ROCCA DâORCIA
giĂ ROCCA A TINTINNANO o A TINTENNANO in Val dâOrcia.
â Castello forte con chiesa plebana (S. Simone) nella ComunitĂ e meno di mezzo miglio a settentrione di Castiglion dâOrcia, Giurisdizione di S. Quirico, Diocesi di Montalcino, una volta di Chiusi, Compartimento di Siena.
Risiede sulla sommitĂ di un poggio che precipita quasi a dirupo nellâOrcia, le cui acque alla sua sinistra lambiscono il poggio della Rocca, mentre dal lato opposto bagnano quello di Ripa dâOrcia e di Vignone.
Io dubito che a questo luogo possa rife rire la corte di S .
Clemente in Tintiniano rammentata fino dallâanno 915 in un diploma del dĂŹ 8 ottobre dato in Roma dallâImperatore Berengario a favore deâmonaci Amiatini, e confermato loro nella stessa Roma lĂŹ 5 aprile del 1027 e di nuovo in Pavia nel 1036 dallâImperatore Corrado II.
E certo bensĂŹ che Rocca dâOrcia diede in seguito il titolo di conti di Tintennano a un ramo dei signori dellâArdenga feudatarj degli Aldobrandeschi, nel tempo stesso che questi ultimi dominavano nel vicino castello di Castiglion dâOrcia, innanzi che nel 1250 fosse loro tolto dalle genti del Comune di Siena. Allora fu che Tebaldo dellâArdenga, uno dei conti della vicina Rocca di Tintennano, offrĂŹ ai Signori Nove la rinunzia della sua parte e ragioni che aveva stilla Rocca stessa. Che però il conte Tebaldo non fosse solo nella signoria della Rocca predetta lo dimostrano gli atti pubblici di quel tempo riuniti nellâArchivio delle Riformagioni di Siena fra quelli del Consiglio della Campana, dai quali resulta, che allora in Rocca dâOrcia avevano contemporaneamente ragione lâabbate del Monastero di S.Antimo con vari consorti del Conte Tebaldo. Tali furono mess. Amadeo e mess.
Inghiberto conti di Tintennano ed altri rammentali dallo storico Malavolli, i quali nel 1254 venderono la loro quarta parte della Rocca preindicata ai Signori Nove, nella qual circostanza furono fatti cittadini sanesi.
Dopo di che i governanti di Siena nellâ1259 ordinarono che fossero risarcite le porte castellane della Rocca a Tintennano.
Ă da notarsi qualmente alcuni storici scrissero, come allâanno 1260 i Sanesi, onde tirare innanzi la guerra che poi fruttò loro la giornata gloriosa di Montaperto, accattassero dalla compagnia dei Salimbeni 20,000 fiorini dâoro, e che per pegno venisse loro consegnata la Rocca a Tintennano con altre castella del contado sanese.
â (R. MALESPINI, Istor. fior. Cap. 165. â G.
VILLANI, Cronica Lib. VI. cap. 76.) Fra le quali castella dagli storici sanesi furono segnalate le seguenti: Rocca a Tentennano, Montecuccari , Castiglioncello del Trinovo; Castel della Selva e MontâOrsajo ; la qual consegna fu eseguita dopo che i reggitori della Repubblica ebbero ricevuto dai Salimbeni in prestito 44,000 fiorini dâoro.
Ma di questâultimo fatto mancando le memorie contemporanee, resta dubbio se la somma dai Salimbeni alla Repubblica imprestata debba riferirsi ad unâepoca posteriore.
Infatti allâArticolo CASTIGLION DâORCIA dissi, che il governo di Siena nel settentrione del 1368 volendo riconoscere i servigj alla Repubblica prestati dai Salimbeni, per il mezzo deâquali in quel mese era scoppiata in Siena una rivoluzione che cacciò dal reggimento i nobili, assegnò a quella famiglia in feudo 5 castelli, i quali dallo storico Malavolti furono indicati sotto i nomi di Castiglion di Val dâOrcia, Monte Giovi, Rocca Tederighi, Montorsajo e Boccheggiano.
