ALPE APUANA, PANIA
(Petra Appuana).
Nome dato da Dante in poi a quel gruppo di acutissimi monti posti fra Lucca e Luni, il Serchio, l’Aulella e il littorale da Viareggio a Carra ra. – La sua direzione, è da maestro a scirocco, ed ha la sua base tra il grado 27° 40’ e 28° 5’ di longitudine, e fra il 43° 50’ e 44° 13’ di latitudine – L’intiera giogana sia per la forma acuminata delle sue creste, sia per la struttura e indole del terreno, appartiene ad un sistema assai distinto dalla catena superiore dell’Appennino, dalla quale può dirsi isolata, ad eccezione di una profonda foce volta a greco-settentrione là dove si schiudono le opposte Valli del Serchio e della Magra, e verso dove scendono a picco i due fra i più elevati e inaccessibili monti designati coi nomi di Pisanino e di Pizzo d’Uccello.
Il gruppo dell’AlpeApuana differisce eziandio dalla catena dell’Appennino nell’andamento della respettiva inclinazione dei suoi fianchi, che rapidi s’abbassano dal lato di Val di Serchio e di Val di Magra, mentre si prolungano coi loro contrafforti per meno rapido declive dirimpetto al mare. Infatti le più elevate cime della Pania di fronte all’Appennino di Mommio, sono quelle del Pisanino, che alza 3503 braccia sopra il livello del mare.
Può dirsi questo il più eccelso monte della Toscana, e di tutto l’Appennino settentrionale dell’Italia, meno il Cimone che lo supera di 56 tese. Ad esso succedono per ordine di elevatezza nello stesso lato il Pizzo d’Uccello che ha 3282 braccia di altezza, il Monte Sacro e la Pania della Croce che ascende a braccia 3188, mentre sorgono dal lato del mare la Tambura a circa braccia 3100 di elevatezza, il Monte Altissimo, a braccia 2722,4, il Monte Forato a braccia 2008,7 sopra il mare. Da essi monti si diramano vari contrafforti, che portano sui loro ciglioni acute prominenze ed una criniera dentellata e discoscesa tanto, che un uomo che non abbia l’ali di Dedalo o di Gerione difficilmente può su quelle balze passeggiare.
Essendo che simili creste, dove solo allignano piante alpine e annidiano aquile, sono fiancheggiate da profondi burroni pietrosi di color grigio, i quali si succedono gli uni appresso gli altri in direzione quasi uniforme, in guisa che visti dall’a lto offrono all’immagine la figura di un mare tempestoso istantaneamente pietrificato.
In questa regione montuosa stanzia la neve otto mesi dell’anno, e nei valloni difesi dal sole vi si può dire perpetua.
Qualora poi si contempli l’Alpe Apuana sotto l’aspetto geologico non vi ha forse montagna nel continente toscano che al pari di essa richiami l’attenzione dei naturalisti, per il singolare fenomeno di vedere in mezzo al bacino del Serchio e della Magra sviluppato un immenso elevatissimo scoglio consistente in gran parte in calcareo saccaroide, donde da inesauribili miniere il più candido e più pregievole marmo, da venti secoli a tutta Europa si fornisce. Alla quale formazione in molti luoghi s’associano schisti quarzo-talcosi, e filoni metalliferi ricchi di ferro, di piombo argentifero, e d’altri metalli, mentre nei punti più lontani dal centro sovrappongono alle rocce prenominate, dal lato del mare un calcareo cavernoso, e nel rovescio della montagna un macigno convertito in gabbro. Il qual ultimo fenomeno si manifesta in un modo sviluppatissimo precipuamente là dove congiungonsi insieme i due rami più alti del Serchio, il Serchio cioè di Soraggio che parte dall’Appennino, e l’altro di S. Michele che scende dalla parete opposta della Pania di Minucciano, ossia dal Pisanino. – Quadro il più spettacoloso per un paesista, il più istruttivo per un geologo è quello da Piazza alla Sambuca, dove il Serchio percorre per cinque e più miglia fra numerose acutissime guglie di rocce serpentinose scaturite fra mezzo a macigni, presso a schisti-marnosi convertiti in ardesie e in gabbri. – Vedere GARFAGNANA.
