MONTECARLO, o MONTE CARLO
già VIVINAJA in Val di Nievole.
– Terra con fortilizio, che fu capoluogo del vicariato della valle Ariana granducale, poi di potesteria, ora semplice Comunità con chiesa prepositura e collegiata (S. Andrea) unita alla pieve di S. Pietro in campo nella Giurisdizione e miglia toscane 2 a settentrione dell’Altopascio, Diocesi di Pescia, una volta di Lucca, Compartimento di Firenze.
Risiede nella sommità di un poggio quasi isolato, dove fu la famosa rocca del Ceruglio, circa 300 braccia sopra il livello del mare Mediterraneo; alla cui base scorre da maestro a scirocco la Pescia di Collodi, dal lato di ponente il torrente Leccio, mentre il padule di Bientina, o di Sesto bagna i suoi piedi verso libeccio e ostro.
Trovasi nel grado 28° 19’ 8” di longitudine, e 43° 51’ 2” di latitudine, 9 miglia a levante di Lucca, 4 miglia toscane a ostro di Pescia, 15 a libeccio di Pistoja, e 20 miglia toscane a grecale di Pisa.
Sebbene la terra di Monte Carlo debba il suo nome al figlio del re Giovanni di Boemia, che fu poi Carlo IV Imperatore, la sua origine ci richiama a memorie assai più vetuste. Avvegnachè pochi passi fuori di Monte Carlo dal lato orientale, nel poggetto dove attualmente riposano le ossa dei trapassati abitatori di quella terra, colà esisteva il castello di Vivinaja con la famosa casa di campagna posseduta dal Marchese Bonifazio e dalla gran contessa Matilda, là dove sul declinare del secolo XI accoglievansi ad ospizio pontefici, imperatori, e tanti altri personaggi di altissima sfera. – Vedere LUCCA.
Fu poi presso le mura occidentali della terra di Monte Carlo, dove si alzava la famosa rocca del Ceruglio, asilo impenetrabile dei soldati tedeschi, che ivi e nell’Agosta di Lucca si resero forti dopo mancato il capitano Castruccio, sicché di costà tennero in freno la città di Lucca e suo contado innanzichè fosse da quei militi liberata all’incanto.
Tanto Vivinaja , quando la rocca del Ceruglio dopo il 1333 perdettero il loro nome in quello di Monte Carlo, e se qualche volta si trovano quei luoghi per incidenza dopo detta epoca rammentati, non fia mai di riscontrare scritture, in cui anteriormente al 1333 sia fatta menzione del paese di Monte Carlo e della sua pieve.
Imperocché prima d’allora la popolazione del Ceruglio e quella di Vivinaja dipendevano dalla chiesa plebana di S.
Pietro in Campo, chiesa situata alle falde del poggio verso grecale poco lungi dalla ripa destra della Pescia minore, ossia della Pescia minore, ossia della Pescia di Collodi.
Una delle più antiche memorie superstiti di essa pieve l’ha somministrata l’Arch. Arciv. lucchese in un documento pubblicato nel T. V P. III delle memorie per servire alla storia di quel ducato. È un istrumento del 1 novembre 913 fatto in Lucca, nel quale si tratta del servizio da prestarsi alla chiesa battesimale di S. Pietro sita in loco et finibus ubi dicitur Campora inter fluvio Piscia majore et minore. Se quest’ultima espressione deve prendersi alla parola, bisogna credere, che il corso delle due Pescie sia stato in questa contrada variato, o che la chiesa attuale di S. Pietro in Campo, sebbene di costruzione del secolo XIII o XIV, sia in una situazione diversa da quella che lo fosse nei secoli anteriori al mille, mentre ora trovasi a ponente delle due Pescie.
Inoltre due altri istrumenti dell’istessa provenienza, in data del 4 gennajo 914 furono stipulati entrambi in loco Piscie ad Ecclesia S. Petri, quod (sic) est plebe baptisimale, etc. – (MEMOR. LUCCH. T. V. P. III).
Il Baldasseroni nella storia della città di Pescia avvisa, qualmente nell’ano 1409 il Pontefice conferì in benefizio a Nicolao Pignattelli di Napoi la chiesa di S. Andrea di Monte Carlo, cui era unita la vetusta pieve di S. Pietro in Campo.
All’Articolo CAMPO (S. PIETRO IN) si accennò, che questa chiesa fu data dal Pont. Sisto IV (anno 1472) in padronato perpetuo alla casa Capponi di Firenze, per cui quei nobili acquistarono il possesso di una vasta tenuta annessa alla detta pieve, e di recente acquistata in compra dal Marchese Paolo Garzoni Venturi. Quindi si può comprendere con quanta ragione nel 1797 Pietro Accolti pretendesse la pievania di S. Pietro in Campo a Monte Carlo, contro Guglielmo Capponi; per cui nel 17 aprile di detto anno furono inviate lettere alla Signoria di Firenze dal Pontefice Alessandro VI onde favorire l’Accolti.
Che però Pietro Accolti presto o tardi riescis se nel suo intento lo prova una bolla del 1 maggio 1523, con la quale il Pont. Adriano VI liberava il Card. Pietro Accolti dalle censure in cui doveva esser caduto per ritenere in commenda la chiesa parrocchiale di Monte Carlo con varj altri benefizj.
In seguito la stessa chiesa, essendo stata rinunziata dall’Accolti predetto a Mons. Francesco Baldovinetti vescovo di Ancona, il Cardinal la riprese nel 1526, fino a che nel 1530 di nuovo la rinunziò al suo nipote Card.
Benedetto Accolti, che ottenne nel 17 settembre 1530 dal Pont. Clemente VII facoltà d’imporvi sopra una pensione di 130 ducati d’oro. – Anche il Pont. Paolo III con bolla dell’8 luglio 1535 concedè al Card. Benedetto Accolti arcivescovo di Ravenna il regresso alla chiesa di S.
Andrea di Monte Carlo. Il qual documento è tanto più importante per la vita del Card. Benedetto Accolti, in quanto che tutti i suoi biografi dissero, che nell’aprile del 1535 il porporato predetto trovavasi in disgrazia del Pont.
