PELAGO
nel Val d’Arno sopra Firenze.
– Piccola terra già Castello con chiesa plebana (S. Clemente) capoluogo di Comunità nella Giurisdizione del Pontassieve, Diocesi di Fiesole, Compartimento di Firenze.
Risiede sopra un ciglione di poggio sulla ripa destra del torrente Vicano detto di Pelago fra la base meridionale del monte della Consuma e quella occidentale del monte di Vallombrosa, sulla strada comunitativa che conduce per Paterno al santuario predetto. – Trovasi nel gr. 29° 10’ longitudine e 43° 46’ 4” latitudine, 4 miglia toscane a levante dal Pontassieve, 14 nella stessa direzione da Firenze, e circa 5 miglia toscane a ponente della Vallombrosa.
Come questa contrada, ch’è situata in poggio, prendesse la denominazione di Pelago, costà dove difficilmente ristagnando potevano a guisa di Pelago spagliare le acque piovane, o quelle del ripido torrente che vi scorre d'appresso, io non ho dato alcuno, ne indizj plausibili da congetturarlo, qualora almeno non si volesse attribuire cotesto nome a un antico bagno minerale ora abbandonato in un podere assai vicino a Pelago.
Fra le memorie superstiti più antiche che rammentano cotesto paese può citarsi un istrumento del marzo 1089 rogato nel castel di Pelago, dove poi ne furono stipulati altri, che uno nel luglio del 1132, altro nel 7 maggio del 1178, e un terzo nel 22 novembre del 1229 esistenti fra le pergamene della badia di Vallombrosa nell’Arch. Dipl.
Fior., dove si contano tre altri istrumenti in data del 7 maggio 1188, del 10 gennajo 1319 e del 24 maggio 1347 scritti nel foro di Pelago.
Finalmente è della stessa provenienza un istrumento del 27 luglio 1189 fatto in Quona di Vallombrosa, col quale due coniugi, Alberto del fu Aldobrandino da Quona e Castoria sua moglie, donarono al monastero di Vallombrosa tutto ciò che eglino possedevano nei luoghi di Taborra, Tosi e Pasiano fino alla corte di Pelago.
Che poi nel distretto di Pelago avessero giurisdizione e dominio i conti Guidi, lo danno a conoscere non solamente gli atti di donazione fatti al monastero di Vallombrosa di beni che essi possedevano nella corte di Magnale, in Altomena e nel distretto di Pelago, ma ancora il giuspadronato che avevano sulle chiese plebane di Diacceto e di S. Gervasio a Pelago, già a Sorgnano, confermate ai vescovi di Fiesole dai Pontefici Pasquale II e Innocenzo II nel 1103 e 1134, sebbene la seconda si legga sotto il titolo di S. Gervasio a Morniano, invece di Sorgnano.
Gli Annalisti Camaldolensi però hanno pubblicato due istrumenti del 26 gennajo e 13 febbrajo 1207, il primo de’quali dato in Bardiglione nella corte di Pelago. Da essi pertanto risulta che una parte del giuspadronato sulla chiesa di S. Clemente di Pelago, come sopra quelle di S.
Salvadore a Licciolo, di S. Pietro di Casi, di S Bartolo di Castelnuovo, della pieve di Pomino e della chiesa di S.
Margherita a Tosina apparteneva a un Ranieri di Guidalotto da Pelago, il quale donò i suoi diritti nelle mani del priore del S. Eremo di Camaldoli, con tutti i beni che quei coniugi possedevano nella corte e distretto di Pelago. – (ARCH. CAMALD. T. IV.) Cotesto Ranieri di Guidalotto patrono delle chiese testè nominate fu forse l’autore de’Cattani di Pelago e Diacceto, comecché l’Ammirato non esitò ad asserirlo.
Arroge come il Gamurrini avvisa che l’altra porzione di giùspadronato su quelle chiese apparteneva ad Astorre figlio di Guidalotto, autore dei Cattani di Diacceto, per cui (egli soggiunge) più volte essi litigarono coi Camaldolensi con i Vescovi di Fiesole e con la Rep. Fior.
per conservare i loro diritti; finché Papa Eugenio IV per terminare tali controversie a favore dei Cattani da Diacceto spedì da Roma lì 13 aprile del 1445 un breve diretto al Vescovo fiesolano, in cui si rammentano le rimostranze fatte alle S. Sede dai fratelli Paolo e Carlo di Zanobi da Diacceto, nelle quali da questi si asseriva che il Castello di Pelago, come ancora il palazzo ivi esistente e la torre ad esso contigua da tempo immemorabile dipendevano ed erano posseduti da essi Cattani, cui spettava pur anche il diritto di nominare il rettore della chiesa parrocchiale di S. Clemente di detto castello. In vista di ciò il Pontefice Eugenio IV confermò i diritti sopra esposti ai suddetti fratelli Cattani, ai figli e ai discendenti loro legittimi e naturali, e mancando questi a Filippo figlio di Giovanni da Diacceto, ai suoi figli ed eredi ete. – (GAMORRINI, Delle Famiglie Umbre e Toscane).
Molti istrumenti dei secoli XI, XII e XIII, la maggior parte appartenuti alla badia di Vallombrosa, ora nell’Arch.
Dipl. Fior., ricordano la pieve di S. Gervasio situata in luogo appellato Sorgnano.
Uno però del marzo 1013 di pertinenza del Monastero di S. Pietro a Lugo in Mugello, fatto in Sorgnano giudicaria Fiorentina, tratta di beni livellarii della pieve di S.
Gervasio a Sorgnano. (ivi) Cotesta battesimale di S. Gervasio dopo la metà del secolo XIII, lasciata la indicazione del vico di Sorgnano, prese quella del superiore castello di Pelago, e ciò nel tempo medesimo che esisteva dentro il castello la sua chiesa parrocchiale di S. Clemente, la quale era soggetta alla pieve di S. Lorenzo di Ghiacceto . In tale aspetto almeno furono esse chiese designate nel catalogo della diocesi di Fiesole compilato nel 1299.
La prima volta che leggesi variato alla pieve di S.
Gervasio il nomignolo di Sorgnano in quello di Pelago mi accadde vederlo in una sentenza del 16 novembre 1161 pronunziata in Firenze dal giudice assessore del potestà nella curia del Sesto di Porta S. Piero situata nella piazza di Or S. Michele davanti la torre de’Macci. – In altro istrumento del 14 gennajo 1374 rogato nel popolo di S.
Clemente a Pelago in una casa situata sull'ingresso del Castello è rammentato anche il popolo di S. Gervasio a Pelago.
Finalmente nel principio del sec. XVI la chiesa di S.
Gervasio a Sorgnano distante circa un terzo di miglio a scirocco di Pelago in luogo dello tuttora alla Pieve, per smotta del terreno essendo rovinata, fu traslocato il suo battistero con gli onori di chiesa plebana in quella di S.
Clemente dentro il Castello di Pelago.
Una delle memorie ultime che io conosca, in cui si parla della distrutta chiesa plebana di S. Gervasio a Pelago , mi è sembrato un’istrumento del 25 gennajo 1478 (stile comune), col quale il prete Vincenzio di Biagio Canacci rettore della chiesa di S. Niccolò del Castello di Magnale, piviere di Pitiana, previo il decreto di Fr. Guglielmo Becchi vescovo di Fiesole, affittava per 29 anni un pezzo di terra situato in luogo detto al Ferrano spettante alla sua chiesa di Magnale. – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte dell’Arch. Generale.) Non ostante la parrocchia di S. Gervasio in Pelago comparisce ancora nella statistica del 1551, quando il suo popolo ascendeva a 201 abitanti, e ciò nel tempo che la parrocchia di S. Clemente a Pelago contava 264 abitanti.
Quando quest’ultima fosse eretta in chiesa sotto matrice ce lo dice una lettera apostolica del Pontefice Giovanni XXIII del 3 luglio 1413, colla quale volendo condiscendere alle istanze fatte da Paolo di Zanobi de’Cattani di Diacceto commette all'Abate di Vallombrosa l'incarico di erigere la chiesa di S. Clemente a Pelago e accordarle il titolo e i diritti di pieve.
La pieve di S. Gervasio a Pelago nel 1299 era matrice di quattro chiese curate, le quali furono conservate anche alla pieve attuale di S. Clemente a Pelago. Quest’ultima è situata nella parte più prominente del paese a contatto dall’antico cassero, che fa il palazzo torrito de’Cattani da Diacceto. Le chiese parrocchiali sottoposte alla pieve di S.