La geognosia dell’Alpe Apuana ha fatto un gran passo dopo che il valente naturalista sig. Girolamo Guidoni potè rintracciare nel calcareo granoso grigio ceruleo dei monti sopra Carrara conchiglie fossili marine simili a quelle da esso stesso scoperte nel marmo di Porto Venere.
Osservazioni di non minore importanza aveva già pubblicato il ch. prof. pisano Paolo Savi relativamente all’alterazione del macigno che cinge il calcareosaccaroide dell’Alpe Apuana, e alla sua conversione in steaschisto; in guisa che riportava egli l’origine di quel gran masso marmoreo a complicate alterazioni ignee di rocce nettuniane. (Giorn. de’Lett. Pis.
ann. 1829, 1830 e 1832.) Molti, copiosi e perenni sono i torrenti che scaturiscono dai fianchi dell’Alpe Apuana. A oriente tributari del fiume Serchio sono la Torrita Cava, la Petrosciana, ossia Torrita di Gallicano, la Torrita di Castelnuovo, i torrenti del Poggio, e di S. Michele, l’ultimo de’quali si appella anche Serchio di Minucciano. Scendono dal lato settentrionale in Val di Magra i torrenti Tassonara, il Lucido di Equi, quello di Tenerano, e il Bardine; mentre dal lato di libeccio e ostro sboccano direttamente in mare la Parmignola, l’Avenza o Carrione, il Frigido, la Versilia o Serravezza, e il Camojore.
Risiedono su questo lato il Ducato di Massa e Carrara, le Comunità di Montignoso, di Pietrasanta, di Serravezza, di Stazzema e di Camajore. Posano sul rovescio della montagna volta sul Serchio i Comuni di Trassilico, di Vergemoli, di Molazzana, di Gallicano, di Castelnuovo in Garfagnana, di Camporgiano, di Vagli, di Piazza e di Minucciano, mentre dal lato di Val di Magra i paesi di Ugliancaldo, Casciana, Equi, Ajola, Vinca e Tenerano, situati sulle spalle del Pizzo d’Uccello, e del Monte Sacro, fanno parte delle Comunità di Casola e di Fivizzano.
Fra i varchi che mettono in comunicazione la faccia meridionale dell'Alpe Apuana con il suo rovescio dalla parte di Val di Magra avvi quello che da Massa, risalendo alle sorgenti del Frigido fra i ciglioni occidentali del Pizzo d’Uccello e quelli orientali del Monte Sacro, rasenta la rupe su cui risiede l’aereo castello di Vinca. Più frequentato e meno laborioso trapasso è quello che da Carrara per Castelpoggio e per il monte della Spolverina scende a Tenerano, e varcando il fiume Aulella si dirige a Fivizzano. Quest’ultima strada diverrà anche carrozzabile, essendo stato tracciato un nuovo taglio, che partirà dalla via postale a Carrara, e per Castelpoggio salirà il monte Girone e quello della Spolverina per andare a congiungersi con la moderna via militare a Fosdinovo. Scende in Val di Serchio per la ripida ed elevata scogliera della Tambura la via che tracciò il Vandelli alla metà del secolo XVIII praticabile solamente nella buona stagione.
La quale strada da Massa rimonta verso le origini del Frigido, sale da Rasceto per serpeggianti giri al passo della Tambura, donde scende a Vagli e di là a Castelnuovo in Garfagnana. Un’altra via meno malagevole è quella che per la Valle della Versilia da Scravezza supera l’Alpe di Stazzema a scirocco della Pania forata e lungo la Petrosciana scende a Gallicano, dove entra nella via del Serchio dirimpetto al monte di Barga.