Paolo III, per ordine del quale lo stesso Accolti era prigione in Castel S. Angelo. – Finalmente nel 1 aprile del 1545 il medesimo porporato firmò in Firenze un atto di procura in testa di Giovan Battista Carnesecchi per prendere possesso in di lui nome della pieve di S. Andrea a Monte Carlo. – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte degli Accolti).
Comecchè io non conosca il documento relativo alla riunione delle due chiese qui sopra nominate, non ostante è credibile che il battistero di S. Pietro in Campo sino dal secolo XIV fosse trasportato nella chiesa di Monte Carlo; il cui parroco preposto in memoria dell’antica preminenza suole recarsi nel giorno del suo possesso a celebrare nella chiesa di S. Pietro in Campo, ridotta da gran tempo a semplice oratorio annesso alla casa di fattoria.
La pieve di S. Andrea a Monte Carlo era già eretta in collegiata quando, nel 1782, fu ricostruita più grandiosa, conservata però la tribuna col presbitero. Nella sottoposta confessione meritano di essere visitati due putti giacenti, uno dei quali di marmo, l’altro di pietra serena, lavoro antico e di buono scalpello.
Possono dirsi attualmente filiali della battesimale di Monte Carlo le seguenti 3 parrocchie: 1. S. Michele alle Spianate, 2. S. Jacopo all’Altopascio; 3. S. Maria al Marginone. – Sono semplici oratorj le chiese di S. Pietro in Campo, di S. Giuseppe in Piano, di S. Biagio a Cercatoja , e di S. Pietro al Turchetto.
In quanto alle vicende politiche la terra di Monte Carlo, non esclusa l’occupazione dei Pisani dal 1343 al 1366, si mantenne sotto il dominio lucchese durante un secolo dopo la sua fondazione, cioè dal 1333, quando ebbe il nome che porta, sino al 1437. Fu allora che i Fiorentini avendo rivolto, sino al 1429, le armi contro Lucca, si posero all’assedio di Monte Carlo, e perché alla fine del 1432 il castellano che guardava la rocca per i Lucchesi trattò di consegnare quel castello al vicario della Rep.
Fior. residente a Pescia, scoperto, fu condotto a Lucca e impiccato. – (BALDASSERONI, Istor. di Pescia).
Tornati dopo corta pace i fiorentini in quel di Lucca, rivolsero ogni cura all’acquisto di Monte Carlo, il quale Castello ai 20 di giugno del 1437 dovè rendersi a patti, benché la rocca resistesse alcuni giorni di più prima di cedere; e due mesi dopo, sotto dì 28 agosto, la Signoria di Firenze accettò la sottomissione di Monte Carlo accordando ai suoi abitanti alcune franchigie. Finalmente all’epoca della pace fra Lucca e Firenze, firmata nel principio dell’anno 1441, Monte Carlo col suo territorio restò unito al distretto fiorentino.
Nel 1469 gli abitanti di Monte Carlo ottennero dalla Signoria di Firenze di essere parificati, in quanto ai privilegi municipali, alle altre terre della Val di Nievole.
In seguito si trattò di determinare i confini con le comunità limitrofe. Alla confinazione fra Monte Carlo ed Altopascio furono nominati due distinti cittadini, cioè Neri del fu Gino Capponi e Angelo del fu Neri Vettori, i quali, di consenso della Rep. Fior. e di Don Giovanni del fu Piero Capponi, come maestro e signore della mansione dell’Altopascio, erano stati dichiarati arbitri dei comuni predetti, pronunziarono in Firenze sotto il dì 20 maggio del 1457, il lodo dei respettivi confini fra le due comunità.
– (Arch. delle Riformag. di Fir. e della Com. di Monte Carlo).
Più lunghe e più complicate furono le confinazioni fra la comunità di Monte Carlo ed i paesi della Repubblica di Lucca; alla qual cosa diede non piccol motivo una controversia nata nel 1490 sul dubbio, se i beni della vicina badia di Pozzevoli dovevano considerarsi compresi nello stato fiorentino, oppure nel lucchese. A rettificare ciò si spedirono sulla faccia del luogo in commissarii mess. Antonio Malagonnelle, per la Repubblica Fiorentina, e per quella di Lucca mess. Niccolò Tegrimi. I quali arbitri, nel giorno 15 ottobre 1491, proferirono lodo per i rogiti di ser Pietro Paolo di Bonaccorso Pinadoro not. fior. e di ser jacopo Donati not. lucch., nel quale venne deciso: che la strada romana serviva (siccome serve tuttora) di termine divisorio tra la comunità di Monte Carlo e lo Stato di Lucca. – Ma perché si faceva difficoltà, se si dovesse intendere della strada romana, allora praticata dai viandanti, o veramente di un’altra strada vecchia (l’antica francesca, di cui sino al sec. XVII si vedevano ancora le vestigia accosto alla badia di Pozzevoli) fu dichiarato dagli arbitri medesimi doversi intendere della strada a quel tempo battuta, di quella cioè che passa tuttora dal Borgo di Porcari, e rasentando l’osteria del Turchetto viene al ponte dell’Altopascio. – Il lodo predetto fra le altre cose determinò, che gli abitanti di Monte Carlo non potessero essere astretti a pagare veruna gabella, se il loro bestiame pernottava nei beni di detta badia, posti nel contado di Lucca, e facendosi da essi qualche danno nei luoghi medesimi, che dovessero i danneggiati ricorrere al tribunale stabilito in Monte Carlo.
– (RIFORM. DI FIRENZE).