Gervasio, poi di S. Clemente a Pelago, nel 1299, furono descritte nell’ordine seguente: 1.° S. Stefano di Lucente; 2.° S. Lucia a Altomena; 3.° Canonica di S. Giorgio di Ristonchio, attualmente riunita a S. Egidio; 4.° S. Maria di Popigliano ; 5.° S. Bartolommeo Manuale; 6.° S. Egidio Manuale.
Nei cataloghi posteriori il piviere di S. Clemente a Pelago ha per succursali la prioria di S. Maria a Popigliano, la prioria di S. Lucia ad Altomena, e le due parrocchie di Ristonchi e di Lucente.
Nella statistica però del 1551 è indicata la chiesa di S.
Niccolò d’Altomena in parrocchiale, attualmente oratorio presso la villa di Altomena de’conti Bardi-Serselli, annesso tuttora alla chiesa di S. Lucia di giuspadronato dei conti predetti che l’ottennero con l'eredità Serselli.
Al qual proposito citerò un istrumento del 12 maggio 1377 col quale la Signoria di Firenze vende a Zanobi Serzello orafo (donde forse derivò l’estinta famiglia Serselli di Firenze) abitante nel popolo di S. Simone a Firenze per sé o per chi egli nominasse in compratore di una possessione posta in luogo detto alle Pendesi, due poderi con case, più 10 pezzi di terra e una torre con colombaja, il tutto posto nel popolo di S. Niccolò a Altomena al luogo detto Castel di Altomena, e nei vocaboli Masseto, Campostari, Prata e S. Lucia. – (Libro di Spogli di pergamene di Paterno.) Nell’archivio della pieve di Pelago esiste un libro di portate diverse di possessi spettanti a detta chiesa scritto, giurato e firmato lì 31 luglio 1525 dal prete Alessandro di Mattia Mari pievano di detta pieve, nel quale fra le altre notizie si trova la seguente; che per la festa di S. Gervasio si spende lire sei in circa. Quindi sogiunge il ricordo.
Questa è quella pieve (di S. Gervasio) che smottò l’anno 1506, rovinò chiesa, casa (canonica) e la casa del lavoratore con tutte le terre e tutti i frutti. Ho rifatto (soggiunge il pievano Mari) la chiesa e la casa (canonica) e la casa del lavoratore con gran fatica. A voi mi raccomando. – In quorum fidem ec.
Dondechè Alessandro Mari dovè succedere a Francesco di Giovanni stato pievano di Pelago innanzi di essere spedalingo degl’Innocenti in Firenze, al qual ufficio fu eletto nel 1478. – (MANNI, Sigilli antichi Vol. III).
Comecché nel Castello di Pelago avessero anticamente podere i signori da Quona e da Castellonchio, siccome apparisce dalle membrane della badia di Vallombrosa dei secoli XI e XII, alcune delle quali testè pubblicate dall'Ajazzi bibliotecario della Rinucciniana ne’Ricordi Storici di Filippo Rinuccini, il Castello di Pelago da tempi assai remoti appartenne, come dissi, ai Cattani da Diacceto, detti anche da Pelago, siccome si rileva da un’iscrizione scolpita per verità in tempi un poco moderni nella facciata della casa comunitàtiva di Pelago. – Era di loro proprietà anche il cassero situato nella parte più prominente del paese, difeso da una e non da due torri; la quale torre fu rammentata in una lettera apostolica del Pontefice Eugenio IV, a favore di Paolo di Zanobi de’Cattani da Diacceto, e che esiste tuttora accosto alla chiesa plebana. – Fu costà dove si difesero nel 1248 molti Guelfi espulsi da Firenze dai Ghibellini, nel tempo in cui questi ultimi erano assistiti dalle truppe tedesche al servizio dell’Imperatore Federigo II.
Un istrumento del 17 maggio 1431, di cui esiste la sinopsi nel Libro degli spogli di pergamene in Paterno, indica che in quell’atto Antonio di Buoncenni da Pelago dona al milite Paolo di Zanobi de’signori da Diacceto cittadino fiorentino il padronato della chiesa di S. Maria a Popigliano , siccome lo stesso Paolo era patrono di quella di Pelago.
Anco il giuspadronato della pieve di Pelago continuava nella famiglia Cattani da Diacceto due secoli dopo la lettera apostolica di Eugenio IV del 9 aprile 1445; avvegnaché a favore de’Cattani nel 1660 sentenziò la Ruota romana in pregiudizio de’monaci di Vallombrosa e ad istanza de’due fratelli Leone e Rinaldo figli di Angelo del fu Gio. Battista di Dionisio Cattani da Diacceto.
Questi due fratelli sino dal 1656 avevano concesso al popolo di Pelago facoltà di erigere a contatto della chiesa parrocchiale di S. Clemente la cappella della SS. Vergine del Rosario e di appoggiarla alle mura del loro palazzo. – Dai signori da Diacceto il padronato della pieve di Pelago passò nella famiglia Bargiacchi di Firenze e di Campi al pari di quella di S. Maria a Pupigliano. Quindi vi acquistò due voci la nobil famiglia fiorentina Bargigli, nelle cui ragioni subentrò nel 1837 il Principe.
La chiesa di Pelago era di struttura irregolare ed assai indecente innanzi che dall’attuale pievano Andrea Masini con elemosine del popolo e altri soccorsi nel 1813 fosse un pò meno peggio riedificata.
Fra gli oggetti meritevoli di essere indicati havvi il battistero di pietra serena donato dai conti Bardi Serselli, lavoro antico e piuttosto stimabile oltre un quadretto di Nostra Donna di mediocre pennello a piè di chiesa.
Più svelta di forme è la chiesa della compagnia, al cui altare esiste una buona tela.
Altro oratorio pubblico è stato recentemente costruito da donna privata a contado di una sua abitazione ridotta a convitto di oneste povere fanciulle che si occupano in opere pie, nel tessere panni, lini, ed in altri donneschi lavori.
La popolazione di Pelago esercitava da tempo assai remoto l’arte della lana per i lavori ordinarj. – Nella decadenza dell’arte medesima il popolo di Pelago ha in qualche modo riparato con i tessuti di canapa e lino e con una buona fornace di terre cotte, che riescono di molta stabilità per la natura dell'argilla ferrigna di cui quelle terraglie sono fabbricate.
Ogni giovedì vi è il mercato introdotto dal Granduca Ferdinando II (se non prima) per il commercio specialmente di marroni, di patate, di majali sì da macello, come da rilevare.
Vi si fanno due fiere l'anno, che una nel 24 agosto, l’altra nel dì 11 novembre.
Pelago è il punto di fermata dei viaggiatori che devon lasciare costì le loro vetture e prendere le cavalcature per dirigersi a Paterno e di là salire per tre buone miglia il monte della Vallombrosa ad oggetto di visitare quel celebre santuario con i suoi maestosi annessi, la qual contrada fornì argomento alla musa di Milton.
Inoltre gradirà il viaggiatore di sapere che nacque in Pelago nel 1370 da Cione di Ser Bonaccorso Abatini, o Batini, e da donna Fiora sua moglie il celebre architetto, scultore, e fonditore Lorenzo Ghiberti, educato dal suo patrigno Bartoluccio Ghiberti orafo d Firenze, che lo adottò per figliuolo. – (BALDINUCCI. Nella vita del Ghiberti).
Debbo pure anco rammentare un altro artista, Giovanni di Matteo da Pelago, che contemporaneamente ai fratelli Giuliano e Benedetto Nardi da Majano, e a Domenico di Tommaso del Ghirlandajo verso il 1476 lavorava in Firenze nel Palazzo de’Signori, ora Palazzo Vecchio. – (GAYE, Carteggio inedito di Artisti, Vol. I. Append. II.) Finalmente aggiungerò agli uomini celebri della famiglia de’Cattani da Diacceto e da Pelago quel Paolo di Zanobi patrono della chiesa di Pelago, che nel 1430 fu Vicario della Rep. Fior. in Pescia, e nel 1439 salì alla prima dignità dello Stato essendo stato eletto Gonfaloniere di giustizia.
Al prenominato Paolo precedè di un secolo nelle cariche medesime e della stessa casata de’Cattani da Diacceto quel Porcello di Reco che nel 1339 fu il primo potestà della Rep. Fior. in Pescia, e nel 1341 Go nfaloniere di giustizia della Signoria di Firenze.
MOVIMENTO della Popolazione di PELAGO a quattro epoche diverse, divisa per famiglie.