Diede frequenti volte agli eruditi occasione di discorrere il quesito, se, prima dei Liguri gli Etruschi abitassero il paese posto fra il Serchio e la Magra; ma sia pure di ciò quello che uno più desidera, il fatto meno soggetto a controversia si è, che sino da quando i Romani cominciarono a estendere il loro potere fuori del Lazio, l’Etrusca nazione dopo essersi propagata per due grandi confederazioni e colonie dall’Italia media nella superiore e inferiore, era stata vinta ed espulsa dai Greci e da’Sanniti nei Campi Flegrei, mentre nei contorni del Pò e nell’Appennino di Modena e di Lucca sino al paese degli Umbri, le galliche e ligustiche tribù erano di già penetrate.
– Non starò io qui a rammentare nè Aristotile, nè Trogo citato da Giustino, nè Sesto Frontino, i quali pongono le città di Pisa e di Lucca nel paese de’Liguri, quando a liberare da qualsiasi incertezza valgono per tutti Polibio e Io storico padovano, i quali segnano il fiume Arno per confine fra la Liguria e la Toscana. – Quantunque la perdita della seconda decade di T. Livio ne priv i del miglior mezzo atto a rintracciare l’età precisa, in cui la contrada posta fra Lucca e Luni cadde in potere dei Romani, nè si conosca la razza dei Liguri che essi ebbero a combattere, pure in quanto al fatto altri riscontri ci autorizzano a credere che un tal avvenimento accadesse poco dopo la prima guerra punica (Fasti Cons. Ann. U. C.
518 e Polib. Ist. l. I.) – Non lascia poi alcun dubbio che la maggior parte del paese dall’Arno alla Magra fosse a Roma soggetta, sino dall’esordio della seconda guerra cartaginese, la ritirata del console Sempronio da Piacenza a Lucca. Ho detto la maggior parte del paese, sul riflesso che i Liguri Apuani e Friniati costantemente a Roma avversi tenevano i loro abituri nelle gole e sull’erte pendici dell’Appennino posto fra le sorgenti della Magra e quelle del fiume Scoltenna, donde si propagarono, gli uni dal monte Cimone sino al Reno, gli altri in Garfagnana e nella Pania settentrionale.
L’epoca meno incerta, nella quale il distretto in questione rendesi accessibile alla storia, data a mio credere da una lettera che il pretore dell’Etruria M. Cincio scriveva da Pisa l’anno di Roma 561, con la quale informava il senato che 20000 liguri di varie tribù dopo avere improvvisamente invaso e saccheggiato l’agro lunense, oltrepassarono di là nei confini pisani lungo il littorale (ERRATA: Liv. L. XXXVI, 56) (Liv. L. XXXIV, 56). Lo che dimostra che fra Luni e Pisa, alla base cioè della Pania meridionale, non esisteva a quell’ora altro stato o nazione intermedia, e che i nemici erano penetrati sino a Pisa scendendo per Val di Magra e non per le Panie. Al qual fatto serve di conferma Livio medesimo là dove, discorrendo (anno 579 U. C.) dei Liguri vinti e disarmati lungo il fiume Audena (probabilmente il Tarodine o la Gordana che nascono sulle spalle e sul fianco orientale del Monte Gottaro), egli ci avvisa essere sta ti di quei Liguri, che 18 anni innanzi, discesi dall’Appennino ligustico, avevano devastato le campagne di Luni e di Pisa (lib. XLI). – Coerente a ciò è la marcia che tennero costantemente le romane legioni tutte le volte che muovevano da Pisa per assalire o respingere i liguri Apuani, rimontando il fiume Serchio, e di là penetrando in Val di Magra. – Era sul dorso della Pania, fra i precipizi e le profonde gole di quei laberinti posti fra la Garfagnana e la Lunigiana, era là più che altrove l’impeditissimo varco, dove la più fiera razza dei Liguri ebbe frequenti occasioni di bravare i valorosi soldati di un popolo, cui non seppe resistere nè la superba Cartagine, nè l’orgoglioso Filippo, nè i popolosi eserciti di Antioco, nè le terribili orde dei Galli; talmentechè Roma risolvette di assediare quella gente nei loro inaccessibili recessi per forzarla a darsi prigioniera, onde traslocarla tutta in più remota e aperta contrada.
