. Lascerò per l’articolo seguente, COMUNITA’DI PESCIA, il dire qualche parola sull’industria agraria del suo territorio. Quì ne incombe maggiormente l’industria opificiaria delle sue cartiere, delle sue filande, dei valichi e delle conce di pellami, quattro specie di mano d’opera nelle quali Pescia primeggia fra le città più manifatturiere del Granducato.
Già dissi che la fiumana della Pescia maggiore, ossia della Pescia di Pescia, porta a cotesta contrada arena d’oro, avvegnaché mediante la sua discesa quelle acque perenni sono state incanalate in varie gore per mettere in moto macini da mulini, pistoni per cartiere, ruote e rocchetti per valichi, magli per ferriere, ecc.
Dondechè solamente dentro il territorio comunitativo di Pescia, dove il fiume trapassa per il cammino di circa 5 miglia, si contano undici cartiere; la più antica delle quali, che rimonta al secolo XV, appartenne alla famiglia Turini.
Che sebbene cotesta lavorazione sembri attualmente alquanto incagliata dalla libera estrazione de’cenci, pure dentro l’anno 1840 le medesime undici cartiere hanno somministrato lavoro a circa 110 uomini, e a 170 fra donne e ragazzi col prodotto di 61,600 (ERRATA : balle di carta) risme di carta di più qualità del valore in massa di 344,000 lire fiorentine.
Ma il traffico più esteso e più perfezionato consiste nella trattura e preparazione della seta greggia, traffico che somministra materia a 14 filande e a sei valichi. Nelle quali filande mediante 224 caldaje si trae seta alla calabrese e alla romanina, ossia alla Bassa , dove per tre mesi dell’anno si occupano 480 donne a trarre seta dai bozzoli raccolti nella provincia, (oltre quelli esitati per altre vie) i quali somministrano circa 27900 libbre di seta greggia della valuta approssimativamente di 558,000 lire fiorentine.
Rispetto ai sei valichi attualmente esistenti in Pescia, essi agiscono in tutto il corso dell’anno per lavorarvi sete in orsoj e in trame che si spediscono, porzione agl’indrappatori e consumatori a Firenze e porzione all’estero. I tre valichi de’signori Scoti e Migeaud lavorarono nel 1840 libbre 19000 di seta in orsoj, e libbre 30,000 in trame ad una perfezione sorprendente, ed affatto nuova per la Toscana; le quali sete sogliono spedirsi per la maggior parte a Lione di Francia.
Tutti i sei valichi nell’anno 1840 somministrarono libbre 51,800 di seta in trame del valore in massa a un bel circa di 1,099,200, lire, e libbre 58,000 di seta in orsoj del valore in massa approssimativamente di 2,266,000 lire fior. dopo aver fornito lavoro fisso a 300 donne filatoraje e a cento uomini filatoraj e torcitori. – Le incannatrici poi, il cui numero oltrepassa il mille, lavorano alle proprie case.
Il terzo genere d’industria, in cui Pescia da pochi anni si distingue, consiste nella fabbricazione di marrocchini e di cuoja di tutte le qualità all’uso di Svizzera, di Francia e di Germania.
Nella concia Piacentini, la più perfezionata e più attiva delle quattro esistenti in Pescia, lavorano fissi 45 uomini, dove nel 1840 si conciarono 3000 cuoja bovine all’uso di Francia, 5000 vacchette all’uso di Moscovia, 4000 vitelli, e sopra 25000 pelli di montoni, di pecore e capre per marrocchini all’uso di Svizzera, oltre 1100 pelli di cavalli.
Tutta cotesta lavorazione ammonterebbe ad una massa di circa 354,000 lire fiorentine, mentre le altre conce non superarono tutte insieme nello stesso anno la valuta a un dipresso di 57,000 lire fiorentine.
Anche i cappelli di pelo costituiscono in Pescia una manifattura di qualche considerazione, poiché somministrano lavoro a circa 60 uomini che produssero nel 1840 da 22000 cappelli fini, e da 4000 cappelli ordinarj, per il valore in massa di circa 88,500 lire fiorentine.
Uomini illustri. – La città di Pescia per quanto vi scarseggino stabilimenti di pubblica istruzione, ha fornito in tutti i tempi personaggi distinti nelle lettere, nella toga e nella spada. Imperocché senza contare fra i primi il cardinale Jacopo Ammannati, che Lucca fa suo; senza valutare Coluccio Salutati che il castelletto di Stignano a buona ragione rivendicherebbe per sé; senza dire che dal matrimonio contratto in Pisa (ERRATA: nel 5 luglio 1562) nel 5 luglio 1561 (stile comune) fra la pesciatina Giulia di Cosimo di Ventura Ammannati ed il mercante fiorentino Vincenzo di Michelangelo Galilei nacque un anno e sette mesi dopo in quella città il Gran Galileo; contuttociò Pescia ha la gloria di contare fra i suoi figli più illustri, nel secolo XIV un Pietro Onesti che nel 1387 lesse filosofia morale nell’università di Siena; nel secolo XV Baldassarre Turini seniore che fu nunzio pontificio in Slesia e in Ungheria sotto i pontefici Pio II e Sisto IV, i due fratelli Orlandi di sopra nominati, che introdussero la prima stamperia in Pescia, e pubblicarono a loro spese opere di celebri giureconsulti. Fu di Pescia un maestro Taddeo celebre professore di grammatica a Sanminiato, donde fu chiamato nel 1452 a leggere nello studio fiorentino con l’annuo stipendio di cento fiorini d’oro.