ANNO 1551: Impuberi maschi -; femmine -; adulti maschi -; femmine -; coniugati dei due sessi -; ecclesiastici dei due sessi -; numero delle famiglie 78; totalità della popolazione 465.
ANNO 1745: Impuberi maschi 155; femmine 139; adulti maschi 159; femmine 182; coniugati dei due sessi 272; ecclesiastici dei due sessi 5; numero delle famiglie 147; totalità della popolazione 912.
ANNO 1833: Impuberi maschi 200; femmine 188; adulti maschi 191; femmine 137; coniugati dei due sessi 421; ecclesiastici dei due sessi 3; numero delle famiglie 196; totalità della popolazione 1140.
ANNO 1840: Impuberi maschi 211; femmine 179; adulti maschi 141, femmine 145; coniugati dei due sessi 424; ecclesiastici dei due sessi 5; numero delle famiglie 200; totalità della popolazione 1105 Comunità di Pelago. – Il territorio di questa Comunità nello stato attuale, in cui il Vicano di S. Ellero costituisce il confine dal lato di levante, occupa una superficie di 29487 quaidrati agrarj, dei quali 1100 sono presi da corsi d’acqua e da strade.
Nel 1833abitavano nella superficie antica di questa Comunità 7493 individui, a ragione di 114 persone per ogni miglia toscane qudrato di suolo imponibile. – Nell'anno poi 1840 esistevano nel territorio attuale della Comunità di Pelago 9039 abitanti a proporzione quasi di 156 individui per ogni miglia toscane quadrato di suolo imponibile.
La figura iconografica di questo territorio si approssima a quella di un trapezio che ha uno dei suoi lati più prominente verso settentrione-grecale.
Il fiume Arno gli serve di confine dalla parte di libeccio avendo dirimpetto la Comunità di Rignano, a partire dalla confluenza del Vicano di S. Ellero sino allo sbocco del fiume Sieve in Arno. Costà di fronte a ponente-maestrale sottentra a confine la Comunità del Pontassieve mediante l’alveo della Sieve, il cui corso entrambi rimontano per il cammino di 8 in 9 migl sino allo sbocco in Sieve del torrente Moscia. Cotesto torrente di fronte a settentrione divide la Comunità di Pelago da quella di Dicomano sino oltrepassata la faccia settentrionale del poggio di Monteacuto; al di là del quale il torrente medesimo separa questa di Pelago dalla Comunità di Dicomano per fino a che voltando faccia a levante trova la Comunità di Londa.
Con quest’ultima il territorio comunitativo di Pelago forma un angolo rientrante per salire la faccia orientale del Monteacuto, donde poscia riscende per l’opposta pendice nella direzione di libeccio fino al borgo di Turricchi. Costì ripiegando a scirocco torna in cerca del torrente Moscia che ritrova nella parte superiore della sua vallecola; allura le due Comunità percorrendo il suo alveo salgono contr’acqua verso la sommità del monte della Consuma. Innanzi di arrivarvi sottentra a confine dal lato di levante la Comunità di Stia, con la quale quella di Pelago cammina di conserva sino alla strada provinciale casentinese, che trova sul giogo della montagna all’osteria della Consuma.
In cotesta strada e di fronte all’osteria medesima arriva il territorio della Comunità di Monte Mignajo, col quale l’altro di Pelago fronteggia da primo dirimpetto a levante poi di fronte a scirocco sino al borro del Lagacciolo.
Costà dirimpetto a ostro-scirocco sottentra il territorio comunale di Reggello mediante il borro predetto e poi lungo il torrente Vicano di S. Ellero , col quale per il cammino di circa 5 miglia scende la faccia occidentale del monte della Consuma lambendo per via, a destra S.
Miniato in Alpe, il monte di Vallombrosa, i villaggi di Tosi e Donnini, ed il palazzo torrito di S. Ellero de’Monaci; mentre dal lato opposto il torrente Vicano lambisce i piedi al colle di Magnale, ai terreni di Paterno, al vicino casale di Palaja, alla chiesa di Pagiano, e finalmente passando presso la chiesa parrocchiana di Fontisterni entra nell’Arno dirimpetto alla Comunità di Rignano.
Due grandi e nuove strade regie percorrono i lembi della Comunità di Pelago; a libeccio la strada postale aretina; a ponente-maestrale la grande strada di Forlì, mentre nella direzione di ponente a grecale passa in mezzo al suo territorio la strada provinciale casentinese o della Consuma.
Da quest'ultima si staccano due altri tronchi di strade rotabili, quello a destra che guida alla Terra di Pelago, l’altro a sinistra che porta al Castello di Nipozzano. Dalla stessa strada R. di Forlì partono altri tronchi di strade comunitative, sufficientemente rotabili per montare lungo la vallecola della Rufina a Pomino, a Castiglione, ecc.
Anche dalla strada R. aretina al luogo detto Campicuccioli si stacca una strada rotabile aperta nel principio di questo secolo dai Monaci della Vallombrosa, la quale salendo i poggi di Altomena e di Montepescoli entra costà nella tenuta di Paterno della Vallombrosa.
Fra i maggiori corsi d’acqua, oltre i fiumi Arno e Sieve che lambiscono semplicemente i confini meridionali e occidentali di questa Comunità, oltre il torrente Moscia che li rasenta dal lato di settentrione e porzione anche dalla parte di levante, contansi, il Vicano di Pelago e il Vicano di S. Ellero , i quali ne percorrono il suo territorio per scendere in Arno dalla faccia della Consuma volta a libecio, mentre la fiumana della Rufina si unisce alla Sieve dopo esser discesa dalla fiancata della Consuma volta a maestro.
Fra le montuosità maggiori di questo territorio contasi la vetta della Consuma ch'è braccia 1795,7 superiore al livello del mare Mediterraneo, indicata dal P. Inghirami al piede del segnale trigonometrico situato nella porzione spettante alla Comunità di Monte Mignajo.
Dovendo dire una parola delle qualità del terreno di questa Comunità, richiamerò il mio lettore all’Articolo CONSUMA (MONTE DELLA) dove fu avvisato, che quasi tutto il monte è coperto da rocce di sedimento inferiore disposte in strati alternati o variamente inclinati di macigno (gres antico) di alberese (calcare compatto) e di bisciajo (schisto marnoso.) Dissi che in alcune località dell’alberese e al macigno vedesi subentrato il così detto galestro , ch’è una roccia schistosa, la quale partecipa degli elementi delle tre prime sunnominate; e finalmente fu detto, che in quest’ultima qualità di terreno galestrino allignano assai bene quelle viti che danno lo squisito liquore di Pomino, uno de’vini più pregiati della Toscana.
Infatti il galestro e il macigno occupano la maggior parte dei valloncelli che scendono dalla Consuma non solo dalla parte del fiume Sieve, ma ancora verso quella che guarda l’Arno lungo i due Vicani.
Ora gioverà avvertire il lettore che fu nel monte della Consuma, altrimenti chiamato Monte Borselli, dove mezzo secolo indietro il celebre abate D. Ambrogio Soldani instituiva alcune osservazioni geologiche, pubblicate nel suo Saggio Orittognostico ai §§. 42 e 43. – “ Fu costà dal lato inferiore della pendice del monte ch'è rivolta a tramontana, fra l’osteria di Borselli e la chiesa di Tosina, dove il Soldani riscontrò strati frequenti di pietra scissile argillosa (bisciajo) mentre a metà circa della pendice medesima della Consuma vide affacciarsi molti strati di pietra da calcina (alberese), la qual pietra è alquato diversi) da quelli strati solidi di calcarea che ivi presentansi per via sulla strada provinciale a piè della salita verso il Pontassieve, i quali strati alternano o sono intersecati da filoni di terra calcare bianca. “ II monte poi di Magnale è tutto formato di macigno intersecato da straterelli sottilissimi di schisto marnoso.
Però fra il casale di Raggioli e il mulino di Pagiano, presso la ripa destra del Vicano di S. Ellero , li strati di macigno e di schisto argilloso alternano col calcare compatto azzurrognolo.
Ciò meglio che altrove manifestasi sopra la confluenza del fosso Spania nel Vicano di S. Ellero, e lungo il nuovo tronco di strada tagliata fra il ponte di Tosi e Paterno.
All’incontro sul Montepescoli e nei poggi di Altomena a ostro di Pelago domina la pietra calcare di color ceciato, ossia l’alberese.
