VIVO SUL MONTE AMIATA
in Val d’ Orcia.
– Villaggio feudo, in origine Eremo de' Camaldolensi che prese il nome che conserva tuttora da un torrente copioso e perenne (Vivo) di acque; la cui chiesa parrocchiale (S. Marcello) entra nella Comunità di Castiglion d'Orcia, dal qual Castello dista circa 7 miglia toscane a ostro, Giurisdizione di San Quirico; mentre un' altra parte ilei suo popolo spetta alla Comunità e Giurisdizione della Badia S. Salvadore, che trovasi 6 miglia toscane a maestrale nella Diocesi di Montalcino, una volta di Chiusi, Compartimento di Siena.
All’Articolo EREMO DEL VIVO sotto il titolo di S.
Benedetto, dal quale ha avuto origine il Vil laggio omonimo, fu detto, che la sua ist i tu zione risaliva al principio del secolo XI, essendo stato privilegialo dall’ Imperatore Arrigo I, che nel 1003 concedè cotesto luogo a S. Romualdo, il quale vi stabilì la sua riforma Camaldolense. Con atto poi del 2 maggio 1140 rogato in Chiusi nell'episcopio quel vescovo Martino donò a don Bonizzone abate dell'Eremo di S. Benedetto del Vivo vari beni con intenzione di rimettere quel luogo pio nel pristino stato, finché nel 13 gennajo 1146 il Pontefice Eugenio I I I , a petizione dell' eremita Camaldolense don Rustico priore dell' Eremo del Vivo, lo unì alla Badia di S. Piero in Campo con t u t t i i suoi beni. Dondechè quest' ultimo monastero lasciò l' antica regola di S. Benedetto per quella di S. Romualdo.
Quindi l'Imperatore Federigo I con diploma del 1166 confermò quello di Arrigo I a favore dell'Eremo del Vivo, il quale ritiro verso il 1338 (se non molto prima) a cagione di vertenze di pascoli, e di beni occupati al medesimo dai nobili Salimbeni di Siena, fu devastato e messo a ruba dalle genti di quella potente famiglia che signoreggiava in Val d'Orcia, sicché quei pochi eremiti dovettero refusarsi in Siena al loro Monastero di S. Mustiola all 'Arco, al quale l'Eremo del Vivo e la Badia di S. Piero in Campo erano stati riuniti per bolla del Pontefice Alessandro IV data in Anagni nel 20 marzo di detto anno.
Che perciò i documenti relativi all'Eremo ed alla Badia predetta riuniti alle pergamene del Mon. di S. Mustiola di Siena, ora nell’ Arch. Dipl. Fior.
Tale è quello del 15 gennajo 1260, nel quale si tratta della cessione fatta dagli eredi dei fondatori della chiesa. di S. Maria di Seggiano vecchio di ogni ragione che aver potessero sopra i beni di detto Eremo e don Rustico priore di S. Benedetto del Vivo. – Vedere SEGGIANO.
Tale è un atto di assegnazione di confini e divisione di beni che la chiesa di S. Flora di Noceto, possedeva nei contorni del Vivo fatto sotto dì 29 settembre 1175 nel claustro dell' Eremo predetto dai deputati della Comunità di Castel del Piano. – Vedere NOCETA, O NOCETO SUL MONT' AMIATA .
Qualche tempo dopo l'unione de due claustri anzidetti, le carte ad essi relative poetano il titolo di S. Piero in Campo e S. Benedetto del Vivo.
Con tutto che l'Eremo prenominato nel 1338 fosse abitato da pochi monaci Camaldolensi, si nominava sempre il suo priore; talché trovo rammentato, nell'anno 1381, un don Ambrogio priore dell'Eremo dei Vivo in un lodo del 16 novembre di quell' anno, mercé cui fu stabilito, che il detto superiore non dovesse avere alcun diritto di visita nella Badia di S. Piero in Campo.
Ma la prova più manifesta la diede il Pontefice Pio II nei suoi Commentari (Lib. IX) dove disse, che a quel tempo (verso il 1460) all'Eremo predetto seguitavano a vivere in comune, sebbene meno austeramente, i mo naci Camaldolensi.