Nel 1554 durante la guerra di Siena il maresciallo Piero Strozzi, essendo con numerosa oste partito improvvisamente da Siena, trascorse predando tutta la val d’Elsa, e guadato l’Arno a Calcinaja, di là per il bosco delle Cerbaje s’indirizzò all’Altopascio e poi a Monte Carlo. Che sebbene a Pescia fossero giunti gl’Imperiali capitani dal Marchese di Marignano, sebbene questi fosse stato preceduto dal capitano spagnuolo Gregorio di Valdesa che recava un rinforzo di 50 cavalli e 200 fucilieri a Nastagio di Fabiano castellano della rocca di Monte Carlo, non per questo si poté impedire che la terra suddetta non pervenisse in potere dello Strozzi, per malvagità del castellano; il quale invece di accogliere il capitano spagnuolo, vendé bruttamente quella fortezza allo Strozzi, che ne consegnò la difesa a Giovacchino Guasconi fuoruscito fiorentino con 300 fanti, provvedendola di munizioni e vettovaglie da potersi difendere per molto tempo. Infatti dopo essere ritornato il grosso dei due eserciti intorno a Siena, il marchese di Marignano destinò valenti capitani con scelte compagnie per riavere Monte Carlo, ma inutilmente. Imperocché, oltre l’esser forte per posizione, aveva castello ben guarnito con un bastione, e soldati per i luoghi vicini, onde impedire alle truppe bloccate di correre a rubare come soleano nella circostante campagna di S. Piero in Campo, di Montechiaro, al Turchetto, e in Altopascio; e così fu guardato Monte Carlo per insino dopo la capitolazione di Siena.
Non erano scorsi due anni, dacchè questo paese era caduto in potere del duca Cosimo de’Medici, quando costà per ordine dello stesso principe fu posta mano e dato principio ad una più regolare fortificazione coll’edificare nella parte volta a maestro, e poco lungi dall’antica rocca di Monte Carlo, una meglio intesa fortezza munita di baluardi e di cortine. Per la qual cosa dovettero fornire le spese occorse, e poi quelle del mantenimento della guarnigione, tutte le comunità della Val di Nievole mediante una tassa annuale, la quale fu tolta nel 1775 dal Granduca Leopoldo I insieme coll’inutile presidio militare di Monte Carlo.
Sebbene abbandonata, ammiransi tuttora la intelligenza e grandiosità di quelle fortificazioni situate fuori della terra di Monte Carlo dal lato di ponente maestro.
Aveva Monte Carlo un piccolo ospedale, riunito sul declinare del secolo XVIII a quello di Pescia, e un monastero di monache Francescane, soppresso nel 1810.
Questa lettera sotto il governo Mediceo fu dichiarata residenza di un vicario che estendeva la sua giurisdizione nella Valle Ariana granducale, abolito dalla legge del 30 settembre 1772, in ordine alla quale fu restituito in Monte Carlo un potestà dipendente, rapporto al criminale, dal vicario di Pescia. Da pochi anni però il pretorio di Monte Carlo è stato traslocato nel sottoposto borgo dell’Altopascio, dove attualmente risiede il potestà come luogo più comodo ai comunisti sulla strada regia provinciale, e presso al porto del padule, e da molte altre vie rotabili.
MOVIMENTO della Popolazione della Terra di MONTECARLO a quattro epoche diverse, divisa per famiglie.
ANNO 1551: Impuberi maschi -; femmine -; adulti maschi -, femmine -; coniugati dei due sessi -; ecclesiastici dei due sessi -; numero delle famiglie 328; totale della popolazione 1821.
ANNO 1745: Impuberi maschi 369; femmine 318; adulti maschi 450, femmine 505; coniugati dei due sessi 638; ecclesiastici dei due sessi 67; numero delle famiglie 449; totale della popolazione 2347.
ANNO 1833: Impuberi maschi 485; femmine 458; adulti maschi 487, femmine 443; coniugati dei due sessi 990; ecclesiastici dei due sessi 37; numero delle famiglie 544; totale della popolazione 2900.
ANNO 1839: Impuberi maschi 479; femmine 479; adulti maschi 487, femmine 498; coniugati dei due sessi 994; ecclesiastici dei due sessi 29; numero delle famiglie 548; totale della popolazione 2966.
Comunità di Monte Carlo. – Il territorio di questa comunità abbraccia una superficie di 10491 quadrati, dei quali 325 sono presi da corsi d’acqua e da strade. – Vi si trovava nel 1833 una popolazione di 6472 abitanti, a ragione di 510 individui per ogni miglio quadrato di suolo imponibile.
Questa comunità da gran tempo stata unita a quella dell’Altopascio, confina dalla parte di grecale e di levante sino a ostro libeccio con quattro territori comunitativi del Granducato, e per gli altri lati con le Comunità di Capannori e di Villa Basilica spettante al Ducato di Lucca.
Dal lato di grecale e di levante si tocca col territorio comunitativo di Pescia, a partire dalla cosiddetta via del confine per andare al mulino di S. Pietro in Campo, e di là passando davanti alla piazza della stessa chiesa e della casa di fattoria entra per il fossetto omonimo nell’alveo della Pescia di Collodi , e per un miglio percorre, e quindi attraversa per andare incontro al fosso di Monte Carlo.
Con questo fosso s’inoltra nel piano orientale, avendo sempre di rimpetto a levante per circa miglia toscane 2 e 1/2 la Comunità di Pescia, cui sottentra quella di Uzzano peraltro buon miglio mediante il fosso medesimo, poscia lungo la strada R. pistojese che viene da Pisa fino ai Ponticelli, la dove sbocca la strada provinciale dell’Altopascio.
A quel trivio dal lato di scirocco sottentra a confine la Comunità di Fucecchio, cui serve di limite la stessa strada Regia pistojese sino al quadrivio con la via Francesca, ossia Romea che viene dall’Altopascio. Ivi il territorio di Monte Carlo forma un angolo acuto, in guisa che cambiando direzione da ostro scirocco a maestrale percorre la via Francesca di conserva con Comunità di Santa Croce sino dove sbocca la via comunitativa del Grifolieto, la quale percorre lasciando a destra la via Francesca, quindi mediante il rio di Grifolieto si dirige verso ponente nella Fossa a navareccia dell’Altopascio.
Costà rimontando la stessa Fossa trova nella ripa opposta verso ponente il territorio di Lucca, ed insieme con esso passa sopra il ponte dell’Altopascio nella Via Francesca, la quale percorre di conserva con il territorio lucchese, dal ponte suddetto sino passata l’osteria del Turchetto, per il tragitto contrassegnato da 38 termini di pietra numerati dal 116 al 78 inclusive.