In vicinanza poi di Pelago un quarto di miglia toscane al suo maestro, in un podere detto del Bagno dei fratelli Puliti di Firenze presso la loro fornace di terraglie esiste una scarsa sorgente di acqua minerale acidula sulfurea fredda dal Prof. G. Giulj nel T. V della sua Raccolta d’acque minerali della Toscana stata descritta nei termini seguenti : « Ha odore di gas acido idrosolforico, sapore dolciastro, è trasparente, segna la temperatura di gr. 14 e svolge del gas suddetto e di quello carbonico; contiene pochi grani di carbonati di soda, di calce o di magnesia con idroclorato di soda.
Fu essa anticamente usata esternamente per bagni, e si può tuttora usare nelle malattie sordide della pelle; poiché vi resta sempre una vasca di antica costruzione, dove per mezzo di due cannelle di piombo vi entrano due qualità diverse di acqua, una dolce e potabile, l’altra solfurea e minerale. – Nel fare lì attorno degli scassi vi sono stati trovati de’condotti di piombo, e nel tondo del cratere furono scoperte alcune medaglie d’imperatori romani, tra le quali una di Alessandro Severo.» « Gli abitanti del luogo assicurano che nei tempi scorsi esistevano dentro la vasca de’gradini destinati probabilmente per comodo di coloro che vi facevano le immersioni. Ora questa vasca serve per conservare l’acqua ad uso di un orto situato lì presso. » Rispetto ai prodotti di suolo il territorio di questa Comunità per la massima parte è ridotto a poderi che fruttano specialmente olio, vino eccellente e granaglie. Vi sono inoltre varii pezzi di bosco ceduo di quercioli e molte selve di castagni nella parte più alpestre della Comunità, ma gli ulivi prosperano costà in tutto il poggio di Magnale e lungo il torrente Spania dirimpetto al monte di Vallombrosa avendo alle loro spalle i poggi che scendono dalla Consuma fra i due Vicani. I poderi meglio coltivati sembrano essere quelli della vasta tenuta di Paterno dei Monaci di Vallombrosa.
Pelago fu fatto capoluogo di Comunità verso il 1810 staccando allora tutto il suo territorio da quello della Comunità del Pontassieve; nel qual paese risiedono il vicario regio, il cancelliere comunitativo, l’ufizio del Registro e l'ingegnere di Circondario. – La conservazione delle Ipoteche ed i tribunali di prima e seconda Istanza sono in Firenze.
QUADRO della Popolazione della Comunità di PELAGO a quattro epoche diverse - nome del luogo: Altomena, titolo della chiesa: S. Lucia (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 191, abitanti anno 1745 n° 218, abitanti anno 1833 n° 277, abitanti anno 1840 n° 307 - nome del luogo: Bibbiano, titolo della chiesa: S. Martino (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 73, abitanti anno 1745 n° 127, abitanti anno 1833 n° 187, abitanti anno 1840 n° 210 - nome del luogo: Casi, titolo della chiesa: S. Pietro (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 79, abitanti anno 1745 n° 264, abitanti anno 1833 n° 122, abitanti anno 1840 n° 122 - nome del luogo: Castiglioni, titolo della chiesa: S.
Stefano (Pieve), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 140, abitanti anno 1745 n° 330, abitanti anno 1833 n° 274, abitanti anno 1840 n° 280 - nome del luogo: Cigliano, titolo della chiesa: S. Michele (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 63, abitanti anno 1745 n° 153, abitanti anno 1833 n° 165, abitanti anno 1840 n° 168 - nome del luogo: Diacceto, titolo della chiesa: S. Lorenzo (Pieve), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 70, abitanti anno 1745 n° 170, abitanti anno 1833 n° 205, abitanti anno 1840 n° 205 - nome del luogo: Falgano, titolo della chiesa: S. Maria (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 285, abitanti anno 1745 n° 194, abitanti anno 1833 n° 258, abitanti anno 1840 n° 271 - nome del luogo: Ferrano, titolo della chiesa: S. Pietro e Maria (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 (ERRATA : n° 331) n° 391, abitanti anno 1745 n° 400, abitanti anno 1833 n° 438, abitanti anno 1840 n° - nome del luogo: Fontisterni (*), titolo della chiesa: S.
Lorenzo (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° -, abitanti anno 1745 n° -, abitanti anno 1833 n° -, abitanti anno 1840 n° 257 - nome del luogo: Fossi, titolo della chiesa: S. Maria del Carmine (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° -, abitanti anno 1745 n° -, abitanti anno 1833 n° 165, abitanti anno 1840 n° 194 - nome del luogo: Lucente ora S. Francesco al Pontassieve, titolo della chiesa: S. Stefano in S. Francesco (Cura), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 176, abitanti anno 1745 n° 211, abitanti anno 1833 n° 505, abitanti anno 1840 n° 525 - nome del luogo: Nipozzano, titolo della chiesa: S.
Niccolò (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 244, abitanti anno 1745 n° 280, abitanti anno 1833 n° 351, abitanti anno 1840 n° 307 - nome del luogo: Pagiano (*), titolo della chiesa: S.
Martino (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° -, abitanti anno 1745 n° -, abitanti anno 1833 n° -, abitanti anno 1840 n° 462 - nome del luogo: PELAGO, titolo della chiesa: S.
Clemente e S. Gervasio riunite (Pieve), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 465, abitanti anno 1745 n° 912, abitanti anno 1833 n° 1140, abitanti anno 1840 n° 1105 - nome del luogo: Petrognano, titolo della chiesa: S.
Pietro (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 79, abitanti anno 1745 n° 155, abitanti anno 1833 n° 341, abitanti anno 1840 n° 215 - nome del luogo: Pinzano o alla Torta, titolo della chiesa: S. Lucia (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 116, abitanti anno 1745 n° 197, abitanti anno 1833 n° 218, abitanti anno 1840 n° 237 - nome del luogo: Pomino, titolo della chiesa: S.
Bartolommeo (Pieve), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 367, abitanti anno 1745 n° 383, abitanti anno 1833 n° 386, abitanti anno 1840 n° 417 - nome del luogo: Popigliano, titolo della chiesa: S. Maria (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 169, abitanti anno 1745 n° 160, abitanti anno 1833 n° 355, abitanti anno 1840 n° 387 - nome del luogo: Ristonchi, titolo della chiesa: S. Egidio (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 259, abitanti anno 1745 n° 113, abitanti anno 1833 n° 153, abitanti anno 1840 n° 151 - nome del luogo: Rufina, titolo della chiesa: S. Martino (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 122, abitanti anno 1745 n° -, abitanti anno 1833 n° 783, abitanti anno 1840 n° 903 - nome del luogo: Tosina, titolo della chiesa: S.
Margherita (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 316, abitanti anno 1745 n° 528, abitanti anno 1833 n° 660, abitanti anno 1840 n° 705 - nome del luogo: Turicchi, titolo della chiesa: S. Pietro (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° -, abitanti anno 1745 n° 557, abitanti anno 1833 n° 347, abitanti anno 1840 n° 312 - Totale abitanti anno 1551 (ERRATA : n° 3789) n° 3615 - Totale abitanti anno 1745 n° 5898 N.B. Le parrocchie contrassegnate con l’asterisco * nel 1833 spettavano alla Comunità di Reggello, nella quale mandavano nel 1840 una porzione di abitanti, che in tutti sommavano n° 256 Residuavansi perciò nell’anno 1840 ad abitanti n° 8023 Frazioni di popolazione che dalle Comunità limitrofe mandavano nel 1833 e nel 1840 una porzione di abitanti in questa di Pelago.
- nome del luogo: S. Miniato in Alpe, Comunità donde proviene: Reggello, abitanti anno 1833 n° 15, abitanti anno 1840 n° 25 - nome del luogo: S. Maria a S. Ellero, Comunità donde proviene: Reggello, abitanti anno 1833 n° -, abitanti anno 1840 n° 99 - nome del luogo: S. Andrea a Tosi, Comunità donde proviene: Reggello, abitanti anno 1833 n° -, abitanti anno 1840 n° 162 - nome del luogo: S. Detole, Comunità donde proviene: Dicomano, abitanti anno 1833 n° -, abitanti anno 1840 n° - nome del luogo: SS. Concezione a Londa, Comunità donde proviene: Londa, abitanti anno 1833 n° 16, abitanti anno 1840 n° 15 - nome del luogo: S. Lucia a Pievecchia, Comunità donde proviene: Pontassieve, abitanti anno 1833 n° 132, abitanti anno 1840 n° 138 - Totale abitanti anno 1833 n° 7493 - Totale abitanti anno 1840 n° 9035
Risiede sopra un ciglione di poggio sulla ripa destra del torrente Vicano detto di Pelago fra la base meridionale del monte della Consuma e quella occidentale del monte di Vallombrosa, sulla strada comunitativa che conduce per Paterno al santuario predetto. – Trovasi nel gr. 29° 10’ longitudine e 43° 46’ 4” latitudine, 4 miglia toscane a levante dal Pontassieve, 14 nella stessa direzione da Firenze, e circa 5 miglia toscane a ponente della Vallombrosa.