L’emigrazione forzata di 47000 montanari, oltre quelli periti nei numerosi conflitti di tre lustri, dovette lasciare un vuoto nell’Appennino della Lunigiana e nelle Panie settentrionali, cui debolmente poteva supplire quella colonia di 2000 Romani condotta a Lucca l’anno di Roma 577, quando le fu assegnata un’estensione di 103000 jugeri di terreno alpestre già occupato dai Liguri agli Etruschi (Liv. I. XLI). Il qual terreno si estendeva ai confini di Veleja anche sotto il regno di Trajano, quando i Lucchesi ne ipotecarono una parte per il mantenimento d’un certo numero di fanciulli a spese pubbliche alimentati. (Tav. Velejate illustr.) Ma se in grazia del prezioso documento scoperto a Veleja fummo avvertiti, sino a qual punto dell’Appennino estendevansi i predi della Colonia di Lucca, mancano altronde dati meno che equivoci sulla linea di demarcazione dal lato dell’Alpe Apuana rapporto alla Colonia pisana con quella di Lucca.
Che una qualche variazione fra il territorio delle colonie suddette accadesse, lo dà a Conoscere un reclamo portato innanzi al senato di Roma l’anno 582, querelandosi i pisani che i lucchesi coloni avevano tolto una porzione del loro terreno, e questi all’opposto affermando che i campi sui quali si reclamava erano stati assegnati alla colonia di Lucca dall’ufizio de’Triumviri. (Liv. I. XLV.) Qual esito avesse tale controversia, e a qual contrada si volesse riferire, lo storico più nol disse, e lo scritto mancò col restante dell’opera. Solamente da Plinio si può arguire, che il territorio della colonia lucchese esser doveva mediterraneo, cioè sulla schiena della Pania e negli opposti Appennini della Garfagnana, paese ch’ha fatto parte per molti secoli del territorio civile ed ecclesiastico di Lucca. Dalla quale regione, costantemente abitata da gente inclinata al mestiere dell’armi, la Repubblica romana soleva cavare, al dire di Strabone, scelte coorti, e soldati di cavalleria.
Erano in questo stato le cose, quando al governo della città eterna piacque d’introdurre fra l’Arno e la Magra una divisione politico-geografica ben diversa da quella che ivi segnò la madre natura.
È noto abbastanza che negli ultimi secoli della R.
Repubblica la giurisdizione dell’Italia propriamente detta si estendeva dal lato occidentale sino al porto di Luni, mentre dipendeva dalla Gallia Togata, o Cisalpina la città e territorio di Lucca. Alla quale divisione non poteva servire di limite il corso del Serchio, siccome parve al Borghini, nè quello della Magra, se non che a partire dal luogo, dove quest’ultimo fiume si disserra dalle gole dell’Appennino al confluente del Vara, e dove termina la base occidentale dell’Alpe Apuana: essendo che il suo fianco meridionale faceva parte dell’Etruria compresa nell’Italia.
Sebbene tutto concorra a far credere che il dorso dell’Alpe Apuana prolungato al monte di Quiesa e di là per Ripafratta al Monte Pisano, possa aver servito di termine normale fra l’Etruria e la Liguria innanzi che Augusto introducesse in questa parte di Toscana una nuova divisione politica, mancano non ostante ciò documenti decisivi, coi quali senza timore di mettere il piè in fallo una tale proposizione possa dimostrarsi per vera.
Dopo la caduta del Romano impero, Lucca divenuta capoluogo della provincia di Toscana e residenza la più costante dei suoi duchi e marchesi, sotto il governo dei Longobardi e dei Franchi, essa potè estendere la sua giurisdizione civile ed ecclesiastica anche dal lato dell’Alpe Apuana che acquapende nella Versilia, in guisa che il corso di questo fiume servì poi di linea di demarcazione fra la diocesi lucchese e quella di Luni, con la quale si mantenne costantemente a contatto sino al cadere del secolo XVIII; nel tempo che sulla schiena dell’Alpe Apuana, e nelle sue pendici i longobardi di Lucca ebbero assai di buon’ora signoria e vassallaggio.
