za per colpa di un Erudito mio defunto Concittadino, che malamente trascrittala, ne mandò a lui la copia. Non pontem, certamente, ma fontem deve leggersi nella lapida, avendola io con diligenza e attenzione osservata, e conosciutone apertamente lo sbaglio. Abbiamo noi nel Grutero i nel Fabbretti, nel Reinesio, nel nuovo Tesoro del Muratori, in Monsig. della Torre, qualora tratta del Dio Beleno, molte fonti dedicate e messe nel numero degli Dei; le Sacra Fontinalia, che da’Romani si celebravano ogn’anno a’primi giorni di Ottobre, ce lo confermano; poiché nella stessa guisa, che dedicavasi un Tempio agli Dei, si dedicavano ancora le Fonti, e vi erano i giorni sacri, e le ferie in onor de’medesimi, ne’quali solevansi gittar Corone di fiori, e coronare con le medesime i Pozzi, secondo che asserisce Varrone; ed il lodato Sig. Proposto Gori riporta alla pag. seguente del detto Libro una singolare Iscrizione, dalla quale si vede, che un certo Quirino dedica un Pozzo alle Ninfe, e nel Grutero, ed in altri Raccoglitori ce ne trovano molti esempli. Lo stesso appunto avranno fatto i Duumviri Aretini, al qual Magistrato si apparteneva in Roma, e nelle Colonie una tal funzione, a qualche Fontana loro particolare, che ora l’ingiuria del tempo ha tolto a noi saperne il nome preciso; Essendo la lapida mancante ne i nomi de i Duumviri, della Tribù, e del Cognome, è perciò molto antica, come osserva il Fabbretti Ins. An. Cap. III. pag. 461. Ecco dunque come si deve leggere l’Iscrizione.
Guazzesi, Lorenzo, Dissertazione V, 1766, p. 230.
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