Passata l’osteria del Turchetto trova la strada di Poggio mozzo, la quale scende da settentrione e mediante questa la Comunità di Monte Carlo percorre di fronte allo stato lucchese un seguito di 28 termini, cioè dal 77 al 50 inclusive, fino all’immagine detta di Montauto, dove sbocca la strada comunitativa che a va a Monte Carlo, e nella quale s’introduce sino a che al termine 32° incrocia con la via calessabile che da S. Martino in Colle passa per la dogana di Montechiari . Di costà entra nella via pedonale detta dell’Anfrione, col la quale piegando da settentrione a grecale scende verso levante dal temine 31° sino all’8°. Ivi entra nel rio della Puzzola, e con esso dirigesi verso maestrale fino al termine 5°, finché rivolgendosi a grecale percorre gli altri cinque termini di fronte al territorio lucchese passando con esso per la via del confine, dove ritorna a contatto la comunità di Pescia del Granducato.
Fra i maggiori corsi d’acqua che bagnano il territorio comunitativo di Monte Carlo contasi la Pescia di Collodi , la qual fiumana dal lato di grecale rasenta, e quindi dirimpetto a levante entra dentro il territorio in questione.
Tutti gli altri corsi d’acqua sono fossi e rivi tributarii della stessa fiumana o del lago di Bientina. Il maggiore dei quali è il fosso di Sibolla che impaluda nel piano a scirocco di Monte Carlo, dove forma il laghetto Sibolla .
A questo fosso che un dì segnava i confini fra la comunità di Vivinaja e quella dell’Altopascio, appella un decreto del potestà di Lucca, firmato nel dì 22 agosto 1263, per continuare a scavare la dogaja di Sibolla, situata nella Selva Salese della veneranda mansione dell’Altopascio, la quale dogaja incominciava nel (Comune di Vivinaja . – Archivio Diplomatico Fiorentino Bullettone d’istrumenti in copia della mansione d’Altopascio).
Molte sono le strade rotabili che attraversano questa comunità. Fra le altre contasi la Regia Pistojese che passa per le Cerbaje, da Calcinaja al Borgo Buggiano; 2. la strada Regia dell’Altopascio; 3. la via provinciale Francesca; 4. La via che staccasi dalla Regia lucchese degli Alberighi e che porta a Monte Carlo; l’antica via Romea.
La natura del terreno che cuopre questa comunità è di alluvione nel piano, di grès tufaceo nel monte, alternante con strati di schisto argilloso, i quali in alcuni punti si riducono in un’argilla silicea cenerina biancastra, ottima per vasi da fondere bronzi e vetri; per cui è nota la terra di Monte Carlo in guisa che la sua escavazione costituisca un articolo di commercio.
Rispetto alla cultura e produzioni principali del suolo, la comunità di Monte Carlo possiede in pianura una grande estensione dell’antica Cerbaja, vestita tuttora di sterminate piante di lecci e di querci con altri alberi di macchia forte.
Possiede vasti campi sativi, dove si sementano granaglie di ogni specie, canape, lino e granoturco; mentre la parte montuosa che si avvicina al capoluogo è coltivata a uliveti e viti, le quali ultime producono vini squisiti e spiritosi.
Era infatti in tanto credito l’uva del Tribbiano di Monte Carlo, che la stessa comunità fu tassata di somministrarne annualmente una dose proporzionale alla Regia dispensa, e cantina dei Gran Duchi Medicei; sino a che codesta tassa fu ridotta a una contribuzione pecuniaria, e finalmente tolta da Leopoldo I nel 1775, allora chè col regolamento restò anche abolita, come si è detto di sopra, la tassa che solevano pagare tutte le comunità della Val di Nievole per la guarnigione e per la fortezza di Monte Carlo.
Dagli ordini del comandante della fortezza di Monte Carlo dipendevano tutte le milizie della Val di Nievole superiore, ossia della parte di Valle Ariana spettante al Granduacato.
Il soppresso monastero di S. Anna delle Clarisse esisteva dall’estremità occidentale di Monte Carlo, a poca distanza dalla fortezza, e la sua clausura dalla parte di ponente era serrata dalle mura castellane.
La comunità mantiene due medici, uno dei quali risiede all’Altopascio.
In Monte Carlo non vi sono mercati settimanali. Vi si praticano due fiere languide annuali, una li 25 giugno nel capoluogo, e l’altra nel 25 luglio all’Altopascio.
QUADRO della Popolazione della Comunità del MONTECARLO a quattro epoche diverse.
- nome del luogo: Altopascio, titolo della chiesa: SS.
Jacopo e Cristofano (già Mansione, ora Rettoria), diocesi cui appartiene: Pescia (già di Sanminiato e prima di Lucca), popolazione anno 1551 n° 222, popolazione anno 1745 n° 645, popolazione anno 1833 n° 1100, popolazione anno 1839 n° 1204 - nome del luogo: Marginone, titolo della chiesa: S. Maria ad Martires già S. Marta (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pescia (già di Lucca), popolazione anno 1551 n° -, popolazione anno 1745 n° 1032, popolazione anno 1833 n° 989, popolazione anno 1839 n° 1103 - nome del luogo: MONTECARLO, titolo della chiesa: S.
Andrea (Prepositura), diocesi cui appartiene: Pescia (già di Lucca), popolazione anno 1551 n° 1821, popolazione anno 1745 n° 2347, popolazione anno 1833 n° 2900, popolazione anno 1839 n° 2966 - nome del luogo: Spianate, titolo della chiesa: S. Michele (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pescia (già di Lucca), popolazione anno 1551 n° -, popolazione anno 1745 n° 782, popolazione anno 1833 n° 1339, popolazione anno 1839 n° 1468 - Totale abitanti anno 1551 n° 2043 - Totale abitanti anno 1745 n° 4806 Entra nella Comunità di Montale la seguente frazione - nome del luogo: Chiesina Uzzanese, Comunità donde proviene: Pescia, abitanti anno 1833 n° 144, abitanti anno 1839 n° 177 - Totale abitanti anno 1833 n° 6472 - Totale abitanti anno 1839 n° 6918
Risiede nella sommità di un poggio quasi isolato, dove fu la famosa rocca del Ceruglio, circa 300 braccia sopra il livello del mare Mediterraneo; alla cui base scorre da maestro a scirocco la Pescia di Collodi, dal lato di ponente il torrente Leccio, mentre il padule di Bientina, o di Sesto bagna i suoi piedi verso libeccio e ostro.