Appartenevano alla stessa nazione i marchesi discendenti dal conte del S. Palazzo sotto Ottone il Grande, i quali signoreggiarono sino alla nostra età nelle Panie occidentali e settentrionali dalle sponde della Magra alle sorgenti dell’Aulella e del Lucido, e sulla faccia meridionale della stessa Alpe sino a Montignoso.
– Vedere DUCATO di LUCCA, DUCATO di MASSA, GARFAGNANA e PIETRASANTA.
Il gruppo dell’AlpeApuana differisce eziandio dalla catena dell’Appennino nell’andamento della respettiva inclinazione dei suoi fianchi, che rapidi s’abbassano dal lato di Val di Serchio e di Val di Magra, mentre si prolungano coi loro contrafforti per meno rapido declive dirimpetto al mare. Infatti le più elevate cime della Pania di fronte all’Appennino di Mommio, sono quelle del Pisanino, che alza 3503 braccia sopra il livello del mare.
Può dirsi questo il più eccelso monte della Toscana, e di tutto l’Appennino settentrionale dell’Italia, meno il Cimone che lo supera di 56 tese. Ad esso succedono per ordine di elevatezza nello stesso lato il Pizzo d’Uccello che ha 3282 braccia di altezza, il Monte Sacro e la Pania della Croce che ascende a braccia 3188, mentre sorgono dal lato del mare la Tambura a circa braccia 3100 di elevatezza, il Monte Altissimo, a braccia 2722,4, il Monte Forato a braccia 2008,7 sopra il mare. Da essi monti si diramano vari contrafforti, che portano sui loro ciglioni acute prominenze ed una criniera dentellata e discoscesa tanto, che un uomo che non abbia l’ali di Dedalo o di Gerione difficilmente può su quelle balze passeggiare.
Essendo che simili creste, dove solo allignano piante alpine e annidiano aquile, sono fiancheggiate da profondi burroni pietrosi di color grigio, i quali si succedono gli uni appresso gli altri in direzione quasi uniforme, in guisa che visti dall’a lto offrono all’immagine la figura di un mare tempestoso istantaneamente pietrificato.
In questa regione montuosa stanzia la neve otto mesi dell’anno, e nei valloni difesi dal sole vi si può dire perpetua.
Qualora poi si contempli l’Alpe Apuana sotto l’aspetto geologico non vi ha forse montagna nel continente toscano che al pari di essa richiami l’attenzione dei naturalisti, per il singolare fenomeno di vedere in mezzo al bacino del Serchio e della Magra sviluppato un immenso elevatissimo scoglio consistente in gran parte in calcareo saccaroide, donde da inesauribili miniere il più candido e più pregievole marmo, da venti secoli a tutta Europa si fornisce. Alla quale formazione in molti luoghi s’associano schisti quarzo-talcosi, e filoni metalliferi ricchi di ferro, di piombo argentifero, e d’altri metalli, mentre nei punti più lontani dal centro sovrappongono alle rocce prenominate, dal lato del mare un calcareo cavernoso, e nel rovescio della montagna un macigno convertito in gabbro. Il qual ultimo fenomeno si manifesta in un modo sviluppatissimo precipuamente là dove congiungonsi insieme i due rami più alti del Serchio, il Serchio cioè di Soraggio che parte dall’Appennino, e l’altro di S. Michele che scende dalla parete opposta della Pania di Minucciano, ossia dal Pisanino. – Quadro il più spettacoloso per un paesista, il più istruttivo per un geologo è quello da Piazza alla Sambuca, dove il Serchio percorre per cinque e più miglia fra numerose acutissime guglie di rocce serpentinose scaturite fra mezzo a macigni, presso a schisti-marnosi convertiti in ardesie e in gabbri. – Vedere GARFAGNANA.
La geognosia dell’Alpe Apuana ha fatto un gran passo dopo che il valente naturalista sig. Girolamo Guidoni potè rintracciare nel calcareo granoso grigio ceruleo dei monti sopra Carrara conchiglie fossili marine simili a quelle da esso stesso scoperte nel marmo di Porto Venere.
