OSARI, OSERI, OSARETTO

nel suburbio settentrionale e occidentale di Pisa.

– Questi tre nomi derivati tutti dall’Aesar,o Auser, che hanno lasciato il loro vocabolo a due fossi ed alla contrada di Val d’Oseri fuori delle mura settentrionali di Pisa, reclamano cognizioni di gran lunga superiori alle mie onde avere uno schiarimento plausibile sulle vicende idrauliche accadute al Serchio (Auser , o Aesar degli antichi), o alle sue diramazioni nella sezione pisana.
Una ricerca mi sembrava questa di tale importanza, che mi mosse a invocare il concorso de’dotti, allorché, nell'ottobre del 1839 alla sezione di geologia, mineralogia e geografia del primo Congresso de'scienziati in Pisa, io ardiva di far loro i seguenti quesiti: 1.° " Qual fosse il livello del suolo in Pisa ai tempi in cui la bocca d'Arno per asserto di Strabone non era più che due miglia geografiche (20 stadj) lungi da quella città, o almeno dall’epoca, cui rimonta il tempio pagano eretto sotto gli Antonini, e del quale esistono al loro posto due colonne del vestibulo con i capitelli, attualmente appoggiate ad una parete esterna della profanata chiesa di S Felice di Pisa sulla strada che porta dalle logge delle Sette alla piazza de’Cavalieri? " 2.° " Quale rialzamento può essere accaduto, ed in quale proporzione, nell'alveo dell'Arno dentro Pisa dalle due epoche preaccennate (di Strabone cioè edegli Antonini) fino a oggidì? " 3.° "Quali indagini si potrebbero istituire col concorso del governo per rintracciare l'andamento del fiume Serchio fra Ripafratta e Pisa quando confluiva costà nel fiume Arno? " 4.° “ A qual epoca precisa, e per opera di chi, fosse aperto al fiume Serchio nella sezione pisana un alveo suo proprio per sboccare direttamente in mare? " ^ 5.° " Finalmente quando il Serchio cessò di mantenersi nell'alveo suo proprio per entrare in quello nuovo, in cui tuttora scorre fino al mare? “ Il presidente della stessa sezione raccomandò ai geografi ed ai fisici lo studio dei suddetti quesiti al pari di alcuni altri d’importanza più generale fatti dallo scrivente alla stessa adunanza. Per questi ultimi egli invocava il concorso de’dotti e de’governi che possiedono isole e continenti littoranei, ad oggetto di fissare col mezzo di segnali concertati lo stato attuale delle spiagge, per poter poi senza contradizione nè anomalie lasciare conoscere ai posteri le variazioni che saranno per accadere sia nel livello respettivo de’mari con la terraferma, sia nei varii interrimenti di questa o di quelli, sia ancora nelle corrosioni più sensibili lungo le spiagge di tutti i mari. – (ATTI della Prima Riunione degli Scienziati Italiani tenuta in Pisa nell'ottobre del 1839 pag. 74 e 75).
Rinnovo quì i voti medesimi affinchè fisici e i geografi cui sta a cuore il progresso delle scienze e l'illustrazione del classico suolo toscano, si degnino occuparsi di tali argomenti d'importanza generale e speciale come quelli di sopra accennati; i quali armonizzano coll'altro non meno importante argomento dal Cav. direttore Antinori alla sezione di fisica in quello stesso Congresso pisano dimostrato, sulla necessità di stabilire un regolare sistema di osservazioni di fisica terrestre ed atmosferica.
Raccomando però in special modo ai scenziati toscani le ricerche intorno ai primi quesiti sul suolo pisano nella lusinga di trovare su di ciò risposte soddisfacenti e forse anche decisive al terzo Congresso che sarà per aprirsi in Firenze nell'ottobre del 1841 sotto gl'augusti auspicii del Granduca LEOPOLDO II.