Trovasi nel grado 28° 19’ 8” di longitudine, e 43° 51’ 2” di latitudine, 9 miglia a levante di Lucca, 4 miglia toscane a ostro di Pescia, 15 a libeccio di Pistoja, e 20 miglia toscane a grecale di Pisa.
Sebbene la terra di Monte Carlo debba il suo nome al figlio del re Giovanni di Boemia, che fu poi Carlo IV Imperatore, la sua origine ci richiama a memorie assai più vetuste. Avvegnachè pochi passi fuori di Monte Carlo dal lato orientale, nel poggetto dove attualmente riposano le ossa dei trapassati abitatori di quella terra, colà esisteva il castello di Vivinaja con la famosa casa di campagna posseduta dal Marchese Bonifazio e dalla gran contessa Matilda, là dove sul declinare del secolo XI accoglievansi ad ospizio pontefici, imperatori, e tanti altri personaggi di altissima sfera. – Vedere LUCCA.
Fu poi presso le mura occidentali della terra di Monte Carlo, dove si alzava la famosa rocca del Ceruglio, asilo impenetrabile dei soldati tedeschi, che ivi e nell’Agosta di Lucca si resero forti dopo mancato il capitano Castruccio, sicché di costà tennero in freno la città di Lucca e suo contado innanzichè fosse da quei militi liberata all’incanto.
Tanto Vivinaja , quando la rocca del Ceruglio dopo il 1333 perdettero il loro nome in quello di Monte Carlo, e se qualche volta si trovano quei luoghi per incidenza dopo detta epoca rammentati, non fia mai di riscontrare scritture, in cui anteriormente al 1333 sia fatta menzione del paese di Monte Carlo e della sua pieve.
Imperocché prima d’allora la popolazione del Ceruglio e quella di Vivinaja dipendevano dalla chiesa plebana di S.
Pietro in Campo, chiesa situata alle falde del poggio verso grecale poco lungi dalla ripa destra della Pescia minore, ossia della Pescia minore, ossia della Pescia di Collodi.
Una delle più antiche memorie superstiti di essa pieve l’ha somministrata l’Arch. Arciv. lucchese in un documento pubblicato nel T. V P. III delle memorie per servire alla storia di quel ducato. È un istrumento del 1 novembre 913 fatto in Lucca, nel quale si tratta del servizio da prestarsi alla chiesa battesimale di S. Pietro sita in loco et finibus ubi dicitur Campora inter fluvio Piscia majore et minore. Se quest’ultima espressione deve prendersi alla parola, bisogna credere, che il corso delle due Pescie sia stato in questa contrada variato, o che la chiesa attuale di S. Pietro in Campo, sebbene di costruzione del secolo XIII o XIV, sia in una situazione diversa da quella che lo fosse nei secoli anteriori al mille, mentre ora trovasi a ponente delle due Pescie.
Inoltre due altri istrumenti dell’istessa provenienza, in data del 4 gennajo 914 furono stipulati entrambi in loco Piscie ad Ecclesia S. Petri, quod (sic) est plebe baptisimale, etc. – (MEMOR. LUCCH. T. V. P. III).
Il Baldasseroni nella storia della città di Pescia avvisa, qualmente nell’ano 1409 il Pontefice conferì in benefizio a Nicolao Pignattelli di Napoi la chiesa di S. Andrea di Monte Carlo, cui era unita la vetusta pieve di S. Pietro in Campo.
All’Articolo CAMPO (S. PIETRO IN) si accennò, che questa chiesa fu data dal Pont. Sisto IV (anno 1472) in padronato perpetuo alla casa Capponi di Firenze, per cui quei nobili acquistarono il possesso di una vasta tenuta annessa alla detta pieve, e di recente acquistata in compra dal Marchese Paolo Garzoni Venturi. Quindi si può comprendere con quanta ragione nel 1797 Pietro Accolti pretendesse la pievania di S. Pietro in Campo a Monte Carlo, contro Guglielmo Capponi; per cui nel 17 aprile di detto anno furono inviate lettere alla Signoria di Firenze dal Pontefice Alessandro VI onde favorire l’Accolti.
Che però Pietro Accolti presto o tardi riescis se nel suo intento lo prova una bolla del 1 maggio 1523, con la quale il Pont. Adriano VI liberava il Card. Pietro Accolti dalle censure in cui doveva esser caduto per ritenere in commenda la chiesa parrocchiale di Monte Carlo con varj altri benefizj.
In seguito la stessa chiesa, essendo stata rinunziata dall’Accolti predetto a Mons. Francesco Baldovinetti vescovo di Ancona, il Cardinal la riprese nel 1526, fino a che nel 1530 di nuovo la rinunziò al suo nipote Card.
Benedetto Accolti, che ottenne nel 17 settembre 1530 dal Pont. Clemente VII facoltà d’imporvi sopra una pensione di 130 ducati d’oro. – Anche il Pont. Paolo III con bolla dell’8 luglio 1535 concedè al Card. Benedetto Accolti arcivescovo di Ravenna il regresso alla chiesa di S.
Andrea di Monte Carlo. Il qual documento è tanto più importante per la vita del Card. Benedetto Accolti, in quanto che tutti i suoi biografi dissero, che nell’aprile del 1535 il porporato predetto trovavasi in disgrazia del Pont.
Paolo III, per ordine del quale lo stesso Accolti era prigione in Castel S. Angelo. – Finalmente nel 1 aprile del 1545 il medesimo porporato firmò in Firenze un atto di procura in testa di Giovan Battista Carnesecchi per prendere possesso in di lui nome della pieve di S. Andrea a Monte Carlo. – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte degli Accolti).