Come questa contrada, ch’è situata in poggio, prendesse la denominazione di Pelago, costà dove difficilmente ristagnando potevano a guisa di Pelago spagliare le acque piovane, o quelle del ripido torrente che vi scorre d'appresso, io non ho dato alcuno, ne indizj plausibili da congetturarlo, qualora almeno non si volesse attribuire cotesto nome a un antico bagno minerale ora abbandonato in un podere assai vicino a Pelago.
Fra le memorie superstiti più antiche che rammentano cotesto paese può citarsi un istrumento del marzo 1089 rogato nel castel di Pelago, dove poi ne furono stipulati altri, che uno nel luglio del 1132, altro nel 7 maggio del 1178, e un terzo nel 22 novembre del 1229 esistenti fra le pergamene della badia di Vallombrosa nell’Arch. Dipl.
Fior., dove si contano tre altri istrumenti in data del 7 maggio 1188, del 10 gennajo 1319 e del 24 maggio 1347 scritti nel foro di Pelago.
Finalmente è della stessa provenienza un istrumento del 27 luglio 1189 fatto in Quona di Vallombrosa, col quale due coniugi, Alberto del fu Aldobrandino da Quona e Castoria sua moglie, donarono al monastero di Vallombrosa tutto ciò che eglino possedevano nei luoghi di Taborra, Tosi e Pasiano fino alla corte di Pelago.
Che poi nel distretto di Pelago avessero giurisdizione e dominio i conti Guidi, lo danno a conoscere non solamente gli atti di donazione fatti al monastero di Vallombrosa di beni che essi possedevano nella corte di Magnale, in Altomena e nel distretto di Pelago, ma ancora il giuspadronato che avevano sulle chiese plebane di Diacceto e di S. Gervasio a Pelago, già a Sorgnano, confermate ai vescovi di Fiesole dai Pontefici Pasquale II e Innocenzo II nel 1103 e 1134, sebbene la seconda si legga sotto il titolo di S. Gervasio a Morniano, invece di Sorgnano.
Gli Annalisti Camaldolensi però hanno pubblicato due istrumenti del 26 gennajo e 13 febbrajo 1207, il primo de’quali dato in Bardiglione nella corte di Pelago. Da essi pertanto risulta che una parte del giuspadronato sulla chiesa di S. Clemente di Pelago, come sopra quelle di S.
Salvadore a Licciolo, di S. Pietro di Casi, di S Bartolo di Castelnuovo, della pieve di Pomino e della chiesa di S.
Margherita a Tosina apparteneva a un Ranieri di Guidalotto da Pelago, il quale donò i suoi diritti nelle mani del priore del S. Eremo di Camaldoli, con tutti i beni che quei coniugi possedevano nella corte e distretto di Pelago. – (ARCH. CAMALD. T. IV.) Cotesto Ranieri di Guidalotto patrono delle chiese testè nominate fu forse l’autore de’Cattani di Pelago e Diacceto, comecché l’Ammirato non esitò ad asserirlo.
Arroge come il Gamurrini avvisa che l’altra porzione di giùspadronato su quelle chiese apparteneva ad Astorre figlio di Guidalotto, autore dei Cattani di Diacceto, per cui (egli soggiunge) più volte essi litigarono coi Camaldolensi con i Vescovi di Fiesole e con la Rep. Fior.
per conservare i loro diritti; finché Papa Eugenio IV per terminare tali controversie a favore dei Cattani da Diacceto spedì da Roma lì 13 aprile del 1445 un breve diretto al Vescovo fiesolano, in cui si rammentano le rimostranze fatte alle S. Sede dai fratelli Paolo e Carlo di Zanobi da Diacceto, nelle quali da questi si asseriva che il Castello di Pelago, come ancora il palazzo ivi esistente e la torre ad esso contigua da tempo immemorabile dipendevano ed erano posseduti da essi Cattani, cui spettava pur anche il diritto di nominare il rettore della chiesa parrocchiale di S. Clemente di detto castello. In vista di ciò il Pontefice Eugenio IV confermò i diritti sopra esposti ai suddetti fratelli Cattani, ai figli e ai discendenti loro legittimi e naturali, e mancando questi a Filippo figlio di Giovanni da Diacceto, ai suoi figli ed eredi ete. – (GAMORRINI, Delle Famiglie Umbre e Toscane).
Molti istrumenti dei secoli XI, XII e XIII, la maggior parte appartenuti alla badia di Vallombrosa, ora nell’Arch.
Dipl. Fior., ricordano la pieve di S. Gervasio situata in luogo appellato Sorgnano.
Uno però del marzo 1013 di pertinenza del Monastero di S. Pietro a Lugo in Mugello, fatto in Sorgnano giudicaria Fiorentina, tratta di beni livellarii della pieve di S.
Gervasio a Sorgnano. (ivi) Cotesta battesimale di S. Gervasio dopo la metà del secolo XIII, lasciata la indicazione del vico di Sorgnano, prese quella del superiore castello di Pelago, e ciò nel tempo medesimo che esisteva dentro il castello la sua chiesa parrocchiale di S. Clemente, la quale era soggetta alla pieve di S. Lorenzo di Ghiacceto . In tale aspetto almeno furono esse chiese designate nel catalogo della diocesi di Fiesole compilato nel 1299.
La prima volta che leggesi variato alla pieve di S.
Gervasio il nomignolo di Sorgnano in quello di Pelago mi accadde vederlo in una sentenza del 16 novembre 1161 pronunziata in Firenze dal giudice assessore del potestà nella curia del Sesto di Porta S. Piero situata nella piazza di Or S. Michele davanti la torre de’Macci. – In altro istrumento del 14 gennajo 1374 rogato nel popolo di S.
Clemente a Pelago in una casa situata sull'ingresso del Castello è rammentato anche il popolo di S. Gervasio a Pelago.
Finalmente nel principio del sec. XVI la chiesa di S.
Gervasio a Sorgnano distante circa un terzo di miglio a scirocco di Pelago in luogo dello tuttora alla Pieve, per smotta del terreno essendo rovinata, fu traslocato il suo battistero con gli onori di chiesa plebana in quella di S.
Clemente dentro il Castello di Pelago.
Una delle memorie ultime che io conosca, in cui si parla della distrutta chiesa plebana di S. Gervasio a Pelago , mi è sembrato un’istrumento del 25 gennajo 1478 (stile comune), col quale il prete Vincenzio di Biagio Canacci rettore della chiesa di S. Niccolò del Castello di Magnale, piviere di Pitiana, previo il decreto di Fr. Guglielmo Becchi vescovo di Fiesole, affittava per 29 anni un pezzo di terra situato in luogo detto al Ferrano spettante alla sua chiesa di Magnale. – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte dell’Arch. Generale.) Non ostante la parrocchia di S. Gervasio in Pelago comparisce ancora nella statistica del 1551, quando il suo popolo ascendeva a 201 abitanti, e ciò nel tempo che la parrocchia di S. Clemente a Pelago contava 264 abitanti.
Quando quest’ultima fosse eretta in chiesa sotto matrice ce lo dice una lettera apostolica del Pontefice Giovanni XXIII del 3 luglio 1413, colla quale volendo condiscendere alle istanze fatte da Paolo di Zanobi de’Cattani di Diacceto commette all'Abate di Vallombrosa l'incarico di erigere la chiesa di S. Clemente a Pelago e accordarle il titolo e i diritti di pieve.
La pieve di S. Gervasio a Pelago nel 1299 era matrice di quattro chiese curate, le quali furono conservate anche alla pieve attuale di S. Clemente a Pelago. Quest’ultima è situata nella parte più prominente del paese a contatto dall’antico cassero, che fa il palazzo torrito de’Cattani da Diacceto. Le chiese parrocchiali sottoposte alla pieve di S.