Ma ben presto essendo ritornato al governo lâopposto partito, e quindi battute dal popolo di Siena le genti di Carlo IV, rinchiuso e oppressato lâImperatore stesso in palazzo, e cacciata la fazione deâDodici ed i Salimbeni, che per pochi mesi avevano dominato, fu rimesso allâarbitro della Signoria di Firenze il modo di conciliare le parti. Ma quel primo lodo del 1369 che ordinava ai Salimbeni di rilasciare alla Repubblica sanese le castella châerano state loro donate, non solo non fu accettato, ma quella potente famiglia unita a molti suoi fautori fece insorgere nuovo tumulto in cittĂ . Non erano decorsi ancora cinque anni quando Cione di Niccolò deâSalimbeni con altri suoi consorti e numerosa compagnia di armati tolsero alla madre patria il castello di Monte Massi e quello di Boccheggiano in Maremma. Il Malavolti che racconta cotesti fatti indica pure le misure di guerra prese in tal emergente dai Nove contro i Salimbeni, aggiungendo i danni che ne succedettero, finchĂŠ rimessi le vertenze allâarbitrio dei priori e del gonfaloniere della Repubblica Fiorentina, questi destinarono i giudici, che nel 10 agosto del 1375 pronunziarono il lodo, in vigore del quale si dovevano restituire ai Salimbeni diverse rocche e castella, fra le quali furono comprese Ripa e Rocca dâOrcia.
Dominarono infatti i Salimbeni, in Castiglione dâOrcia ed in Rocca a Tintennano fino al 1419, anno in cui Cocco Salimbeni dalle genti della Repubblica sanese fu assediato nella Torre o Penna della Rocca medesima, per cui non avendo speranza alcuna di soccorso dovè accordarsi col suo governo, e sottomettervisi, siccome fece con trattato del 16 febbrajo 1419 (stile comune) consegnando alla Repubblica la Rocca dâOrcia e Castiglion dâOrcia con tutto il loro distretto. â Vedere per il restante lâArticolo CASTIGLION DâORCIA; cui aggiungerò, qualmente fra i capitoli del trattato predetto vi fu questo che gli uomini della Rocca di Castiglion dâOrcia non potessero esser molestati dal debiti contratti con Cocco Salimbeni, e che a spese della ComunitĂ si dovessero risarcire le mura castellane. â (ARCH. DIPL. SAN.) Il ponte ora diritto, che cavalcava il fiu me sotto Rocca dâOrcia era stato murato o restaurato nel 1428 da maestro Giorgio di Francesco Lombardo con la tenue spesa di fiorini 132, nel 1464 rifatto per lire 1800 da Pietro dâAngelo detto il Castrado. â (ARCH. DELLE RIFORM. SAN.) Cotesta notizia pertanto giova a rettificare quanto si disse allâArticolo ORCIA fiume (Vol. III p. 683), che il progetto cioè del ponte sullâOrcia esibito nel novembre del 1528 alla Signoria di Siena dallâartista Baldassarre Peruzzi, non basta per assegnare la prima origine di un ponte sullâOrcia, tostochè uno sotto Rocca dâOrcia esisteva molto tempo prima.
Nel 1491 il Pontefice Innocenzio VIII diresse da Roma in data del 2 gennaio una bolla al sacerdote Giovanni di Pietro Tuti della Rocca a Tintennano, diocesi allora di Pienza, con la quale gli assegnava in pensione 20 fiorini lâanno sopra lâentrate della chiesa plebana di Santo Stefano della diocesi medesima. Il quale prete Giovanni del fu Pietro Tuti nel 20 settembre del 1497 stando in casa propria nella Rocca a Tintennano, nel testamento che ivi fece è qualificato pro posto della Terra di Seggiano, contado sanese, quando instituĂŹ suoi eredi universali i nipoti di fratello, cioè, Bernardino, Gis mondo e SimoneTuti. â (ARCH. DIPL. FIOR. Carte del Mon.
di S. Eugenio presso Siena ).
Nello statuto della Rocca dâOrcia conservato nellâArchivio delle Riformagioni di Siena, rifatto nellâanno 1617, esiste una ru brica che accorda licenza di donare terre incolte del distretto di Rocca dâOrcia a chi volesse ridurle a vigneti.
