PIOMBINO (PADULE DI)

– Porta questo nome un vasto, sebbene variabile ristagno d’acque, formato da più rivi che scendono dal campigliese, ma più che altro quelle spaglianti dal fiume Cornia prima di giungere al mare.
Esso incomincia 5 miglia toscane a settentrione di Piombino dietro il promontorio di Populonia, dove lambisce la sua base orientale fino al Porto vecchio e di là stendesi verso la torre del Sale, davanti alla quale sporge in mezzo all’acque il Poggio di Capezzuolo, dilatandosi il padule fra i tomboli del littorale e la tenuta della Sdriscia, cui è da aggiungere un altro paduletto denominato di Torre Mozza formato dal torrentello di Valnera , che scende verso il littorale fra la bocca di Corniaccia e Torre Mozza.
Se ignorasi tuttora l'origine di cotesti paduli, è nota bensì l’antica esistenza di uno stagno lungo le dune del Porto vecchio di Falesia , non che del villaggio contiguo, del quale ci lasciò testimonianza il patrizio francese Rutilio Numaziano allorchè nell'anno 415 o 416 dell’E. V. egli approdò a Falesia, dove visitò il vicino stagno (prima origine del padule di Piombino) affittato allora ad un Giudeo. Dal qual fittuario fu rimproverato il nobile viaggiatore per avere scosso i fruttici intorno a quello stagno e sbattute le alghe marine che ne rivestivano i suoi lembi, siccome egli asseriva nel suo Itinerario con i versi seguenti: Namque loci querulus curam Judaeus agebat Humanis animal dissociale cibis.
Vexatos frutices, pulsatas imputat algas, Damnque libatae grandia clamat aquae.
Ma questo stagno in origine salso ed agli abitanti della villa di Falesia al pari dell’altro di Orbetello innocuo, col progredire de’secoli sempre più si estese divenendo palustre mediante i ripetuti tumuli che lungo la spiaggia vi trasportano le traversie del mare, chiudendo per tal guisa il libero egresso alle acque fluenti di terraferma.
Infatti una membrana dell’Archivio Arcivescovile di Pisa del 22 gennajo 1158 edita dal Muratori (Ant. M. Aevi T.
III.), in cui si tratta dalla cessione di molti beni fatta a Villano arcivescovo di Pisa da Guidone abate del Monastero di Serena, è designata una casa di due scale di terreno posta nel castel di Piombino, e una vigna ivi presso di dieci stiora a seme, la quale era situata fra il castello di Piombino e il monastero, senza rammentare il padule; siccome non è nominato negli istrumenti del 1114, 1135 e 1150 di sopra citati. – Altronde un’istrumento della Comunità di Massa dell’11 settembre 1254 rammenta le Cornie al Pian del Lago, corrispondente probabilmente alla pianura palustre situata fra la Cornia e la Corniaccia, ossia fra le due Cornie. – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte della Comunità di Massa).
I diritti e proventi di questo Lago furono donati ai Monaci di Falesia dalla Comunità di Piombino, come apparisce da una sentenza pronunziata nel 18 marzo 1259 dal pievano di Campiglia delegato dal Pontefice Alessandro IV per verificare, se tali diritti appartenevano al monastero di Falesia, dal quale passarono nelle monache Clarisse di S.
Maria poste fuori di Piombino, in guisa che quest’ultime avevano ceduto lo stagno per un tenuissimo tributo annuo alla predetta Comunità. Anche al tempo degli Appiani lo stagno di Piombino apparteneva al Comune, dal quale furono donate nel 1604 a Jacopo VII d’Appiano le sue rendite per il tempo di tre anni. Quindi è che nelle filze del tribunale vicariale di Piombino dal 1656 al 1659 trovasi un istrumento rogato nel 24 febbrajo del 1654, in cui trattasi dell’affitto dello stagno di Piombino per l’annuo canone di scudi d’oro 283 da lire 7.10. l’uno e di libbre 300 di pesce; designandosi ivi minutamente i confini dello stagno, ossia Chiaro , il quale a quel tempo girava intorno circa un miglio.
Quali e quanti fossero i paduli del territorio di Piombino; quando e sino a qual punto sia ridotto attualmente il loro buonificamento, lo dirà il seguente articolo officiale comunicatomi dall’illustre direttore di quelle opere idrauliche, il Cav. Commendatore Alessandro Manetti.
Brevi notizie sui progressi del buonificamento attuale dei Paduli compresi nel Circondario di Piombino Nella compagna del 1831-32 la direzione del buonificamento, ordinata dalla manificenza del Granduca LEOPOLDO II felicemente regnante, si rivolse al circondario di Piombino.