Rispetto al qual maestro Taddeo fornisce maggior lume una lettera scritta li 7 giugno 1452 per commissione della Signoria di Firenze dal suo cancelliere Carlo Marsuppini, diretta a maestro Taddeo da Pescia ed a maestro Simone da Comano grammatici. Volendo la Rep. (diceva) provvedere alla probità e all’ammaestramento de’figliuoli invitò ed elesse quelli a maestri di grammatica e all’ufficio di educare l’animo de’giovanetti con l’annuo stipendio di cento fiorini d’oro .
Ad un Matteo da Pescia collaterale di Galeazzo Visconti signore di Milano è indiritta altra lettera del poeta fivizzanese Giovanni Manzini della Motta, della quale fu dato un sunto dal P. Lazzeri nel T. I delle sue Anecdota Romana. Discorrendo in essa il Manzini della Val di Nievole, dice di aver confabulato nella piazza di Pescia con un certo de Orlandi (forse uno de’fratelli qui sopra nominati) e di avere dal medesimo sentito far elogio di Matteo da Pescia, cui è diretta questa lettera, come pure di altro suo fratello e di Coluccio Salutati Stignanese, sicché chiude la detta epistola con la seguente frase: O felix haec patria talium productura virorum! Appartiene pure allo stesso secolo XV il fedele compagno del Padre Savonarola, Fra Domenico da Pescia, priore del convento di S. Domenico di Fiesole, uno de’due frati che morì sul patibolo col Savonarola dopo aver scritto una lettera ai suoi correligiosi che incomincia: Perchè la volontà di Dio è che noi siamo per lui morti, voi che resterete pregate per noi, ec.
Nel secolo poi XVI fiorirono fra i Pesciatini Baldassarre giuniore e maestro Andrea, entrambi della famiglia Turini, il primo de’quali essendo datario di Papa Leone X ottenne l’erezione della pieve di Pescia in collegiata e prepositura Nullius, ed il secondo non solo fu archiatro de’Pont. Clemente VII e Paolo III, ma ancora di Francesco I re di Francia, e si distinse come autore di opere mediche, delle quali fu dato il giudizio dall’Haller.
– Figurò nello stesso secolo l’archiatro del Pont. Pio V Pompeo Barba, che lasciò inedito un trattato latino sui Bagni di Montecatini pubblicato dal Targioni ne’suoi Viaggi, mentre vivente lui vide la luce in Pescia nel 1555 un libretto intitolato; Eptaplo sopra i sette giorni della Genesi di Giovanni Pico della Mirandola tradotto da mess. Buonagrazia canonico di Pescia, e da mess.
Pompeo della Barba pure di Pescia.
Appartiene al secolo medesimo il pesciatino Lorenzo Pagni che fu segretario di Cosimo I de’Medici, per ordine del quale egli adempì varie legazioni alla corte imperiale a Madrid, in Genova e a Siena.
Nel secolo XVII la storia delle belle arti parla con lode di Pier Maria da Pescia intagliatore in gemme e grande imitatore de’lavori antichi; mentre quella delle lettere conta il nobil Francesco Galeotti raccoglitore di molte memorie della sua patria, e l’Ab. D. Placido Puccinelli, che diede alle stampe la Storia di Pescia, quella del Conte Ugo, e la Cronaca della Badia fiorentina.
Nel secolo XVIII si distinsero fra gli altri Agostino Ceracchini scultore, Giuseppe Pompeo Baldasseroni figlio di un chiaro giureconsulto, Giovanni, autore della Storia di Pescia; Domenico di Filippo Giannini che fu professore nell’università di Segovia in Spagna, e autore di un corso di matematiche, e il Cav. Bartolommeo Raffaelli, il quale è stato uno de’più solenni giurisperiti del suo tempo, morto nel secolo attuale presidente della R. Consulta in Firenze.
Finalmente nel secolo attuale nel fiore dell’età fu rapito alla patria, agli amici e alle scienze della giurisprudenza e della economia pubblica un mostro di natura nell’auditore Francesco Forti Sismondi nato da una sorella dell’autore della storia delle Rep. italiane del medio evo, che ha lasciato un’insigne opera postuma, sotto i torchi col titolo d’Istituzioni civili accomodate all’uso del Foro .
CENSIMENTO della Popolazione della Città di PESCIA a tre epoche diverse, divisa per famiglie (1).
ANNO 1745: Impuberi maschi 556; femmine 558; adulti maschi 501; femmine 917; coniugati dei due sessi 1222; ecclesiastici dei due sessi 410; numero delle famiglie 925; totale della popolazione 4225.
ANNO 1833: Impuberi maschi 938; femmine 895; adulti maschi 821; femmine 1012; coniugati dei due sessi 2226; ecclesiastici dei due sessi 176; numero delle famiglie 1397; totale della popolazione 6068.
ANNO 1840: Impuberi maschi 1079; femmine 1060; adulti maschi 682, femmine 1157; coniugati dei due sessi 2189; ecclesiastici dei due sessi 191; numero delle famiglie 1459; totale della popolazione 6321 (1) Si omette la popolazione della prima epoca, cioè dell’anno 1551, perché in essa statistica non trovasi disgiunta la popolazione di Pescia e de’subborghi da quella del restante della sua Comunità, la quale tutta insieme non oltrepassava in detto anno i 4002 individui ripartiti in 783 fuochi o famiglie.