Osservazioni di non minore importanza aveva già pubblicato il ch. prof. pisano Paolo Savi relativamente all’alterazione del macigno che cinge il calcareosaccaroide dell’Alpe Apuana, e alla sua conversione in steaschisto; in guisa che riportava egli l’origine di quel gran masso marmoreo a complicate alterazioni ignee di rocce nettuniane. (Giorn. de’Lett. Pis.
ann. 1829, 1830 e 1832.) Molti, copiosi e perenni sono i torrenti che scaturiscono dai fianchi dell’Alpe Apuana. A oriente tributari del fiume Serchio sono la Torrita Cava, la Petrosciana, ossia Torrita di Gallicano, la Torrita di Castelnuovo, i torrenti del Poggio, e di S. Michele, l’ultimo de’quali si appella anche Serchio di Minucciano. Scendono dal lato settentrionale in Val di Magra i torrenti Tassonara, il Lucido di Equi, quello di Tenerano, e il Bardine; mentre dal lato di libeccio e ostro sboccano direttamente in mare la Parmignola, l’Avenza o Carrione, il Frigido, la Versilia o Serravezza, e il Camojore.
Risiedono su questo lato il Ducato di Massa e Carrara, le Comunità di Montignoso, di Pietrasanta, di Serravezza, di Stazzema e di Camajore. Posano sul rovescio della montagna volta sul Serchio i Comuni di Trassilico, di Vergemoli, di Molazzana, di Gallicano, di Castelnuovo in Garfagnana, di Camporgiano, di Vagli, di Piazza e di Minucciano, mentre dal lato di Val di Magra i paesi di Ugliancaldo, Casciana, Equi, Ajola, Vinca e Tenerano, situati sulle spalle del Pizzo d’Uccello, e del Monte Sacro, fanno parte delle Comunità di Casola e di Fivizzano.
Fra i varchi che mettono in comunicazione la faccia meridionale dell'Alpe Apuana con il suo rovescio dalla parte di Val di Magra avvi quello che da Massa, risalendo alle sorgenti del Frigido fra i ciglioni occidentali del Pizzo d’Uccello e quelli orientali del Monte Sacro, rasenta la rupe su cui risiede l’aereo castello di Vinca. Più frequentato e meno laborioso trapasso è quello che da Carrara per Castelpoggio e per il monte della Spolverina scende a Tenerano, e varcando il fiume Aulella si dirige a Fivizzano. Quest’ultima strada diverrà anche carrozzabile, essendo stato tracciato un nuovo taglio, che partirà dalla via postale a Carrara, e per Castelpoggio salirà il monte Girone e quello della Spolverina per andare a congiungersi con la moderna via militare a Fosdinovo. Scende in Val di Serchio per la ripida ed elevata scogliera della Tambura la via che tracciò il Vandelli alla metà del secolo XVIII praticabile solamente nella buona stagione.
La quale strada da Massa rimonta verso le origini del Frigido, sale da Rasceto per serpeggianti giri al passo della Tambura, donde scende a Vagli e di là a Castelnuovo in Garfagnana. Un’altra via meno malagevole è quella che per la Valle della Versilia da Scravezza supera l’Alpe di Stazzema a scirocco della Pania forata e lungo la Petrosciana scende a Gallicano, dove entra nella via del Serchio dirimpetto al monte di Barga.
Diede frequenti volte agli eruditi occasione di discorrere il quesito, se, prima dei Liguri gli Etruschi abitassero il paese posto fra il Serchio e la Magra; ma sia pure di ciò quello che uno più desidera, il fatto meno soggetto a controversia si è, che sino da quando i Romani cominciarono a estendere il loro potere fuori del Lazio, l’Etrusca nazione dopo essersi propagata per due grandi confederazioni e colonie dall’Italia media nella superiore e inferiore, era stata vinta ed espulsa dai Greci e da’Sanniti nei Campi Flegrei, mentre nei contorni del Pò e nell’Appennino di Modena e di Lucca sino al paese degli Umbri, le galliche e ligustiche tribù erano di già penetrate.
