li, che per quanto mi ha assicurato l’eruditissimo Sig. Dottor Gio. Targioni, è certamente un Opera de’ Romani, vedendovisi un sterminato pilone di pietre quadrate, ed un bellissimo arco, detto oggi giorno il Ponte del Diavolo, sotto di cui passa il torrente chiamato Cestio, dal che si deduce, che l’antica Via era tre miglia discosta dalla moderna, e si distendeva verso le Colline del Chianti, alla volta della Valdambra. Non sarebbe temerario il supporre, che fossero ivi stati i confini della Colonia Aretina, e della Fiesolana, essendo stato sempre osservato da i dotti che qualora s’incontrano sì fatti nomi nelle antiche Carte, o sivero negl’Itinerarj è un sicurissimo contrassegno, che appunto in quel luogo fossero i confini di qualche popolo, come lo era de i Fiumi, qualora trovasi Ad confluentes; e lo stesso che è in Italia, è anco in Francia, dimostrando M. d’Anville, che un luogo, che divideva i confini de’Senoni, e de’Carnuti è chiamato appunto in tal guisa. E se i Vescovadi, al dir del Borghini, e del Sig, Marchese Maffei, sono nella estensione della Diocesi un quasi certo riscontro di quanto li estendessero le antiche Città col loro territorio, noi ben sappiamo esser in quei contorni l’antichissima divisione di quelli due Vescovadi. Non posso però in alcuna maniera approvare quanto il suddetto Geografo Francese scrive alla pag. 142. del Anal. Geog. dell’Italia, qualora vuole che si corregga il numero XXV. con cui segna le miglia l’Itinerario, pensando sostituirci il numero XXII. di che ne darò la ragione al suo luogo. Dopo lo spazio di altrettante XXV. miglia
Guazzesi, Lorenzo, Dissertazione V, 1766, p. 224.
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