Gervasio, poi di S. Clemente a Pelago, nel 1299, furono descritte nell’ordine seguente: 1.° S. Stefano di Lucente; 2.° S. Lucia a Altomena; 3.° Canonica di S. Giorgio di Ristonchio, attualmente riunita a S. Egidio; 4.° S. Maria di Popigliano ; 5.° S. Bartolommeo Manuale; 6.° S. Egidio Manuale.
Nei cataloghi posteriori il piviere di S. Clemente a Pelago ha per succursali la prioria di S. Maria a Popigliano, la prioria di S. Lucia ad Altomena, e le due parrocchie di Ristonchi e di Lucente.
Nella statistica però del 1551 è indicata la chiesa di S.
Niccolò d’Altomena in parrocchiale, attualmente oratorio presso la villa di Altomena de’conti Bardi-Serselli, annesso tuttora alla chiesa di S. Lucia di giuspadronato dei conti predetti che l’ottennero con l'eredità Serselli.
Al qual proposito citerò un istrumento del 12 maggio 1377 col quale la Signoria di Firenze vende a Zanobi Serzello orafo (donde forse derivò l’estinta famiglia Serselli di Firenze) abitante nel popolo di S. Simone a Firenze per sé o per chi egli nominasse in compratore di una possessione posta in luogo detto alle Pendesi, due poderi con case, più 10 pezzi di terra e una torre con colombaja, il tutto posto nel popolo di S. Niccolò a Altomena al luogo detto Castel di Altomena, e nei vocaboli Masseto, Campostari, Prata e S. Lucia. – (Libro di Spogli di pergamene di Paterno.) Nell’archivio della pieve di Pelago esiste un libro di portate diverse di possessi spettanti a detta chiesa scritto, giurato e firmato lì 31 luglio 1525 dal prete Alessandro di Mattia Mari pievano di detta pieve, nel quale fra le altre notizie si trova la seguente; che per la festa di S. Gervasio si spende lire sei in circa. Quindi sogiunge il ricordo.
Questa è quella pieve (di S. Gervasio) che smottò l’anno 1506, rovinò chiesa, casa (canonica) e la casa del lavoratore con tutte le terre e tutti i frutti. Ho rifatto (soggiunge il pievano Mari) la chiesa e la casa (canonica) e la casa del lavoratore con gran fatica. A voi mi raccomando. – In quorum fidem ec.
Dondechè Alessandro Mari dovè succedere a Francesco di Giovanni stato pievano di Pelago innanzi di essere spedalingo degl’Innocenti in Firenze, al qual ufficio fu eletto nel 1478. – (MANNI, Sigilli antichi Vol. III).
Comecché nel Castello di Pelago avessero anticamente podere i signori da Quona e da Castellonchio, siccome apparisce dalle membrane della badia di Vallombrosa dei secoli XI e XII, alcune delle quali testè pubblicate dall'Ajazzi bibliotecario della Rinucciniana ne’Ricordi Storici di Filippo Rinuccini, il Castello di Pelago da tempi assai remoti appartenne, come dissi, ai Cattani da Diacceto, detti anche da Pelago, siccome si rileva da un’iscrizione scolpita per verità in tempi un poco moderni nella facciata della casa comunitàtiva di Pelago. – Era di loro proprietà anche il cassero situato nella parte più prominente del paese, difeso da una e non da due torri; la quale torre fu rammentata in una lettera apostolica del Pontefice Eugenio IV, a favore di Paolo di Zanobi de’Cattani da Diacceto, e che esiste tuttora accosto alla chiesa plebana. – Fu costà dove si difesero nel 1248 molti Guelfi espulsi da Firenze dai Ghibellini, nel tempo in cui questi ultimi erano assistiti dalle truppe tedesche al servizio dell’Imperatore Federigo II.
Un istrumento del 17 maggio 1431, di cui esiste la sinopsi nel Libro degli spogli di pergamene in Paterno, indica che in quell’atto Antonio di Buoncenni da Pelago dona al milite Paolo di Zanobi de’signori da Diacceto cittadino fiorentino il padronato della chiesa di S. Maria a Popigliano , siccome lo stesso Paolo era patrono di quella di Pelago.
Anco il giuspadronato della pieve di Pelago continuava nella famiglia Cattani da Diacceto due secoli dopo la lettera apostolica di Eugenio IV del 9 aprile 1445; avvegnaché a favore de’Cattani nel 1660 sentenziò la Ruota romana in pregiudizio de’monaci di Vallombrosa e ad istanza de’due fratelli Leone e Rinaldo figli di Angelo del fu Gio. Battista di Dionisio Cattani da Diacceto.
Questi due fratelli sino dal 1656 avevano concesso al popolo di Pelago facoltà di erigere a contatto della chiesa parrocchiale di S. Clemente la cappella della SS. Vergine del Rosario e di appoggiarla alle mura del loro palazzo. – Dai signori da Diacceto il padronato della pieve di Pelago passò nella famiglia Bargiacchi di Firenze e di Campi al pari di quella di S. Maria a Pupigliano. Quindi vi acquistò due voci la nobil famiglia fiorentina Bargigli, nelle cui ragioni subentrò nel 1837 il Principe.
La chiesa di Pelago era di struttura irregolare ed assai indecente innanzi che dall’attuale pievano Andrea Masini con elemosine del popolo e altri soccorsi nel 1813 fosse un pò meno peggio riedificata.
Fra gli oggetti meritevoli di essere indicati havvi il battistero di pietra serena donato dai conti Bardi Serselli, lavoro antico e piuttosto stimabile oltre un quadretto di Nostra Donna di mediocre pennello a piè di chiesa.
Più svelta di forme è la chiesa della compagnia, al cui altare esiste una buona tela.
Altro oratorio pubblico è stato recentemente costruito da donna privata a contado di una sua abitazione ridotta a convitto di oneste povere fanciulle che si occupano in opere pie, nel tessere panni, lini, ed in altri donneschi lavori.
La popolazione di Pelago esercitava da tempo assai remoto l’arte della lana per i lavori ordinarj. – Nella decadenza dell’arte medesima il popolo di Pelago ha in qualche modo riparato con i tessuti di canapa e lino e con una buona fornace di terre cotte, che riescono di molta stabilità per la natura dell'argilla ferrigna di cui quelle terraglie sono fabbricate.
Ogni giovedì vi è il mercato introdotto dal Granduca Ferdinando II (se non prima) per il commercio specialmente di marroni, di patate, di majali sì da macello, come da rilevare.
Vi si fanno due fiere l'anno, che una nel 24 agosto, l’altra nel dì 11 novembre.
Pelago è il punto di fermata dei viaggiatori che devon lasciare costì le loro vetture e prendere le cavalcature per dirigersi a Paterno e di là salire per tre buone miglia il monte della Vallombrosa ad oggetto di visitare quel celebre santuario con i suoi maestosi annessi, la qual contrada fornì argomento alla musa di Milton.
Inoltre gradirà il viaggiatore di sapere che nacque in Pelago nel 1370 da Cione di Ser Bonaccorso Abatini, o Batini, e da donna Fiora sua moglie il celebre architetto, scultore, e fonditore Lorenzo Ghiberti, educato dal suo patrigno Bartoluccio Ghiberti orafo d Firenze, che lo adottò per figliuolo. – (BALDINUCCI. Nella vita del Ghiberti).
Debbo pure anco rammentare un altro artista, Giovanni di Matteo da Pelago, che contemporaneamente ai fratelli Giuliano e Benedetto Nardi da Majano, e a Domenico di Tommaso del Ghirlandajo verso il 1476 lavorava in Firenze nel Palazzo de’Signori, ora Palazzo Vecchio. – (GAYE, Carteggio inedito di Artisti, Vol. I. Append. II.) Finalmente aggiungerò agli uomini celebri della famiglia de’Cattani da Diacceto e da Pelago quel Paolo di Zanobi patrono della chiesa di Pelago, che nel 1430 fu Vicario della Rep. Fior. in Pescia, e nel 1439 salì alla prima dignità dello Stato essendo stato eletto Gonfaloniere di giustizia.
Al prenominato Paolo precedè di un secolo nelle cariche medesime e della stessa casata de’Cattani da Diacceto quel Porcello di Reco che nel 1339 fu il primo potestà della Rep. Fior. in Pescia, e nel 1341 Go nfaloniere di giustizia della Signoria di Firenze.
MOVIMENTO della Popolazione di PELAGO a quattro epoche diverse, divisa per famiglie.
ANNO 1551: Impuberi maschi -; femmine -; adulti maschi -; femmine -; coniugati dei due sessi -; ecclesiastici dei due sessi -; numero delle famiglie 78; totalità della popolazione 465.