– Non starò io qui a rammentare nè Aristotile, nè Trogo citato da Giustino, nè Sesto Frontino, i quali pongono le città di Pisa e di Lucca nel paese de’Liguri, quando a liberare da qualsiasi incertezza valgono per tutti Polibio e Io storico padovano, i quali segnano il fiume Arno per confine fra la Liguria e la Toscana. – Quantunque la perdita della seconda decade di T. Livio ne priv i del miglior mezzo atto a rintracciare l’età precisa, in cui la contrada posta fra Lucca e Luni cadde in potere dei Romani, nè si conosca la razza dei Liguri che essi ebbero a combattere, pure in quanto al fatto altri riscontri ci autorizzano a credere che un tal avvenimento accadesse poco dopo la prima guerra punica (Fasti Cons. Ann. U. C.
518 e Polib. Ist. l. I.) – Non lascia poi alcun dubbio che la maggior parte del paese dall’Arno alla Magra fosse a Roma soggetta, sino dall’esordio della seconda guerra cartaginese, la ritirata del console Sempronio da Piacenza a Lucca. Ho detto la maggior parte del paese, sul riflesso che i Liguri Apuani e Friniati costantemente a Roma avversi tenevano i loro abituri nelle gole e sull’erte pendici dell’Appennino posto fra le sorgenti della Magra e quelle del fiume Scoltenna, donde si propagarono, gli uni dal monte Cimone sino al Reno, gli altri in Garfagnana e nella Pania settentrionale.
L’epoca meno incerta, nella quale il distretto in questione rendesi accessibile alla storia, data a mio credere da una lettera che il pretore dell’Etruria M. Cincio scriveva da Pisa l’anno di Roma 561, con la quale informava il senato che 20000 liguri di varie tribù dopo avere improvvisamente invaso e saccheggiato l’agro lunense, oltrepassarono di là nei confini pisani lungo il littorale (ERRATA: Liv. L. XXXVI, 56) (Liv. L. XXXIV, 56). Lo che dimostra che fra Luni e Pisa, alla base cioè della Pania meridionale, non esisteva a quell’ora altro stato o nazione intermedia, e che i nemici erano penetrati sino a Pisa scendendo per Val di Magra e non per le Panie. Al qual fatto serve di conferma Livio medesimo là dove, discorrendo (anno 579 U. C.) dei Liguri vinti e disarmati lungo il fiume Audena (probabilmente il Tarodine o la Gordana che nascono sulle spalle e sul fianco orientale del Monte Gottaro), egli ci avvisa essere sta ti di quei Liguri, che 18 anni innanzi, discesi dall’Appennino ligustico, avevano devastato le campagne di Luni e di Pisa (lib. XLI). – Coerente a ciò è la marcia che tennero costantemente le romane legioni tutte le volte che muovevano da Pisa per assalire o respingere i liguri Apuani, rimontando il fiume Serchio, e di là penetrando in Val di Magra. – Era sul dorso della Pania, fra i precipizi e le profonde gole di quei laberinti posti fra la Garfagnana e la Lunigiana, era là più che altrove l’impeditissimo varco, dove la più fiera razza dei Liguri ebbe frequenti occasioni di bravare i valorosi soldati di un popolo, cui non seppe resistere nè la superba Cartagine, nè l’orgoglioso Filippo, nè i popolosi eserciti di Antioco, nè le terribili orde dei Galli; talmentechè Roma risolvette di assediare quella gente nei loro inaccessibili recessi per forzarla a darsi prigioniera, onde traslocarla tutta in più remota e aperta contrada.
L’emigrazione forzata di 47000 montanari, oltre quelli periti nei numerosi conflitti di tre lustri, dovette lasciare un vuoto nell’Appennino della Lunigiana e nelle Panie settentrionali, cui debolmente poteva supplire quella colonia di 2000 Romani condotta a Lucca l’anno di Roma 577, quando le fu assegnata un’estensione di 103000 jugeri di terreno alpestre già occupato dai Liguri agli Etruschi (Liv. I. XLI). Il qual terreno si estendeva ai confini di Veleja anche sotto il regno di Trajano, quando i Lucchesi ne ipotecarono una parte per il mantenimento d’un certo numero di fanciulli a spese pubbliche alimentati. (Tav. Velejate illustr.) Ma se in grazia del prezioso documento scoperto a Veleja fummo avvertiti, sino a qual punto dell’Appennino estendevansi i predi della Colonia di Lucca, mancano altronde dati meno che equivoci sulla linea di demarcazione dal lato dell’Alpe Apuana rapporto alla Colonia pisana con quella di Lucca.