Comecchè io non conosca il documento relativo alla riunione delle due chiese qui sopra nominate, non ostante è credibile che il battistero di S. Pietro in Campo sino dal secolo XIV fosse trasportato nella chiesa di Monte Carlo; il cui parroco preposto in memoria dell’antica preminenza suole recarsi nel giorno del suo possesso a celebrare nella chiesa di S. Pietro in Campo, ridotta da gran tempo a semplice oratorio annesso alla casa di fattoria.
La pieve di S. Andrea a Monte Carlo era già eretta in collegiata quando, nel 1782, fu ricostruita più grandiosa, conservata però la tribuna col presbitero. Nella sottoposta confessione meritano di essere visitati due putti giacenti, uno dei quali di marmo, l’altro di pietra serena, lavoro antico e di buono scalpello.
Possono dirsi attualmente filiali della battesimale di Monte Carlo le seguenti 3 parrocchie: 1. S. Michele alle Spianate, 2. S. Jacopo all’Altopascio; 3. S. Maria al Marginone. – Sono semplici oratorj le chiese di S. Pietro in Campo, di S. Giuseppe in Piano, di S. Biagio a Cercatoja , e di S. Pietro al Turchetto.
In quanto alle vicende politiche la terra di Monte Carlo, non esclusa l’occupazione dei Pisani dal 1343 al 1366, si mantenne sotto il dominio lucchese durante un secolo dopo la sua fondazione, cioè dal 1333, quando ebbe il nome che porta, sino al 1437. Fu allora che i Fiorentini avendo rivolto, sino al 1429, le armi contro Lucca, si posero all’assedio di Monte Carlo, e perché alla fine del 1432 il castellano che guardava la rocca per i Lucchesi trattò di consegnare quel castello al vicario della Rep.
Fior. residente a Pescia, scoperto, fu condotto a Lucca e impiccato. – (BALDASSERONI, Istor. di Pescia).
Tornati dopo corta pace i fiorentini in quel di Lucca, rivolsero ogni cura all’acquisto di Monte Carlo, il quale Castello ai 20 di giugno del 1437 dovè rendersi a patti, benché la rocca resistesse alcuni giorni di più prima di cedere; e due mesi dopo, sotto dì 28 agosto, la Signoria di Firenze accettò la sottomissione di Monte Carlo accordando ai suoi abitanti alcune franchigie. Finalmente all’epoca della pace fra Lucca e Firenze, firmata nel principio dell’anno 1441, Monte Carlo col suo territorio restò unito al distretto fiorentino.
Nel 1469 gli abitanti di Monte Carlo ottennero dalla Signoria di Firenze di essere parificati, in quanto ai privilegi municipali, alle altre terre della Val di Nievole.
In seguito si trattò di determinare i confini con le comunità limitrofe. Alla confinazione fra Monte Carlo ed Altopascio furono nominati due distinti cittadini, cioè Neri del fu Gino Capponi e Angelo del fu Neri Vettori, i quali, di consenso della Rep. Fior. e di Don Giovanni del fu Piero Capponi, come maestro e signore della mansione dell’Altopascio, erano stati dichiarati arbitri dei comuni predetti, pronunziarono in Firenze sotto il dì 20 maggio del 1457, il lodo dei respettivi confini fra le due comunità.
– (Arch. delle Riformag. di Fir. e della Com. di Monte Carlo).
Più lunghe e più complicate furono le confinazioni fra la comunità di Monte Carlo ed i paesi della Repubblica di Lucca; alla qual cosa diede non piccol motivo una controversia nata nel 1490 sul dubbio, se i beni della vicina badia di Pozzevoli dovevano considerarsi compresi nello stato fiorentino, oppure nel lucchese. A rettificare ciò si spedirono sulla faccia del luogo in commissarii mess. Antonio Malagonnelle, per la Repubblica Fiorentina, e per quella di Lucca mess. Niccolò Tegrimi. I quali arbitri, nel giorno 15 ottobre 1491, proferirono lodo per i rogiti di ser Pietro Paolo di Bonaccorso Pinadoro not. fior. e di ser jacopo Donati not. lucch., nel quale venne deciso: che la strada romana serviva (siccome serve tuttora) di termine divisorio tra la comunità di Monte Carlo e lo Stato di Lucca. – Ma perché si faceva difficoltà, se si dovesse intendere della strada romana, allora praticata dai viandanti, o veramente di un’altra strada vecchia (l’antica francesca, di cui sino al sec. XVII si vedevano ancora le vestigia accosto alla badia di Pozzevoli) fu dichiarato dagli arbitri medesimi doversi intendere della strada a quel tempo battuta, di quella cioè che passa tuttora dal Borgo di Porcari, e rasentando l’osteria del Turchetto viene al ponte dell’Altopascio. – Il lodo predetto fra le altre cose determinò, che gli abitanti di Monte Carlo non potessero essere astretti a pagare veruna gabella, se il loro bestiame pernottava nei beni di detta badia, posti nel contado di Lucca, e facendosi da essi qualche danno nei luoghi medesimi, che dovessero i danneggiati ricorrere al tribunale stabilito in Monte Carlo.
– (RIFORM. DI FIRENZE).