ANNO 1745: Impuberi maschi 155; femmine 139; adulti maschi 159; femmine 182; coniugati dei due sessi 272; ecclesiastici dei due sessi 5; numero delle famiglie 147; totalità della popolazione 912.
ANNO 1833: Impuberi maschi 200; femmine 188; adulti maschi 191; femmine 137; coniugati dei due sessi 421; ecclesiastici dei due sessi 3; numero delle famiglie 196; totalità della popolazione 1140.
ANNO 1840: Impuberi maschi 211; femmine 179; adulti maschi 141, femmine 145; coniugati dei due sessi 424; ecclesiastici dei due sessi 5; numero delle famiglie 200; totalità della popolazione 1105 Comunità di Pelago. – Il territorio di questa Comunità nello stato attuale, in cui il Vicano di S. Ellero costituisce il confine dal lato di levante, occupa una superficie di 29487 quaidrati agrarj, dei quali 1100 sono presi da corsi d’acqua e da strade.
Nel 1833abitavano nella superficie antica di questa Comunità 7493 individui, a ragione di 114 persone per ogni miglia toscane qudrato di suolo imponibile. – Nell'anno poi 1840 esistevano nel territorio attuale della Comunità di Pelago 9039 abitanti a proporzione quasi di 156 individui per ogni miglia toscane quadrato di suolo imponibile.
La figura iconografica di questo territorio si approssima a quella di un trapezio che ha uno dei suoi lati più prominente verso settentrione-grecale.
Il fiume Arno gli serve di confine dalla parte di libeccio avendo dirimpetto la Comunità di Rignano, a partire dalla confluenza del Vicano di S. Ellero sino allo sbocco del fiume Sieve in Arno. Costà di fronte a ponente-maestrale sottentra a confine la Comunità del Pontassieve mediante l’alveo della Sieve, il cui corso entrambi rimontano per il cammino di 8 in 9 migl sino allo sbocco in Sieve del torrente Moscia. Cotesto torrente di fronte a settentrione divide la Comunità di Pelago da quella di Dicomano sino oltrepassata la faccia settentrionale del poggio di Monteacuto; al di là del quale il torrente medesimo separa questa di Pelago dalla Comunità di Dicomano per fino a che voltando faccia a levante trova la Comunità di Londa.
Con quest’ultima il territorio comunitativo di Pelago forma un angolo rientrante per salire la faccia orientale del Monteacuto, donde poscia riscende per l’opposta pendice nella direzione di libeccio fino al borgo di Turricchi. Costì ripiegando a scirocco torna in cerca del torrente Moscia che ritrova nella parte superiore della sua vallecola; allura le due Comunità percorrendo il suo alveo salgono contr’acqua verso la sommità del monte della Consuma. Innanzi di arrivarvi sottentra a confine dal lato di levante la Comunità di Stia, con la quale quella di Pelago cammina di conserva sino alla strada provinciale casentinese, che trova sul giogo della montagna all’osteria della Consuma.
In cotesta strada e di fronte all’osteria medesima arriva il territorio della Comunità di Monte Mignajo, col quale l’altro di Pelago fronteggia da primo dirimpetto a levante poi di fronte a scirocco sino al borro del Lagacciolo.
Costà dirimpetto a ostro-scirocco sottentra il territorio comunale di Reggello mediante il borro predetto e poi lungo il torrente Vicano di S. Ellero , col quale per il cammino di circa 5 miglia scende la faccia occidentale del monte della Consuma lambendo per via, a destra S.
Miniato in Alpe, il monte di Vallombrosa, i villaggi di Tosi e Donnini, ed il palazzo torrito di S. Ellero de’Monaci; mentre dal lato opposto il torrente Vicano lambisce i piedi al colle di Magnale, ai terreni di Paterno, al vicino casale di Palaja, alla chiesa di Pagiano, e finalmente passando presso la chiesa parrocchiana di Fontisterni entra nell’Arno dirimpetto alla Comunità di Rignano.
Due grandi e nuove strade regie percorrono i lembi della Comunità di Pelago; a libeccio la strada postale aretina; a ponente-maestrale la grande strada di Forlì, mentre nella direzione di ponente a grecale passa in mezzo al suo territorio la strada provinciale casentinese o della Consuma.
Da quest'ultima si staccano due altri tronchi di strade rotabili, quello a destra che guida alla Terra di Pelago, l’altro a sinistra che porta al Castello di Nipozzano. Dalla stessa strada R. di Forlì partono altri tronchi di strade comunitative, sufficientemente rotabili per montare lungo la vallecola della Rufina a Pomino, a Castiglione, ecc.
Anche dalla strada R. aretina al luogo detto Campicuccioli si stacca una strada rotabile aperta nel principio di questo secolo dai Monaci della Vallombrosa, la quale salendo i poggi di Altomena e di Montepescoli entra costà nella tenuta di Paterno della Vallombrosa.
Fra i maggiori corsi d’acqua, oltre i fiumi Arno e Sieve che lambiscono semplicemente i confini meridionali e occidentali di questa Comunità, oltre il torrente Moscia che li rasenta dal lato di settentrione e porzione anche dalla parte di levante, contansi, il Vicano di Pelago e il Vicano di S. Ellero , i quali ne percorrono il suo territorio per scendere in Arno dalla faccia della Consuma volta a libecio, mentre la fiumana della Rufina si unisce alla Sieve dopo esser discesa dalla fiancata della Consuma volta a maestro.
Fra le montuosità maggiori di questo territorio contasi la vetta della Consuma ch'è braccia 1795,7 superiore al livello del mare Mediterraneo, indicata dal P. Inghirami al piede del segnale trigonometrico situato nella porzione spettante alla Comunità di Monte Mignajo.
Dovendo dire una parola delle qualità del terreno di questa Comunità, richiamerò il mio lettore all’Articolo CONSUMA (MONTE DELLA) dove fu avvisato, che quasi tutto il monte è coperto da rocce di sedimento inferiore disposte in strati alternati o variamente inclinati di macigno (gres antico) di alberese (calcare compatto) e di bisciajo (schisto marnoso.) Dissi che in alcune località dell’alberese e al macigno vedesi subentrato il così detto galestro , ch’è una roccia schistosa, la quale partecipa degli elementi delle tre prime sunnominate; e finalmente fu detto, che in quest’ultima qualità di terreno galestrino allignano assai bene quelle viti che danno lo squisito liquore di Pomino, uno de’vini più pregiati della Toscana.
Infatti il galestro e il macigno occupano la maggior parte dei valloncelli che scendono dalla Consuma non solo dalla parte del fiume Sieve, ma ancora verso quella che guarda l’Arno lungo i due Vicani.
Ora gioverà avvertire il lettore che fu nel monte della Consuma, altrimenti chiamato Monte Borselli, dove mezzo secolo indietro il celebre abate D. Ambrogio Soldani instituiva alcune osservazioni geologiche, pubblicate nel suo Saggio Orittognostico ai §§. 42 e 43. – “ Fu costà dal lato inferiore della pendice del monte ch'è rivolta a tramontana, fra l’osteria di Borselli e la chiesa di Tosina, dove il Soldani riscontrò strati frequenti di pietra scissile argillosa (bisciajo) mentre a metà circa della pendice medesima della Consuma vide affacciarsi molti strati di pietra da calcina (alberese), la qual pietra è alquato diversi) da quelli strati solidi di calcarea che ivi presentansi per via sulla strada provinciale a piè della salita verso il Pontassieve, i quali strati alternano o sono intersecati da filoni di terra calcare bianca. “ II monte poi di Magnale è tutto formato di macigno intersecato da straterelli sottilissimi di schisto marnoso.
Però fra il casale di Raggioli e il mulino di Pagiano, presso la ripa destra del Vicano di S. Ellero , li strati di macigno e di schisto argilloso alternano col calcare compatto azzurrognolo.
Ciò meglio che altrove manifestasi sopra la confluenza del fosso Spania nel Vicano di S. Ellero, e lungo il nuovo tronco di strada tagliata fra il ponte di Tosi e Paterno.
All’incontro sul Montepescoli e nei poggi di Altomena a ostro di Pelago domina la pietra calcare di color ceciato, ossia l’alberese.