Uno degli ultimi documenti relativo all'Eremo predetto è del dì 8 aprite 1534, in cui si tratta della collazione del beneficio della cappella di S. Flora a Noceta nel distretto di Castel dei Piano, sotto la diocesi di Chiusi, dato in Siena nel Monastero di S. Mustiola all' Arco da don Sebastiano de' Niccolini di Treviso priore de' due claustri di S. Piero e S. Benedetto del Vivo.
Da questa carta pertanto apparisce, che se nel 1534 vi era un priore dei due Monasteri riuniti, mancavano per altro altrettante fa miglie religiose per abitarli entrambi.
Fu allora che il Pontefice Paolo III volendo ricompensare dei servigi resi il Card. Cervini, poi Alessandro II Papa, cedé con atto di vend ita i beni dell'Eremo del Vivo al detto cardinale, il quale, dopo eletto in Pontefice, confermò alla sua famiglia la cessione del Vivo.
Finalmente cotesta signoria con titolo di Contea fu concessa nel 1701 dal Granduca Cosimo III a Monsig.
Antonio Cervini vescovo di Montepulciano, richiamando in vigore il privilegio di Cosimo I del 1550, a favore del conte Alessandro Cervini fratello di Pipa Marcello II; il qual feudo della contea del Vivo fu rinnovato per l'ultima volta nel 1738 a favore di monsignore Tommaso Cervini.
I conti Cervini profittando della copiosis sima e rapida corrente delle acque del torr. Vivo che passa in mezzo al villaggio omo nimo, vi stabilirono varj edifizi, fra i quali una rameria, una ferriera, una cartiera ed un frantoio con mulino. Non starò ad aggiungere come potrebbero edificarsi costà molte seghe ad acqua, tanto pia che tutto il Monte Amiata abbonda di legnami di alto fusto e di dispendioso trasporto.
Anche il villaggio del Vivo è circondato da colossali piante di castagni, mentre la parte superiore del monte è vestita di foreste di faggi, quantunque non manchino nei contorni dell'Eremo del Vivo sul lato destro del torrente bellissimi abeti, i soli che si trovino nei fianchi occidentali del Mont'Armata. La chiesa di S. Marcello al Vivo eretta in parrocchia dopo l'anno 1550, dipendeva in origine dal diocesano di Pienza e Chiusi, ma più tardi (anno 1772) fu assegnatala quello di Montalcino. – Vedere MONTALCINO DIOCESI.
La parrocchia di S. Marcello al Vivo nel 1745 noverava 125 abitanti, i quali nel 1833 ascendevano a 217 individui.
All’Articolo EREMO DEL VIVO sotto il titolo di S.
Benedetto, dal quale ha avuto origine il Vil laggio omonimo, fu detto, che la sua ist i tu zione risaliva al principio del secolo XI, essendo stato privilegialo dall’ Imperatore Arrigo I, che nel 1003 concedè cotesto luogo a S. Romualdo, il quale vi stabilì la sua riforma Camaldolense. Con atto poi del 2 maggio 1140 rogato in Chiusi nell'episcopio quel vescovo Martino donò a don Bonizzone abate dell'Eremo di S. Benedetto del Vivo vari beni con intenzione di rimettere quel luogo pio nel pristino stato, finché nel 13 gennajo 1146 il Pontefice Eugenio I I I , a petizione dell' eremita Camaldolense don Rustico priore dell' Eremo del Vivo, lo unì alla Badia di S. Piero in Campo con t u t t i i suoi beni. Dondechè quest' ultimo monastero lasciò l' antica regola di S. Benedetto per quella di S. Romualdo.
Quindi l'Imperatore Federigo I con diploma del 1166 confermò quello di Arrigo I a favore dell'Eremo del Vivo, il quale ritiro verso il 1338 (se non molto prima) a cagione di vertenze di pascoli, e di beni occupati al medesimo dai nobili Salimbeni di Siena, fu devastato e messo a ruba dalle genti di quella potente famiglia che signoreggiava in Val d'Orcia, sicché quei pochi eremiti dovettero refusarsi in Siena al loro Monastero di S. Mustiola all 'Arco, al quale l'Eremo del Vivo e la Badia di S. Piero in Campo erano stati riuniti per bolla del Pontefice Alessandro IV data in Anagni nel 20 marzo di detto anno.
Che perciò i documenti relativi all'Eremo ed alla Badia predetta riuniti alle pergamene del Mon. di S. Mustiola di Siena, ora nell’ Arch. Dipl. Fior.