COMUNITÀ DI PESCIA. – II territorio di quella Comunità è di forma quasi piramidale alquanto curva con la base appoggiata al monte verso settentrione e la punta in pianura verso scirocco. – Esso occupa una superficie di 7644 quadrati agrarj, 314 dei quali spettano a corsi d’acqua ed a pubbliche strade; vale a dire che il suolo soggetto all’imposizione fondiaria equivale a nove miglia toscane quadrate.
Nel 1833 abitavano in tutta questa superficie 11027 persone, per modo che esistevano repartitamente in ciascun miglio quadrato 1208 individui.
Che se questo calcolo si ponga a confronto con quello dell’aprile 1840, quando la Comunità medesima noverava 11611 abitanti ne’risulta che nella stessa superficie territoriale convivevano allora 1272 abitanti per miglio quadrato, popolazione straordinaria e forse unica nell’Eurupa fra le Comunità che oltre il capoluogo hanno un territorio in campagna. – Quello della Comunità di Pescia andando da settentrione verso levante sino a libeccio confina con quattro Comunità del Granducato, e per il restante con il Ducato di Lucca. Cominciando dal lato di settentrione verso ponente del Castello di Pietrabuona, il distretto comunitativo di Pescia sul poggio della Romita alta trova i tre termini fra esso la Comunità di Villa Basilica del Ducato di Lucca e quella di Vellano del Granducato. Dal punto suddetto dirigendosi da ponente a levante la Comunità di Pescia ha di fronte quella di Vellano per una linea artificiale che sotto il castel di Pietrabuona entra nel fiume Pescia, il di cui letto rimontano verso settentrione fino ad un suo influente che scende dal lato di levante appellato rio dell’Asino.
Mediante cotesto borro i due territorj salgono contr’acqua sul poggio sino passato il mulino della Troscia, dove sottentra a confine dal lato di grecale la Comunità del Borgo a Buggiano.
Con questa, lasciando fuori il borro predetto, il distretto comunitativo di Pescia corre nella direzione d’ostro per termini artificiali sino a che giunto sul rio di Sorico incontra la Comunità di Uzzano, con la quale questa di Pescia fronteggia nella direzione medesima di ostro per il corso di circa quattro miglia scendendo insieme il poggio sul quale torreggia il Castel d’Uzzano ch’è circa migl. uno a levante di Pescia, e con esso di là inoltrandosi verso la strada postale attraversa il piano del Castellare per varcar costà la Pescia nuova. Quindi rasentando la sua ripa sinistra prosegue il cammino verso scirocco per arrivare al Mulinaccio dove trova la via di S. Piero in Campo e poco appresso quella che conduce da Pescia alla Chiesina Uzzanese, finché entra nella strada regia pistoiese della Val di Nievole. Allora ritornando nella direzione di ostro trapassa il fiume Pescia sul ponte Uzzanese per arrivare al borghetto della Chiesina Uzzanese, di là dalla quale piegando a libeccio perviene alla punta piramidale del territorio di questa Comunità dov’è il termine triplice dei confini comunitativi ili Uzzano, di Monte Carlo e di Pescia. Qui il territorio di quest’ultima Comunità voltando faccia da libeccio a maestro fa un angolo acutissimo dirimpetto all’altro di Monte Carlo, da primo mediante il fosso di Monte Carlo, che poco dopo attraversa per entrare e trapassare la Pescia di Collodi, quindi pel fossello che arriva davanti alla chiesa di S. Piero in Campo, e finalmente per la via detta del Confine sino presso il posto doganaie di Squarciabocconi che è sulla Pescia di Collodi . – A questo punto incomincia dal lato di ponente la Comunità lucchese di Villa Basilica, con la quale l’altra di Pescia rimonta sulla sinistra ripa della Pescia di Collodi, la quale scorre un quarto di miglio discosta di là passando d’appresso al Castello di Collodi. Sopra questo pittoresco paese i due territorii entrano nel torrente Dilezza , il cui alveo serve di confine sino alla via che guida a Medicina.
Mediante cotesta via mulattiera i due distretti comunitativi dirigendosi da settentrione a grecale vanno incontro al rio Cavallone e di là salgono il poggio della Romita alta, sino alla pietra de’tre termini di sopra indicata.
Rispetto ai confini stabiliti fra la Comunità di Pescia e quella di Uzzano ne tratta una pergamena del 14 marzo 1298, e quelli fra le Comunità di Pescia e di Monte Carlo furono rettificati dagli arbitri mediante un lodo degli 8 dicembre dell’anno 1463. – (Carte della Com. di Pescia nell’Arch. Dipl. Fior.) In quanto poi alla demarcazione del territorio comunitativo del Borgo a Buggiano con questo di Pescia lo storico Baldasseroni assicura, che nell’anno 1500 furono stabiliti nuovi confini nella porzione montuosa a partire cioè dal rio dell’Asino e dai boschi delle Calde.
Fra i principali corsi d’acqua che percorrono da settentrione a ostro lungo il territorio della Comunità di Pescia si contano la fiumana della Pescia di Pescia quella della Pescia nuova, che è un ramo aperto sotto la città stessa dal primo Granduca, e Pescia di Collodi, ossia minore, detta anche la Ralla, che è il vocabolo di un torrente il quale confluisce nella Pescia minore dopo che questa è entrata nel territorio granducale. Coteste tre Pescie irrigano le pianure Pesciatina, Uzzanese e Buggianese, ma la Pescia di Pescia innanzi di lasciare i massi che la corrente trascina dai monti superiori sino passata la città, trovasi diminuita di una gran parte delle sue acque mediante due gore o canali stati aperti lungo le sue ripe per mettere in moto molti edifizj, e quindi irrigare tutta la sottoposta campagna.