In vicinanza poi di Pelago un quarto di miglia toscane al suo maestro, in un podere detto del Bagno dei fratelli Puliti di Firenze presso la loro fornace di terraglie esiste una scarsa sorgente di acqua minerale acidula sulfurea fredda dal Prof. G. Giulj nel T. V della sua Raccolta d’acque minerali della Toscana stata descritta nei termini seguenti : « Ha odore di gas acido idrosolforico, sapore dolciastro, è trasparente, segna la temperatura di gr. 14 e svolge del gas suddetto e di quello carbonico; contiene pochi grani di carbonati di soda, di calce o di magnesia con idroclorato di soda.
Fu essa anticamente usata esternamente per bagni, e si può tuttora usare nelle malattie sordide della pelle; poiché vi resta sempre una vasca di antica costruzione, dove per mezzo di due cannelle di piombo vi entrano due qualità diverse di acqua, una dolce e potabile, l’altra solfurea e minerale. – Nel fare lì attorno degli scassi vi sono stati trovati de’condotti di piombo, e nel tondo del cratere furono scoperte alcune medaglie d’imperatori romani, tra le quali una di Alessandro Severo.» « Gli abitanti del luogo assicurano che nei tempi scorsi esistevano dentro la vasca de’gradini destinati probabilmente per comodo di coloro che vi facevano le immersioni. Ora questa vasca serve per conservare l’acqua ad uso di un orto situato lì presso. » Rispetto ai prodotti di suolo il territorio di questa Comunità per la massima parte è ridotto a poderi che fruttano specialmente olio, vino eccellente e granaglie. Vi sono inoltre varii pezzi di bosco ceduo di quercioli e molte selve di castagni nella parte più alpestre della Comunità, ma gli ulivi prosperano costà in tutto il poggio di Magnale e lungo il torrente Spania dirimpetto al monte di Vallombrosa avendo alle loro spalle i poggi che scendono dalla Consuma fra i due Vicani. I poderi meglio coltivati sembrano essere quelli della vasta tenuta di Paterno dei Monaci di Vallombrosa.
Pelago fu fatto capoluogo di Comunità verso il 1810 staccando allora tutto il suo territorio da quello della Comunità del Pontassieve; nel qual paese risiedono il vicario regio, il cancelliere comunitativo, l’ufizio del Registro e l'ingegnere di Circondario. – La conservazione delle Ipoteche ed i tribunali di prima e seconda Istanza sono in Firenze.
QUADRO della Popolazione della Comunità di PELAGO a quattro epoche diverse - nome del luogo: Altomena, titolo della chiesa: S. Lucia (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 191, abitanti anno 1745 n° 218, abitanti anno 1833 n° 277, abitanti anno 1840 n° 307 - nome del luogo: Bibbiano, titolo della chiesa: S. Martino (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 73, abitanti anno 1745 n° 127, abitanti anno 1833 n° 187, abitanti anno 1840 n° 210 - nome del luogo: Casi, titolo della chiesa: S. Pietro (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 79, abitanti anno 1745 n° 264, abitanti anno 1833 n° 122, abitanti anno 1840 n° 122 - nome del luogo: Castiglioni, titolo della chiesa: S.
Stefano (Pieve), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 140, abitanti anno 1745 n° 330, abitanti anno 1833 n° 274, abitanti anno 1840 n° 280 - nome del luogo: Cigliano, titolo della chiesa: S. Michele (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 63, abitanti anno 1745 n° 153, abitanti anno 1833 n° 165, abitanti anno 1840 n° 168 - nome del luogo: Diacceto, titolo della chiesa: S. Lorenzo (Pieve), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 70, abitanti anno 1745 n° 170, abitanti anno 1833 n° 205, abitanti anno 1840 n° 205 - nome del luogo: Falgano, titolo della chiesa: S. Maria (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 285, abitanti anno 1745 n° 194, abitanti anno 1833 n° 258, abitanti anno 1840 n° 271 - nome del luogo: Ferrano, titolo della chiesa: S. Pietro e Maria (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 (ERRATA : n° 331) n° 391, abitanti anno 1745 n° 400, abitanti anno 1833 n° 438, abitanti anno 1840 n° - nome del luogo: Fontisterni (*), titolo della chiesa: S.
Lorenzo (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° -, abitanti anno 1745 n° -, abitanti anno 1833 n° -, abitanti anno 1840 n° 257 - nome del luogo: Fossi, titolo della chiesa: S. Maria del Carmine (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° -, abitanti anno 1745 n° -, abitanti anno 1833 n° 165, abitanti anno 1840 n° 194 - nome del luogo: Lucente ora S. Francesco al Pontassieve, titolo della chiesa: S. Stefano in S. Francesco (Cura), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 176, abitanti anno 1745 n° 211, abitanti anno 1833 n° 505, abitanti anno 1840 n° 525 - nome del luogo: Nipozzano, titolo della chiesa: S.
Niccolò (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 244, abitanti anno 1745 n° 280, abitanti anno 1833 n° 351, abitanti anno 1840 n° 307 - nome del luogo: Pagiano (*), titolo della chiesa: S.
Martino (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° -, abitanti anno 1745 n° -, abitanti anno 1833 n° -, abitanti anno 1840 n° 462 - nome del luogo: PELAGO, titolo della chiesa: S.
Clemente e S. Gervasio riunite (Pieve), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 465, abitanti anno 1745 n° 912, abitanti anno 1833 n° 1140, abitanti anno 1840 n° 1105 - nome del luogo: Petrognano, titolo della chiesa: S.
Pietro (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 79, abitanti anno 1745 n° 155, abitanti anno 1833 n° 341, abitanti anno 1840 n° 215 - nome del luogo: Pinzano o alla Torta, titolo della chiesa: S. Lucia (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 116, abitanti anno 1745 n° 197, abitanti anno 1833 n° 218, abitanti anno 1840 n° 237 - nome del luogo: Pomino, titolo della chiesa: S.
Bartolommeo (Pieve), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 367, abitanti anno 1745 n° 383, abitanti anno 1833 n° 386, abitanti anno 1840 n° 417 - nome del luogo: Popigliano, titolo della chiesa: S. Maria (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 169, abitanti anno 1745 n° 160, abitanti anno 1833 n° 355, abitanti anno 1840 n° 387 - nome del luogo: Ristonchi, titolo della chiesa: S. Egidio (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 259, abitanti anno 1745 n° 113, abitanti anno 1833 n° 153, abitanti anno 1840 n° 151 - nome del luogo: Rufina, titolo della chiesa: S. Martino (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 122, abitanti anno 1745 n° -, abitanti anno 1833 n° 783, abitanti anno 1840 n° 903 - nome del luogo: Tosina, titolo della chiesa: S.
Margherita (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° 316, abitanti anno 1745 n° 528, abitanti anno 1833 n° 660, abitanti anno 1840 n° 705 - nome del luogo: Turicchi, titolo della chiesa: S. Pietro (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti anno 1551 n° -, abitanti anno 1745 n° 557, abitanti anno 1833 n° 347, abitanti anno 1840 n° 312 - Totale abitanti anno 1551 (ERRATA : n° 3789) n° 3615 - Totale abitanti anno 1745 n° 5898 N.B. Le parrocchie contrassegnate con l’asterisco * nel 1833 spettavano alla Comunità di Reggello, nella quale mandavano nel 1840 una porzione di abitanti, che in tutti sommavano n° 256 Residuavansi perciò nell’anno 1840 ad abitanti n° 8023 Frazioni di popolazione che dalle Comunità limitrofe mandavano nel 1833 e nel 1840 una porzione di abitanti in questa di Pelago.
- nome del luogo: S. Miniato in Alpe, Comunità donde proviene: Reggello, abitanti anno 1833 n° 15, abitanti anno 1840 n° 25 - nome del luogo: S. Maria a S. Ellero, Comunità donde proviene: Reggello, abitanti anno 1833 n° -, abitanti anno 1840 n° 99 - nome del luogo: S. Andrea a Tosi, Comunità donde proviene: Reggello, abitanti anno 1833 n° -, abitanti anno 1840 n° 162 - nome del luogo: S. Detole, Comunità donde proviene: Dicomano, abitanti anno 1833 n° -, abitanti anno 1840 n° - nome del luogo: SS. Concezione a Londa, Comunità donde proviene: Londa, abitanti anno 1833 n° 16, abitanti anno 1840 n° 15 - nome del luogo: S. Lucia a Pievecchia, Comunità donde proviene: Pontassieve, abitanti anno 1833 n° 132, abitanti anno 1840 n° 138 - Totale abitanti anno 1833 n° 7493 - Totale abitanti anno 1840 n° 9035
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1841, Volume IV, p. 85.
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