All'Articolo FOSSA CUCCIA citai due documenti degli anni 1147 e 1178, nei quali si fa menzione di tre differenti corsi d’acqua che allora esistevano al di la di Pisa, presso la riva del mare; cioè, la bocca d'Arno, la foce del fiume Osari, e la fossa Cuccia. La qual fossa a quell’età confluire doveva nel predetto fiume Osari, siccome apparisce da un diploma dell’Imperatore Federigo II concesso nel 1158 alla chiesa maggiore di Pisa, allorché donava o confermava alla medesima alcuni beni situati fra un padule, il fiume Osari e la fossa, ossia Dogaja Cuccia ; la quale Ducaria (ivi), quae dicitur Cuccia, defluit versus praefatum fluvium Auseris.
Che i beni ivi designati esistessero verso la macchia attualmente appellata di S. Rossore, o delle RR. Cascine di Pisa, lo danno quasi per dimostrato due altri istrumenti pubblicati dal Muratori (Ant. M. Aevi T. III.), che il primo di essi del 13 maggio 1084 riguarda la fondazione della chiesa di S. Rossore e l'altro del 24 luglio 1098 spetta alla nomina dell'abate di quel monastero.
Lo stato fisico della campagna nel suburbio occidentale di Pisa intorno al mille doveva essere ridotto palustre anche nelle vicinanze della stessa città, tostochè dallo stato fisico di quel suolo prese il vocabolo una delle sue antiche chiese, S. Pietro in Padule, il cui vaso sebbene ridotto ad uso profano esiste tuttora nel Quartiere di Mezzo alla destra dell'Arno, senza dire di una via suburbana appellata del Padul d'Osari.
Pertanto che nel secolo XII il fiume Osari si avvicinasse dal lato di settentrione e di ponente alla città, e che esso avesse il suo corso rasento le mura occidentali del suo secondo cerchio per vuotarsi in Arno presso la chiesa di S. Niccola, lo dà a credere il fatto che la chiesa parrocchiale di S. Stefano extra moenia , la quale esiste tuttora fuori delle mura settentrionali di Pisa, portò per più secoli dopo il mille l'indicazione di ultra Auxerem. – Vedere OSARI (S. STEFANO OLTRE).
– Infatti una porta della città di Pisa, ora chiusa, fra la Porta Nuova e la Porta Lucchese dietro l'Arcivescovado appellossi Porta del Ponte (d'Osari) e dava il titolo nei sec. XIII e successivi al così detto Quartiere del Ponte, in cui era compreso il palazzo arcivescovile, la cattedrale e tutta la porzione settentrionale e occidentale di Pisa fino inclusive alla Porta a Mare. La qual Porta del Ponte fra gli altri documenti è rammentata in un istrumenlo dell'Arch.
Arciv. Pis. del 25 febbrajo 1176, rogato Pisis Porta Pontis in Camera Curiae isti Archiepiscopi. – (MATTHAEI, Hist. Eccl. Pis) Al che aggiungerò qualmente sulla testata del Ponte d’Osari presso la porta omonima, al dire di antico cronista pisano, esisteva già una torre, alloraquando i Pisani nel 1156 costruirono barbacani con nuove mura dalla parte settentrionale della città di Pisa, cioè, dalla Torre del Leone fino alla Torre sopra il Ponte dell'Osari.
Da tuttociò apparisce bastantemente chiaro che l'alveo dell’Oseri, o Osari allora rasentava le mura occidentali di Pisa e doveva avere il suo letto presso a poco dov'è attualmente la via S. Maria per entrare di là in Arno.
Arroge che la chiesa di S. Niccola di Pisa sul principio del secolo XII era fuori di città, siccome tale ce la indica un istrumento del 1103 presso il Martini (Theatr. Basil. Pis.) col quale la contessa Matilde donò alla nuova Cattedrale pisana un pezzo di terra posto foris muros civitatis prope Ecclesiam S. Nicolai, et tenet unum caput in flumine Arni, etc.
Non solo poi starebbe a conferma di tutto ciò, ma servirebbe anche a provare che intorno a quella età la stessa cattedrale di Pisa fosse edificata fuori di città, tostochè con altro istrumento edito dal Muratori (Ant.