Fa meraviglia però che dopo le teorie idrauliche sino dal secolo XVI dall’ingegnere pratese Girolamo di Pace, e poi da tanti uomini sommi dimostrate, dopo quanto fu detto in proposito nel secolo XVIII dal ch. Gio. Targioni- Tozzetti, dopo gli esempi con felice successo nel secolo attuale lungo il torrente Agna e sull’Ombrone pistojese ottenuti mediante la costruzione di solidi ritegni o Serre per rendere meno precipitose le montuose fiumane, fa meraviglia, io diceva, di vedere oggidì nel centro della città di Pescia l’ampio letto del suo fiume imbarazzato di massi enormi di macigno rotolati sino qua dall’impeto delle sue acque; le quali oltreché danneggiano franando le superiori pendici, lasciano un’alveo estremamente ingombro che rattrista la vista del passeggero mentre attraversa cotesta città. Donde avviene che laddove la campagna pianeggia quei gran ciottoli restando abbandonati per via dalla diminuita potenza della corrente, vanno ogni giorno più colmando il letto della fiumana, sicché le sue acque nei tempi di escrescenze debbono traboccare dal rialzato suo alveo e spagliando per la campagna ricuoprire di ghiaje le coltivazioni e le pubbliche vie.
Ma se qualche volta la pianura posciatina dalle acque delle tre Pescie trovasi soggetta ad essere inondata, grandissimo altronde è il benefizio che nella stagione asciutta una gran parte delle acque arreca a quelle stesse campagne irrigabili; ed è poi sommo il vantaggio che le medesime apportano in tutto l’anno alle varie manifatture de’distretti che percorrono.
Fra le strade rotabili che attraversano questo territorio, oltre la R. postale lucchese, oltre quella detta R. Traversa della Val di Nievole, sta costruendosene una provinciale rotabile da denominarsi Traversa di Mammiano. La qual via staccandosi dalla Lucchese Roméa all’Altopascio, va a sboccare in quella postale Lucchese sotto Pescia che poi lascia in città passato il ponte del Duomo per rimontare la ripa destra del fiume e attraversare i territorii delle Comunità di Pescia, di Vellano, di Marliana e di Piteglio fino all’imbocco della strada R. Modanese che troverà a Mammiano sulla Lima.
Sono poi comunitative rotabili la strada dagli Alberghi a Squarciabocconi , quella che staccasi dalla R. postale per Torricchio e la Chiesina Uzzanese ed altre.
Rispetto alla struttura fisica del suolo di questa Comunità, essa riducesi a due sole formazioni, a quella cioè del terreno secondario stratiforme nei colli che scendono dalla montagna superiore a destra e a sinistra della città di Pescia, e al terreno di trasporto che cuopre la sua pianura.
Il primo consiste quasi generalmente di grès antico (macigno) composto di silice, argilla e calce con pagliette di mica; nella qual roccia sono impastate molte scheggiuole di schisto argilloso color turchino cupo.
Cotesta pietra è suscettibile di esser lavorata per usi architettonici e per lastrici, come è fra le altre la pietra serena delle cave lungo il rio S. Giovanni, e l’altra delle cave aperte dirimpetto al poggio di Pietrabuona, entrambe sulla ripa destra dalla Pescia di Pescia.
Rarissima mi sembrò la roccia calcarea compatta, giacché quella che affacciasi nei monti superiori di tinta specialmente rossigna spetta alle Comunità limitrofe di Vellano e di Buggiano.
All’incontro la pianura è profondamente coperta di ciottoli, di ghiaja e di rena che formano il detritus de’terreni superiori testé indicati.
In quanto ai prodotti agrarii del suolo Pesciatino, dopo quanto si è detto nell’Articolo antecedente rispetto alla coltura del moro gelso e alla produzione vistosa che ritraesi dai filugelli, dovrei parlare della ricca raccolta dell’olio, che si fa nel territorio di Pescia e in quelli delle Comunità limitrofe, dove il valore dei terreni olivati, benché d’indole sterile e sassosi suol essere il doppio di quelli di pianura per quanto grassi e coperti di sementa e di praterie. – Quindi il celebre Sismondi nella sua opera dell’AGRICOLTURA TOSCANA, ragionando dell’influenza della coltura degli olivi sulla ricchezza e la popolazione del paese, osservò che l’anno della raccolta piena dell’olio, tutti i coltivatori si affrettano a piantare degli olivi, benché questi alberi crescano lentamente, e che pochi di quelli che li hanno piantati possano sperare di vederli in pieno frutto. – La vite al pari dell’ulivo vegeta e prospera costantemente in tutti i colli delle Comunità di Pescia e di Uzzano, e perfino in quelli più elevati di Vellano sino all’altezza di 600 e più braccia sopra il livello del mare Mediterraneo.
Superiormente a un simile livello sottentrano le selve di castagni, i boschi di cerri e di quercioli ecc., mentre la pianura pesciatina è sparsa di orti, per cui i sedani, i cavoli, li sparagi, i carciofi, i fagiuoli, e tante altre piante erbacee vi abbondano al punto che si spediscono in gran copia nei paesi limitrofi. Agli orti de contorni di Pescia sottentrano più lungi i campi sativi coronati di ghirlande di viti maritate a loppi intrecciati con altri alberi da frutto, in guisa che le sue campagne sembrano vestite a festa, rallegrando cotale assetto la vista del passeggero. Nulla dirò delle frequenti piantagioni di pioppi lungo gli alvei dei fossi, delle fiumane e dei canali, ne starò a parlare delle pingui pasture che formano la risorsa delle ubertosissime campagne della Val di Nievole specialmente per la copia del bestiame bovino che ivi si nutrisce, giacché quello è un articolo più confacente alla Comunità di Buggiano, ed in special modo alla pianura del Ponte Buggianese. – Vedere PONTE BUGGIANESE.