Nel 1554 durante la guerra di Siena il maresciallo Piero Strozzi, essendo con numerosa oste partito improvvisamente da Siena, trascorse predando tutta la val d’Elsa, e guadato l’Arno a Calcinaja, di là per il bosco delle Cerbaje s’indirizzò all’Altopascio e poi a Monte Carlo. Che sebbene a Pescia fossero giunti gl’Imperiali capitani dal Marchese di Marignano, sebbene questi fosse stato preceduto dal capitano spagnuolo Gregorio di Valdesa che recava un rinforzo di 50 cavalli e 200 fucilieri a Nastagio di Fabiano castellano della rocca di Monte Carlo, non per questo si poté impedire che la terra suddetta non pervenisse in potere dello Strozzi, per malvagità del castellano; il quale invece di accogliere il capitano spagnuolo, vendé bruttamente quella fortezza allo Strozzi, che ne consegnò la difesa a Giovacchino Guasconi fuoruscito fiorentino con 300 fanti, provvedendola di munizioni e vettovaglie da potersi difendere per molto tempo. Infatti dopo essere ritornato il grosso dei due eserciti intorno a Siena, il marchese di Marignano destinò valenti capitani con scelte compagnie per riavere Monte Carlo, ma inutilmente. Imperocché, oltre l’esser forte per posizione, aveva castello ben guarnito con un bastione, e soldati per i luoghi vicini, onde impedire alle truppe bloccate di correre a rubare come soleano nella circostante campagna di S. Piero in Campo, di Montechiaro, al Turchetto, e in Altopascio; e così fu guardato Monte Carlo per insino dopo la capitolazione di Siena.
Non erano scorsi due anni, dacchè questo paese era caduto in potere del duca Cosimo de’Medici, quando costà per ordine dello stesso principe fu posta mano e dato principio ad una più regolare fortificazione coll’edificare nella parte volta a maestro, e poco lungi dall’antica rocca di Monte Carlo, una meglio intesa fortezza munita di baluardi e di cortine. Per la qual cosa dovettero fornire le spese occorse, e poi quelle del mantenimento della guarnigione, tutte le comunità della Val di Nievole mediante una tassa annuale, la quale fu tolta nel 1775 dal Granduca Leopoldo I insieme coll’inutile presidio militare di Monte Carlo.
Sebbene abbandonata, ammiransi tuttora la intelligenza e grandiosità di quelle fortificazioni situate fuori della terra di Monte Carlo dal lato di ponente maestro.
Aveva Monte Carlo un piccolo ospedale, riunito sul declinare del secolo XVIII a quello di Pescia, e un monastero di monache Francescane, soppresso nel 1810.
Questa lettera sotto il governo Mediceo fu dichiarata residenza di un vicario che estendeva la sua giurisdizione nella Valle Ariana granducale, abolito dalla legge del 30 settembre 1772, in ordine alla quale fu restituito in Monte Carlo un potestà dipendente, rapporto al criminale, dal vicario di Pescia. Da pochi anni però il pretorio di Monte Carlo è stato traslocato nel sottoposto borgo dell’Altopascio, dove attualmente risiede il potestà come luogo più comodo ai comunisti sulla strada regia provinciale, e presso al porto del padule, e da molte altre vie rotabili.
MOVIMENTO della Popolazione della Terra di MONTECARLO a quattro epoche diverse, divisa per famiglie.
ANNO 1551: Impuberi maschi -; femmine -; adulti maschi -, femmine -; coniugati dei due sessi -; ecclesiastici dei due sessi -; numero delle famiglie 328; totale della popolazione 1821.
ANNO 1745: Impuberi maschi 369; femmine 318; adulti maschi 450, femmine 505; coniugati dei due sessi 638; ecclesiastici dei due sessi 67; numero delle famiglie 449; totale della popolazione 2347.
ANNO 1833: Impuberi maschi 485; femmine 458; adulti maschi 487, femmine 443; coniugati dei due sessi 990; ecclesiastici dei due sessi 37; numero delle famiglie 544; totale della popolazione 2900.
ANNO 1839: Impuberi maschi 479; femmine 479; adulti maschi 487, femmine 498; coniugati dei due sessi 994; ecclesiastici dei due sessi 29; numero delle famiglie 548; totale della popolazione 2966.
Comunità di Monte Carlo. – Il territorio di questa comunità abbraccia una superficie di 10491 quadrati, dei quali 325 sono presi da corsi d’acqua e da strade. – Vi si trovava nel 1833 una popolazione di 6472 abitanti, a ragione di 510 individui per ogni miglio quadrato di suolo imponibile.
Questa comunità da gran tempo stata unita a quella dell’Altopascio, confina dalla parte di grecale e di levante sino a ostro libeccio con quattro territori comunitativi del Granducato, e per gli altri lati con le Comunità di Capannori e di Villa Basilica spettante al Ducato di Lucca.
Dal lato di grecale e di levante si tocca col territorio comunitativo di Pescia, a partire dalla cosiddetta via del confine per andare al mulino di S. Pietro in Campo, e di là passando davanti alla piazza della stessa chiesa e della casa di fattoria entra per il fossetto omonimo nell’alveo della Pescia di Collodi , e per un miglio percorre, e quindi attraversa per andare incontro al fosso di Monte Carlo.
Con questo fosso s’inoltra nel piano orientale, avendo sempre di rimpetto a levante per circa miglia toscane 2 e 1/2 la Comunità di Pescia, cui sottentra quella di Uzzano peraltro buon miglio mediante il fosso medesimo, poscia lungo la strada R. pistojese che viene da Pisa fino ai Ponticelli, la dove sbocca la strada provinciale dell’Altopascio.
A quel trivio dal lato di scirocco sottentra a confine la Comunità di Fucecchio, cui serve di limite la stessa strada Regia pistojese sino al quadrivio con la via Francesca, ossia Romea che viene dall’Altopascio. Ivi il territorio di Monte Carlo forma un angolo acuto, in guisa che cambiando direzione da ostro scirocco a maestrale percorre la via Francesca di conserva con Comunità di Santa Croce sino dove sbocca la via comunitativa del Grifolieto, la quale percorre lasciando a destra la via Francesca, quindi mediante il rio di Grifolieto si dirige verso ponente nella Fossa a navareccia dell’Altopascio.
Costà rimontando la stessa Fossa trova nella ripa opposta verso ponente il territorio di Lucca, ed insieme con esso passa sopra il ponte dell’Altopascio nella Via Francesca, la quale percorre di conserva con il territorio lucchese, dal ponte suddetto sino passata l’osteria del Turchetto, per il tragitto contrassegnato da 38 termini di pietra numerati dal 116 al 78 inclusive.