Tale è quello del 15 gennajo 1260, nel quale si tratta della cessione fatta dagli eredi dei fondatori della chiesa. di S. Maria di Seggiano vecchio di ogni ragione che aver potessero sopra i beni di detto Eremo e don Rustico priore di S. Benedetto del Vivo. – Vedere SEGGIANO.
Tale è un atto di assegnazione di confini e divisione di beni che la chiesa di S. Flora di Noceto, possedeva nei contorni del Vivo fatto sotto dì 29 settembre 1175 nel claustro dell' Eremo predetto dai deputati della Comunità di Castel del Piano. – Vedere NOCETA, O NOCETO SUL MONT' AMIATA .
Qualche tempo dopo l'unione de due claustri anzidetti, le carte ad essi relative poetano il titolo di S. Piero in Campo e S. Benedetto del Vivo.
Con tutto che l'Eremo prenominato nel 1338 fosse abitato da pochi monaci Camaldolensi, si nominava sempre il suo priore; talché trovo rammentato, nell'anno 1381, un don Ambrogio priore dell'Eremo dei Vivo in un lodo del 16 novembre di quell' anno, mercé cui fu stabilito, che il detto superiore non dovesse avere alcun diritto di visita nella Badia di S. Piero in Campo.
Ma la prova più manifesta la diede il Pontefice Pio II nei suoi Commentari (Lib. IX) dove disse, che a quel tempo (verso il 1460) all'Eremo predetto seguitavano a vivere in comune, sebbene meno austeramente, i mo naci Camaldolensi.
Uno degli ultimi documenti relativo all'Eremo predetto è del dì 8 aprite 1534, in cui si tratta della collazione del beneficio della cappella di S. Flora a Noceta nel distretto di Castel dei Piano, sotto la diocesi di Chiusi, dato in Siena nel Monastero di S. Mustiola all' Arco da don Sebastiano de' Niccolini di Treviso priore de' due claustri di S. Piero e S. Benedetto del Vivo.
Da questa carta pertanto apparisce, che se nel 1534 vi era un priore dei due Monasteri riuniti, mancavano per altro altrettante fa miglie religiose per abitarli entrambi.
Fu allora che il Pontefice Paolo III volendo ricompensare dei servigi resi il Card. Cervini, poi Alessandro II Papa, cedé con atto di vend ita i beni dell'Eremo del Vivo al detto cardinale, il quale, dopo eletto in Pontefice, confermò alla sua famiglia la cessione del Vivo.
Finalmente cotesta signoria con titolo di Contea fu concessa nel 1701 dal Granduca Cosimo III a Monsig.
Antonio Cervini vescovo di Montepulciano, richiamando in vigore il privilegio di Cosimo I del 1550, a favore del conte Alessandro Cervini fratello di Pipa Marcello II; il qual feudo della contea del Vivo fu rinnovato per l'ultima volta nel 1738 a favore di monsignore Tommaso Cervini.
I conti Cervini profittando della copiosis sima e rapida corrente delle acque del torr. Vivo che passa in mezzo al villaggio omo nimo, vi stabilirono varj edifizi, fra i quali una rameria, una ferriera, una cartiera ed un frantoio con mulino. Non starò ad aggiungere come potrebbero edificarsi costà molte seghe ad acqua, tanto pia che tutto il Monte Amiata abbonda di legnami di alto fusto e di dispendioso trasporto.
Anche il villaggio del Vivo è circondato da colossali piante di castagni, mentre la parte superiore del monte è vestita di foreste di faggi, quantunque non manchino nei contorni dell'Eremo del Vivo sul lato destro del torrente bellissimi abeti, i soli che si trovino nei fianchi occidentali del Mont'Armata. La chiesa di S. Marcello al Vivo eretta in parrocchia dopo l'anno 1550, dipendeva in origine dal diocesano di Pienza e Chiusi, ma più tardi (anno 1772) fu assegnatala quello di Montalcino. – Vedere MONTALCINO DIOCESI.
La parrocchia di S. Marcello al Vivo nel 1745 noverava 125 abitanti, i quali nel 1833 ascendevano a 217 individui.
Riferimento bibliografico:
E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, 1843, Volume V, p. 795.
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