Il regolamento del 23 gennajo 1775 rispetto alla Comunità di Pescia determinò la medesima composta de’popoli seguenti: l.° Di quello di S. Maria Maggiore, ossia del Duomo con i popoli suburbani di S. Lorenzo a Cerreto e di S. Margherita a Monzone. 2.° Del popolo dei SS.
Stefano e Niccolao della città di Pescia. 3.° Del popolo di S. Michele dentro la città (ora della SS. Nunziata). 4.° Del popolo di S. Bartolommeo del Monte di Pescia. 5.° Del popolo di S. Maria al Castellare. 6.° Del popolo di S.
Maria della Neve alla Chiesina Uzzanese, per una porzione. 7.° Del popolo della SS. Concezione al Torricchio, per un’altra porzione. – Vedere il QUADRO qui appresso .
In tutti giorni non festivi di sabato cade il mercato che suol essere di molto concorso. – Vi mancano fiere annuali sebbene di un’antica fiera che praticavasi in Pescia sino dai tempi della Repubblica Fiorentina venga fatta menzione dal Galeotti nelle sue Memorie inedite, sotto l’anno 1526, fiera che fu rinnovata da Cosimo I nel 1551 per un tempo determinato.
Infatti una delle carte della Comunità di Pescia esistenti nell’Arch. Dipl. Fior. contiene un res critto del duca Cosimo di Firenze dato il 25 settembre 1566, il quale accorda alla Comunità di Pescia la proroga di altri cinque anni per fare nel mese di ottobre una fiera libera per otto giorni.
La Comunità mantiene due medici ed (ERRATA: un chirurgo) due chirurghi con due maestri di scuola.
Risiede in Pescia, oltre il vescovo, un vicario R., un cancelliere comunitativo, un ingegnere di Circondario ed un ministro esattore del Registro. – La conservazione delle Ipoteche è (ERRATA: in Firenze) in Pescia, e il tribunale di Prima istanza in Pistoja.
QUADRO della Popolazione della Comunità di PESCIA a quattro epoche diverse - nome del luogo: Castellare, titolo della chiesa: S. Maria Assunta (Pieve), diocesi cui appartiene: Pescia (già Lucca), abitanti anno 1745 n° 1708, abitanti anno 1833 n° 2332, abitanti anno 1840 n° 2371 - nome del luogo: Cerreto e Sorico, titolo della chiesa: SS.
Lorenzo e Stefano (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pescia (già Lucca), abitanti anno 1745 n° 255, abitanti anno 1833 n° 341, abitanti anno 1840 n° 389 - nome del luogo: Collecchio, titolo della chiesa: S. Vito (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pescia (già Lucca), abitanti anno 1745 n° -, abitanti anno 1833 n° 345, abitanti anno 1840 n° 417 - nome del luogo: Monte di Pescia, t itolo della chiesa: S.
Bartolommeo (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pescia (già Lucca), abitanti anno 1745 n° 250, abitanti anno 1833 n° 295, abitanti anno 1840 n° 317 - nome del luogo: Monzone, titolo della chiesa: SS.
Margherita e Concordio (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pescia (già Lucca), abitanti anno 1745 n° -, abitanti anno 1833 n° 314, abitanti anno 1840 n° 356 - nome del luogo: PESCIA città, titolo della chiesa: S.
Maria Maggiore (Cattedrale), diocesi cui appartiene: Pescia (già Lucca), abitanti anno 1745 n° 1531, abitanti anno 1833 n° 2121, abitanti anno 1840 n° 2259 - nome del luogo: PESCIA città, titolo della chiesa: SS.
Stefano e Niccolò (Prioria e Collegiata), diocesi cui appartiene: Pescia (già Lucca), abitanti anno 1745 n° 1820, abitanti anno 1833 n° 2156, abitanti anno 1840 n° - nome del luogo: PESCIA città, titolo della chiesa: SS.
Annunziata già in S. Michele (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pescia (già Lucca), abitanti anno 1745 n° 841, abitanti anno 1833 n° 1791, abitanti anno 1840 n° 1790 - Totale abitanti anno 1551 n° 4002 - Totale abitanti anno 1745 n° 6378 Nelle due ultime epoche entravano nella Comunità di Pescia le seguenti frazioni provenienti dalle Comunità limitrofe, cioè: - nome del luogo: Chiesina Uzzanese, Co munità donde proviene: Uzzano, abitanti anno 1833 n° 923, abitanti anno 1840 n° 997 - nome del luogo: Malocchio, Comunità donde proviene: Buggiano, abitanti anno 1833 n° 33, abitanti anno 1840 n° - nome del luogo: Terrarossa, Comunità donde proviene: Uzzano, abitanti anno 1833 n° 26, abitanti anno 1840 n° - nome del luogo: Torricchio, Comunità donde proviene: Uzzano, abitanti anno 1833 n° 350, abitanti anno 1840 n° - Totale abitanti anno 1833 n° 11027 - Totale abitanti anno 1840 n° 11611 DIOCESI DI PESCIA. – La chiesa cattedrale di S. Maria Maggiore di Pescia fu una delle più antiche pievi della diocesi di Lucca, le cui memorie risalgono almeno al secolo VIII. – Nel secolo XIII essa aveva una rendita di 1350 lire moneta lucchese, corrispondente a circa 700 fiorini d’oro, ossiano a 700 gigliati fiorentini. Nel 1260 dipendevano dal piviere di Pescia le seguenti chiese: 1.