La parrocchia di S. Simone a Rocca dâOrcia nel 1833 noverava 446 abitanti.
Risiede sulla sommitĂ di un poggio che precipita quasi a dirupo nellâOrcia, le cui acque alla sua sinistra lambiscono il poggio della Rocca, mentre dal lato opposto bagnano quello di Ripa dâOrcia e di Vignone.
Io dubito che a questo luogo possa rife rire la corte di S .
Clemente in Tintiniano rammentata fino dallâanno 915 in un diploma del dĂŹ 8 ottobre dato in Roma dallâImperatore Berengario a favore deâmonaci Amiatini, e confermato loro nella stessa Roma lĂŹ 5 aprile del 1027 e di nuovo in Pavia nel 1036 dallâImperatore Corrado II.
E certo bensĂŹ che Rocca dâOrcia diede in seguito il titolo di conti di Tintennano a un ramo dei signori dellâArdenga feudatarj degli Aldobrandeschi, nel tempo stesso che questi ultimi dominavano nel vicino castello di Castiglion dâOrcia, innanzi che nel 1250 fosse loro tolto dalle genti del Comune di Siena. Allora fu che Tebaldo dellâArdenga, uno dei conti della vicina Rocca di Tintennano, offrĂŹ ai Signori Nove la rinunzia della sua parte e ragioni che aveva stilla Rocca stessa. Che però il conte Tebaldo non fosse solo nella signoria della Rocca predetta lo dimostrano gli atti pubblici di quel tempo riuniti nellâArchivio delle Riformagioni di Siena fra quelli del Consiglio della Campana, dai quali resulta, che allora in Rocca dâOrcia avevano contemporaneamente ragione lâabbate del Monastero di S.Antimo con vari consorti del Conte Tebaldo. Tali furono mess. Amadeo e mess.
Inghiberto conti di Tintennano ed altri rammentali dallo storico Malavolli, i quali nel 1254 venderono la loro quarta parte della Rocca preindicata ai Signori Nove, nella qual circostanza furono fatti cittadini sanesi.
Dopo di che i governanti di Siena nellâ1259 ordinarono che fossero risarcite le porte castellane della Rocca a Tintennano.
Ă da notarsi qualmente alcuni storici scrissero, come allâanno 1260 i Sanesi, onde tirare innanzi la guerra che poi fruttò loro la giornata gloriosa di Montaperto, accattassero dalla compagnia dei Salimbeni 20,000 fiorini dâoro, e che per pegno venisse loro consegnata la Rocca a Tintennano con altre castella del contado sanese.
â (R. MALESPINI, Istor. fior. Cap. 165. â G.
VILLANI, Cronica Lib. VI. cap. 76.) Fra le quali castella dagli storici sanesi furono segnalate le seguenti: Rocca a Tentennano, Montecuccari , Castiglioncello del Trinovo; Castel della Selva e MontâOrsajo ; la qual consegna fu eseguita dopo che i reggitori della Repubblica ebbero ricevuto dai Salimbeni in prestito 44,000 fiorini dâoro.
Ma di questâultimo fatto mancando le memorie contemporanee, resta dubbio se la somma dai Salimbeni alla Repubblica imprestata debba riferirsi ad unâepoca posteriore.
Infatti allâArticolo CASTIGLION DâORCIA dissi, che il governo di Siena nel settentrione del 1368 volendo riconoscere i servigj alla Repubblica prestati dai Salimbeni, per il mezzo deâquali in quel mese era scoppiata in Siena una rivoluzione che cacciò dal reggimento i nobili, assegnò a quella famiglia in feudo 5 castelli, i quali dallo storico Malavolti furono indicati sotto i nomi di Castiglion di Val dâOrcia, Monte Giovi, Rocca Tederighi, Montorsajo e Boccheggiano.
