remonie, che usano alcuni stolti intorno agli Alberi, alle Pietre, ed a’ Fonti, come si puol vedere nel Signor Muratori nella cinquantesima nona Dissertazione del Medio Evo, e nel Bulengero De ratione divinationis, al Cap. IX., ove trattando dell'Idromanzia riporta la notizia della nostra Fontana da esso chiamata Fatidica, e dove si aspettavano dall’Oracolo le risposte. Ma che nel Secolo XV., in cui non si trova, almeno ch’io sappia, un così evidente segno di Gentilesimo in alcun luogo della Toscana, dopo essere stati in Arezzo tanti santi Uomini, si dovesse permettere da’ Prelati un’abuso così stravagante, e che per quanto può giudicarsi dall’espressioni de’sopraenunciati Monumenti, era da molti secoli inveterato, e commune, mi fa certamente maravigliare; poiché se si osservano le parole dello Scrittore, e l' Attestato dei nostro Publico, ivi si chiedevano le risposte, si facevano le oblazioni sopra l’Altare, e s’immergevano i Fanciulli, si adorava in somma quell’Idolo con tutte le cerimonie, ed i prestigi del Paganesimo, non meno di quello facessero gli antichi Greci, i Romani, i Longobardi, ed i Franchi.
Ma ritornando alla nostra Via Cassia, non è da tralasciarsi una riflessione, che far si deve sopra una strada, che ci descrive l’Autor della Tavola, la quale al mio giudizio chiamar potrebbesi, una Traversa, come costumano di chiamarsi anco in oggi alcune di quelle Vie meno communi, e che abbreviano di qualche porzione la strada maestra, o principale che dir si voglia. Quella sarebbe a mio credere appresso a poco la Via, che dalle Terre della Valdichiana si costuma
Guazzesi, Lorenzo, Dissertazione V, 1766, p. 233.
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