Sua prima cura fu quella di togliere una delle più grandi cause d’infezione serrando mediante una tura di colossali dimensioni la foce di quel puntone (ossia la bocca di Cornia) per la quale il mare comunicava collo stagno ad i paduli circostanti. Al tempo istesso fece tagliare il vicino poggio del Capezzuolo per l’apertura del grand’emissario, dal quale attualmente hanno facile egresso tutte le acque che poco innanzi per la foce del vecchio puntone scaricavansi in mare solamente quando esse col loro volume potevano superare i banchi che bene spesso venivano a sbarrare quella foce.
Il nuovo emissario fu scavato nel macigno del poggio di Capezzuolo dove l’arte ha ricavato dalla natura ogni possibile vantaggio, essendo riescita una delle più belle opere che siensi eseguite fra imponenti difficoltà dalla direzione del buonificamento. – L’emissario è attraversato da un ponte di tre archi solido quanto elegante, semplice e leggiero, il quale sostiene dodici portoni dalle cateratte a bilico destinate a contenere il mare, acciò non torni a mescolarsi colle acque dolci.
Mentre si eseguivano tali lavori provvedevasi anche al risanamento dei circostanti paduli. Divisi essi in grandi recinti si condussero per appositi canali le torbe dei fiumi e dei fossi, le cui acque per lo innanzi abbandonate a loro stesse devastavano quelle vaste e pingui pianure.
Nel primo recinto, dove fu portato un ramo del fiume Cornia, trovasi racchiuso tutto il padule detto di Montegemoli , che era dell’estensione di circa 1100 saccate pisane, pari a 1633 e 1/2 quadrati agrarj, ossiano miglia due toscane. In quest’anno 1841 la metà di questo padule è perfettamente bonificata, sicchè mediante opportune arginature essa fu tolta dall’azione delle colmate per restituirsi agli antichi possessori, onde sia coltivata. L’altra metà non tarderà molto a subire la sorte medesima.
Il secondo recinto più vasto del precedente comprende lo stagno, o per dir meglio, il padule di Piombino, il più malsano di quel circondario per la sua incostante ma perniciosa comunicazione can le acque del mare.
Esso stà colmandosi con i depositi del predetto fiume Cornia che fu convenientemente protratto mediante spazioso e serpeggiante canale della lunghezza di due miglia; nel tempo stesso il contiguo padule riceve per spaglio le torbe che sopravanzano al primo recinto.
Sebbene per la sua vastità il padule di Piombino non sia per ogni parte a sufficienza rialzato, si è però notabilmente risanato, avendo perduto tutti i caratteri che egli riteneva di padule marino. Le livide, e fetenti acque di quello stagno, ora ristretto almeno di un quinto della primitiva sua estensione, sono divenute limpide, sane e avidamente ricercate dal bestiame per dissetarvisi. Le parti più elevate del terreno ove vegetava la salicornia e varie altre piante marine, sono ricoperte di scarzuolo e di erbe da pastura. La chara palustre è generalmente scomparsa.
Il terzo recinto si compone del paduletto di Torre Mozza , il quale va bonificandosi colle torbe del torrente Corniaccia, che fu appositamente rinalveato per un tratto di circa tre miglia, oltre quelle che vi porta il torrentello Valnera .
Fra questi due ultimi recinti rimane il padule detto dell’Altura , stato in gran parte risanato per essiccazione mediante l’incanalamento delle acque delle varie sorgive meno profonde de’sottoposti Pozzali. – Vedere l’Articolo precedente.
Regolato in tal modo il sistema delle colmate, e la condotta delle acque al mare per la bonificazione dei paduli del Piombinese, resterà da provvedere al risanamento di parecchie miglia quadrate di pianura d’altronde fertilissima della campagna interposta fra i ridetti paduli, e i monti di Campiglia e di Suvereto; la quale pianura bene spesso trovasi soggetta ad essere sommersa per mancanza de’necessarj mezzi di scolo.
Avvegnacchè per la somma totale di 80 miglia tra fiumi, torrenti e fossi le acque scorrevano testè disordinate per quella campagna spesso desolata dalle furiose irruzioni dei primi, e poco o niente soccorsa dagl’ultimi. Che però quest’importante ramo di operazione idraulica richiamò fin dal principio l’attenzione e le cure del buonificamento.
L’alveo del fiume Cornia, le di cui arginature nel prossimo anno 1842 saranno riformate e corrette, venne allargato e rettificato. Cotesto lavoro ed il prolungamento del suo alveo operato nell’anno 1837 ha risanato circa 400 saccate di terreno, situato alla sinistra del suo tronco inferiore, ed attualmente ridotto a coltura.