Ospedale della Pieve, situato probabilmente accosto alla chiesina rinchiusa nel fabbricato del seminario, e che impropriamente suol appellarsi il Duomo vecchio, dove esiste un affresco nella tribuna fatto dipingere nel 1386 da un Orlando da Pescia; 2. la chiesa di S. Maria Maddalena, dirimpetto al Duomo più nota attualmente sotto nome del SS. Crocifisso ; 3. la chiesa parrocchiale di S. Andrea di Stignano (esistente); 4. S. Bartolommeo al Monte, (cura esistente); 5. S.Jacopo degli Ospitalieri delll’Altopascio (forse il S. Biagio, oratorio nella piazza di Pescia, ridotto a commenda della religione de’cavalieri di S. Stefano); 6.
S. Filippo di Pescia (ospedale distrutto); 7. S. Michele di Pieve (spedale stato riunito nel 1400 a sei altri e nel secolo XVI convertito in un monastero a Piè di Piazza, soppresso e disfatto); 8. S. Pietro di Fornace (distrutta); 9. S. Lorenzo di Cerreto (rettoria esistente) 10. S.
Prospero di Sorico (distrutta e riunita alla parrocchia precedente; 11. S. Vito a Collecchio (tuttora rettoria); 12.
Monastero di S. Michele di Pescia (ora conservatorio); 13.
S. Stefano di Pescia (prioria collegiata); 14. SS. Andrea e Bartolommeo (attualmente oratorio al Castello in città); 15. S. Martino a Uzzano (arcipretura); 16. S.
Bartolommeo alla Costa (rettoria); 17. S. Matteo a Pietrabuona (arcipretura); 18. S. Concordio a Monzone (ora S. Margherita rettoria); 19. S. Stefano di Campione (riunita al Monte); 20. Ospedale di S. Alluccio (soppresso); 21 S. Quirico (fuori del borgo di Pescia, - ERRATA: distrutta - esistente).
Il territorio attuale della Diocesi di Pescia abbraccia una superficie di circa 66250 quadrati agrarj, corris pondenti a miglia 82 e 1/2 toscane, nella qual superficie all’anno 1833 abitavano familiarmente 49890 individui, a ragione di 605 persone per ogni migl. quadrato di suolo compresi tutti i corsi d’acqua e le strade. – Confina con tre altre Diocesi. – Dalla parte di grecale e levante sino a scirocco ha di fronte la Diocesi di Pistoja mediante i territorj comunitativi di Marliana, di Serravalle e di Lamporecchio. Dal lato di scirocco e di ostro fino a libeccio mediante le Cerbaje fronteggia con la Diocesi di Sanminiato, e per il lato di ponente e settentrione costeggia per una lunga traversa con la Diocesi di Lucca, alla quale ultima appartennero una volta tutte le cure dell’attual Diocesi di Pescia, meno la parrocchia di Massa Piscatoria o Massarella.
Nel 1519 il Pontefice Leone X per compiacere a Mons.
Baldassarre Turini suo datario smembrò dalla Diocesi di Lucca non solo il piviere di Pescia, ma le chiese della Val di Nievole e di Valle Ariana che fossero appartenute al distretto fiorentino; le quali tutte as soggettò alla pieve di Pescia dichiarandola prepositura immediatamente soggetta alla S. Sede apostolica. Nel tempo stesso quel Pontefice accordò facoltà al suo preposto di usare degli abiti pontificali, di fare la visita diocesana come l’ordinario nelle chiese delle anzidette Valli e nel recinto di Pescia; di poter congregare sinodi somministrare gli ordini minori con tutti gli altri privilegj che si leggono in quella bolla spedita in Roma li 15 aprile dell’anno precitato. – Quindi con altra bolla del 23 settembre 1519 lo stesso Pontefice Leone ordinò al vescovo di Pistoja di recarsi a Pescia per installare il pievano Lorenzo Cocchi in proposto della nuova prepositura Nullius. In quell’occasione fu eretto nella chiesa pesciatina un capitolo composto di 12 canonici con sette dignità, la prima delle quali dichiarò quella del proposto, seconda dell’arcidiacono, terza del rettore di S. Stefano di Pescia col titolo di priore; quarta del rettore de’SS. Matteo e Colombano a Pietrabuona con titolo di arciprete, mentre le altre tre dignità si dichiararono quelle del decano, del tesoriere e del primicero.
Finalmente con bolle del 1 novembre 1528 e del 3 novembre 1541 i Pontefici Clemente VII e Paolo III confermarono Lorenzo Cecchi in proposto della chiesa Nullius di Pescia con la giurisdizione spirituale sopra i popoli della Comunità di Pescia, Monte Calini, Buggiano, Massa e Cozzile, Monte Vettulini, Uzzano e Vellano.
Finalmente la chiesa prepositura di S. Maria Maggiore di Pescia fu eretta in cattedrale con bolla del Pontefice Benedetto XIII del 17 marzo 1726, comecché la consacrazione del primo vescovo di questa nuova sede non decadesse innanzi il 1729. – Il primo vescovo di Pescia fu monsignore Bartolommeo Pucci di Montepulciano, cui succedè nel 1738 Monsignor Gaetano Incontri, il quale fu rimpiazzato dal Vescovo Donato Maria Arcangeli di Arezzo allorché l’Incontri fu promosso alla cattedra della metropolitana fiorentina.