Med. Aevi T. III.) e rogato lì 26 settembre 1115 (stile comune) l’abate del Monastero di S. Giustiniano a Falesia presso Piombino cedè all’Opera della chiesa di S. Maria di Pisa alcune porzioni del castello di Piombino e suo distretto, in cambio di che l'abate ricevè, fra le altre cose, un pezzo di terra nelle vicinanze di Pisa, dov'era la chiesa e Monastero di S Niccola. Il quale istrumenlo fu stipulalo presso la chiesa maggiore ch'era fuori di città: Actum foris civitate prefata Pisanorum juxta predictam majorem Ecclesiam feliciter.
Qualora pertanto si vogliano ammetter per buone le sopra esposte ragioni onde provare che l’Osari anche nel secolo XII rasentava a ponente le mura del secondo cerchio di Pisa per confluire in Arno, resterà sempre viva un'altra difficoltà, quella cioè di sapere qual porzione di acque fluisse nel letto di cotest' antico Auser (Serchio) nei primi secoli dell’Era volgare, quando realmente a questo fiume fu tracciato nella pianura occidentale di Pisa un nuovo alveo e aperto uno sbocco suo proprio nel mare? Che se nelle lettere 17 e 26 del libro V di Cassiodoro si nomina il fiume Ausere o Serchio distintamente dall’Arno, come fiumi entrambi navigabili, ciò non prova che il Serchio sboccasse in mare, nella stessa guisa che non vi sboccavano allora, siccome non vi sboccano adesso, i fiumi Mincio e Oglio che sono al pari del Serchio nelle stesse lettere da Cassiodoro annoverati fra i fiumi navigabili.
Altronde è notabile quanto leggesi negli Annali lucchesi di Tolomeo sotto gli anni 1116 e 1171, dai quali apparisce, che il Serchio aveva un cammino suo proprio, pel quale andava direttamente in mare, poiché nel 1116 l’Imperatore Arrigo V concesse ai Lucchesi privilegio rispetto al libero introito de flumine Serclo; e più chiaramente lo dimostra il fatto ivi riportato sotto l'anno 1171, dove si legge: Lucense Commune invenitur emisse a Truffa Mezolombardi boscum, et totam terram, super qua est aedificata turris, quae est in faucibus Serchi, et faucibus maris usque milliarium.
A meglio confermare che nel secolo XII il Serchio fluiva in mare per un alveo diverso da quello dell'Osari pisano, potrei fra gli altri documenti citare la rubrica 17 del libro V degli antichi Statuti pisani, la quale obbligava il potestà di Pisa a far variare sbocco all'Osari col mandarlo fino al fiume Serchio Auseris facies mitti et duci et mutari usque ad flumen Serchi. Anche nello Statuto del 1233 si parla de’ponti della Val di Serchio.
Così in quello appellato del conte Ugolino, la Rubr. 18.
intitolata De Auxere, Barbacanis, Fossa Cucci et aliis, tratta dell’obbligo dai Pisani ingiunto al loro potestà di fare scavare dal marzo al novembre i fossi, scoli e fiumi della pianura pisana.
Che se a tutto ciò si vorranno aggiungere i documenti citati agli Articoli ARENA, CAFAGGIO REGIO e METATO di Val di Serchio, oltre quelli che s’indicheranno all’Articolo VACCHIANO, converrà concludere; che fino dal secolo X almeno il Serchio passava, come adesso, dai luoghi di Vecchiano, Arena, Cafaggio Regio e Metato , per modo che il fiume Osari di Pisa del sec. XII era tutt'altro che il fiume Serchio, avendo entrambi due corsi diversi fino al mare.
Dondechè ne conseguiva che il canale dell’Osari rammentato nelle carte pisane dei primi secoli dopo il mille, e l'obbligo che in seguito quel Comune imponeva ai potestà di ripulire e mantenere libero il letto, non solo al Canale dell’Osari, ma ancora alla Fossa Cuccia e agli altri scoli del suburbio occidentale e settentrionale di essa città, erano altrettante misure di salute e di pubblica utilità. In una parola concluderò, che Pisa come Lucca aveva il suo Oseri, Osari, o dir si voglia Ozzeri (Auxer) diverso di nome e di corso dal fiume Serchio. – Vedere gli Articoli OZERI, ossia OZZORI e SERCHIO.
Riferimento bibliografico:

E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1839, Volume III, p. 696.