Alla destra del predetto fiume venne aperto un nuovo canale lungo circa miglia toscane 4 che allaccia tutte quelle acque del Campigliese, le quali con stento andavano a stagnare nel padule di Montegemoli. Cotesto nuovo canale attualmente conduce le sue acque direttamente al mare di Torre Nuova, dove l’arte e la natura le hanno formato una foce sicura e rispettata.
Per dare un più pronto scarico alle acque terrestri e procurare al tempo stesso lo scolo a circa 500 saccate di pianura malsana situata immediatamente al disopra del ricordato padule di Montegemoli, è stato in quest’anno (1841) approfondato il ridetto canale, tagliandolo nella lunghezza di più che la sua metà in un terreno formato di macigno.
Il di lui approfondamento ha compito anche la bonificazione di quel suolo che fu pur esso ricoperto dalle acque del distrutto Lago di Rimigliano, ora reso intieramente alla coltura.
Il torrente Corniaccia , come si è detto, fù rinalveato per la lunghezza di tre miglia fino al paduletto di Torre Mozza .
In quest’anno istesso 1841 sono stati riordinati i torrenti Gore e Riomordancio , che sono i due maggiori influenti alla destra del fiume Cornia, e i più dannosi alle adiacenti campagne, talchè vi è ragione di sperare che nell’anno prossimo resti compito il riordinamento di tutti i fossi di scolo che ancora rimangano alla destra del fiume testè rammentato.
Le veglianti leggi, e l’amministrazione stabilita sotto la direzione del buonificamento a tutela de’corsi d’acqua del circondario di Piombino mercé la munificenza del Principe che ci governa, assicurano quest’importante ramo di bonificazione, pel quale si fanno voti che concorrano anche, avuto in vista il loro interesse, i particolari possessori frontisti col ricavamento delle fosse campagnole, opera indispensabile e finora trascurata in quelle fertili quanto neglette pianure.
Fra i lavori eseguiti dal buonificamento in vantaggio del circondario piombinese non devonsi ommettere le opere di recente eseguite a special benefizio della piccola città di Piombino, fra le quali sono quelle allo scalo dei Canali, assai prossimo alle pubbliche fonti. Infatti in quell’angusto e poco profondo seno di mare marcivano invecchiate masse di alghe mescolate ad ogni genere di immondizie, mantenute in una continua putrida fermentazione dai molti stillicidii di acque terrestri, dalle pubbliche fogne e dalle latrine che sopra di esse da varj siti delle mura urbane vi sboccavano. Tanta infezione è scomparsa sotto la mano benefica del buonificamento. Gli stillicidj sono stati allacciati e convertiti in una copiosa fonte per comodo dei naviganti; le fogne, e le latrine sono state incanalate e condotte al mare in siti opportuni; e dove stazionavano le alghe si è formato un comodo scalo murato fiancheggiato da Spaziosi marciapiedi. Onde riparare lo stesso scalo dai venti meridionali, i soli che vi facciano imperversare il mare, è stato costruito di fronte un robusto muraglione a guisa di molo, difeso da una scogliera; cosicchè racchiudendosi un sufficente spazio di mare, è venuto a formarsi un comodo e sicuro porticciuolo, dove i bastimenti possono approdare.
In tal guisa, ad onta degli ostacoli che la natura presentava all’arte cotesto luogo che da prima fu cagione di pubblico danno è stato convertito in pubblica utilità.
Il buonificamento ha procurato alla Città di Piombino un altro vantaggio collo stabilimento delle sue fornaci da mattoni, dove si fabbrica ogni sorte di materiale di terracotta, non solo per uso di quell’impresa; ma da potere supplire ai consumi degli abitanti che per l’innanzi facevano condurre con maggiore spesa embrici e mattoni dalle fornaci di Pisa.
Una nuova strada di comunicazione fra Piombino, e Campiglia verrà aperta nel prossimo anno 1842 a spese delle due Comunità. Essa si staccherà dalla nuova via Emilia o R. Maremmana sotto Caldana, e con una linea quasi retta della lunghezza di circa miglia otto correrà parallela al fiume Cornia; quindi andrà a raggiungere la via R. piombinese in prossimità della stessa città.
Le opere del buonificamento, e segnatamente la colmazione de’paduli situati alla destra del fiume Cornia, hanno reso praticabile e bello il corto tragitto della strada predetta, la quale riescirà anche di sommo vantaggio alle risanate campagne adiacenti al fiume stesso, ponendole in comunicazione fra loro mediante un ponte di legno da farsi quasi nel centro della pianura piombinese.
Riferimento bibliografico:

E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1841, Volume IV, p. 293.