Che una qualche variazione fra il territorio delle colonie suddette accadesse, lo dà a Conoscere un reclamo portato innanzi al senato di Roma l’anno 582, querelandosi i pisani che i lucchesi coloni avevano tolto una porzione del loro terreno, e questi all’opposto affermando che i campi sui quali si reclamava erano stati assegnati alla colonia di Lucca dall’ufizio de’Triumviri. (Liv. I. XLV.) Qual esito avesse tale controversia, e a qual contrada si volesse riferire, lo storico più nol disse, e lo scritto mancò col restante dell’opera. Solamente da Plinio si può arguire, che il territorio della colonia lucchese esser doveva mediterraneo, cioè sulla schiena della Pania e negli opposti Appennini della Garfagnana, paese ch’ha fatto parte per molti secoli del territorio civile ed ecclesiastico di Lucca. Dalla quale regione, costantemente abitata da gente inclinata al mestiere dell’armi, la Repubblica romana soleva cavare, al dire di Strabone, scelte coorti, e soldati di cavalleria.
Erano in questo stato le cose, quando al governo della città eterna piacque d’introdurre fra l’Arno e la Magra una divisione politico-geografica ben diversa da quella che ivi segnò la madre natura.
È noto abbastanza che negli ultimi secoli della R.
Repubblica la giurisdizione dell’Italia propriamente detta si estendeva dal lato occidentale sino al porto di Luni, mentre dipendeva dalla Gallia Togata, o Cisalpina la città e territorio di Lucca. Alla quale divisione non poteva servire di limite il corso del Serchio, siccome parve al Borghini, nè quello della Magra, se non che a partire dal luogo, dove quest’ultimo fiume si disserra dalle gole dell’Appennino al confluente del Vara, e dove termina la base occidentale dell’Alpe Apuana: essendo che il suo fianco meridionale faceva parte dell’Etruria compresa nell’Italia.
Sebbene tutto concorra a far credere che il dorso dell’Alpe Apuana prolungato al monte di Quiesa e di là per Ripafratta al Monte Pisano, possa aver servito di termine normale fra l’Etruria e la Liguria innanzi che Augusto introducesse in questa parte di Toscana una nuova divisione politica, mancano non ostante ciò documenti decisivi, coi quali senza timore di mettere il piè in fallo una tale proposizione possa dimostrarsi per vera.
Dopo la caduta del Romano impero, Lucca divenuta capoluogo della provincia di Toscana e residenza la più costante dei suoi duchi e marchesi, sotto il governo dei Longobardi e dei Franchi, essa potè estendere la sua giurisdizione civile ed ecclesiastica anche dal lato dell’Alpe Apuana che acquapende nella Versilia, in guisa che il corso di questo fiume servì poi di linea di demarcazione fra la diocesi lucchese e quella di Luni, con la quale si mantenne costantemente a contatto sino al cadere del secolo XVIII; nel tempo che sulla schiena dell’Alpe Apuana, e nelle sue pendici i longobardi di Lucca ebbero assai di buon’ora signoria e vassallaggio.
Appartenevano alla stessa nazione i marchesi discendenti dal conte del S. Palazzo sotto Ottone il Grande, i quali signoreggiarono sino alla nostra età nelle Panie occidentali e settentrionali dalle sponde della Magra alle sorgenti dell’Aulella e del Lucido, e sulla faccia meridionale della stessa Alpe sino a Montignoso.
– Vedere DUCATO di LUCCA, DUCATO di MASSA, GARFAGNANA e PIETRASANTA.
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1833, Volume I, p. 69.
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