Ma ben presto essendo ritornato al governo lâopposto partito, e quindi battute dal popolo di Siena le genti di Carlo IV, rinchiuso e oppressato lâImperatore stesso in palazzo, e cacciata la fazione deâDodici ed i Salimbeni, che per pochi mesi avevano dominato, fu rimesso allâarbitro della Signoria di Firenze il modo di conciliare le parti. Ma quel primo lodo del 1369 che ordinava ai Salimbeni di rilasciare alla Repubblica sanese le castella châerano state loro donate, non solo non fu accettato, ma quella potente famiglia unita a molti suoi fautori fece insorgere nuovo tumulto in cittĂ . Non erano decorsi ancora cinque anni quando Cione di Niccolò deâSalimbeni con altri suoi consorti e numerosa compagnia di armati tolsero alla madre patria il castello di Monte Massi e quello di Boccheggiano in Maremma. Il Malavolti che racconta cotesti fatti indica pure le misure di guerra prese in tal emergente dai Nove contro i Salimbeni, aggiungendo i danni che ne succedettero, finchĂŠ rimessi le vertenze allâarbitrio dei priori e del gonfaloniere della Repubblica Fiorentina, questi destinarono i giudici, che nel 10 agosto del 1375 pronunziarono il lodo, in vigore del quale si dovevano restituire ai Salimbeni diverse rocche e castella, fra le quali furono comprese Ripa e Rocca dâOrcia.
Dominarono infatti i Salimbeni, in Castiglione dâOrcia ed in Rocca a Tintennano fino al 1419, anno in cui Cocco Salimbeni dalle genti della Repubblica sanese fu assediato nella Torre o Penna della Rocca medesima, per cui non avendo speranza alcuna di soccorso dovè accordarsi col suo governo, e sottomettervisi, siccome fece con trattato del 16 febbrajo 1419 (stile comune) consegnando alla Repubblica la Rocca dâOrcia e Castiglion dâOrcia con tutto il loro distretto. â Vedere per il restante lâArticolo CASTIGLION DâORCIA; cui aggiungerò, qualmente fra i capitoli del trattato predetto vi fu questo che gli uomini della Rocca di Castiglion dâOrcia non potessero esser molestati dal debiti contratti con Cocco Salimbeni, e che a spese della ComunitĂ si dovessero risarcire le mura castellane. â (ARCH. DIPL. SAN.) Il ponte ora diritto, che cavalcava il fiu me sotto Rocca dâOrcia era stato murato o restaurato nel 1428 da maestro Giorgio di Francesco Lombardo con la tenue spesa di fiorini 132, nel 1464 rifatto per lire 1800 da Pietro dâAngelo detto il Castrado. â (ARCH. DELLE RIFORM. SAN.) Cotesta notizia pertanto giova a rettificare quanto si disse allâArticolo ORCIA fiume (Vol. III p. 683), che il progetto cioè del ponte sullâOrcia esibito nel novembre del 1528 alla Signoria di Siena dallâartista Baldassarre Peruzzi, non basta per assegnare la prima origine di un ponte sullâOrcia, tostochè uno sotto Rocca dâOrcia esisteva molto tempo prima.
Nel 1491 il Pontefice Innocenzio VIII diresse da Roma in data del 2 gennaio una bolla al sacerdote Giovanni di Pietro Tuti della Rocca a Tintennano, diocesi allora di Pienza, con la quale gli assegnava in pensione 20 fiorini lâanno sopra lâentrate della chiesa plebana di Santo Stefano della diocesi medesima. Il quale prete Giovanni del fu Pietro Tuti nel 20 settembre del 1497 stando in casa propria nella Rocca a Tintennano, nel testamento che ivi fece è qualificato pro posto della Terra di Seggiano, contado sanese, quando instituĂŹ suoi eredi universali i nipoti di fratello, cioè, Bernardino, Gis mondo e SimoneTuti. â (ARCH. DIPL. FIOR. Carte del Mon.
di S. Eugenio presso Siena ).
Nello statuto della Rocca dâOrcia conservato nellâArchivio delle Riformagioni di Siena, rifatto nellâanno 1617, esiste una ru brica che accorda licenza di donare terre incolte del distretto di Rocca dâOrcia a chi volesse ridurle a vigneti.
La parrocchia di S. Simone a Rocca dâOrcia nel 1833 noverava 446 abitanti.
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1841, Volume IV, p. 787.
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