Passata l’osteria del Turchetto trova la strada di Poggio mozzo, la quale scende da settentrione e mediante questa la Comunità di Monte Carlo percorre di fronte allo stato lucchese un seguito di 28 termini, cioè dal 77 al 50 inclusive, fino all’immagine detta di Montauto, dove sbocca la strada comunitativa che a va a Monte Carlo, e nella quale s’introduce sino a che al termine 32° incrocia con la via calessabile che da S. Martino in Colle passa per la dogana di Montechiari . Di costà entra nella via pedonale detta dell’Anfrione, col la quale piegando da settentrione a grecale scende verso levante dal temine 31° sino all’8°. Ivi entra nel rio della Puzzola, e con esso dirigesi verso maestrale fino al termine 5°, finché rivolgendosi a grecale percorre gli altri cinque termini di fronte al territorio lucchese passando con esso per la via del confine, dove ritorna a contatto la comunità di Pescia del Granducato.
Fra i maggiori corsi d’acqua che bagnano il territorio comunitativo di Monte Carlo contasi la Pescia di Collodi , la qual fiumana dal lato di grecale rasenta, e quindi dirimpetto a levante entra dentro il territorio in questione.
Tutti gli altri corsi d’acqua sono fossi e rivi tributarii della stessa fiumana o del lago di Bientina. Il maggiore dei quali è il fosso di Sibolla che impaluda nel piano a scirocco di Monte Carlo, dove forma il laghetto Sibolla .
A questo fosso che un dì segnava i confini fra la comunità di Vivinaja e quella dell’Altopascio, appella un decreto del potestà di Lucca, firmato nel dì 22 agosto 1263, per continuare a scavare la dogaja di Sibolla, situata nella Selva Salese della veneranda mansione dell’Altopascio, la quale dogaja incominciava nel (Comune di Vivinaja . – Archivio Diplomatico Fiorentino Bullettone d’istrumenti in copia della mansione d’Altopascio).
Molte sono le strade rotabili che attraversano questa comunità. Fra le altre contasi la Regia Pistojese che passa per le Cerbaje, da Calcinaja al Borgo Buggiano; 2. la strada Regia dell’Altopascio; 3. la via provinciale Francesca; 4. La via che staccasi dalla Regia lucchese degli Alberighi e che porta a Monte Carlo; l’antica via Romea.
La natura del terreno che cuopre questa comunità è di alluvione nel piano, di grès tufaceo nel monte, alternante con strati di schisto argilloso, i quali in alcuni punti si riducono in un’argilla silicea cenerina biancastra, ottima per vasi da fondere bronzi e vetri; per cui è nota la terra di Monte Carlo in guisa che la sua escavazione costituisca un articolo di commercio.
Rispetto alla cultura e produzioni principali del suolo, la comunità di Monte Carlo possiede in pianura una grande estensione dell’antica Cerbaja, vestita tuttora di sterminate piante di lecci e di querci con altri alberi di macchia forte.
Possiede vasti campi sativi, dove si sementano granaglie di ogni specie, canape, lino e granoturco; mentre la parte montuosa che si avvicina al capoluogo è coltivata a uliveti e viti, le quali ultime producono vini squisiti e spiritosi.
Era infatti in tanto credito l’uva del Tribbiano di Monte Carlo, che la stessa comunità fu tassata di somministrarne annualmente una dose proporzionale alla Regia dispensa, e cantina dei Gran Duchi Medicei; sino a che codesta tassa fu ridotta a una contribuzione pecuniaria, e finalmente tolta da Leopoldo I nel 1775, allora chè col regolamento restò anche abolita, come si è detto di sopra, la tassa che solevano pagare tutte le comunità della Val di Nievole per la guarnigione e per la fortezza di Monte Carlo.
Dagli ordini del comandante della fortezza di Monte Carlo dipendevano tutte le milizie della Val di Nievole superiore, ossia della parte di Valle Ariana spettante al Granduacato.
Il soppresso monastero di S. Anna delle Clarisse esisteva dall’estremità occidentale di Monte Carlo, a poca distanza dalla fortezza, e la sua clausura dalla parte di ponente era serrata dalle mura castellane.
La comunità mantiene due medici, uno dei quali risiede all’Altopascio.
In Monte Carlo non vi sono mercati settimanali. Vi si praticano due fiere languide annuali, una li 25 giugno nel capoluogo, e l’altra nel 25 luglio all’Altopascio.
QUADRO della Popolazione della Comunità del MONTECARLO a quattro epoche diverse.
- nome del luogo: Altopascio, titolo della chiesa: SS.
Jacopo e Cristofano (già Mansione, ora Rettoria), diocesi cui appartiene: Pescia (già di Sanminiato e prima di Lucca), popolazione anno 1551 n° 222, popolazione anno 1745 n° 645, popolazione anno 1833 n° 1100, popolazione anno 1839 n° 1204 - nome del luogo: Marginone, titolo della chiesa: S. Maria ad Martires già S. Marta (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pescia (già di Lucca), popolazione anno 1551 n° -, popolazione anno 1745 n° 1032, popolazione anno 1833 n° 989, popolazione anno 1839 n° 1103 - nome del luogo: MONTECARLO, titolo della chiesa: S.
Andrea (Prepositura), diocesi cui appartiene: Pescia (già di Lucca), popolazione anno 1551 n° 1821, popolazione anno 1745 n° 2347, popolazione anno 1833 n° 2900, popolazione anno 1839 n° 2966 - nome del luogo: Spianate, titolo della chiesa: S. Michele (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pescia (già di Lucca), popolazione anno 1551 n° -, popolazione anno 1745 n° 782, popolazione anno 1833 n° 1339, popolazione anno 1839 n° 1468 - Totale abitanti anno 1551 n° 2043 - Totale abitanti anno 1745 n° 4806 Entra nella Comunità di Montale la seguente frazione - nome del luogo: Chiesina Uzzanese, Comunità donde proviene: Pescia, abitanti anno 1833 n° 144, abitanti anno 1839 n° 177 - Totale abitanti anno 1833 n° 6472 - Totale abitanti anno 1839 n° 6918
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1839, Volume III, p. 335.
We can't find the internet
Attempting to reconnect
Something went wrong!
Hang in there while we get back on track