Sotto il Granduca P. LEOPOLDO I fu aperto nel 1784 il seminario vescovile nel soppresso Monastero di S. Chiara di Pescia, a incremento del quale si và prestando con grande operosità il Vescovo attuale.
Dalla Diocesi pesciatina nel 1745, dipendevano 29 chiese parrocchiali, giacché in quell’anno non figurava, seppure non fu omessa, la parrocchia di Malocchio nè quella dell’Altopascio appartenuta al maestro degli Ospitalieri soppressi.
Nella Tavola prima sono qui appreso registrate le 29 parrrocchie coi loro titoli speciali, la comunità cui spettano e le respettive popolazioni all’anno 1745, le quali ascendevano a 29987 individui.
Nello stato attuale la Diocesi di Pescia si compone di 37 parrocchie sotto i vocaboli e comunità descritte nella Tavola seconda che ne segue, la cui popolazione totale nell’anno 1833 ammontava a 49890 individui.
Sul declinare del secolo XVIII fu staccata dalla Diocesi di Pistoja e data a questa di Pescia la chiesa parrocchiale di Massarella, altrimenti appellata Massa piscatoria, compresa nella Comunità di Fucecchio; e furono erette in parrocchiali le chiese di Traversagna nella Co munità di Massa e Cozzile; di S. Vito a Collecchio, di S. Margherita a Monzone nella Comunità di Pescia; di S. Lucia a Terrarossa nella Comunità di Uzzano, e di S. Leopoldo a Cintolese nella Comunità delle due Terre di Monsummano e Monte Vettulini; oltre di che fu ripristinata la chiesa parrocchiale di Malocchio e riunita all’ordinario l’altra degli Ospitalieri d’Altopascio.
TAVOLA I. Stato della DIOCESI DI PESCIA all’anno 1745.
1. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Pietro al Borgo Buggiano (Pieve) nome della Comunità: Buggiano (1) 2. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Andrea di Stignano (Pieve) nome della Comunità: Buggiano (1) 3. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Lorenzo al Colle (Pieve) nome della Comunità: Buggiano (1) 4. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria Maggiore e S. Niccolò a Buggiano alto (Pieve) nome della Comunità: Buggiano (1) 5. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Michele al Ponte Buggianese (Rettoria) nome della Comunità: Buggiano (1) Numero degli abitanti della Comunità di Buggiano (1): 5813 6. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Ansano a Castelvecchio (Pieve) nome della Comunità: Castelvecchio (2) Numero degli abitanti della Comunità di Castelvecchio (2): 509 7. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria a Massa di Cozzile (Pieve) nome della Comunità: Massa e Cozzile (3) 8. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Jacopo al Cozzile (Rettoria) nome della Comunità: Massa e Cozzile (3) Numero degli abitanti della Comunità di Massa e Cozzile (3): 1794 9. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: Madonna di Monsummano basso (Pieve) nome della Comunità: Monsummano (4) 10. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Niccolò a Monsummano alto (Pieve) nome della Comunità: Monsummano (4) Numero degli abitanti della Comunità di Monsummano (4): 1427 11. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Andrea a Monte Carlo (Propositura) nome della Comunità: Monte Carlo (5) 12. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Marta a Marginone (Rettoria) nome della Comunità: Monte Carlo (5) 13. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Michele alle Spianate (Rettoria) nome della Comunità: Monte Carlo (5) Numero degli abitanti della Comunità di Monte Carlo (5): 14. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Marco alla Pieve a Nievole (Pieve) nome della Comunità: Monte Catini (6) 15. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Pietro in Monte Catini (Pieve) nome della Comunità: Monte Catini (6) Numero degli abitanti della Comunità di Monte Catini (6): 3338 16. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Michele a Monte Vettulini (Pieve) nome della Comunità: Monte Vettulini (7) Numero degli abitanti della Comunità di Monte Vettulini (7): 3338 17. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Bartolommeo del Monte (Rettoria) nome della Comunità: PESCIA città (8) 18. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Lorenzo a Cerreto (Rettoria) nome della Comunità: PESCIA città (8) 19. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria al Castellare (Rettoria) nome della Comunità: PESCIA città (8) 20. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. MARIA MAGGIORE DI PESCIA (Cattedrale) nome della Comunità: PESCIA città (8) 21. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Michele di Pescia (Rettoria) nome della Comunità: PESCIA città (8) 22. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Stefano e Niccolao di Pescia (Prioria e Collegiata) nome della Comunità: PESCIA città (8) Numero degli abitanti della Comunità di PESCIA città (8): 6378 23. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria della Neve alla Chiesina Uzzanese (Rettoria) nome della Comunità: PESCIA e Uzzano (8) Numero degli abitanti della Comunità di PESCIA e Uzzano (8): 1564 24. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Matteo di Pietra Buona (Pieve) nome della Comunità: Pietrabuona (9) Numero degli abitanti della Comunità di Pietrabuona (9): 25. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Pietro di Sorana (Pieve) nome della Comunità: Sorana (10) Numero degli abitanti della Comunità di Sorana (10): 389 26. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Bartolo e Silvestro alla Costa (Rettoria) nome della Comunità: Uzzano (11) 27. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Concezione al Torricchio (Rettoria) nome della Comunità: Uzzano (11) 28. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Jacopo e Martino a Uzzano (Pieve Arcipretura) nome della Comunità: Uzzano (11) Numero degli abitanti della Comunità di Uzzano (11): 29. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Sisto e Martino a Vellano (Pieve) nome della Comunità: Uzzano (12) Numero degli abitanti della Comunità di Vellano (12): TOTALE Abitanti n° 29987 TAVOLA II. Stato della DIOCESI DI PESCIA all’anno 1833.
1. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. MARIA MAGGIORE DI PESCIA (Cattedrale) nome della Comunità: PESCIA città (1) 2. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Stefano e Niccolao di Pescia (Prioria Collegiata) nome della Comunità: PESCIA città (1) 3. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Annunziata già in S. Michele (Rettoria) nome della Comunità: PESCIA città (1) 4. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Michele a Malocchio (Rettoria), porzione nome della Comunità: PESCIA città (1) 5. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Lorenzo a Cerreto (Rettoria) nome della Comunità: PESCIA città (1) 6. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria al Castellare (Rettoria) nome della Comunità: PESCIA città (1) 7. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Bartolommeo del Monte (Rettoria) nome della Comu nità: PESCIA città (1) 8. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria della Neve alla Chiesina (Rettoria), porzione nome della Comunità: PESCIA città (1) 9. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Margherita a Monzone (Rettoria) nome della Comunità: PESCIA città (1) 10. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Vito a Collecchio (Rettoria) nome della Comunità: PESCIA città (1) 11. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Lucia a Terrarossa (Rettoria), porzione nome della Comunità: PESCIA città (1) 12. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Concezione al Torricchio (Rettoria), porzione nome della Comunità: PESCIA città (1) Numero degli abitanti della Comunità di PESCIA città (1): 11611 13. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Pietro al Borgo Buggiano (Pieve) nome della Comunità: Buggiano (2) 14. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria Maggiore a Buggiano alto (Pieve) nome della Comunità: Buggiano (2) 15. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Lorenzo al Colle (Pieve) nome della Comunità: Buggiano (2) 16. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Andrea di Stignano (Pieve) nome della Comunità: Buggiano (2) 17. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Michele al Ponte Buggianese (Rettoria) nome della Comunità: Buggiano (2) 4. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Michele a Malocchio (Rettoria), porzione nome della Comunità: Buggiano (2) Numero degli abitanti della Comunità di Buggiano (2): 18. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Trinita a Traversagna (Rettoria), porzione nome della Comunità: Fucecchio (3) 19. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria a Masserella (Pieve), porzione nome della Comunità: Fucecchio (3) Numero degli abitanti della Comunità di Fucecchio (3): 20. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria a Massa di Cozzile (Pieve) nome della Comunità: Massa e Cozzile (4) 21. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Jacopo al Cozzile (Rettoria) nome della Comunità: Massa e Cozzile (4) 18. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Trinita a Traversagna (Rettoria), porzione nome della Comunità: Massa e Cozzile (4) Numero degli abitanti della Comunità di Massa e Cozzile (4): 2545 22. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria a Monsummano basso (Prepositura) nome della Comunità: Monsummano e Monte Vettulini (5) 23. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Niccolò a Monsummano alto (Prepositura) nome della Comunità: Monsummano e Monte Vettulini (5) 24. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Leopoldo a Cintolese (Rettoria) nome della Comunità: Monsummano e Monte Vettulini (5) 25. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Michele a Monte Vettulini (Pieve) nome della Comunità: Monsummano e Monte Vettulini (5) Numero degli abitanti della Comunità di Monsummano e Monte Vettulini (5): 5689 26. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Andrea a Monte Carlo (Propositura e Collegiata) nome della Comunità: Monte Carlo (6) 27. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Jacopo all’Altopascio (Rettoria) nome della Comunità: Monte Carlo (6) 8. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria della Neve alla Chiesina (Rettoria), porzione nome della Comunità: Monte Carlo (6) 28. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Marta a Marginone (Rettoria) nome della Comunità: Monte Carlo (6) 29. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Michele alle Spianate (Rettoria) nome della Comunità: Monte Carlo (6) 18. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Trinita a Traversagna (Rettoria), porzione nome della Comunità: Monte Carlo (6) Numero degli abitanti della Comunità di Monte Carlo (6): 30. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Marco alla Pieve a Nievole (Pieve) nome della Comunità: Monte Catini (7) 31. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Pietro a Monte Catini (Pieve) nome della Comunità: Monte Catini (7) 8. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Maria della Neve alla Chiesina (Rettoria), porzione nome della Comunità: Monte Catini (7) Numero degli abitanti della Comunità di Monte Catini (7): 5900 32. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Jacopo e Martino a Uzzano (Arcipretura) nome della Comunità: Uzzano (8) 33. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Bartolo e Silvestro alla Costa (Rettoria) nome della Comunità: Uzzano (8) 12. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Concezione al Torricchio (Rettoria), porzione nome della Comunità: Uzzano (8) 11. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Lucia a Terrarossa (Rettoria), porzione nome della Comunità: Uzzano (8) Numero degli abitanti della Comunità di Uzzano (8): 34. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Matteo di Pietrabuona (Arcipretura) nome della Comunità: Vellano (9) 35. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: S. Ansano a Castelvecchio (Pieve) nome della Comunità: Vellano (9) 36. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Pietro e Paolo a Sorana (Pieve) nome della Comunità: Vellano (9) 37. Nome del luogo e titolo della chiesa della Diocesi di Pescia: SS. Sisto e Martino a Vellano (Pieve) nome della Comunità: Vellano (9) Numero degli abitanti della Comunità di Vellano (9): TOTALE Abitanti n° 49890
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1841, Volume IV, p. 113.
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